PER VOI UN CONDENSATO CHE SPIEGA COME SI STA SVILUPPANDO LA LOTTA CONTRO L'ANATOCISMO (NON è UNA FORMA PARTICOLARE DI TABAGISMO) BANCARIO, UNA BREVE INTRODUZIONE ALL'ANATOCISMO, CHE COSA è L'ANATOCISMO BANCARIO, LA SENTENZA DI CASSAZIONE N° 9127/2015 CON IL TESTO COMPLETO DELLA STESSA deca
n. 9127/2015
n. 9127/2015
n. 9127/2015
n. 9127/2015
4 miliardi di €uro da restituire a noi risparmiatori !!
MOVIMENTO CONSUMATORI: ARRIVA LA CONDANNA DEL TRIBUNALE DI ROMA PER BNL
21 ottobre 2015
Questa sentenza conferma
che il divieto di anatocismo è in vigore dal 1° gennaio 2014 anche in
assenza della delibera di attuazione del CICR ( http://www.mef.gov.it/ministero/comitati/CICR ).
Continua la campagna Stop Anatocismo
del Movimento Consumatori con una nuova condanna: questa volta è il
tribunale di Roma a vietare dal 1° gennaio 2014 a BNL, con un’ordinanza
del 20 ottobre, ogni forma di capitalizzazione degli interessi passivi e
ogni pratica anatocistica in tutti i contratti di conto corrente con i
consumatori.
"Questa sentenza – dice Paolo Fiorio, coordinatore dell’Osservatorio Credito e Risparmio del Movimento Consumatori – conferma che il divieto di anatocismo è in vigore dal 1° gennaio 2014 anche in assenza della delibera di attuazione del CICR. Si tratta di una decisione importante, perché viene da un nuovo tribunale che conferma i precedenti orientamenti dei tribunali di Milano, Biella e Cuneo".
“Dopo la conferma dell’interpretazione dell’art. 120 t.u.b. anche da parte della Banca d’Italia, che nella bozza di delibera attuativa del Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio aderisce apertamente all’orientamento milanese e dopo questa nuova condanna da parte del tribunale di Roma – spiega Alessandro Mostaccio, segretario generale MC - è necessario un intervento dell’Autorità di vigilanza che imponga a tutte le banche di restituire gli interessi indebitamente pagati dal 2014, che possono ad oggi essere stimati in circa 4 miliardi di euro”.
"Questa sentenza – dice Paolo Fiorio, coordinatore dell’Osservatorio Credito e Risparmio del Movimento Consumatori – conferma che il divieto di anatocismo è in vigore dal 1° gennaio 2014 anche in assenza della delibera di attuazione del CICR. Si tratta di una decisione importante, perché viene da un nuovo tribunale che conferma i precedenti orientamenti dei tribunali di Milano, Biella e Cuneo".
“Dopo la conferma dell’interpretazione dell’art. 120 t.u.b. anche da parte della Banca d’Italia, che nella bozza di delibera attuativa del Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio aderisce apertamente all’orientamento milanese e dopo questa nuova condanna da parte del tribunale di Roma – spiega Alessandro Mostaccio, segretario generale MC - è necessario un intervento dell’Autorità di vigilanza che imponga a tutte le banche di restituire gli interessi indebitamente pagati dal 2014, che possono ad oggi essere stimati in circa 4 miliardi di euro”.
Per info: sosbanche@movimentoconsumatori.it
Cos'è l'anatocismo
Il termine anatocismo deriva dal greco anà (di nuovo) e
tokòs (interesse) e sta ad indicare l'azione con cui si sommano
gli interessi al capitale sul quale sono stati calcolati (capitalizzazione
degli interessi), in modo che detti interessi producano a loro volta altri
interessi supplementari.
In altre parole si tratta del cosiddetto calcolo degli interessi sugli interessi.
Da un punto di vista strettamente giuridico, in un'obbligazione pecuniaria
l'utilizzo dell'anatocismo comporta, per il debitore, il pagamento non solo
del capitale e degli interessi concordati, ma anche degli ulteriori interessi
calcolati sugli interessi già computati e già scaduti, comportando
conseguentemente una crescita esponenziale del debito, soprattutto in presenza di
tassi di interesse elevati.
Esempio
Per comprendere meglio il concetto facciamo un semplicissimo esempio:
Supponiamo di richiedere ad una società finanziaria o ad un istituto
di credito un prestito di 10.000 € da restituire in 1 anno al tasso fisso
del 10% e che tale prestito venga erogato a partire dal 01/01/2007.
Senza applicare l'anatocismo il calcolo alla fine dell'anno sarebbe il seguente:
Da: | A: | Capitale: | Tasso: | Mesi: | Interessi: |
---|---|---|---|---|---|
Gen | Dic | € 10.000,00 | 10,00% | 12 | € 1.000,00 |
Totale Interessi: 1.000 €
Supponiamo ora che tale istituto di credito decida di applicare l'anatocismo semestrale e che
gli interessi semestrali (in questo caso pari a 500 euro), vengano calcolati dopo i primi 6 mesi:
Da: | A: | Capitale: | Tasso: | Mesi: | Interessi: |
---|---|---|---|---|---|
Gen | Giu | € 10.000,00 | 10,00% | 6 | € 500,00 |
Lug | Dic | € 10.500,00 | 10,00% | 6 | € 525,00 |
Totale Interessi: 1.025 €
Con un aggravio di spesa di 25,00 €
Nella seconda riga dell'esempio, al capitale di 10.000 € sono
stati aggiunti gli interessi maturati nei primi 6 mesi (500,00 €) per un
totale di 10.500 €; di conseguenza il calcolo degli interessi nel secondo
semestre dà un valore più alto (525,00 anziché 500,00)
perché è cresciuto il capitale su cui calcolare gli interessi
dei restanti 6 mesi.
Inutile dire che l'aggravio di spesa sale ancora se si applica la capitalizzazione
trimestrale (38 € circa): a questo proposito potete fare delle prove con l'apposita
calcolatrice interessi; si tenga presente che,
per semplicità, l'esempio calcola gli interessi sul numero dei mesi,
mentre, per maggior correttezza, è necessario rapportare il tasso di
interesse al numero effettivo dei giorni di ciascun periodo.
Naturalmente si tratta solo di un esempio per spiegare meglio il concetto,
ed è bene precisare che in ambito bancario l'anatocismo ha trovato applicazione
soprattutto nell'ambito degli "scoperti" sul conto corrente (i c.d. "conti in rosso"),
dove gli interessi passivi venivano addebitati sul conto ogni 3 mesi, andando così ad incrementare
il capitale "in rosso" e producendo ulteriori interessi passivi da versare alla banca,
oltre naturalmente ad aumentare il c.d. "massimo scoperto" su cui, come noto,
la banca applica una "commissione" in percentuale a carico del cliente.
Disciplina di riferimento
In Italia, la disciplina di riferimento è individuata dall' art. 1283
del codice civile il quale stabilisce che, in mancanza di usi contrari, gli
interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda
giudiziaria o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza,
e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi.
La frase in mancanza di usi contrari significa che eventuali prassi
possono derogare a questa norma, rendendo di fatto possibile la capitalizzazione
sugli interessi.
Questa incertezza ha consentito alle banche, nel corso degli anni, di applicare
nella pratica la cosiddetta capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi
sui conti correnti in rosso
(anatocismo bancario).
L'anatocismo bancario
Il fenomeno dell' anatocismo bancario è quella pratica, in uso fino a pochi
anni or sono presso quasi tutte le banche italiane, secondo cui gli interessi a
debito del correntista venivano liquidati (sul conto) con frequenza trimestrale,
mentre gli interessi a credito dello stesso erano liquidati con cadenza annuale.
Ciò provocava un disallineamento nella maturazione degli interessi a
debito ed il conseguente fenomeno dell'anatocismo, perché venivano calcolati
interessi su interessi, secondo le modalità sopra descritte.
Sulla falsa riga dell'esempio
illustrato nella pagina introduttiva, se un correntista
aveva un conto in rosso per 10.000 €, la banca gli addebitava ogni
tre mesi i relativi interessi; in questo caso, al tasso del 10%, erano 250 euro
che andavano a gravare subito (senza attendere la fine dell'anno) sul capitale
a debito.
I successivi interessi a debito venivano calcolati non più su 10.000 €
ma su 10.250 € e così via, secondo il meccanismo visto in precedenza;
con questo sistema il correntista si trovava a pagare, in fondo all'anno,
un monte interessi più alto rispetto al calcolo annuale.
Potete fare qualche prova con l'apposita
utility
per il computo degli interessi a tasso fisso.
STORIA
Il divieto dell'anatocismo (bancario e non) è sempre esistito nell'
ordinamento giuridico italiano in virtù dell'art. 1283 del Codice Civile.
Ciò nonostante, le Banche agivano legittimamente quando applicavano la
metodologia di calcolo degli interessi sopra descritta, perché tale
comportamento era stato ampiamente avallato dalla giurisprudenza,
almeno fino al momento in cui è iniziato tutto il processo di revisione
interpretativa delle norme riguardanti l'anatocismo, che ha
portato dopo molti anni alla famosa sentenza della Corte di Cassazione
del 4 novembre 2004, n. 21095.
Prima di questa sentenza, c'è stato comunque l'art. 25 del Decreto
Legislativo n. 342/1999, comma 2, che, introducendo un nuovo comma all'art. 120
del D. Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario), ha previsto la possibilità
di stabilire, tramite un'apposita delibera del CICR (Comitato Interministeriale
per il Credito e Risparmio), le modalità ed i criteri di produzione degli
interessi sugli interessi, maturati nell'esercizio dell'attività bancaria,
purché fosse rispettata la stessa periodicità nel conteggio
sia dei saldi passivi, sia di quelli attivi.
Il sigillo ufficiale al suddetto nuovo corso in tema di calcolo degli interessi
bancari è stato poi apposto dalla sentenza del CICR emanata il
9 febbraio 2000, la quale ha definitivamente fissato il momento di decorrenza
dell'obbligo, a carico delle Banche, di riconoscere ai correntisti pari
periodicità nella liquidazione degli interessi.
Nel decreto n. 342/1999 il legislatore stabiliva nel contempo, con norma
transitoria, una vera e propria sanatoria per il pregresso, facendo salve
le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti conclusi
prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina.
La norma transitoria è stata però dichiarata illegittima per
violazione dell'articolo 77 della Costituzione, dalla Corte Costituzionale con
sentenza del
17 ottobre 2000 n. 425.
Il processo di revisione al momento si può considerare concluso con
la già citata sentenza del
4 novembre 2004 n. 21095,
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella quale in sostanza si afferma
l'illegittimità, anche per il passato, degli addebiti bancari per anatocismo.
In sostanza la Corte afferma che le clausole di capitalizzazione trimestrale
degli interessi debitori precedenti al 1999 non sono mai state rispondenti
ad uno uso normativo ma bensì negoziale e quindi in contrasto con
il principio contenuto nell'art. 1283.
L'uso normativo consiste infatti, come riportato nella sentenza, nella
"ripetizione generale, uniforme, costante e pubblica di un determinato
comportamento, accompagnato dalla convinzione che si tratta di comportamento
giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme a una norma che già
esiste o che si ritiene debba far parte dell'ordinamento giuridico".
In altre parole le clausole anatocistiche sono state accettate
non perché gli utenti fossero convinti della loro rispondenza a
principi dell'ordinamento giuridico, ma piuttosto perché costretti ad
accettarle per poter accedere ai servizi bancari.
Questo atteggiamento psicologico è quindi ben lontano da quella
spontanea accettazione che contraddistingue invece la consuetudine come
istituto giuridico.
Novità: sentenza Cassazione del 6 Maggio 2015
La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente in materia di anatocismo,
con particolare riguardo alla illegittimità della capitalizzazione annuale degli interessi.
Per approfondire leggi l' articolo pubblicato.
Per approfondire leggi l' articolo pubblicato.
La prescrizione
Nel 2011, in uno dei tanti articoli del famoso decreto 'milleproroghe' del 2010, (Art. 2, comma 61 del D.L. 225/2010),
il legislatore interpretava l'Art. 2935 in senso favorevole alle banche, riducendo drasticamente i tempi di prescrizione,
in aperto contrasto con la quasi totalità della giurisprudenza, ivi compresa la Cassazione.
Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 78 del 5 aprile 2012, ha bocciato questa norma dichiarandola incostituzionale, ripristinando di fatto il quadro normativo e giurisprudenziale precedente.
Per approfondire l'argomento leggi l'articolo pubblicato.
Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 78 del 5 aprile 2012, ha bocciato questa norma dichiarandola incostituzionale, ripristinando di fatto il quadro normativo e giurisprudenziale precedente.
Per approfondire l'argomento leggi l'articolo pubblicato.
Importante sentenza della Suprema Corte sull'anatocismo bancario
La Cassazione con la sentenza n. 9127/2015 del 6 maggio
interviene in materia di anatocismo, con particolare riguardo alla
illegittimità della capitalizzazione annuale degli interessi.
La Suprema Corte, nel dare ragione al titolare di un
contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria, al quale era stato
notificato un decreto ingiuntivo dell'importo di oltre un milione di euro, rigetta
le argomentazioni svolta dalla Banca, che sosteneva che dovesse ritenersi implicita
la sussistenza di usi normativi che consentono la capitalizzazione annuale,
e precisa che “l'illegittimità di tale uso è stata
infatti già affermata dalle Sezioni Unite di questa Corte che, dopo avere rilevato che la
giurisprudenza ha escluso, in relazione alla capitalizzazione trimestrale
degli interessi, di poter ravvisare un uso normativo atto a
giustificarla, ha osservato che è "assolutamente
arbitrario trarne la conseguenza che,
nel negare l'esistenza di usi normativi di
capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, quella medesima
giurisprudenza avrebbe riconosciuto (implicitamente o esplicitamente) la
presenza di usi normativi di capitalizzazione annuale. Prima che
difettare di "normatività ", usi siffatti non si rinvengono nella
realtà storica, o almeno non nella realtà storica dell'ultimo cinquantennio anteriore
agli interventi normativi della fine degli anni novanta del secolo passato:
periodo caratterizzato da una diffusa consuetudine (non accompagnata però dalla
opinio iuris ac necessitatis) di capitalizzazione trimestrale, ma che non
risulta affatto aver conosciuto anche una consuetudine ai capitalizzazione
annuale degli interessi debitori, ne' di necessario bilanciamento con
quelli creditori
".
E' illegittima, quindi, la
capitalizzazione annuale degli interessi, e ciò a prescindere dall'arco temporale in relazione al
quale viene effettuata la capitalizzazione.
Cassazione Civile - Sentenza n° 9127 del 6-5-2015
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato 1'8 aprile 2005, PNC
e PMS, premettevano di essere stati ingiunti del pagamento della somma di €
1.080.248,36 m favore della Banca X che il credito ingiunto derivava da un
contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria, regolata con tasso
pari al prime rate ABI e con capitalizzazione trimestrale; che la garanzia
ipotecaria era stata concessa per la complessiva somma di € 3.500.000.000.,
mentre il rientro dall'esposizione era stato legato alla vendita di alcuni
immobili ed ai rimborsi da ricevere da altre banche, con le quali era in atto
un contenzioso legato sostanzialmente all'entità dei crediti variamente
azionati; che la garanzia era ampiamente superiore all'importo ingiunto; che
nonostante ciò era stato infine revocato l'affidamento, con indebita
segnalazione alla centrale rischi;
che il credito azionato veniva integralmente
contestato, quanto all'illegittimità del recesso operato dalla Banca nonché
dell'esercizio del cd. ius variandi; che era illegittima la pattuizione ed
applicazione della capitalizzazione trimestrale dell'interesse composto; che
era inammissibile la provvigione di massimo scoperto, che doveva considerarsi
una vera e propria integrazione del tasso nominale di interesse; che era
illegittima l'applicazione dei giorni valuta nonché in relazione al tasso
effettivo globale.
Tutto ciò premesso, evocavano in giudizio la Banca x
avanti al Tribunale di Udine per sentire revocare l'ingiunzione opposta stante
l'illegittimità delle condizioni applicate e le violazioni lamentate, con la
condanna della controparte al risarcimento del danno per la mancata
comunicazione della variazione delle condizioni e per la segnalazione alla
centrale rischi.
Insistevano altresì per la sospensione della
provvisoria esecuzione.
Si costituiva la Banca opposta, la quale osservava, in
primo luogo, che con la sentenza n. 1477/04 del Tribunale di Udine era stata
definitivamente accertata l'esistenza di crediti per ingenti importi nei
riguardi degli attori in opposizione. Nel merito delle contestazioni, rilevava
che lo stesso NC aveva ammesso, a rapporto ormai concluso, l'inesistenza
di interessi illegali e "malefiche" commissioni mentre gli interessi
anatocistici erano stati integralmente stornati.
Insisteva poi per il rigetto dell'istanza formulata a
norma dell'art. 649 cod. proc. Civ.
Il Tribunale di Udine - negata la sospensione della
provvisoria esecuzione dell'ingiunzione opposta - rigettava l'opposizione,
condannando gli opponenti alla rifusione delle spese di lite.
Il primo Giudice osservava che il credito della Banca
si evinceva tanto dalle scritture contabili quanto dagli estratti conto
periodicamente inviati, ed altresì dalle dichiarazioni a carattere confessorio
e dalle promesse di pagamento rese stragiudizialmente dagli opponenti. Da
siffatta documentazione emergeva che vi era contestazione solamente in ordine
all'applicazione dell'anatocismo trimestrale, mentre l'esistenza di garanzia
ipotecaria non costituiva ostacolo alla richiesta di pagamento dei debiti
divenuti esigibili, mentre la condotta di altri soggetti non poteva andare a
detrimento delle ragioni di un soggetto terzo come la Banca opposta.
In specie, alla stregua di quanto così osservato, ogni
contestazione relativa al contenzioso tra banca e clienti doveva intendersi
superata dagli espliciti riconoscimenti confessori su legittimità e correttezza
dei conti.
In ordine poi all'anatocismo trimestrale, il credito
era stato spontaneamente ridotto dalla Banca di euro 11.097,72 anteriormente al
deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, ed in proposito - ed in difetto di
specifiche contestazioni - detta riduzione doveva ritenersi adeguata. Mentre,
quanto alla successiva capitalizzazione annuale, l'Istituto aveva addirittura
applicato il tasso legale, inferiore a quello contrattuale.
In relazione poi alla doglianza circa l'applicazione
di tasso diverso rispetto a quello pattuito, essa era frutto di errore
nell'indicazione del prime rate vigente nei vari periodi.
Avverso la predetta decisione gli opponenti
proponevano appello con quattro motivi di gravame.
La Banca appellata resisteva con comparsa di risposta
chiedendo la conferma dell'impugnata decisione.
La Corte d'appello di Trieste, con sentenza 85/08
rigettava l'appello.
Avverso la detta decisione ricorrono per cassazione il
NC e la S e sulla base di tre motivi illustrati con memoria.
Non ha svolto attività difensiva la Banca X.
Motivi della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la
violazione dei canoni interpretativi dei contratti ed il vizio di motivazione
da parte della sentenza impugnata laddove ha ritenuto la natura confessoria
della lettera inviata il 24.4.2002 da N alla banca.
Con il secondo motivo assumono che, qualora la
decisione impugnata avesse ritenuto sussistere nel caso di specie un
riconoscimento di debito, la stessa sarebbe erronea in quanto non avrebbe
considerato che essa avrebbe comportato soltanto una inversione dell'onere
della prova in ordine alla esistenza del debito.
Con il terzo motivo lamentano la mancata dichiarazione
di nullità della clausola di capitalizzazione periodica degli interessi.
Il primo motivo risulta fondato.
I ricorrenti contestano la correttezza della
interpretazione da parte della Corte d'appello laddove ha ritenuto che la
dichiarazione di cui alla nota del 24.4.02 costituiva una confessione
sostenendo,al contrario, che la stessa doveva considerarsi una proposta di
accordo transattivo o al massimo una mera promessa parziale di pagamento di un
debito.
Va anzitutto rammentato che la giurisprudenza di
questa Corte ha costantemente affermato che per confessione deve intendersi
l'ammissione di un fatto sfavorevole al dichiarante e favorevole all'altra
parte e che al fine di stabilire se la dichiarazione dalla quale il detto fatto
risulta abbia i caratteri della confessione, deve intendersi quello che, avuto
riguardo all'oggetto della controversia ed ai termini della contestazione, è in
concreto idoneo a produrre conseguenze giuridiche svantaggiose per colui che
volontariamente e consapevolmente ne riconosce la verità. ( Cass 4012/95- Cass
11635/97).
La Corte d'appello ha riportato il contenuto di una
parte della dichiarazione del N del seguente tenore: "dal calcolo
effettuato sui conti che vi riguardano non sono risultati interessi illegali,
né le malefiche commissioni, ma pur sempre l'anatocismo che vogliamo credere
praticaste in buona fede e per emulazione... Riteniamo giusto ripagare il
debito con voi con la restituzione del ma/tolto del passato ad opera delle
banche che vi hanno preceduti".
Ha rilevato poi che il N, anche a nome della S, dopo
avere rammentato l'esistenza della ipoteca data alla banca a garanzia della
esposizione assicurava che "Se avrete pazienza, potremo dimostrare le
nostre ragioni davanti alla Giustizia, e nel giro di due anni iniziare a
restituirvi quanto ci avete concesso, che riconosciamo di dovervi restituire
quasi al completo delle vostre pretese, visto il comportamento tollerante che
ci avete fin qui dimostrato e, comunque, stiamo cercando di provvedere ad una
estinzione del vostro credito, anche più immediata".
Sulla base di tali dati testuali ha rilevato che i
ricorrenti avevano sottoposto ad attento esame i conteggi effettuati dalla
banca e li avevano ritenuti corretti, ad eccezione degli interessi
anatocistici, ditalché avevano riconosciuto l'obbligo di dovere restituire quasi
al completo l'importo richiesto attribuendo così alle dette dichiarazioni
natura confessoria .
Tale motivazione non appare del tutto corretta.
Va premesso che le dichiarazioni rese nella nota in
esame vanno esaminate alla luce dei canoni di interpretazione stabiliti dagli
articoli 1362 e seguenti del codice civile.
Tali norme si applicano anche ai negozi unilaterali
quale quello oggetto del presente esame nei limiti della compatibilità dei
criteri stabiliti dagli art.l362 e seguenti cod.civ. con la particolare natura
e struttura della predetta categoria di negozi (Cass 2052169) per cui, ad
esempio, nei negozi unilaterali non può aversi riguardo alla comune intenzione
delle parti, ma si deve indagare soltanto quale sia stato l'intento proprio del
soggetto che ha posto in essere il negozio (senza poter far ricorso, per
determinarlo, alla valutazione del comportamento dei destinatari del negozio
stesso). ( Cass .11712198; Cass. 12780 l 2000; Cass 5835 l 2002 ; Cass n.5234 l
2004; Cass n. 13970/05; Cass 1387/09; Cass 25608/13 ).
Parimenti resta ferma l'applicabilità, atteso il
rinvio operato dall'art. 1324 cod. civ., del criterio dell'interpretazione
complessiva dell'atto (Cass 25608/13).
A tale premessa se ne deve aggiungere una seconda
rammentandosi che la confessione è scindibile, salvo che abbia ad oggetto un
unico fatto giuridico o anche più fatti che siano, però, così strettamente
connessi fra loro da apparire l'uno come necessaria conseguenza dell'altro. La
piena efficacia di prova legale della confessione è circoscritta ai soli casi
in cui essa, quale riconoscimento puro e semplice della verità di un fatto,
conserva quel carattere per cui il giudice è ad essa vincolato, non potendo la
inscindibilità della confessione apparire logica e coerente nei casi in cui
potrebbe condurre a conseguenze aberranti. (Cass 662/66).
In particolare, è stato già chiarito da questa Corte
che il principio dell'inscindibilità della confessione, posto dall'art. 2734
cod civ, trova applicazione solo quando unico è il fatto che forma oggetto di
confessione, o quando due fatti siano cosi strettamente connessi fra loro che
l'uno appaia come necessaria conseguenza dell'altro. Ad esempio, non può
parlarsi di inscindibilità della confessione, quando oggetto delle
dichiarazioni rese dal confidente siano due fatti giuridici distinti, quali
l'assunzione di un debito e l'avvenuto pagamento dello stesso. ( Cass 1901/75,
Cass 602/73, Cass 3980/68, Cass 675/68, Cass 646/76 ).
Nel caso di specie non può non rilevarsi che la
ritenuta confessione riveste un carattere del tutto generico poiché la stessa
si limita a riconoscere un debito nei confronti della banca che però risulta
del tutto indeterminato nel suo ammontare e specificatamente contestato in
alcune sue voci.
In tale contesto il giudice di merito avrebbe dovuto
scindere necessariamente le dichiarazioni rese dal N rilevandone la natura
confessoria in ordine alla debenza di una somma in restituzione alla banca, ma
constatandone al tempo stesso la contestazione circa l'ammontare, risultante
con tutta evidenza dalla espressione "riconosciamo dovervi restituire
quasi al completo delle vostre pretese".
Tale ultima affermazione avrebbe dovuto
necessariamente essere posta in collegamento con l'ulteriore affermazione
contenuta nella nota secondo cui "dal calcolo effettuato sui conti che
vi riguardano non sono risultati interessi illegali né le malefiche commissioni''
al fine di acce se detta dichiarazione, che appare essere la comunicazione
dei risultati di una semplice verifica contabile effettuata, rivesta carattere
confessorio o meno anche in relazione alle parole che seguono "ma non
vogliamo parlare di questo" e dal prosieguo della nota ove si
dichiarava che se la banca non avesse concesso una dilazione temporale “saremmo
costretti ad agire anche contro di voi,con esiti più incerti...".
La lettura di tali frasi citate in collegamento tra
loro avrebbe dovuto indurre la Corte d'appello a ricostruire l'effettiva
intenzione del ricorrente tenendo conto della citata scissione tra la
confessione della esistenza di un proprio debito e la contestazione del suo
ammontare.
Invero il giudice di merito si è attenuto ma solo
parzialmente a tale criterio laddove, riconosciuta la confessione circa
l'esistenza di un non precisato debito nei confronti della banca da parte dei
ricorrenti, si è soffermato ad analizzare la questione della debenza degli
interessi anatocistici senza però prendere in esame le contestazioni avanzate
con l'atto di citazione riguardanti le commissioni di massimo scoperto e la
mancata applicazione dell'effettivo tasso convenzionale.
Ciò impone che la Corte d'appello rivaluti il valore
confessorio della nota del N alla luce dei principi dianzi indicati.
Il motivo va quindi accolto nei termini dianzi
esposti. Il secondo motivo appare inammissibile.
Invero le argomentazioni svolte dalla Corte d'appello
in ordine alla ricognizione di debito appaiono un fuor d'opera in quanto non
valgono ad inficiare o a sostituire l'unica ratio decidendi posta a base
della decisione che è quella dianzi esaminata della natura confessoria della
dichiarazione del 24.4.02.
Il motivo, non investendo dunque una effettiva ragione
del decidere risulta privo di rilevanza con mancanza quindi di ogni interesse
da parte dei ricorrenti a proporlo.
Il terzo motivo è solo parzialmente fondato.
Per quanto concerne la capitalizzazione trimestrale
degli interessi, la Corte d'appello ha osservato sul punto che il giudice di
primo grado aveva rilevato che la Banca aveva spontaneamente ridotto gli
interessi anatocistici trimestrali prima di proporre il ricorso per ingiunzione
e che, in proposito, erano mancate specifiche e dettagliate contestazioni da
parte degli allora appellanti sicché la riduzione doveva considerarsi adeguata.
Tale ratio decidendi non è censurata in modo
pertinente.
I ricorrenti infatti, oltre a sostenere la tesi ormai
pacifica della illegittimità della applicazione dell' anatocismo trimestrale,
si limitano ad affermare di avere chiesto in sede di appello “l'accoglimento
di tutte le domande già formulate in primo grado ed in particolare
l'accertamento dell'esatto dare ed avere tra le parti alla luce della non
veridicità dei saldi evidenziati in estratto conto" .
Trattasi di una argomentazione del tutto generica da
cui non risulta l'esistenza nell'atto di appello di una censura specifica in
ordine alla inadeguatezza del1a riduzione effettuata dalla banca ed al fatto
che la capitalizzazione trimestrale era in tutto o in parte rimasta inclusa nei
saldi degli estratti conto.
Di tale questione specifica non si rinviene inoltre
traccia neppure nel quesito .Sul punto dunque deve ritenersi ormai formato il
giudicato che preclude a questa Corte ogni esame e pronuncia in proposito .
Tale principio risulta conforme a quanto affermato
dalla Corte di Giustizia che ricordata l'importanza che riveste, sia
nell'ordinamento giuridico dell'Unione che negli ordinamenti giuridici
nazionali, il principio dell'intangibilità del giudicato (sentenze Kapferer,
C-234/04, EU:C:2006:178, punto 20 Commissione/Lussemburgo, C-526/08,
EU:C:2010:379, punto 26, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C-352/09 P,
EU:C:2011 :191, punto 123) ha ripetutamente affermato che il diritto
dell'Unione non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme
procedurali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia
giurisdizionale, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una
situazione nazionale contrastante con detto diritto (v., in tal senso, sentenze
Eco Swiss, C-126/97, EU:C:1999:269, punti 46 e 47; Kapferer, EU:C:2006:178,
punti 20 e 21; Fallimento Olimpiclub, EU:C:2009:506, punti 22 e 23 Asturcom
Telecomunicaciones, C-40/08, EU:C:2009:615, punti da 35 a 37, nonché
Cominissione/Slovacchia, C-507/08, EU:C:2010:802, punti 59 e 60; Sentenza della
Corte (Seconda Sezione) del l O luglio 2014. Impresa P Spa contro Comune di
Bari Causa C-213/13. ).
Risulta invece fondato il motivo laddove censura il
mancato accoglimento dell'appello in ordine alla prospettata illegittimità
della capitalizzazione annuale degli interessi.
L'illegittimità di tale uso è stata infatti già
affermata dalle Sezioni Unite di questa Corte che, dopo avere rilevato che la
giurisprudenza ha escluso in relazione alla capitalizzazione trimestrale degli
interessi di poter ravvisare un uso normativo atto a giustificarla,ha osservato
che era "assolutamente arbitrario trarne la conseguenza che, nel negare
l'esistenza di usi normativi di capitalizzazione trimestrale degli interessi
debitori, quella medesima giurisprudenza avrebbe riconosciuto (implicitamente o
esplicitamente) la presenza di usi normativi di capitalizzazione annuale. Prima
che difettare di "normatività", usi siffatti non si rinvengono nella
realtà storica, o almeno non nella realtà storica dell'ultimo cinquantennio
anteriore agli interventi normativi della fine degli anni novanta del secolo
passato: periodo caratterizzato da una diffusa consuetudine (non accompagnata
però dalla opinio iuris ac necessitatis) di capitalizzazione trimestrale, ma
che non risulta affatto aver conosciuto anche una consuetudine ai
capitalizzazione annuale degli interessi debitori, ne' di necessario
bilanciamento con quelli creditori".
Deve pertanto ritenersi che la capitalizzazione
annuale degli interessi sia un uso illegittimamente applicato, non rilevando in
ogni caso l'arco temporale in relazione al quale viene effettuata la
capitalizzazione.
Il motivo di ricorso va, pertanto, accolto nei termini
dianzi indicati.
La sentenza impugnata va di conseguenza cassata con
rinvio alla Corte d'appello di Trieste in diversa composizione che si atterrà
nel decidere ai principi di diritto dianzi enunciati e che provvederà anche
alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
PQM
Accoglie il primo motivo ed il terzo motivo del
ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibile il
secondo,cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia
anche per le spese alla Corte d'appello di Trieste in diversa composizione.
Roma 25.3.15
Depositato in cancelleria
6 MAG. 2015
deca
google mi ha cancellato il commento sulla tua menzione per cui mi ripeto qui-----Il problema è che le banche hanno affittato degli azzecca garbugli che fanno di tutto per confondere le acque. Hanno creato un labirinto sfruttando l'ambiguità della Legge e anche le recenti condanne non sono così chiare per cui la gente si trova spiazzata. E' un po come una partita a ping pong dove uno ha la racchetta e l'altro le mani legate. E' sufficiente entrare in una banca qualsiasi per constatare che alla richiesta di rendere si trovi davanti un direttore che si stupisce di quanto gli si chiede e a questo punto mi dici quali armi concrete ha la persona che sta richiedendo il proprio diritto???---Felice Domenica :)
RispondiEliminaCondivido la Tua opinione caro brezza CP, e buona domenica anche a Te!
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