25 february 2014
Dal
1981 la Banca d’Italia, per decisione di Beniamino Andreatta e
Carlo Azeglio Ciampi, ha smesso di monetizzare il debito pubblico
che ĆØ schizzato alle stelle.
Una storia che si ĆØ ripetuta, amplificata,
con l’Euro e la BCE.
Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi dovranno essere giudicati da un Tribunale speciale per crimini contro l'umanitĆ .
deca
di Domenico Moro
A partire dal 1981 la Banca d’Italia ha “divorziato” dal Tesoro e
non ĆØ piĆ¹ intervenuta nell’acquisto di titoli di Stato.
CiĆ² che non
viene detto, perĆ², ĆØ che quella lontana decisione contribuƬ a
produrre non solo l’enorme debito pubblico ma anche il primo attacco
ai salari. L’attuale debito pubblico italiano si formĆ² tra gli anni ’80 e ’90,
passando dal 57,7% sul Pil nel
1980 al 124,3% nel 1994.
Tale crescita, molto piĆ¹ consistente di
quella degli altri Paesi europei, non fu dovuta ad una impennata della
spesa dello Stato, che rimase sempre al di sotto della
media della Ue e dell’eurozona e, tra 1991 e 2005, sempre al di
sotto di quella tedesca.
Nel 1984 l’Italia spendeva – al netto degli
interessi sul debito – il 42,1% del Pil, che nel
1994 era aumentato appena al 42,9%. Nello stesso
periodo la media Ue (esclusa l’Italia) passĆ² dal 45,5% al
46,6% e quella dell’eurozona passĆ² dal 46,7% al 47,7%.
Da dove derivava allora la maggiore crescita del debito italiano? Dalla spesa per interessi sul
debito pubblico, che fu sempre molto
piĆ¹ alta di quella degli altri Paesi.
La spesa per interessi crebbe
in Italia dall’8% del Pil nel 1984 all’11,4%, livello di gran lunga
maggiore del resto d’Europa. Sempre nello stesso periodo la
media Ue passĆ² dal 4,1% al 4,4% e quella dell’eurozona dal 3,5% al
4,4%.
Nel 1993 il divario tra i tassi d’interesse fu addirittura
triplo, il 13% in Italia contro il 4,4% della zona euro e
il 4,3% della Ue.
La crescita dei debiti pubblici dipende da molte
cause, soprattutto dalla necessitĆ di sostenere le crisi e la
caduta dei profitti privati che, dal ’74-75, caratterizzano
ciclicamente i Paesi piĆ¹ avanzati.
Tuttavia, ĆØ evidente che politiche sbagliate di finanza pubblica possono rendere ingestibile la
situazione del debito, come ĆØ avvenuto in Italia.
Visto che
l’entitĆ dei tassi d’interesse sui titoli di stato, ovvero quanto lo
Stato paga per avere un prestito, dipende dalla domanda
dei titoli stessi, l’eliminazione di una componente importante della
domanda, quale ĆØ la Banca centrale, ha avuto l’effetto di far schizzare verso l’alto gli interessi e, quindi,
di far esplodere il debito totale.
Inoltre, la mancanza del cordone protettivo della Banca d’Italia
espose il nostro debito alle manovre speculative degli investitori
internazionali. Fu quanto accadde nel 1992,
quando gli attacchi speculativi alla lira
costrinsero l’Italia ad uscire dal Sistema monetario europeo e a
svalutare.
Insomma, non solo Steltzner ha torto riguardo alla Banca
d’Italia, ma ĆØ il principio stesso dell’“autonomia” della Banca centrale, da lui
tanto tenacemente difeso, ad aver dato per trent’anni in
Italia gli stessi risultati negativi che ora sta producendo nell’eurozona.
Ci si potrebbe chiedere a questo punto quale fu la ragione del
divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro. Ce lo spiega il suo autore,
l’allora ministro del Tesoro Beniamino
Andreatta.
Uno degli obiettivi era quello di abbattere i
salari, imponendo una deflazione che desse la possibilitĆ di annullare “il demenziale rafforzamento della scala mobile, prodotto dall’accordo tra
Confindustria e sindacati”.
Infatti, nel 1984 con gli accordi
di San Valentino la scala mobile fu indebolita e nel 1992
definitivamente eliminata.
Anche oggi, come
allora, le presunte “necessitĆ ” di bilancio pubblico sono la
leva attraverso cui ridurre il salario, in Italia e in Europa.
Con la differenza che oggi l’attacco si estende al salario indiretto, cioĆØ al welfare.
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