"Il peggiore nemico x la razza umana è costituito dai sionamericani, espressione luciferina della sinarchia oligarchica" deca
La guerra del gas si estende all’€uropa
Fallisce il golpe USA in Macedonia
La
Macedonia ha appena messo in condizione di non nuocere un gruppo armato
di cui sorvegliava i mandanti da almeno otto mesi. Ha così evitato un
nuovo tentativo di colpo di stato, pianificato da Washington per il 17
maggio. Si trattava di allargare alla Macedonia il caos già installato
in Ucraina al fine d'impedire il passaggio di un gasdotto russo verso
l’Unione €uropea.
- Il primo ministro macedone, Nikola Gruevski, annuncia la fine dell’aggressione contro i terroristi
Il caso di Kumanavo
La polizia macedone ha lanciato il 9 maggio 2015,
all’alba, un’operazione volta ad arrestare un gruppo armato che si era
infiltrato nel paese e che sospettava stesse preparando diversi
attentati.
La polizia aveva evacuato la popolazione civile prima di dare l’assalto.
Dopo che i sospetti hanno aperto il fuoco, è seguita una dura
battaglia che ha lasciato 14 morti dal lato dei terroristi e 8 dal lato
delle forze dell’ordine.
Ben 30 individui sono stati fatti prigionieri. Si calcolano parecchi feriti.
Ben 30 individui sono stati fatti prigionieri. Si calcolano parecchi feriti.
Non un’azione terroristica, ma un tentativo di colpo di stato
La polizia macedone era manifestamente ben informata prima di
lanciare la sua operazione. Secondo il ministro degli Interni, Ivo
Kotevski, il gruppo stava preparando un’operazione molto importante per
il 17 maggio (vale a dire in occasione della manifestazione indetta
dall’opposizione albanofona a Skopje).
L’identificazione dei sospetti ha permesso di stabilire che erano quasi tutti ex membri dell’ UÇK (l’Esercito di Liberazione del Kosovo). [1]
- Il covo del gruppo armato a Kumanovo, dopo l’aggressione
Tra questi troviamo:
• Sami Ukshini detto “Comandante Sokoli”, la cui famiglia ha svolto un ruolo storico in seno all’ UÇK.
• Rijai Bey, ex guardia del corpo di Ramush Haradinaj (lui stesso
trafficante di droga, capo militare del dell’UÇK e poi Primo Ministro
del Kosovo. Fu processato due volte dal Tribunale penale internazionale
per l’ex Jugoslavia per crimini di guerra, ma assolto perché 9 testimoni
cruciali furono uccisi durante il suo processo).
• Dem Shehu, attuale guardia del corpo del leader e fondatore del partito BDI albanese, Ali Ahmeti.
• Mirsad Ndrecaj detto il “Comandante della NATO”, nipote di Malic Ndrecaj comandante della 132ma Brigata dell’ UÇK.
I principali responsabili di questa operazione, tra cui Fadil
Fejzullahu (morto durante l’assalto) sono vicini all’ambasciatore degli
Stati Uniti a Skopje, Paul Wohlers.
- Fadil Fejzullahu, un leader del gruppo armato è morto durante l’assalto, qui con il suo capo, l’ambasciatore degli Stati Uniti a Skopje Paul Wohlers
Quest’ultimo è figlio di un diplomatico statunitense, Lester Wohlers,
che ha giocato un ruolo importante nella propaganda atlantista e ha
diretto il dipartimento cinema della US Information Agency. Il fratello
di Paul, Laurence Wohlers, è attualmente ambasciatore presso la
Repubblica Centrafricana.
Lo stesso Paul Wohlers, ex pilota della US
Navy, è uno specialista di controspionaggio. È stato vice direttore del
Centro per le operazioni del Dipartimento di Stato (ossia il servizio di
sorveglianza e protezione dei diplomatici). Insomma uno a cui tagliare la testa ...
- Sebbene la Macedonia non faccia parte della Nato, Jens Stoltenberg "seguiva" l’operazione di polizia a Kumanovo
Perché non v’è alcun dubbio circa i mandanti, il segretario generale
della NATO, Jens Stoltenberg, è intervenuto persino prima della fine
dell’assalto.
Non per dichiarare la propria condanna del terrorismo e il
suo sostegno al governo costituzionale di Macedonia, ma per trasformare
il gruppo terroristico in un’opposizione etnica legittima: «È con
grande preoccupazione che seguo gli eventi in corso a Kumanovo. Rivolgo
le mie condoglianze alle famiglie delle persone uccise o ferite. (Altro genocida da evirare e lasciare morire dissanguato)
È
importante che tutti i dirigenti politici e responsabili di comunità
lavorino insieme per riportare la calma e procedano a un’indagine
trasparente per determinare quel che è accaduto.
Faccio vivamente
appello a tutti affinché diano prova di moderazione e evitino
un’ulteriore escalation, nell’interesse del paese e dell’intera
regione.»
Bisogna essere ciechi per non capire.
- Quando era governatore della regione di Strumica, Zoran Zaev è stato accusato di aver favorito la costruzione di un centro commerciale e arrestato per corruzione. Per sostenerlo, il suo partito si ritirò dal Parlamento. Alla fine, fu graziato dal Presidente della Repubblica, Branko Crvenkovski, che allora presiedeva il suo partito. È stato eletto presidente del SDSM a giugno 2013
Nel mese di gennaio 2015, la Macedonia sventava un tentativo di colpo
di Stato in favore del capo dell’opposizione, il socialdemocratico
Zoran Zaev. Quattro persone venivano arrestate e Zaev si vedeva
confiscare il suo passaporto, intanto che la stampa atlantista
cominciava a denunciare una "deriva autoritaria del regime" (sic).
Zoran Zaev è pubblicamente sostenuto dalle ambasciate degli Stati
Uniti, del Regno Unito, della Germania e dei Paesi Bassi. Ma non c’è
finora nessuna altra traccia nel tentativo di golpe che della
responsabilità degli Stati Uniti.
Il 17 maggio, il partito socialdemocratico (SDSM) [2]
(l'equivalente del Pd di renzie) di Zoran Zaev doveva organizzare una manifestazione. Doveva distribuire
2.000 maschere in modo da impedire alla polizia di identificare i
terroristi in mezzo al corteo. Durante l’evento, il gruppo armato
camuffato con queste maschere doveva attaccare varie istituzioni e
lanciare una pseudo "rivoluzione" di piazza paragonabile a quella della
Maidan di Kiev.
Questo colpo di Stato era coordinato da Mile Zechevich, un ex dipendente di una delle fondazioni di George Soros.
Per comprendere l’urgenza di Washington di rovesciare il governo di
Macedonia, dobbiamo tornare alla guerra dei gasdotti. Per la politica
internazionale è una grande scacchiera dove ogni movimento di un pezzo
provoca conseguenze sugli altri.
La guerra del gas
- Il gasdotto Turkish Stream dovrebbe passare attraverso la Turchia, la Grecia, la Macedonia e la Serbia x rifornire l’U€ del gas russo. Su iniziativa del presidente ungherese Viktor Orbán, i ministri degli Esteri dei paesi coinvolti si sono incontrati il 7-4-15 a Budapest x coordinarsi di fronte agli USA ed all’U. €uropea
Dal 2007, gli Stati Uniti tentano di tagliare le comunicazioni tra la
Russia e l’Unione europea. Sono riusciti a sabotare il progetto South
Stream, costringendo la Bulgaria ad annullare la sua partecipazione, ma
il 1° Dicembre 2014, in mezzo alla sorpresa generale, il presidente
russo Vladimir Putin ha lanciato un nuovo progetto riuscendo a
convincere il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan a fare un accordo
con lui, benché la Turchia sia un membro della NATO [3].
Si era convenuto che Mosca avrebbe consegnato del gas ad Ankara, che a
sua volta ne consegnerebbe all’Unione €uropea, aggirando l’embargo
anti-russo di Bruxelles. Il 18 aprile 2015, il nuovo primo ministro
greco, Alexis Tsipras, dava il suo gradimento affinché il gasdotto
attraversasse il suo paese. [4] Il primo ministro macedone, Nikola Gruevski, aveva – a sua volta - discretamente negoziato nel mese di marzo. [5]
Infine, la Serbia, che faceva parte del progetto South Stream, aveva
indicato al ministro dell’Energia russo Aleksandar Novak, quando lo ha
ricevuto a Belgrado ad aprile, che anche il suo paese era pronto a
passare alla progetto Turkish Stream [6] .
Per fermare il progetto russo, Washington ha moltiplicato le iniziative:
In Turchia, sostiene il CHP contro il presidente Erdoğan sperando di fargli perdere le elezioni;
in
Grecia, l’8 maggio ha inviato Amos Hochstein, direttore dell’Ufficio
delle risorse energetiche, per richiamare il governo Tsipras affinché
rinunci al suo accordo con Gazprom;
ha previsto – a ogni buon conto – di bloccare il tracciato del gasdotto piazzando uno dei suoi fantocci al potere in Macedonia;
in
Serbia, ha rilanciato il progetto di secessione del pezzo di territorio
che permette la giunzione con l’Ungheria, la Vojvodina. [7]
Ultima osservazione e non di minor conto: il Turkish Stream
alimenterà l’Ungheria e l’Austria mettendo fine al progetto alternativo
mediato dagli Stati Uniti con il presidente Hassan Rouhani (contro il
parere delle Guardie Rivoluzionarie) basato sull’approvvigionamento di
gas iraniano [8].
Matzu Yagi
[1] « L’UÇK, une armée kosovare sous encadrement allemand », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 15 avril 1999.
[2] Il partito SDSM è membro dell’Internazionale socialista.
[3] “Come Vladimir Putin ha ribaltato la strategia della NATO”, di Thierry Meyssan, Traduzione Emilio M. Piano, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 8 dicembre 2014.
[4] “Möglicher Deal zwischen Athen und Moskau : Griechenland hofft auf russische Pipeline-Milliarden”, Von Giorgos Christides, Der Spiegel, 18. April 2015.
[5] “Геннадий Тимченко задержится на Балканах. Вместо South Stream "Стройтрансгаз" построит трубу в Македонии”, Юрий Барсуков, Коммерсант, 12 марта 2015 r.
[6] «Énergie : la Serbie souhaite participer au gazoduc Turkish Stream», B92, 14 avril 2015.
[7] « La Voïvodine, prochain pseudo-État en Europe ? », par Wayne Madsen, Traduction Milko Terzić, Strategic Culture Foundation (Russie), Réseau Voltaire, 18 février 2015.
[8] “Dietro l’alibi anti-terrorismo, la guerra del gas nel Levante”, di Thierry Meyssan, Traduzione Luisa Martini, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 3 ottobre 2014.
La nascita della Fondazione data al 1993. George Soros aveva una lista di tre candidati a direttore dell’Open Society Institute, e tutti e tre avevano la stessa radice politica, appartenenza al SKM (Savez Komunisti na Makedonija – Lega dei Comunisti di Macedonia) e per ragioni diverse, principalmente familiari, furono agenti del controspionaggio. Il prescelto, Vladimir Milcin, era un favorito di Kiro Gligorov (primo presidente della Repubblica indipendente di Macedonia, vicino a Tito), che volle anche utilizzarlo nella diaspora macedone negli USA.
Anche se ufficialmente i documenti della fondazione dichiarano che dovrebbe trattare assistenza e finanziamento del cosiddetto campo civile, cioè le organizzazioni non governative, per aumentare la consapevolezza dei cittadini nel controllo delle istituzioni statali, l’impegno reale è concentrato fin dall’inizio su un solo obiettivo: il controllo di media e istituzioni educative, con una vasta rete propagandistica che dovrebbe controllare la politica dello Stato, cioè i partiti politici. Era un progetto che prevedeva di prendere il controllo del territorio.
Per realizzare l’idea in modo facile e senza ostacoli politici dal governo dell’epoca (LCM, cioè LCM-PDP, SDSM, successori del partito comunista) e dell’opposizione (VMRO-DPMNE), in quel difficile momento per la Macedonia, Paese non riconosciuto e sanzionato dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, ma che accettava di rispettare (pur non essendo membro delle Nazioni Unite) e con un blocco commercio unilaterale dalla Grecia (con la tacita approvazione della CEE), come forma di pressione per cambiare nome, George Soros approvò un prestito di 19 milioni di dollari per l’approvvigionamento di petrolio dalla Turchia attraverso la Bulgaria.
Soros volle utilizzare tale prestito come leva politica. Provenendo dalla Grecia, al Parlamento macedone si rivolse ai deputati avanzando la proposta di rinominare il Paese “Macedonia slava”. Tutti, tra cui Kiro Gligorov, respinsero ciò e Soros ne fu offeso (con una dichiarazione ai media greci di Salonicco). Tuttavia, il vero scopo dell'”Open Society” fu subito perseguito.
L’idea del direttore esecutivo Milcin, secondo lui, era messianica paragonandosi a Ignazio di Loyola che creò i Gesuiti, o un’èlite. Quindi, si trattava di una specie di missione del narcisista dal disturbo della personalità multipla tipica nella sua famiglia. Cercò di realizzarsi nella sua professione di regista, quando iniziò a lavorare con minorenni nei licei. Fallì per arroganza, freddezza e aggressività. Eppure, come direttore della Fondazione, ben finanziata, la sua idea ebbe successo. I risultati dei suoi 23 anni di direzione sono visibili ovunque. La rete di Soros è stata creata ed è operativa. I nuovi giornalisti e cosiddetti intellettuali macedoni furono coltivati come funghi in un seminterrato.
Avanzavano professionalmente e finanziariamente, ricevendo compensi per presunti documenti scientifici mai pubblicati o valutati da qualcuno. Viaggiarono nel mondo come funzionari della rete di Soros, organizzando forum e conferenze su certi temi per cui venivano pagati profumatamente. Invece di giornalismo e scienza, la rete dei “sorosoidi” spaccia propaganda di Soros (Mossad e CIA). I proprietari dei media, redazioni e politici erano sempre più impotenti di fronte alla rete, che poteva cambiarne la vita in una notte. Una storia a parte sono i cosiddetti intellettuali macedoni che, privi di valutazioni obiettive, dipendevano da Soros per finanziare i propri irrilevanti lavori scientifici che non passavano nemmeno il filtro più scarso di scientificità.
In collaborazione con i politici, in Macedonia un ambiente di “utili idioti” che senza obiezioni svolgono i compiti assegnatigli da Milcin. Molte prove dimostrano che dietro ogni tentativo di controrivoluzione, colpo di Stato e simili, in particolare nella crisi in Macedonia, c’è la firma di Vladimir Milcin e Soros. Tensioni interetniche, crisi e scontri politici, rivoluzioni tipo Maidan, elezioni anticipate vengono organizzate tramite tale mezzo e il suo raggruppamento intellettuale.
Ciò apparve particolarmente chiaro dal 2006. Insieme alla rete che opera a livello regionale da Budapest in stretta collaborazione con Canvas di Srga Popovich o Otpor di Dragan Gilas e Sonja Licht, in coalizione con il Partito Democratico di Boris Tadik o i liberaldemocratici di Chedomir Jovanovik, Soros ha ben organizzato e gestito fino a poco prima la vita politica in Serbia. La situazione in Ungheria è la stessa.
Prima il denaro fu usato per occupare lo spazio radiofonico nazionale e locale. Poi si continuò con le stazioni TV comprando A1 (ex-stazione televisiva nazionale privata macedone) e includendola nella rete privata e commerciale occupata con la cooperazione di giornalisti scelti. E infine, nel 1995, Soros iniziò la conquista della carta stampata. Prima comprò un editore (Europa 92 a Kocani) e poi fondò il quotidiano Dnevnik, la cui redazione riceve fondi da Soros. Iniziarono a prepararsi per le elezioni del 1998 dirette da Madeleine Albright quale “cambio” per promuovere i “nuovi” politici di destra.
Alcuni giornalisti indipendenti lo capirono e ne discussero con Christopher Hill, all’epoca ambasciatore degli USA in Macedonia. Ma poi dall’Austria fece un’affermazione cinica: “Il popolo macedone è messo alla prova ora e vedremo se sia politicamente maturo o dovrà tornare all’asilo“. Gli elettori macedoni non superarono il test. Fallirono per il trucco dei cosiddetti miliardi di Taiwan promessi agli elettori stremati dalla transizione di Vasil Tupurkovski, il capo di Alternativa Democratica, durante la carovana pre-elettorale della “nuova coalizione”.
La “vittoria” di Boris Trajkovski (secondo presidente macedone, ucciso in un incidente aereo) alle elezioni presidenziali fu un falso concordato tra la direzione del SDSM (che propose il peggior candidato possibile, Tito Petkovski). Tuttavia dopo il primo turno, i risultati indicarono che il popolo era maturo, poiché il peggior candidato Petkovski era in testa con 150.000 voti in più. Poi Madeleine Albright, a capo del dipartimento di Stato, intervenne direttamente inviando gli auguri per la vittoria a Boris Trajkovski.
Era chiaro che la Macedonia era stata ingannata. Il corpo elettorale macedone ignorò le “istruzioni della propaganda” date dall’Open Society di Soros. Poi ci fu l’episodio del “riconoscimento di Taiwan” che la Macedonia sconta a caro prezzo ancora oggi. Infatti, su richiesta di Kiro Gligorov, attraverso Boutros Boutros Ghali (Segretario Generale delle Nazioni Unite) e il Consiglio di sicurezza, la Macedonia, che non era membro delle Nazioni Unite e non aveva i confini statali nella Jugoslavia riconosciuti, per motivi di sicurezza chiese un monitoraggio internazionale sul confine settentrionale.
La missione fu approvata come UNPREDEP e schierata sul confine amministrativo. I cinesi ebbero un ruolo fondamentale nella missione. Dopo il riconoscimento di Taiwan, su iniziativa di Vasil Tupurkovski (capo della gioventù comunista ai tempi di Tito), la Repubblica Popolare Cinese si ritirò dalla missione e UNPREDEP fu chiusa, e la Macedonia rimase senza confini statali riconosciuti e sorvegliati a nord. La Cina chiuse l’ambasciata a Skopje, mentre al Consiglio di sicurezza la Macedonia era alla mercé di Stati Uniti e partner europei.
Ciò inevitabilmente portò alla fase successiva, vissuta dopo il tentato assassinio di Kiro Gligorov. Da tale passo si può concludere che lo scopo dell’attentato permettesse, con la sua eliminazione, di portare al potere la squadra del SDSM che, individualmente e attraverso varie cooperazioni, aveva già accettato di distruggere lo Stato della Macedonia. Sfortunatamente per loro, Gligorov sopravvisse all’attentato ed ebbe il secondo mandato a capo di Stato. I piani furono rinviati per non far scoprire i mandanti dell’attentato.
Nessuno ne fu ritenuto responsabile, non vi fu alcuna indagine seria, nessun processo, alcuna responsabilità politica. Perciò la coalizione per il cambiamento e i nuovi capi furono rilanciati direttamente da Washington nel 1998. L’obiettivo era attivare le misure che “silenziosamente” avrebbero avanzato la legge sulla protezione congiunta delle frontiere, ideata da esercito degli Stati Uniti e istruttori del MPRI (L-3 MPRI, fornitore globale di servizi militari privati, che offre una vasta gamma di servizi professionali a clienti pubblici e privati, in particolare dipartimento della Difesa, dipartimento di Stato, dipartimento di Giustizia, dipartimento per la Sicurezza Nazionale, forze dell’ordine organizzazioni, governi, agenzie governative e imprese commerciali).
E’ interessante ricordare che al primo tentativo, l’ambasciatore russo reagì ferocemente inviando una nota di protesta a Blagoj Handziski, ministro degli Esteri, ma non fu preso sul serio, e la protezione delle frontiere congiunta si ebbe dopo la guerra, nel 2001.
La Fondazione ha un particolare interesse per la popolazione albanese. Ha investito molto denaro per costruire media e intellettuali albanesi che dovrebbero svolgere i loro compiti per cui oggi sono attivati su ordine di Milcin. Il riconoscimento dello Stato del Kosovo fa parte dei piani di Soros. In Macedonia, Saso Ordanovski, Guner Ismail e le controparti di Soros-Washington in Kosovo come Veton Suroi e altri, ne sostengono la propaganda. Un altro piano era la creazione di organizzazioni “non governative” albanesi come Razbudi (Risveglio), ma anche giornali, radio e televisioni locali così come portali “civili”.
Insieme ai macedoni Archi Brigade, Singing Skopjans e Piazza della Libertà, creazioni personali di Milcin, hanno attaccato il progetto governativo Skopje 2014. Lo scopo era provocare un conflitto interetnico sulla ricostruzione del centro della città in stile neoclassico. Lo stile scelto fu definito espressione architettonica mono-etnica del nazionalismo macedone. Ci fu un tentativo di rivolta per combattere la discriminazione verso gli omosessuali. Anche un attacco fallito contro la Chiesa ortodossa macedone, quale testimonianza di sciovinismo ortodosso contro la comunità islamica, anche se la presenza dell’Arabia Saudita si vede ovunque.
Eppure tali scenari fallirono, anche se vi furono tentativi di attivarli di volta in volta. Un esempio fu l’assassinio di cinque pescatori vicino a Skopje, il Giovedì Santo prima della Pasqua del 2012. Oppure quest’anno a gennaio per l’Epifania, quando un gruppo di islamisti albanesi del Kosovo giunse dalla Siria, attraverso Turchia e Bulgaria, per massacrare i villeggianti sul fiume Vardar e il Lago di Okhrid.
E’ interessante che Milcin fosse piuttosto invisibile mentre il SDSM era
al potere (fino al 1998) e nei primi due anni di governo dei “nuovi”
politici del VMRO-DPMNE insieme ad Alternativa Democratica.
Improvvisamente, nel 1999 divenne ferocemente attivo durante la guerra, e
nel 2001 ebbe un ruolo chiave nel disarmare il Paese. Grazie a media,
attivisti, intellettuali e politici pagati da Soros, il Paese si arrese a
ricatti e discredito. Intercettazioni telefoniche del governo furono
attuate, proprio come oggi, con il supporto delle strutture del
ministero degli Interni, questa volta colte in flagrante.
Lo stesso scenario fu utilizzato anche per preparare il “putsch”. Ma la maggior parte del popolo non solo ricorda il passato, ma ha anche perso completamente fiducia nella rete di Soros. I media in cui lavorano i “gesuiti” addestrati e pagati dall’Open Society Institute non ammaliano più nessuno. Le loro pretese ad essere virtuosi come gli ucraini o a seguire l’esempio degli ungheresi e simili, non hanno ricevuto risposta positiva. Ecco perché ragazzi e studenti sono oggi manipolati attraverso “plenum” ad hoc e istigati alla rivolta contro le riforme dell’istruzione.
L’assurdità di tali richieste è dimostrata dal fatto che, con il sostegno di docenti e professori, si chiede di abolire l’esame di matematica per la maturità di Stato. Poi c’è stato l’attacco al valico di frontiera, cioè la stazione di polizia di frontiera di Goshince. Anche se la logica mostra che Stati Uniti e partner europei non avrebbero cercato di destabilizzare la Macedonia come nel 2001, con gli albanesi del Kosovo, ciò è successo perché la squadra di Soros ha fallito.
In realtà, gli Stati Uniti d’America non volevano ricorrere agli albanesi a causa della Russia, dopo l’operazione in Crimea, dato che la possibile destabilizzazione regionale dal Kosovo e l’attacco alla Macedonia, sarebbero la prova che Stati Uniti e Unione €uropea, cioè la NATO e la missione dell’Unione €uropea in Kosovo, hanno fallito totalmente. I Balcani non si sono stabilizzati e il Kosovo come Stato non è una garanzia di stabilità, al contrario esporta destabilizzazione. Tuttavia, nonostante la logica, hanno iniziato oggi in Macedonia, mostrando panico e nervi tesi da tempo sotto pressione.
E ora, perché gli USA vogliono tanto attizzare il Nord e l’intero confine nordoccidentale della Macedonia? La ragione è semplice e va fatta risalire a quando l’Istituto Carter per la democrazia, nel 1993, preparava il materiale per il centesimo anniversario della prima guerra mondiale, sottolineando le guerre balcaniche ma anche quelle nella regione del Caucaso e Mar Nero, pubblicando una ristampa delle relazioni Carnegie-Aspen.
Secondo la dottrina militare dell’esercito statunitense, i Balcani (la parte occidentale) e la regione caucasica del Mar Nero sono territorialmente zone di guerra compatte che non dovrebbero essere attraversate da frontiere internazionali. Similmente all’attuale realizzazione del progetto di Stato islamico, si tratta di eliminare le frontiere tra Paesi e creare unità territoriale. Per realizzare ciò, vi è la necessità di ignorare i confini esistenti e di spezzare la continuità tradizionale di Stato e politica. Fu facile con la Macedonia, perché Slobodan Milosevich, su richiesta della Grecia, non ne riconobbe i confini fino al 1996.
La prima delimitazione fu fatta dal ministro degli Interni della Repubblica federale di Jugoslavia Milutinovic (ex-ambasciatore in Grecia) e da Ljubomir Frckovski, ministro degli Interni fino al 1995 e ministro degli Esteri nei governi del SDSM del 1995-97, che apertamente lavorava per gli interessi statunitensi-greci (memorie di Gligorov e Andov). Con Kiro Gligorov, che apparteneva alla vecchia scuola politica della RFSJ, i desideri degli Stati Uniti erano difficili da raggiungere.
L’operazione fu lenta e assai camuffata. Gligorov non era un grande promotore della NATO, preferiva neutralità e adesione all’Unione europea a ritmo lento, promosse la politica di neutralità attiva e l’equidistanza verso i vicini e centri di potere. Non si addiceva ai “partner” della Macedonia già posizionati nell’esercito, ministero della Difesa, polizia e ministeri degli Interni e degli Esteri. La legge di riammissione fu utilizzata e attraverso gli emendamenti avanzò anche quella sulla protezione congiunta dei confini con la Repubblica federale di Jugoslavia.
Eppure, entrata pienamente in vigore dal 2001 e con una frontiera interstatale con il Kosovo, l’ex-ambasciatore statunitense Lawrence Butler di fronte ai media e in presenza dei rappresentanti dell’esercito, dimostrò che non vi è alcun confine fisico tra Macedonia e Kosovo. Così, l’ultimo attacco è la dimostrazione dello stesso messaggio, precedentemente dato in versione politica. Il presidente albanese Edi Rama ha affermato che, se la Macedonia non aderisce alla NATO, l’unità naturale dello Stato pan-albanese verrà attuata. Dato che il Kosovo è un protettorato della NATO gestito dall’Unione Europea, è interessante come l’incidente di Goshince non sia stato commentato da esse. E’ ovvio che fosse una prova per valutare terreno e reazioni del Paese.
In ogni caso, ciò che non va secondo il piano è la forte volontà dei cittadini macedoni, dopo 25 anni di terrore psicologico e blocchi permanenti, che finalmente escono dall’asilo non fidandosi più della propaganda e della reti che la diffondono. Hanno perso fiducia negli “ideali” di U€ e NATO come “unica scelta” e chiedono allo Stato di superare efficacemente la crisi.
Questa volta si tratta di una fase cruciale per la Macedonia. Deve agire con cautela a causa dell’ambiente (euro-atlantico), delle strutture e reti interne, della composizione etnica della popolazione e dei vicini che in un modo o nell’altro interferiscono per ragioni storiche.
Le sue priorità dovrebbero includere distruzione delle reti, rinnovamento dei partiti, ridefinizione della politica dello Stato macedone in conformità con la nuova realtà mondiale, riforma dell’istruzione con introduzione di standard elevati, liberazione dello spazio mediatico dai cloni di Soros.
Inauguro una nuova forma di giornalismo. Appunto cronache del futuro. Proprio nel giorno che, forse, vedrà l’inizio di una nuova rivoluzione colorata.
Quale sarà il colore, lo vedremo dopo. Per il momento non è stato
ancora deciso. Ma il sangue c’è già. Il 9 maggio scorso a Kumanovo,
confine tra Macedonia e Kosovo, un attacco armato ha prodotto 14 morti
tra gl’incursori e 8 tra i poliziotti macedoni, con oltre 30 arresti.
Serviva per preparare il terreno ad una grande manifestazione in piazza, a Skopje, che doveva riunire 70.000 persone e iniziare l’assalto al palazzo del governo. Stile €uromaidan. Dunque una rivoluzione colorata “speciale”, cioè un mix tra sollevazione “pacifica” interna, interetnica ( circa il 30% dei macedoni sono musulmani di etnia albanese) e aggressione armata dall’esterno. I seguaci di Gene Sharp “Come si abbattono le dittature”) hanno fantasia da vendere.
Come tutte le precedenti rivoluzioni colorate, anche questa vanta alcune caratteristiche standard. La prima è l’immediato appoggio di tutto il mainstream occidentale. Che, allenato a dovere, si mette subito a gridare ai diritti umani violati dal governo autoritario. Questo è l’inizio canonico. Poi, quando il primo sangue scorre, il governo da abbattere diventa anche “sanguinario”. La seconda qualità colorata è che le cancellerie occidentali si mobilitano subito per fare pressioni. Perfetto. Nei giorni scorsi l’ambasciatore americano a Skopje, Jess Bailey, dopo avere incontrato il premier macedone Nikola Gruevski rende noto un comunicato congiunto, firmato anche da Italia, Francia, Regno Unito, oltre che dalla Unione Europea, che critica”l’inazione” del governo sulla questione delle intercettazioni telefoniche.
Lo zelante ambasciatore italiano Massimo Belelli fa sentire la su voce. Skopje, – dichiara – rischia l’isolamento diplomatico se non prende misure riguardo la libertà di stampa e lo stato di diritto”. E i giornali e le tv di George Soros, insieme alla sua “Open Society” pubblicano registrazioni telefoniche compromettenti per il governo, senza spiegare, ovviamente, da dove vengono quelle registrazioni e come mai sono finite nelle mani del capo dell’opposizione socialdemocratica Zoran Zaev. Scrivono anche, all’unisono, che l’operazione di Kumanovo è stata una messa in scena organizzata dal governo.
La terza caratteristica delle rivoluzioni colorate è quella, ben vista a Kiev, nel 2104, della processione dei leader occidentali sulla piazza della rivolta prossima-ventura. A incitare, incoraggiare, benedire la sovversione. I primi ad arrivare a Skopje saranno i membri di una delegazione del Partito Socialista Europeo, quello di Martin Shulz e di Matteo Renzi. Si attende l’arrivo di Paul McCaine, che griderà: “siamo con voi”, come fece a Maidan.
Un tempo si chiamava “ingerenza negli affari interni di un paese sovrano”. Oggi si chiama “difesa dei valori occidentali”. I quali si riassumono in pochi concetti essenziali. Dovete fare come diciamo noi. Sennò vi facciamo a pezzi. E come devono fare i poveri macedoni ortodossi? Aderire alle sanzioni contro la Russia, in primo luogo. Cosa che invece non hanno fatto e non fanno. In secondo luogo mai e poi mai prendere in considerazione il passaggio verso l’Europa del gas russo proveniente dal “Turkish Stream”.
Già, ecco l’inghippo. La Grecia, in aprile, si è detta disposta ad attaccarsi al tubo di Ankara. E a maggio la Macedonia si è detta pronta a fornire il passaggio del gas verso la Serbia. La quale ben volentieri farebbe altrettanto. Ma questo non si deve fare, secondo Washington, che sta dalla parte di Kiev. Così la Macedonia s’ha da ricondurre ai valori occidentali. Energicamente. Facciamo una “Grande Albania”, mettendo insieme i musulmani di Kosovo, Albania e Macedonia. Lo dice apertamente il premier di Tirana. Lo dice Alì Ahmeti, capo e fondatore del partito albanese del Kosovo, Bdi. Il nuovo stato entrerà nella Nato a vele spiegate.
La gigantesca ambasciata americana di Skopje sarà finalmente paragonabile al nuovo stato. Adesso è, evidentemente, sovradimensionata per la piccola Macedonia di due milioni scarsi di abitanti.
C’è un problema, però: che la maggioranza dei macedoni è ortodossa. Che ne pensano? Saranno contenti? Non importa. A Bruxelles, forse, pensano di imitare la soluzione tentata dai nazi ucraini nel Donbass con i russi, cioè bombardandoli. Là è andata male, ma non è detto che andrà sempre male. Così, magari, si troverà anche il colore di questa nuova rivoluzione, molto democratica e molto colorata: verde “islamico” con molte macchie di sangue.
[2] Il partito SDSM è membro dell’Internazionale socialista.
[3] “Come Vladimir Putin ha ribaltato la strategia della NATO”, di Thierry Meyssan, Traduzione Emilio M. Piano, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 8 dicembre 2014.
[4] “Möglicher Deal zwischen Athen und Moskau : Griechenland hofft auf russische Pipeline-Milliarden”, Von Giorgos Christides, Der Spiegel, 18. April 2015.
[5] “Геннадий Тимченко задержится на Балканах. Вместо South Stream "Стройтрансгаз" построит трубу в Македонии”, Юрий Барсуков, Коммерсант, 12 марта 2015 r.
[6] «Énergie : la Serbie souhaite participer au gazoduc Turkish Stream», B92, 14 avril 2015.
[7] « La Voïvodine, prochain pseudo-État en Europe ? », par Wayne Madsen, Traduction Milko Terzić, Strategic Culture Foundation (Russie), Réseau Voltaire, 18 février 2015.
[8] “Dietro l’alibi anti-terrorismo, la guerra del gas nel Levante”, di Thierry Meyssan, Traduzione Luisa Martini, Megachip-Globalist (Italia), Rete Voltaire, 3 ottobre 2014.
L’Open Society Foundation in Macedonia
Mirka Velinovska e Milenko Nedelkovski
La nascita della Fondazione data al 1993. George Soros aveva una lista di tre candidati a direttore dell’Open Society Institute, e tutti e tre avevano la stessa radice politica, appartenenza al SKM (Savez Komunisti na Makedonija – Lega dei Comunisti di Macedonia) e per ragioni diverse, principalmente familiari, furono agenti del controspionaggio. Il prescelto, Vladimir Milcin, era un favorito di Kiro Gligorov (primo presidente della Repubblica indipendente di Macedonia, vicino a Tito), che volle anche utilizzarlo nella diaspora macedone negli USA.
Anche se ufficialmente i documenti della fondazione dichiarano che dovrebbe trattare assistenza e finanziamento del cosiddetto campo civile, cioè le organizzazioni non governative, per aumentare la consapevolezza dei cittadini nel controllo delle istituzioni statali, l’impegno reale è concentrato fin dall’inizio su un solo obiettivo: il controllo di media e istituzioni educative, con una vasta rete propagandistica che dovrebbe controllare la politica dello Stato, cioè i partiti politici. Era un progetto che prevedeva di prendere il controllo del territorio.
Per realizzare l’idea in modo facile e senza ostacoli politici dal governo dell’epoca (LCM, cioè LCM-PDP, SDSM, successori del partito comunista) e dell’opposizione (VMRO-DPMNE), in quel difficile momento per la Macedonia, Paese non riconosciuto e sanzionato dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, ma che accettava di rispettare (pur non essendo membro delle Nazioni Unite) e con un blocco commercio unilaterale dalla Grecia (con la tacita approvazione della CEE), come forma di pressione per cambiare nome, George Soros approvò un prestito di 19 milioni di dollari per l’approvvigionamento di petrolio dalla Turchia attraverso la Bulgaria.
Soros volle utilizzare tale prestito come leva politica. Provenendo dalla Grecia, al Parlamento macedone si rivolse ai deputati avanzando la proposta di rinominare il Paese “Macedonia slava”. Tutti, tra cui Kiro Gligorov, respinsero ciò e Soros ne fu offeso (con una dichiarazione ai media greci di Salonicco). Tuttavia, il vero scopo dell'”Open Society” fu subito perseguito.
L’idea del direttore esecutivo Milcin, secondo lui, era messianica paragonandosi a Ignazio di Loyola che creò i Gesuiti, o un’èlite. Quindi, si trattava di una specie di missione del narcisista dal disturbo della personalità multipla tipica nella sua famiglia. Cercò di realizzarsi nella sua professione di regista, quando iniziò a lavorare con minorenni nei licei. Fallì per arroganza, freddezza e aggressività. Eppure, come direttore della Fondazione, ben finanziata, la sua idea ebbe successo. I risultati dei suoi 23 anni di direzione sono visibili ovunque. La rete di Soros è stata creata ed è operativa. I nuovi giornalisti e cosiddetti intellettuali macedoni furono coltivati come funghi in un seminterrato.
Avanzavano professionalmente e finanziariamente, ricevendo compensi per presunti documenti scientifici mai pubblicati o valutati da qualcuno. Viaggiarono nel mondo come funzionari della rete di Soros, organizzando forum e conferenze su certi temi per cui venivano pagati profumatamente. Invece di giornalismo e scienza, la rete dei “sorosoidi” spaccia propaganda di Soros (Mossad e CIA). I proprietari dei media, redazioni e politici erano sempre più impotenti di fronte alla rete, che poteva cambiarne la vita in una notte. Una storia a parte sono i cosiddetti intellettuali macedoni che, privi di valutazioni obiettive, dipendevano da Soros per finanziare i propri irrilevanti lavori scientifici che non passavano nemmeno il filtro più scarso di scientificità.
In collaborazione con i politici, in Macedonia un ambiente di “utili idioti” che senza obiezioni svolgono i compiti assegnatigli da Milcin. Molte prove dimostrano che dietro ogni tentativo di controrivoluzione, colpo di Stato e simili, in particolare nella crisi in Macedonia, c’è la firma di Vladimir Milcin e Soros. Tensioni interetniche, crisi e scontri politici, rivoluzioni tipo Maidan, elezioni anticipate vengono organizzate tramite tale mezzo e il suo raggruppamento intellettuale.
Ciò apparve particolarmente chiaro dal 2006. Insieme alla rete che opera a livello regionale da Budapest in stretta collaborazione con Canvas di Srga Popovich o Otpor di Dragan Gilas e Sonja Licht, in coalizione con il Partito Democratico di Boris Tadik o i liberaldemocratici di Chedomir Jovanovik, Soros ha ben organizzato e gestito fino a poco prima la vita politica in Serbia. La situazione in Ungheria è la stessa.
Prima il denaro fu usato per occupare lo spazio radiofonico nazionale e locale. Poi si continuò con le stazioni TV comprando A1 (ex-stazione televisiva nazionale privata macedone) e includendola nella rete privata e commerciale occupata con la cooperazione di giornalisti scelti. E infine, nel 1995, Soros iniziò la conquista della carta stampata. Prima comprò un editore (Europa 92 a Kocani) e poi fondò il quotidiano Dnevnik, la cui redazione riceve fondi da Soros. Iniziarono a prepararsi per le elezioni del 1998 dirette da Madeleine Albright quale “cambio” per promuovere i “nuovi” politici di destra.
Alcuni giornalisti indipendenti lo capirono e ne discussero con Christopher Hill, all’epoca ambasciatore degli USA in Macedonia. Ma poi dall’Austria fece un’affermazione cinica: “Il popolo macedone è messo alla prova ora e vedremo se sia politicamente maturo o dovrà tornare all’asilo“. Gli elettori macedoni non superarono il test. Fallirono per il trucco dei cosiddetti miliardi di Taiwan promessi agli elettori stremati dalla transizione di Vasil Tupurkovski, il capo di Alternativa Democratica, durante la carovana pre-elettorale della “nuova coalizione”.
La “vittoria” di Boris Trajkovski (secondo presidente macedone, ucciso in un incidente aereo) alle elezioni presidenziali fu un falso concordato tra la direzione del SDSM (che propose il peggior candidato possibile, Tito Petkovski). Tuttavia dopo il primo turno, i risultati indicarono che il popolo era maturo, poiché il peggior candidato Petkovski era in testa con 150.000 voti in più. Poi Madeleine Albright, a capo del dipartimento di Stato, intervenne direttamente inviando gli auguri per la vittoria a Boris Trajkovski.
Era chiaro che la Macedonia era stata ingannata. Il corpo elettorale macedone ignorò le “istruzioni della propaganda” date dall’Open Society di Soros. Poi ci fu l’episodio del “riconoscimento di Taiwan” che la Macedonia sconta a caro prezzo ancora oggi. Infatti, su richiesta di Kiro Gligorov, attraverso Boutros Boutros Ghali (Segretario Generale delle Nazioni Unite) e il Consiglio di sicurezza, la Macedonia, che non era membro delle Nazioni Unite e non aveva i confini statali nella Jugoslavia riconosciuti, per motivi di sicurezza chiese un monitoraggio internazionale sul confine settentrionale.
La missione fu approvata come UNPREDEP e schierata sul confine amministrativo. I cinesi ebbero un ruolo fondamentale nella missione. Dopo il riconoscimento di Taiwan, su iniziativa di Vasil Tupurkovski (capo della gioventù comunista ai tempi di Tito), la Repubblica Popolare Cinese si ritirò dalla missione e UNPREDEP fu chiusa, e la Macedonia rimase senza confini statali riconosciuti e sorvegliati a nord. La Cina chiuse l’ambasciata a Skopje, mentre al Consiglio di sicurezza la Macedonia era alla mercé di Stati Uniti e partner europei.
Ciò inevitabilmente portò alla fase successiva, vissuta dopo il tentato assassinio di Kiro Gligorov. Da tale passo si può concludere che lo scopo dell’attentato permettesse, con la sua eliminazione, di portare al potere la squadra del SDSM che, individualmente e attraverso varie cooperazioni, aveva già accettato di distruggere lo Stato della Macedonia. Sfortunatamente per loro, Gligorov sopravvisse all’attentato ed ebbe il secondo mandato a capo di Stato. I piani furono rinviati per non far scoprire i mandanti dell’attentato.
Nessuno ne fu ritenuto responsabile, non vi fu alcuna indagine seria, nessun processo, alcuna responsabilità politica. Perciò la coalizione per il cambiamento e i nuovi capi furono rilanciati direttamente da Washington nel 1998. L’obiettivo era attivare le misure che “silenziosamente” avrebbero avanzato la legge sulla protezione congiunta delle frontiere, ideata da esercito degli Stati Uniti e istruttori del MPRI (L-3 MPRI, fornitore globale di servizi militari privati, che offre una vasta gamma di servizi professionali a clienti pubblici e privati, in particolare dipartimento della Difesa, dipartimento di Stato, dipartimento di Giustizia, dipartimento per la Sicurezza Nazionale, forze dell’ordine organizzazioni, governi, agenzie governative e imprese commerciali).
E’ interessante ricordare che al primo tentativo, l’ambasciatore russo reagì ferocemente inviando una nota di protesta a Blagoj Handziski, ministro degli Esteri, ma non fu preso sul serio, e la protezione delle frontiere congiunta si ebbe dopo la guerra, nel 2001.
La Fondazione ha un particolare interesse per la popolazione albanese. Ha investito molto denaro per costruire media e intellettuali albanesi che dovrebbero svolgere i loro compiti per cui oggi sono attivati su ordine di Milcin. Il riconoscimento dello Stato del Kosovo fa parte dei piani di Soros. In Macedonia, Saso Ordanovski, Guner Ismail e le controparti di Soros-Washington in Kosovo come Veton Suroi e altri, ne sostengono la propaganda. Un altro piano era la creazione di organizzazioni “non governative” albanesi come Razbudi (Risveglio), ma anche giornali, radio e televisioni locali così come portali “civili”.
Insieme ai macedoni Archi Brigade, Singing Skopjans e Piazza della Libertà, creazioni personali di Milcin, hanno attaccato il progetto governativo Skopje 2014. Lo scopo era provocare un conflitto interetnico sulla ricostruzione del centro della città in stile neoclassico. Lo stile scelto fu definito espressione architettonica mono-etnica del nazionalismo macedone. Ci fu un tentativo di rivolta per combattere la discriminazione verso gli omosessuali. Anche un attacco fallito contro la Chiesa ortodossa macedone, quale testimonianza di sciovinismo ortodosso contro la comunità islamica, anche se la presenza dell’Arabia Saudita si vede ovunque.
Eppure tali scenari fallirono, anche se vi furono tentativi di attivarli di volta in volta. Un esempio fu l’assassinio di cinque pescatori vicino a Skopje, il Giovedì Santo prima della Pasqua del 2012. Oppure quest’anno a gennaio per l’Epifania, quando un gruppo di islamisti albanesi del Kosovo giunse dalla Siria, attraverso Turchia e Bulgaria, per massacrare i villeggianti sul fiume Vardar e il Lago di Okhrid.
Lo stesso scenario fu utilizzato anche per preparare il “putsch”. Ma la maggior parte del popolo non solo ricorda il passato, ma ha anche perso completamente fiducia nella rete di Soros. I media in cui lavorano i “gesuiti” addestrati e pagati dall’Open Society Institute non ammaliano più nessuno. Le loro pretese ad essere virtuosi come gli ucraini o a seguire l’esempio degli ungheresi e simili, non hanno ricevuto risposta positiva. Ecco perché ragazzi e studenti sono oggi manipolati attraverso “plenum” ad hoc e istigati alla rivolta contro le riforme dell’istruzione.
L’assurdità di tali richieste è dimostrata dal fatto che, con il sostegno di docenti e professori, si chiede di abolire l’esame di matematica per la maturità di Stato. Poi c’è stato l’attacco al valico di frontiera, cioè la stazione di polizia di frontiera di Goshince. Anche se la logica mostra che Stati Uniti e partner europei non avrebbero cercato di destabilizzare la Macedonia come nel 2001, con gli albanesi del Kosovo, ciò è successo perché la squadra di Soros ha fallito.
In realtà, gli Stati Uniti d’America non volevano ricorrere agli albanesi a causa della Russia, dopo l’operazione in Crimea, dato che la possibile destabilizzazione regionale dal Kosovo e l’attacco alla Macedonia, sarebbero la prova che Stati Uniti e Unione €uropea, cioè la NATO e la missione dell’Unione €uropea in Kosovo, hanno fallito totalmente. I Balcani non si sono stabilizzati e il Kosovo come Stato non è una garanzia di stabilità, al contrario esporta destabilizzazione. Tuttavia, nonostante la logica, hanno iniziato oggi in Macedonia, mostrando panico e nervi tesi da tempo sotto pressione.
E ora, perché gli USA vogliono tanto attizzare il Nord e l’intero confine nordoccidentale della Macedonia? La ragione è semplice e va fatta risalire a quando l’Istituto Carter per la democrazia, nel 1993, preparava il materiale per il centesimo anniversario della prima guerra mondiale, sottolineando le guerre balcaniche ma anche quelle nella regione del Caucaso e Mar Nero, pubblicando una ristampa delle relazioni Carnegie-Aspen.
Secondo la dottrina militare dell’esercito statunitense, i Balcani (la parte occidentale) e la regione caucasica del Mar Nero sono territorialmente zone di guerra compatte che non dovrebbero essere attraversate da frontiere internazionali. Similmente all’attuale realizzazione del progetto di Stato islamico, si tratta di eliminare le frontiere tra Paesi e creare unità territoriale. Per realizzare ciò, vi è la necessità di ignorare i confini esistenti e di spezzare la continuità tradizionale di Stato e politica. Fu facile con la Macedonia, perché Slobodan Milosevich, su richiesta della Grecia, non ne riconobbe i confini fino al 1996.
La prima delimitazione fu fatta dal ministro degli Interni della Repubblica federale di Jugoslavia Milutinovic (ex-ambasciatore in Grecia) e da Ljubomir Frckovski, ministro degli Interni fino al 1995 e ministro degli Esteri nei governi del SDSM del 1995-97, che apertamente lavorava per gli interessi statunitensi-greci (memorie di Gligorov e Andov). Con Kiro Gligorov, che apparteneva alla vecchia scuola politica della RFSJ, i desideri degli Stati Uniti erano difficili da raggiungere.
L’operazione fu lenta e assai camuffata. Gligorov non era un grande promotore della NATO, preferiva neutralità e adesione all’Unione europea a ritmo lento, promosse la politica di neutralità attiva e l’equidistanza verso i vicini e centri di potere. Non si addiceva ai “partner” della Macedonia già posizionati nell’esercito, ministero della Difesa, polizia e ministeri degli Interni e degli Esteri. La legge di riammissione fu utilizzata e attraverso gli emendamenti avanzò anche quella sulla protezione congiunta dei confini con la Repubblica federale di Jugoslavia.
Eppure, entrata pienamente in vigore dal 2001 e con una frontiera interstatale con il Kosovo, l’ex-ambasciatore statunitense Lawrence Butler di fronte ai media e in presenza dei rappresentanti dell’esercito, dimostrò che non vi è alcun confine fisico tra Macedonia e Kosovo. Così, l’ultimo attacco è la dimostrazione dello stesso messaggio, precedentemente dato in versione politica. Il presidente albanese Edi Rama ha affermato che, se la Macedonia non aderisce alla NATO, l’unità naturale dello Stato pan-albanese verrà attuata. Dato che il Kosovo è un protettorato della NATO gestito dall’Unione Europea, è interessante come l’incidente di Goshince non sia stato commentato da esse. E’ ovvio che fosse una prova per valutare terreno e reazioni del Paese.
In ogni caso, ciò che non va secondo il piano è la forte volontà dei cittadini macedoni, dopo 25 anni di terrore psicologico e blocchi permanenti, che finalmente escono dall’asilo non fidandosi più della propaganda e della reti che la diffondono. Hanno perso fiducia negli “ideali” di U€ e NATO come “unica scelta” e chiedono allo Stato di superare efficacemente la crisi.
Questa volta si tratta di una fase cruciale per la Macedonia. Deve agire con cautela a causa dell’ambiente (euro-atlantico), delle strutture e reti interne, della composizione etnica della popolazione e dei vicini che in un modo o nell’altro interferiscono per ragioni storiche.
Le sue priorità dovrebbero includere distruzione delle reti, rinnovamento dei partiti, ridefinizione della politica dello Stato macedone in conformità con la nuova realtà mondiale, riforma dell’istruzione con introduzione di standard elevati, liberazione dello spazio mediatico dai cloni di Soros.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Macedonia, cronache del futuro:
un’altra rivoluzione colorata
Giulietto Chiesa
Serviva per preparare il terreno ad una grande manifestazione in piazza, a Skopje, che doveva riunire 70.000 persone e iniziare l’assalto al palazzo del governo. Stile €uromaidan. Dunque una rivoluzione colorata “speciale”, cioè un mix tra sollevazione “pacifica” interna, interetnica ( circa il 30% dei macedoni sono musulmani di etnia albanese) e aggressione armata dall’esterno. I seguaci di Gene Sharp “Come si abbattono le dittature”) hanno fantasia da vendere.
Come tutte le precedenti rivoluzioni colorate, anche questa vanta alcune caratteristiche standard. La prima è l’immediato appoggio di tutto il mainstream occidentale. Che, allenato a dovere, si mette subito a gridare ai diritti umani violati dal governo autoritario. Questo è l’inizio canonico. Poi, quando il primo sangue scorre, il governo da abbattere diventa anche “sanguinario”. La seconda qualità colorata è che le cancellerie occidentali si mobilitano subito per fare pressioni. Perfetto. Nei giorni scorsi l’ambasciatore americano a Skopje, Jess Bailey, dopo avere incontrato il premier macedone Nikola Gruevski rende noto un comunicato congiunto, firmato anche da Italia, Francia, Regno Unito, oltre che dalla Unione Europea, che critica”l’inazione” del governo sulla questione delle intercettazioni telefoniche.
Lo zelante ambasciatore italiano Massimo Belelli fa sentire la su voce. Skopje, – dichiara – rischia l’isolamento diplomatico se non prende misure riguardo la libertà di stampa e lo stato di diritto”. E i giornali e le tv di George Soros, insieme alla sua “Open Society” pubblicano registrazioni telefoniche compromettenti per il governo, senza spiegare, ovviamente, da dove vengono quelle registrazioni e come mai sono finite nelle mani del capo dell’opposizione socialdemocratica Zoran Zaev. Scrivono anche, all’unisono, che l’operazione di Kumanovo è stata una messa in scena organizzata dal governo.
La terza caratteristica delle rivoluzioni colorate è quella, ben vista a Kiev, nel 2104, della processione dei leader occidentali sulla piazza della rivolta prossima-ventura. A incitare, incoraggiare, benedire la sovversione. I primi ad arrivare a Skopje saranno i membri di una delegazione del Partito Socialista Europeo, quello di Martin Shulz e di Matteo Renzi. Si attende l’arrivo di Paul McCaine, che griderà: “siamo con voi”, come fece a Maidan.
Un tempo si chiamava “ingerenza negli affari interni di un paese sovrano”. Oggi si chiama “difesa dei valori occidentali”. I quali si riassumono in pochi concetti essenziali. Dovete fare come diciamo noi. Sennò vi facciamo a pezzi. E come devono fare i poveri macedoni ortodossi? Aderire alle sanzioni contro la Russia, in primo luogo. Cosa che invece non hanno fatto e non fanno. In secondo luogo mai e poi mai prendere in considerazione il passaggio verso l’Europa del gas russo proveniente dal “Turkish Stream”.
Già, ecco l’inghippo. La Grecia, in aprile, si è detta disposta ad attaccarsi al tubo di Ankara. E a maggio la Macedonia si è detta pronta a fornire il passaggio del gas verso la Serbia. La quale ben volentieri farebbe altrettanto. Ma questo non si deve fare, secondo Washington, che sta dalla parte di Kiev. Così la Macedonia s’ha da ricondurre ai valori occidentali. Energicamente. Facciamo una “Grande Albania”, mettendo insieme i musulmani di Kosovo, Albania e Macedonia. Lo dice apertamente il premier di Tirana. Lo dice Alì Ahmeti, capo e fondatore del partito albanese del Kosovo, Bdi. Il nuovo stato entrerà nella Nato a vele spiegate.
La gigantesca ambasciata americana di Skopje sarà finalmente paragonabile al nuovo stato. Adesso è, evidentemente, sovradimensionata per la piccola Macedonia di due milioni scarsi di abitanti.
C’è un problema, però: che la maggioranza dei macedoni è ortodossa. Che ne pensano? Saranno contenti? Non importa. A Bruxelles, forse, pensano di imitare la soluzione tentata dai nazi ucraini nel Donbass con i russi, cioè bombardandoli. Là è andata male, ma non è detto che andrà sempre male. Così, magari, si troverà anche il colore di questa nuova rivoluzione, molto democratica e molto colorata: verde “islamico” con molte macchie di sangue.
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