domenica 9 febbraio 2014

Ucraina: questione geostrategica al centro della guerra tiepida

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Ucraina: questione geostrategica al centro della guerra tiepida

Jean Geronimo, esperto di economia e geostrategia russe Humanité

Recandosi a Kiev a sostenere gli oppositori, anche di estrema destra, al regime ucraino, Catherine Ashton assume una posizione ostile alla Russia, che aveva chiesto all’UE di non intervenire. Il sostegno delle potenze occidentali alla preoccupante “rivoluzione” ucraina punta a far entrare il Paese nell’ambito di UE e NATO, nonché ad impedire il ritorno della grande potenza Russia cercando d’indebolirla regionalmente?

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Con il sostegno occidentale a un’inquietante “rivoluzione” ucraina e la sua volontà d’interferenza, si cerca d’impedire il ritorno della Russia come grande potenza che ritorna in scena, indebolendola sul piano regionale Nel quadro della strategia del riflusso (rollback) della potenza russa, intrapresa dalla fine della Guerra Fredda, le potenze occidentali mostrano sfiducia endemica verso uno Stato disperatamente percepito come l’erede dell’asse del male (comunista).
Tale strategia “anti-russa” è dimostrata dai continui tentativi di cooptazione delle ex-repubbliche dell’URSS, attraverso il “partenariato orientale” (tramite l’UE) politicamente orientato, o il “Partenariato per la Pace innovazioni” (tramite la NATO), e recentemente con l’”accordo di associazione” tra UE ed Ucraina. Più o meno esplicitamente, tali “innovazioni” politiche sviluppano l’idea di un “vicinato condiviso” e di valori comuni, esprimendo il diritto all’ingerenza occidentale nella periferia post-sovietica, tra cui l’Ucraina. Sul piano della CSI, tali politiche non rientrano più nelle prerogative del monopolio russo e in tale senso ne minacciano l’area d’interesse storico. Cosa che Mosca non accetterà mai.
Ucraina, al centro della lotta per l’influenza
In larga misura, ciò spiega il problema della configurazione geopolitica alla base della crisi ucraina, che lungi dall’essere una “rivoluzione” è in realtà al centro della lotta di potere tra due grandi nemici storici. Dalla transizione post-comunista, la lotta continua nel contesto della guerra “tiepida” (1) forma attualizzata e deideologizzata della guerra fredda volta a controllare aree e “nodi” strategici.  In questo contesto, qualsiasi riavvicinamento tra l’Ucraina e l’Unione europea (tramite l’accordo di associazione) può essere considerato come il passo preliminare e “naturale” per la sua futura integrazione nella NATO, come è stato confermato da Washington, una provocazione strategica contro la Russia. A livello strutturale, tali obiettivi sono priorità implicite della nuova diplomazia statunitense decisa dall’amministrazione Obama.
Tuttavia, la tendenza del potere russo è santuarizzare l’estero vicino contro le tendenze espansioniste occidentali. In questo contesto, la NATO continua un’offensiva ingiustificata facendo leva sulla vecchia lotta contro il comunismo. Con una furia incredibile. Pur rimanendo nella strategia anti-russa della guerra fredda sostenuta dall’ex-consigliere del presidente statunitense J. Carter, Z. Brzezinski (2), tale duplice obiettivo della politica estera statunitense giustifica l’enorme investimento mediatico occidentale sulle vicende ucraine, per destabilizzare il governo filo-russo e dimettere il presidente (ancora) legittimo, Viktor Janukovich. Più inquietante è che tale evento ucraino sia in linea con le “rivoluzioni” liberali “colorate” in Georgia (2003), Ucraina (2004) e Kirghizistan (2005), incoraggiate e finanziate in parte dall’amministrazione statunitense, secondo una tecnica collaudata e politicamente corretta.
Una “rivoluzione” manipolata
Tale configurazione spiega l’esistenza delle manipolazioni occidentali attraverso ONG (in nome dei “diritti umani”) e il sostegno all’opposizione ucraina, la disinformazione e il condizionamento dell’opinione pubblica, così come l’interferenza di dirigenti stranieri, tra cui statunitensi ed europei,  naturalmente accusando la “mano di Mosca”. Oggi l’Europa brilla per la sua assenza in Africa e nel Medio Oriente, ma invece non esita ad interferire negli affari politici interni sovrani dell’Ucraina, in atto a Kiev, attraverso Catherine Ashton sostenuta dal suo mentore statunitense, John Kerry.
La mente vacilla…  Ora, come giustamente ha sottolineato J. M. Chauvier, c’è la deriva estremista di natura neo-nazista degli eventi che scivolano su un nazionalismo anti-russo che, sempre più, sfugge al controllo dei leader dell’opposizione puntellata dall’occidente. È probabilmente l’errore maggiore e il peggiore pericolo per la goffa Europa, la cui politica incosciente contribuisce a risvegliare “vecchi demoni” nello spazio post-sovietico, in particolare nei Paesi baltici e Ucraina. Tuttavia, questa informazione viene totalmente oscurata dal pensiero unico, allegramente trasmesso dai nostri media.
Un accordo pericoloso per l’Ucraina
I leader occidentali perciò fanno pressione sul Presidente Janukovich per costringerlo alla “scelta dell’Europa e della libertà”, secondo lo slogan ridondante dell’opposizione sotto influenza occidentale, e quindi a proteggere il “buon popolo ucraino” dal possibile ritorno dell’imperialismo russo, a rischio di offendere la sensibilità dell’amministrazione Putin. In tale contesto, possiamo meglio comprendere il ripiegamento del presidente ucraino, desideroso di difendere gli interessi nazionali e, a tal fine, ammorbidire i drastici (e irresponsabili) vincoli imposti dall’accordo di associazione e di libero scambio.
Contrariamente alle indiscrezioni dei media, non si tratta quindi del rifiuto dell’Europa, ma della richiesta di riformulazione del contratto, che politicamente non è neutrale ed economicamente è suicida per l’Ucraina. Un ricordo è necessario, oggi. Di fronte tale manipolazione politica, la Russia non poteva non reagire. In particolare l’integrazione dell’Ucraina nello Spazio economico europeo (obiettivo dichiarato dell’UE) trasformerà il Paese in una piattaforma di riesportazione dei prodotti occidentali, via multinazionali, in Russia, la cui economia verrebbe attaccata e destabilizzata.
Molto rapidamente V. Putin ha trovato una risposta adeguata e corrispondente agli interessi economici dell’Ucraina, ma nel rispetto degli interessi politici della Russia, incline a proteggere la zona d’influenza contro i desiderata più pressanti dell’UE. Mosca non l’ha mai nascosto mostrando anche una certa trasparenza in questo settore, a differenza del gioco oscuro dell’Europa, guidata dalla “mano” di Washington che naviga nelle acque torbide della “sua” prode democrazia, imposta al mondo globalizzato quale verità suprema. Curioso messianismo.
Il ritorno della Russia, comunque…
Tale accordo mira esplicitamente ad imporre l’ideologia neoliberista del “libero mercato”, del  deregolamento economico e finanziario, esprimendo una visione anti-statuale disastrosa e a corto  termine, impoverendo notevolmente la società ucraina con il rischio di una “nuova Grecia”. Il “popolo” che manifesta non lo sa, senza dubbio. In realtà non so perché manifesta, spinto dall’entusiasmo e motivato da una rivoluzione manipolata, come i precedenti del 2004. Incoraggiato dalla benevolenza occidentale, non esita ad assaltare edifici governativi e a “colpire poliziotti.” Ridondanza preoccupante.
A differenza dei suoi omologhi occidentali, la Russia è rispettosa delle regole del diritto internazionale, comprese quelle sulla sovranità statale. Dopo la sua doppia iniziativa di aiuto finanziario (prestito di 15 miliardi di dollari) e riduzione (un terzo) del prezzo del gas all’Ucraina, e il desiderio di sviluppare una vera e propria cooperazione economica e tecnologica con quest’ultima, Mosca mostra, ancora una volta, una diplomazia estremamente efficace, al contrario dell’UE. Mentre altri Stati, in modo subdolo, non esitano a sfruttare la “rivoluzione”.
Ma a quale prezzo? Innegabilmente, la Russia post-comunista ha percorso una lunga strada e gradualmente rientra tra i “grandi” difendendo una certa etica e, se necessario, opponendosi alle false rivoluzioni.
Il gioco a scacchi tra USA e Russia continua pertanto nel cuore dell’Eurasia, Ucraina.
(1) J. Geronimo  (2012) “Il pensiero strategico russo – Guerra calda sulla scacchiera eurasiatica: le rivoluzioni arabe e dopo?“, prefazione a J.  Sapir, ed. Sigest.
(2) Z. Brzezinski è noto per aver indotto l’intervento dell’Armata Rossa in Afghanistan, a fine dicembre 1979, con l’obiettivo di sprofondarla in un conflitto periferico, estenuante, economicamente e politicamente distruttiva per l’URSS. Tale iniziativa strategica precipitò la caduta del regime sovietico alla fine del dicembre 1991. Un dicembre maledetto.

Traduzione di Alessandro LattanzioSitoAurora

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