Da DC e MSI al PD
Dalle stragi a oggi
Il filo rosso: Neocon USA e Mossad
C’è una lunga intervista a Giovanni Pellegrino (Presidente della
commissione Parlamentare Stragi dal 1994 al 2001) pubblicata nel 2000:
“Segreto di Stato” – Ed. “Gli struzzi”.
Quanto segue quindi, è frutto delle
affermazioni di Pellegrino.
Nei casi in cui la fonte è altra, verrà
specificatamente segnalata.
Ciò che può
sembrare intreccio di fantascienza complottistica, è solo il frutto di
un lavoro certosino fatto dalla Commissione Parlamentare Stragi.
Teniamolo sempre a mente, anche quando sembra di precipitare nelle allucinazioni ansiogene.
Partendo da un riassunto delle stragi e degli attori, mi riferisco a oggi.
Alla condizione di un Paese (l’Italia) sottomesso agli ambienti della destra repubblicana USA.
L’Italia
oggi è nelle stesse identiche condizioni degli anni '70 e la scomparsa
della sinistra italiana storica, rende il PD erede non solo della DC, ma
anche del MSI.
Come per le referenze di Federica
Mogherini (“Chiedete a Kerry”, cit. Renzi), per sapere cosa sia il PD
oggi si potrebbe rispondere: “Chiedete a Ledeen”.
Vediamo perché :
Pellegrino parte da una premessa che, forse ancora oggi, sfugge ai più: L’Italia NON è un Paese normale e NON ha una democrazia normale.
A partire dal trattato di Yalta, all’Italia è stato affidato il ruolo di “Marca di frontiera”. L’estrema propaggine dell’Impero dell’Ovest che confina con l’Impero dell’EST. E non solo. È anche il “punto di confine” fra Nord e Sud, nel Mediterraneo.
L’Italia,
quindi, esce dal trattato di Yalta come “Stato a sovranità limitata”.
Una specie di portaerei NATO nel mar Mediterraneo.
A questo si aggiunga una spaccatura
verticale interna determinata dal post fascismo e post resistenza. Gli
italiani si dividevano in Anticomunisti e Antifascisti. E gli
anticomunisti a loro volta, in anticomunisti “bianchi” e anticomunisti
neri. Questa ulteriore differenziazione era determinata dalla presenza
dello Stato Vaticano all’interno del territorio italiano.
Per il sen. Pellegrino, quindi, TUTTI
i fatti eclatanti che accadono in Italia devono essere traguardati
attraverso le lenti dei fatti internazionali e della nostra stessa
storia.
Specificatamente in Italia si
fronteggiavano due “Gladio”. Gladio (o “Gladio bianca”) e “Gladio
Rossa”. Entrambe queste strutture, però, erano costituite solo dai
vertici di coordinamento militare e da un livello superiore (ed estero)
di “regia”. La loro base poggiava sulle varie strutture paramilitari di
destra-centro (Gladio) e di sinistra (Gladio Rossa).
Facevano, quindi, capo a Gladio
strutture come la “Brigata Osoppo”, “MAR”, ma anche “Ordine Nuovo” e
“Avanguardia Nazionale”.Pian piano, le strutture “bianche” si rivelano
“inadeguate” e si sciolsero o confluirono nelle strutture più radicali e
militariste di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.
Queste erano in stretto legame con il SID che garantiva, da un lato la
copertura del legame fra queste strutture di estrema destra e Gladio,
dall’altro lato, con il segreto militare, il fatto che queste stesse strutture fossero parte integrante della struttura militare della NATO
Orlando (braccio destro di Fumagalli, il “capo” del MAR) dirà alla Commissione:
La struttura di cui parlo faceva capo agli americani che davano gli ordini mentre i carabinieri provvedevano al coordinamento.
Pellegrino, poi, tiene a precisare che quando parla di USA, di NATO, di CIA si riferisce, in effetti, a gruppi di potere USA.
A cellule della destra radicale americana.
A cellule della destra radicale americana.
Insomma, non credo che a livello del governo degli Stati Uniti si sia deciso di appoggiare le spinte golpiste o para-golpiste italiane. Diverso è pensare che o circoli della destra radicale americana o singoli settori degli apparati di forza americani abbiano potuto assumere determinate iniziative.
Pellegrino, infatti, fa un preciso riferimento a un gruppo particolarmente potente che orbitava attorno all’Università Georgetown di Washington (da questo momento, quindi, sostituirò CIA, NATO e USA con “destra repubblicana USA” o “Gruppo di Georgetown“):
Il CSIS, un centro che ha influenzato fortemente le politiche mondiali, di cui facevano parte uomini come Alexander Haig, Henry Kissinger, Michael Ledeen, Claire Sterling, e alcuni ex capi della Cia. In proposito, mi sono sembrate molto interessanti le risposte che ci hanno dato Stefano Silvestri, esperto di strategie internazionali. Quando è venuto in Commissione, alla domanda se anche lui ritenesse che la P2 fosse il rifugio dell’oltranzismo atlantico, lui rispose affermativamente. E aggiunse che, secondo lui, persone come Gelli erano certamente collegate a circoli americani, però, per l’appunto, a circoli tipo quello di Georgetown. Insomma, la destra repubblicana americana.
Ecco che già alcuni nomi cui Pellegrino attribuisce forte influenza nelle politiche mondiali sono particolarmente attuali: Henry Kissinger (Napolitano è “il mio comunista preferito”), Michael Ledeen
(molto amico di Matteo Renzi e che ha avuto “rapporti molto stretti”
con Luigi Zanda) e Claire Sterling. (Vedi immagine, da un carteggio
sequestrato a casa di Claire Sterling in occasione delle indagini sul
tentato omicidio di Papa Giovanni Paolo II - fonte).
Ecco che a Ledeen viene associato pure
Luigi Zanda (attuale capogruppo PD al Senato). Attraverso Squillante,
inoltre, abbiamo anche altro riscontro del legame “al vertice” fra la P2
e un particolare gruppo americano. Lo vedremo dopo, quando ne accenna
pure Pellegrino: il “Gruppo di Georgetown”.
Ecco, quindi, anche riapparire pure il fantasma della P2.
Ecco, quindi, anche riapparire pure il fantasma della P2.
Ma
riprendiamo il filo del discorso.
Gladio Rossa contava su “Lotta
continua”, “Potere operaio” e “Brigate rosse” (quest’ultima, fino
all’arresto di Curcio).
Ora, Gladio Rossa, con la svolta parlamentare del PCI, l’isolamento di Secchia e, sopratutto, la morte di Feltrinelli, di fatto si dissolse, per confluire nelle Brigate Rosse.
La “ratio” ideologica dei vertici delle Brigate Rosse permarrà fino a che Curcio e Franceschini non vengono arrestati.
In realtà la retata avrebbe dovuto interessare anche quello che poi sarà il nuovo capo delle BR, Moretti, ma una telefonata dal Viminale lo ha avvisato del piano. Moretti non ha allertato i compagni e sfugge da solo alla retata divenendo il capo delle Brigate Rosse.
Di Moretti, anzi, sparirono pure le foto scattate negli incontri con
l’infiltrato Silvano Girotto (“Frate Mitra”), grazie al quale venne tesa
l’imboscata che portò all’arresto dei soli Curcio e Franceschini.
Da quel momento, la connotazione ideologica di sinistra verrà utilizzata solo per “fomentare i militanti”.
I vertici delle strutture “eversive” e “sovversive” erano, quindi, TUTTI (sia quelli di destra sia quelli di sinistra) sotto il controllo degli ambienti della destra repubblicana USA e del MOSSAD (servizi
segreti israeliani). Pellegrino afferma questo sulla base delle
dichiarazioni convergenti del Giudice Arcai e del Generale Delfino, ma
anche di altri riscontri documentali che fanno affermare a Pellegrino:
Ho già detto che nei primi anni Settanta il Mossad contattò le Brigate rosse attraverso un esponente socialista milanese. In quell’occasione, il Servizio israeliano offrì appoggi senza alcuna contropartita, bastava che le Br esistessero.
A dispetto della componente ideologica della base, quindi, le Brigate Rosse dovevano continuare ad esistere in quanto funzionali al Mossad.Stanti
così le cose, ci si chiederà come mai non ci fosse la pax assoluta.Se
sia Brigate Rosse, sia le strutture paramilitari di Gladio erano sotto
il controllo degli ambienti della destra repubblicana USA e del MOSSAD,
se entrambe le parti – per il tramite della P2 – godevano della
copertura degli stessi Servizi Segreti, perché le stragi continuarono?
E qui, secondo Pellegrino, si dovrebbe guardare un po più lontano.
Mossad e destra repubblicana USA erano già riusciti a instaurare – in Grecia, Spagna e Portogallo – regimi fascisti.
Le stragi fino al 1969, quindi, dovevano servire affinché, nel dicembre del 1969, Mariano Rumor dichiarasse lo “Stato di Emergenza” che ne consentisse l’instaurazione anche in Italia.
Rumor, però, non dichiarò lo Stato di Emergenza. Il “Golpe Borghese” della notte dell’Immacolata 1970 fu l’ultimo tentativo. Anche quello andato a vuoto.
Da notare che già dagli anni 60 la P2 di Gelli era molto attiva.
Con la sua rete di iscritti sopratutto nelle forze armate e nei servizi
segreti, era nelle condizioni di garantire già tutta la copertura
necessaria. La P2 costituiva il raccordo fra le istituzioni e le bande
armate. L’una e le altre sotto lo stesso controllo della destra
repubblicana USA e del Mossad.Sussistono documenti, infatti, secondo cui i medesimi Haig, Kissinger e Ledeen fossero iscritti alla P2 nel “Comitato di Montecarlo”
(o “Superloggia”). Quel “braccio” della P2 che si occupava di traffico
internazionale di armi e al quale venne fatta risalire in modo diretto
l’organizzazione della strage di Bologna.Gelli, quindi, era solo una sorta di Segretario, di coordinatore, della P2. Le “menti” stavano altrove.
D.:Gelli è stato descritto in mille cronache come un uomo potentissimo, che aveva in pugno l’Italia. Secondo Cossiga, invece, era soltanto, una specie di segretario amministrativo della P2, il cui vero leader politico sarebbe ancora nell’ombra. Tra le due ipotesi, Qual’è quella che secondo lei si avvicina di più alla realtà?
R.: La seconda, senza ombra di dubbio. Anch’io ho sempre pensato che Gelli fosse solo un esecutore. Naturalmente si dava molto da fare per valorizzare al massimo il suo ruolo, che non era di comando, però ugualmente strategico, attraverso il suo presenzialismo e sviluppando contatti con tutti quelli che poi hanno detto di averlo conosciuto assai poco.
Tornando alla nostra storia, la destabilizzazione creata con le stragi degli anni 60, però, indusse alla soluzione opposta a quella auspicata dal “gruppo di Georgetown” e dal Mossad.
I Partiti, avendo ormai mollato le frange estremiste si orientarono
verso la “parlamentarizzazione della sinistra” e un clima di
distensione. Nel frattempo, tra l’altro, anche sul piano internazionale
si avviavano altrettanti processi di distensione fra Kennedy e Krusciov.
Il 74 segna, così, una nuova
recrudescenza della strategia della tensione per destabilizzare e
riportare Stato e popolo al terrore dell’eversione di sinistra.Le
organizzazioni paramilitari di destra e di sinistra, senza più l’avallo
dei partiti di riferimento, ma entrambe sotto
il controllo degli ambienti della destra repubblicana USA e del Mossad e
con la copertura P2 operarono a Milano, Brescia, Bologna
Nell’intervista si legge:
Il depistaggio compiuto dai Servizi segreti e più in generale dagli apparati di sicurezza nei confronti della magistratura riguarda soprattutto i fatti che di sono verificati dal 1969 al 1974. I Servizi volevano impedire che i giudici scoprissero l’esistenza di Gladio, coperta dal segreto atlantico, e di quella vasta rete di organizzazioni paramilitari clandestine legate agli apparati. Dovevano difendere il segreto Nato, ma temevano anche che la magistratura scoprisse l’alleanza operativa tra queste organizzazioni clandestine e la destra fascista e, ai livelli più alti, le connivenze e le responsabilità politiche.
Quindi, se la base
paramilitare delle Brigate Rosse mantenne l’ideologia di sinistra, non
si accorse che le azioni erano, invece, funzionali alla destra fascista e
da questa ispirate.In buona sostanza, comunque, in tutte le stragi si assiste ad assoluzioni determinate da impressionante coacervo di depistaggi.
Il 1974 è un punto di svolta.
Il Giudice Mastelloni di Venezia indagava sull’incidente dell’aereo militare Argo 16 (precipitato a Marghera nel Novembre 73)
Per Mastelloni l’aereo fu sabotato dal Mossad per
ritorsione contro il governo italiano che aveva rilasciato due
palestinesi arrestati a Roma mentre tentavano di abbattere un aereo El
Al
Erano stati estradati in Libia proprio
con Argo 16 e proprio con quell’equipaggio. La Corte di Venezia
dovette, dopo lustri di inchiesta assolvere dall’accusa di strage il vertice del servizio segreto israeliano, anche a causa della mancata costituzione di parte civile del Governo D’Alema
Nel frattempo la situazione
internazionale muta; l’esplodere dello scandalo Watergate indebolisce
l’asse Nixon-Kissinger. In Europa, forse per l’affievolirsi
dell’appoggio fino ad allora goduto da parte del governo statunitense,
si dissolsero, senza opporre resistenza, i due regimi portoghese e
greco.
Sulla “storia” mi fermo qui.
Ho già accennato, tra l’altro, alle implicazioni
internazionali (e sempre degli stessi personaggi: Kissinger, Ledeen
& co.) nel caso dell’assassinio di Aldo Moro, determinato
anch’esso dalla “contrarietà” della destra repubblicana USA e del Mossad
all’ingresso del PCI al Governo con il compromesso storico di Aldo
Moro.
Il “Caso Moro” è un esempio emblematico del funzionamento della nuova veste delle Brigate Rosse. Azionando i “tasti giusti” si fece credere ai militanti che si stesse “processando” un “nemico del popolo”.
In effetti l’azione era funzionale alla politica di destra fascista del “Gruppo di Georgetown” per impedire che il PCI andasse al Governo
Facciamo adesso un salto nel tempo.
Cosa è cambiato in Italia? La nostra posizione nello scacchiere internazionale è esattamente identica. Anzi, sicuramente peggiorata per via del progressivo esaurimento delle riserve di carburante fossile.
Le destabilizzazioni ad EST (provocate a causa della dipendenza europea dal gas russo, su questo non c’è dubbio) ci portano ad essere nuovamente “Marca di Frontiera” dell’Impero OVEST.
Le “instabilità” (se così si può chiamare un massacro) fra Israele e Palestina ci mantengono “Marca di Frontiera” fra SUD e NORD (anche qui l’enorme giacimento di gas in territorio palestinese, il Leviatano, pare svolgere un ruolo nodale).
Gli interessi geopolitici del “Gruppo di Georgetown” e del Mossad, quindi, sono identici.
Gli interessi economici e militari della destra conservatrice e interventista USA in Italia sono sensibilmente incrementati.
Ad esempio, il MUOS:
quattro installazioni in tutto il mondo. Due in USA, uno in Australia e
uno in Sicilia. Le prime tre in zone desertiche, visto il danno fisico.
In Italia, a sovranità limitata, ovunque la NATO scelga. Se è dannoso alla salute, pazienza!). Ma anche l’acquisto degli F35 (ormai gli unici ad acquistarli, considerato che prendono fuoco al decollo). E l’orientamento verso lo Shale Gas USA deprimendo le energie alternative con le quali potremmo fornire l’intera Europa (vento e sole). E la vendita di AerMacchi a Israele
accelerando la consegna per consentire i bombardamenti di Gaza, mentre
ci si astiene all’ONU sulle indagini circa la violazione dei diritti
umani, e via discorrendo.
Il “nemico” è il Movimento 5 Stelle. Troppo
garantista delle regole. Troppo attaccato alla sovranità popolare,
troppo teso alla riacquisizione della dignità di Stato, troppo contro
MUOS, contro le fonti fossili, contro la militarizzazione. Troppo!!
Attenzione estrema, ragazzi. Il Giudice Clementina Forleo e la sua famiglia hanno rischiato sugli stessi interessi.
Attenzione estrema, ragazzi. Il Giudice Clementina Forleo e la sua famiglia hanno rischiato sugli stessi interessi.
I fatti ci sono tutti. Continuiamo ad essere un Paese anomalo. Un Paese servo della NATO e solo apparentemente democratico.
Ad opera di chi? Ad opera degli stessi spettri del passato. Che tornano più corporei che mai.
Ad opera di quello stesso identico “gruppo di Georgetown“: Henry Kissinger, per il quale il presidente Giorgio Napolitano è “il mio comunista preferito” (corretto immediatamente da Napolitano con “ex comunista”. Ce ne eravamo accorti, Presidente).
E Renzi. Matteo Renzi
con la sua rete di amicizie internazionali, Attraverso Marco Carrai.
Davide Serra (con forti interessi in Israele e che porta in dote i
legami con la Morgan Stanley), Marco Bernabè (sempre con Tel Aviv con il
fondo Wadi Ventures e il padre, Franco, e le sue dorsali telefoniche
Italia Israele), Yoram Gutgeld (israeliano e suo consulente economico. Porta in anche dote l’esperienza McKinsey di cui era socio anziano fino al marzo 2013).
Ma
sopratutto, la figura più inquietante. La figura che si allunga dietro
tutte le stragi, tutti i depistaggi che hanno attraversato l’Italia e
non solo. La figura che Martini (all’epoca capo del SISMI) definì “non
gradito all’Italia”: MICHAEL LEDEEN!
Sdoganato da Berlusconi appena giunto
al potere. Ledeen imperversò nelle sue televisioni sotto la forma di
“commentatore politico internazionale”
Henry Kissinger e Michael Ledeen e le strutture israeliane sono di nuovo (e da sempre) i padroni della scena.
C’è chi dice che il PD è la nuova DC.
Il PD, in effetti, riassume tutto quello che era il mondo anticomunista.
Il PD, se gestisse bande armate,
gestirebbe oggi Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. Al massimo,
Brigate Rosse post Curcio. Quelle di Moretti, l’agente Mossad.
Il PD ha ormai da tempo tradito le origini, ma con il binomio Renzi-Napolitano è diventato l’antitesi della storia della sinistra.
Non gestendo le bande armate (almeno spero), il PD è comunque l’erede non solo della DC, ma anche del MSI.
È l’erede di tutto quel fronte anticomunista che si asservì e asservì l’Italia alla destra conservatrice USA di Kissinger e Ledeen e del Mossad. Che ha proseguito con la DC, col PSDI, col PSI di Craxi e poi con Berlusconi.
È
l’erede di tutto quel fronte “garante” della subalternità e della
sottomissione dello Stato italiano agli interessi del “Gruppo di
Georgetown” e del Mossad
Lo stesso Berlusconi adesso non vede più il pericolo comunista. Per la semplice ragione che, in effetti, non c’è più.
Per le referenze su Federica Mogherini, Renzi dice “Chiedete a John Kerry”.
È ovvio che si debba chiedere a referenti neocon americani. La Mogherini è strumento integrato in questo meccanismo osceno.
Già ammessa agli incontri segreti con agenti USA sin dal 2006 (vedi Nel 2006 la Mogherini compare nei cablo di Wikileaks. A che gioco gioca oggi?), il curriculum vero della Mogherini è tutto nella testa di Kerry, di Ledeen e di Kissinger.
Chi è il PD? Chiedete a Ledeen.
Matteo Renzi e Michael Ledeen
Perché il sindaco ha incontrato più volte il “falco”
americano, teorico dei Contras e del Nigergate
collaboratore del Sismi, uomo dei tempi bui ecc etc.. ?
venerdì, febbraio 14th, 2014
Per
Matteo Renzi si è fatto in passato un gran parlare del finanziere David
Serra. Ma non è lui il personaggio “estero” più inquietante delle
frequentazioni Renzi. C’è amche Michael Ledeen,
l’ultraconservatore
americano, uomo legato agli scenari più bui degli anni ’70 e ’80,
compresa l’Italia di Moro.
Quest’uomo
è stato oggetto di incontri nei giri americani di Renzi. A consigliare
Renzi è Marco Carrai, a quanto pare. Ce lo raccontano qui di seguito il
Sole 24 ore (gennaio 2014) e l’Espresso (novembre 2013).
Ledeen
cresciuto nella scia di Kissinger, un teorico delle operazioni sporche
in America Latina e in mezzo mondo. Segue infine la scheda di Ledeen su
Wikipedia.
Domanda: perché Renzi si è scelto un interlocutore di questo genere? Aspetto dai renziani qualche delucidazione.
I due consiglieri atlantici (e opposti) del sindaco
15 gennaio 2014
Il Sole 24 ore
Matteo
Renzi e il suo collaboratore Marco Carrai amano molto l’America. E
nella vasta rete di contatti che vi hanno costruito spiccano due figure
quasi opposte: Matt Browne e Michael Ledeen.
Browne ha 41 anni, è stato uno dei più stretti collaboratori di Tony Blair in Gran Bretagna e ora fa parte del più vivace think tank neo-progressista americano assieme a John Podesta, l’ex braccio destro di Bill Clinton recentemente ingaggiato da Barack Obama come consigliere.
Browne ha 41 anni, è stato uno dei più stretti collaboratori di Tony Blair in Gran Bretagna e ora fa parte del più vivace think tank neo-progressista americano assieme a John Podesta, l’ex braccio destro di Bill Clinton recentemente ingaggiato da Barack Obama come consigliere.
Attraverso
il filtro di Carrai, Browne ha introdotto Renzi a Blair, al fratello
dell’attuale leader del partito Labour britannico David Miliband e a
molti democratici americani.
Michael Ledeen invece ha 73 anni e ha lavorato nelle Amministrazioni di Ronald Reagan e di George W. Bush distinguendosi in entrambi i casi per le sue iniziative da freelance dell’intelligence. La prima è consistita nello scambio tra missili e ostaggi con l’Iran di Khomeini, un’operazione clandestina passata alla storia con il nome di Irangate. Una commissione di inchiesta parlamentare la definirà “episodio imbarazzante” ed “esemplare dei rischi di iniziative fuori dai canoni”. Anche perché che l’iraniano individuato e patrocinato da Ledeen come perno dell’intera operazione, Manucher Ghorbanifar, era risultato un inaffidabile faccendiere e acclarato bugiardo.
Michael Ledeen invece ha 73 anni e ha lavorato nelle Amministrazioni di Ronald Reagan e di George W. Bush distinguendosi in entrambi i casi per le sue iniziative da freelance dell’intelligence. La prima è consistita nello scambio tra missili e ostaggi con l’Iran di Khomeini, un’operazione clandestina passata alla storia con il nome di Irangate. Una commissione di inchiesta parlamentare la definirà “episodio imbarazzante” ed “esemplare dei rischi di iniziative fuori dai canoni”. Anche perché che l’iraniano individuato e patrocinato da Ledeen come perno dell’intera operazione, Manucher Ghorbanifar, era risultato un inaffidabile faccendiere e acclarato bugiardo.
Quindici
anni dopo, il nome di Ledeen è riemerso in un’altra inchiesta
parlamentare su un’altra operazione da lui escogitata. Parliamo di un
“summit” segreto organizzato a Roma nell’ottobre del 2011 tra due
funzionari del Pentagono e i vertici del Sismi per valutare
un’operazione di spionaggio in Iran. E chi era il perno di
quell’operazione? Ghorbanifar. Ça va sans dire che quell’iniziativa
aveva un costo – 25 milioni di dollari. E che è finita nell’elenco degli
“episodi imbarazzanti”.
Insomma,
a Ledeen la serenità della torre d’avorio non è sembrata mai bastare. E
ha sempre dimostrato una particolare attrazione per il mondo dei
servizi segreti. Incluso quelli italiani. Nel 1980 è stato anche al
servizio di Giuseppe Santovito, il generale pidduista all’epoca capo del
Sismi. Negli stessi anni, ha inoltre coltivato altre due amicizie di
peso. Con Bettino Craxi e Francesco Cossiga.
Non resistiamo alla tentazione e chiediamo allo stesso Ledeen: «Che senso ha per qualcuno che dice di voler cambiare tutto nella politica italiana chiedere consigli a chi, come lei, li scambiava 30 anni fa con Craxi e Cossiga? Scusi, ma lei è il vecchio, non il nuovo».
«È vero», ammette prontamente Ledeen con quella punta di autoironia che lo contraddistingue.
Non resistiamo alla tentazione e chiediamo allo stesso Ledeen: «Che senso ha per qualcuno che dice di voler cambiare tutto nella politica italiana chiedere consigli a chi, come lei, li scambiava 30 anni fa con Craxi e Cossiga? Scusi, ma lei è il vecchio, non il nuovo».
«È vero», ammette prontamente Ledeen con quella punta di autoironia che lo contraddistingue.
Chiediamo
poi a Browne cosa pensa del fatto che quando è a Washington Renzi passi
da un progressista come lui a un neocon come Ledeen. «Quando un
politico straniero con grandi ambizioni visita Washington è giusto che
stabilisca rapporti con tutte e due le parti politiche. Ma gli incontri
di quel genere sono diversi da quelli in cui si scambiano idee, valori e
modi di far politica. Dubito che discuta di queste cose con
conservatori».
Marco Damilano – L’Espresso
Marco
Carrai, l’uomo che sussurra a Renzi, è uno scapolo di 38 anni,
gracilino, riservato, misterioso. Uno che allontana i fotografi e che si
sposta a Firenze su una vecchia Fiat Punto, il massimo della sobrietà,
francescana e lapiriana quasi obbligatoria per lui che è un cattolico
fiorentino ma è anche molto ricco. Da qualche anno colleziona
partecipazioni azionarie e presidenze di municipalizzate, società e
consigli di amministrazione: da quando nel 2009 l’amico Matteo è
diventato sindaco non si è più fermato.
Una
storia partita dal cuore del Chianti, a Greve, comune di 14 mila
abitanti a 30 chilometri di Firenze, città del vino, in cui la sua
famiglia si è riprodotta e si è moltiplicata riuscendo ad amnistiare la
memoria del nonno di Marco, il Carrai su cui pesava l’accusa infamante
di aver fatto parte della banda Carità, il gruppo fascista che opera in
Toscana tra il ’43 e il ’45 a caccia di partigiani, tra esecuzioni
sommarie e torture.
Il capostipite viene messo all’indice, poi lentamente risale negli affari: un’azienda di rivendita del ferro, un’altra di materiale per l’edilizia, infine investimenti immobiliari riusciti, il benessere. Papà ex giocatore di calcio nelle giovanili della Fiorentina, mamma figura forte della famiglia e cattolicissima, nella Toscana rossa i Carrai sono conosciuti per essere moderati, democristiani, fieramente anti-comunisti. Nessuno a Greve si stupisce quando nella campagna elettorale del 1994, tracollato lo Scudocrociato, il 19enne Marco al primo voto politico si impegna nei club della nascente Forza Italia di Silvio Berlusconi. Dura poco, pochissimo, perché ad attendere Carrai c’è il Ppi che si è separato dalla fazione di Rocco Buttiglione, punta sul centrosinistra e sull’Ulivo di Romano Prodi e ha trovato a Firenze un segretario provinciale ragazzino che nel ’94 aveva frequentato le tv berlusconiane da concorrente della “Ruota della fortuna” di Mike Bongiorno: Matteo Renzi.
Matteo e Marco a metà degli anni Novanta cominciano a fare coppia fissa. Uno è il centravanti di sfondamento, l’altro il tessitore di centrocampo. Nel Ppi e poi nella Margherita Renzi è il segretario, Carrai è il braccio organizzativo. Insieme definiscono le liste, le candidature, i convegni: uno congiunto tra i giovani della Margherita e quelli di Forza Italia, nell’abbazia di Vallombrosa, per parlare di «tradizione cristiana nell’impegno politico in Italia e in Europa», Carrai introduce, Renzi conclude.
Quando Matteo, nel 2004, viene eletto presidente della Provincia di Firenze, Marco è il suo capo segreteria. Nel frattempo è entrato a Palazzo Vecchio come consigliere comunale della Margherita, eletto con le preferenze assicurate da Comunione e liberazione e dalla Compagnia delle Opere che in Toscana è presieduta da Paolo Carrai e da Leonardo Carrai, alla guida del Banco alimentare, altra opera ciellina: i cugini di Marco. Dai banchi del Salone de’ Dugento è un mastino che sorveglia la giunta del diessino Leonardo Domenici con la grinta dell’oppositore, anche se fa parte della maggioranza.
Quando il Comune di Firenze decide di conferire la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro, il papà di Eluana, Carrai vota contro insieme al consigliere Dario Nardella, oggi deputato renziano, «non per senso religioso, ma per laico senso delle istituzioni». Se si tocca la Chiesa il mite Carrai si trasforma in un crociato. Nel 2006, quando esce il film tratto dal romanzo di Dan Brown, pubblica un agile pamphlet su “Il Codice Da Vinci. Bugie e falsi storici”, con lo storico Franco Cardini e il professor John Paul Wauck, prete dell’Opus Dei, molto felice dell’iniziativa. Nel 2007 si presenta al cimitero degli Allori per deporre un cuscino di fiori in onore di Oriana Fallaci, scomparsa un anno prima.
Nel capoluogo della Toscana rossa si costruisce un profilo cattolico e teo-con che promette bene. Ma nel giugno 2009, quando l’amico Renzi schianta l’apparato Ds alle primarie di Firenze e poi viene eletto sindaco, Carrai si ritira dalle polemiche, dalla politica, dai riflettori. E comincia, a soli 34 anni, la sua second life di uomo d’affari. Pubblico e privato.
Consigliere del sindaco (a titolo gratuito), poi amministratore delegato di Firenze Parcheggi, partecipata del Comune, in quota Monte Paschi di Siena, membro dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che è azionista di Banca Intesa, regista della nomina alla presidenza di Jacopo Mazzei. Siede nel cda del Gabinetto Vieusseux, tra le più importanti istituzioni culturali cittadine, infine è presidente di Aeroporti Firenze, come racconta Duccio Tronci in “Chi comanda Firenze” (Castelvecchi). Intanto coltiva i suoi interessi: il fratello Stefano Carrai è in società con l’ex presidente della Fiat Paolo Fresco nella società Chiantishire che tenta di mettere su un gigantesco piano di appartamenti, resort, beauty farm nella valle di Cintoia, a Greve, bloccato dal Comune.
Fresco è tra i finanziatori della campagna per le primarie del 2012 di Renzi, con 25 mila euro, insieme al finanziere di Algebris Davide Serra, acclamato anche quest’anno alla stazione Leopolda. A raccogliere i fondi a nome della fondazione Big Bang c’è sempre Carrai. Amico degli amici del sindaco: nel cda della scuola Holden di Alessandro Baricco, immancabile oratore alla Leopolda, e vicino a Oscar Farinetti di Eataly, di cui sta curando lo sbarco a Firenze. L’uomo del governo israeliano, per alcuni («Ho da fare a Tel Aviv», ripete spesso), di certo vicino agli americani di ogni colore. Frequenta con assiduità Michael Ledeen, l’animatore dei circoli ultra-conservatori del partito repubblicano, antica presenza nei misteri italiani, dal caso Moro alla P2. È in ottimi rapporti con il nuovo ambasciatore Usa in Italia John Phillips, amante del Belpaese e della Toscana, proprietario di Borgo Finocchietto sulle colline senesi.
C’è anche Carrai quando Renzi banchetta con Tony Blair o quando va ad accreditarsi con lo staff di Obama alla convention democratica di Charlotte del 2012. E quando tre mesi fa il sindaco vola a sorpresa a Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel, accanto a lui, ancora una volta, c’è il ragazzo di Greve, Carrai. Che nel silenzio accumula influenza e mette fuorigioco altri fedelissimi renziani. C’è chi ha visto la sua manina dietro la nomina di Antonella Mansi alla presidenza di Mps, osteggiata da altri seguaci del sindaco. Ma non c’è niente da fare: Carrai, per Renzi, è l’unico insostituibile. Per questo bisogna seguirlo, il Carrai, nella strada che porta alla conquista di Roma, nella posizione da cui da sempre si governa e si comanda davvero. All’ombra della luce.
Il capostipite viene messo all’indice, poi lentamente risale negli affari: un’azienda di rivendita del ferro, un’altra di materiale per l’edilizia, infine investimenti immobiliari riusciti, il benessere. Papà ex giocatore di calcio nelle giovanili della Fiorentina, mamma figura forte della famiglia e cattolicissima, nella Toscana rossa i Carrai sono conosciuti per essere moderati, democristiani, fieramente anti-comunisti. Nessuno a Greve si stupisce quando nella campagna elettorale del 1994, tracollato lo Scudocrociato, il 19enne Marco al primo voto politico si impegna nei club della nascente Forza Italia di Silvio Berlusconi. Dura poco, pochissimo, perché ad attendere Carrai c’è il Ppi che si è separato dalla fazione di Rocco Buttiglione, punta sul centrosinistra e sull’Ulivo di Romano Prodi e ha trovato a Firenze un segretario provinciale ragazzino che nel ’94 aveva frequentato le tv berlusconiane da concorrente della “Ruota della fortuna” di Mike Bongiorno: Matteo Renzi.
Matteo e Marco a metà degli anni Novanta cominciano a fare coppia fissa. Uno è il centravanti di sfondamento, l’altro il tessitore di centrocampo. Nel Ppi e poi nella Margherita Renzi è il segretario, Carrai è il braccio organizzativo. Insieme definiscono le liste, le candidature, i convegni: uno congiunto tra i giovani della Margherita e quelli di Forza Italia, nell’abbazia di Vallombrosa, per parlare di «tradizione cristiana nell’impegno politico in Italia e in Europa», Carrai introduce, Renzi conclude.
Quando Matteo, nel 2004, viene eletto presidente della Provincia di Firenze, Marco è il suo capo segreteria. Nel frattempo è entrato a Palazzo Vecchio come consigliere comunale della Margherita, eletto con le preferenze assicurate da Comunione e liberazione e dalla Compagnia delle Opere che in Toscana è presieduta da Paolo Carrai e da Leonardo Carrai, alla guida del Banco alimentare, altra opera ciellina: i cugini di Marco. Dai banchi del Salone de’ Dugento è un mastino che sorveglia la giunta del diessino Leonardo Domenici con la grinta dell’oppositore, anche se fa parte della maggioranza.
Quando il Comune di Firenze decide di conferire la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro, il papà di Eluana, Carrai vota contro insieme al consigliere Dario Nardella, oggi deputato renziano, «non per senso religioso, ma per laico senso delle istituzioni». Se si tocca la Chiesa il mite Carrai si trasforma in un crociato. Nel 2006, quando esce il film tratto dal romanzo di Dan Brown, pubblica un agile pamphlet su “Il Codice Da Vinci. Bugie e falsi storici”, con lo storico Franco Cardini e il professor John Paul Wauck, prete dell’Opus Dei, molto felice dell’iniziativa. Nel 2007 si presenta al cimitero degli Allori per deporre un cuscino di fiori in onore di Oriana Fallaci, scomparsa un anno prima.
Nel capoluogo della Toscana rossa si costruisce un profilo cattolico e teo-con che promette bene. Ma nel giugno 2009, quando l’amico Renzi schianta l’apparato Ds alle primarie di Firenze e poi viene eletto sindaco, Carrai si ritira dalle polemiche, dalla politica, dai riflettori. E comincia, a soli 34 anni, la sua second life di uomo d’affari. Pubblico e privato.
Consigliere del sindaco (a titolo gratuito), poi amministratore delegato di Firenze Parcheggi, partecipata del Comune, in quota Monte Paschi di Siena, membro dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che è azionista di Banca Intesa, regista della nomina alla presidenza di Jacopo Mazzei. Siede nel cda del Gabinetto Vieusseux, tra le più importanti istituzioni culturali cittadine, infine è presidente di Aeroporti Firenze, come racconta Duccio Tronci in “Chi comanda Firenze” (Castelvecchi). Intanto coltiva i suoi interessi: il fratello Stefano Carrai è in società con l’ex presidente della Fiat Paolo Fresco nella società Chiantishire che tenta di mettere su un gigantesco piano di appartamenti, resort, beauty farm nella valle di Cintoia, a Greve, bloccato dal Comune.
Fresco è tra i finanziatori della campagna per le primarie del 2012 di Renzi, con 25 mila euro, insieme al finanziere di Algebris Davide Serra, acclamato anche quest’anno alla stazione Leopolda. A raccogliere i fondi a nome della fondazione Big Bang c’è sempre Carrai. Amico degli amici del sindaco: nel cda della scuola Holden di Alessandro Baricco, immancabile oratore alla Leopolda, e vicino a Oscar Farinetti di Eataly, di cui sta curando lo sbarco a Firenze. L’uomo del governo israeliano, per alcuni («Ho da fare a Tel Aviv», ripete spesso), di certo vicino agli americani di ogni colore. Frequenta con assiduità Michael Ledeen, l’animatore dei circoli ultra-conservatori del partito repubblicano, antica presenza nei misteri italiani, dal caso Moro alla P2. È in ottimi rapporti con il nuovo ambasciatore Usa in Italia John Phillips, amante del Belpaese e della Toscana, proprietario di Borgo Finocchietto sulle colline senesi.
C’è anche Carrai quando Renzi banchetta con Tony Blair o quando va ad accreditarsi con lo staff di Obama alla convention democratica di Charlotte del 2012. E quando tre mesi fa il sindaco vola a sorpresa a Berlino per incontrare la cancelliera Angela Merkel, accanto a lui, ancora una volta, c’è il ragazzo di Greve, Carrai. Che nel silenzio accumula influenza e mette fuorigioco altri fedelissimi renziani. C’è chi ha visto la sua manina dietro la nomina di Antonella Mansi alla presidenza di Mps, osteggiata da altri seguaci del sindaco. Ma non c’è niente da fare: Carrai, per Renzi, è l’unico insostituibile. Per questo bisogna seguirlo, il Carrai, nella strada che porta alla conquista di Roma, nella posizione da cui da sempre si governa e si comanda davvero. All’ombra della luce.
Da wikipedia
Michael Arthur Ledeen (Los Angeles, 1º agosto 1941) è uno storico e giornalista statunitense.
Negli anni ’70 si è occupato della storia del fascismo e ha collaborato con Renzo De Felice. In seguito ha continuato a frequentare spesso l’Italia. Ha lavorato anche come consulente storico per il SISMI. È implicato in alcuni importanti scandali, come lo scandalo Iran-Contra ed il Nigergate[senza fonte]; è stato inoltre accusato di aver collaborato con la P2 di Licio Gelli, nonostante abbia negato qualsiasi implicazione[1].
È membro dell’American Enterprise Institute, noto think tank neoconservatore[2].
Vicino ad ambienti dell’Amministrazione Reagan
senza tuttavia ricoprire incarichi ufficiali, fu presente alla Casa
Bianca durante il colloquio telefonico tra il Presidente americano e il
Presidente del Consiglio Craxi nel pieno della crisi di Sigonella nell’autunno 1985[3],
inserendosi nella traduzione simultanea in inglese della conversazione e
scavalcando di fatto il traduttore ufficiale Thomas Longo Jr, capo
dell’Italian Desk del dipartimento di stato che protestò vivamente
ottenendone l’allontanamento.
Per il suo fare intrigante e anche sospetto nella politica italiana
poco dopo il Direttore del SISMI dell’epoca Amm. Fulvio Martini lo fece
dichiarare persona sgradita in Italia. Ritornò sulla scena e nel nostro
paese durante le non chiare vicende che ci coinvolsero nella 2ª guerra
contro l’Iraq.
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