I saldi finanziari settoriali, un modello alternativo al “New Consensus” utilizzato anche da Goldman Sachs: il deficit pubblico di bilancio – parte I^
"Già solamente osservando il grafico 1 un bambino della prima media capisce che tutta l'aria fritta con la quale ci ammorbano quotidianamente gli zerbini dei padroni del vapore (i famosi professori, ovvero venditori d'auto usate) è semplice presa per il c..., ovvero la spesa pubblica è, sì aumentata da fine anni cinquanta al 1981, creando un aumento relativo del debito pubblico, ma è anche vero e semplicissimo capire che, dal 1981 ad oggi, l'esplosione del debito pubblico è derivata in prima istanza dal genocida divorzio del Tesoro dalla Banca d'Italia (imputato Andreatta) ed in seconda è tombale istanza con l'adozione della moneta privata straniera denominata €." deca (MANIFESTO "Ai 2 laghi")
14-3-2014
Ogni crisi che si “rispetti” è accompagnata da una serie di
opinioni, pareri e discussioni, più o meno informate/i, sulle sue cause e
anche sulle soluzioni della, o per la, stessa.
In questi anni, il
modello che ci veniva proposto era quello del “New Consensus” che, molto
brevemente – rifacendoci a tale modello come descritto nell’working paper n° 494 di Wynne Godley e Marc Lavoie
relativo alle politiche fiscali nei diversi modelli coerenti di
stock-flusso del Levy Economics Institute of Bard College – prevedeva la
necessità, per una data economia, qualora il tasso di crescita reale
della stessa fosse inferiore al tasso di interesse reale (al netto delle
imposte), di contenere il saldo primario dello Stato in una posizione
attiva, nel nostro caso per esempio, che potesse risultare in uno
sforamento massimo del 3% nel rapporto deficit/PIL (al lordo quindi
degli interessi) e di migliorare la bilancia commerciale, al fine di
avere un miglioramento degli indicatori economici come per es. il
rapporto debito/PIL, il tasso di disoccupazione, la ripresa della
crescita, ecc. ecc..
Sembra abbastanza chiaro che le politiche di
contenere il deficit dello Stato e di migliorare la bilancia commerciale
– si parla di bilancia commerciale non di saldo delle partite correnti e
nemmeno della bilancia dei pagamenti, limitiamoci al momento alla
bilancia commerciale – non stiano, almeno nel breve, funzionando.
Infatti il rapporto debito/PIL è salito a livelli inferiori solo a
quelli precedenti il “ventennio”, dove, come si può vedere nel grafico
sotto riportato, che descrive l’andamento del debito delle
amministrazioni pubbliche dall’Unità fino a poco dopo il 2001, tra la
fine della seconda guerra mondiale ed il 1920, ha raggiunto il suo
massimo storico al 160%.
Grafico 1 – Debito delle amministrazioni pubbliche dall’Unità d’Italia al 2001
Ricordiamo che al 2008 (dati Trading Economics)
il rapporto debito/PIL era al 103%, appena al di fuori di quella soglia
definita “neutra” – riportata nel grafico sopra tra le due linee
orizzontali tratteggiate rosse – compresa tra il 60% ed il 100%; mentre
al 2013 il rapporto debito/PIL è incrementato del 30% in pochi anni.
Per
quanto riguarda le bilancia commerciale, il suo miglioramento non ha
portato alcun vantaggio ed anzi, nel nostro caso, è il sintomo di una
economia che non cresce. Infatti, le importazioni sono pro-cicliche al
PIL, in un’economia che cresce si tende ad importare di più e questo ha ex sé
l’effetto di peggiorare la bilancia commerciale.
È palese che le
esportazioni possono controbilanciare questo effetto ed al “netto”
evitarlo, ma ciò non vuol dire che una economia che cresce non tenda ad
importare di più.
Inoltre, confrontando l’andamento della bilancia
commerciale dal 2008 con la crescita del PIL, è facile notare, ancora,
come nel grafico 2, in primis, che le importazioni (linea nera scala di
sinistra) crescono al crescere del PIL (linea blu scala di destra) e
diminuiscono al diminuire del PIL e che, pertanto, il miglioramento
della bilancia commerciale è in gran parte dovuto ad una diminuzione
delle importazioni, dovuto, a sua volta, ad una diminuzione della
domanda interna, piuttosto che ad un aumento delle esportazioni dovuto
ad un aumento della domanda estera o ad una ritrovata competitività.
Grafico 2 – Andamento delle importazioni (linea nera scala di sinistra) e del PIL (linea blu scala di destra) in Italia dal 2000
Pertanto,
le soluzioni proposte per l’attuale crisi e che sono il diretto portato
delle analisi fatte sul modello del “New Consensus” non sembrano aver
funzionato; la limitazione dei deficit statali ed il miglioramento della
bilancia commerciale non hanno avuto i risultati desiderati di un
miglioramento generale dell’economia, dell’occupazione e nemmeno dei
“conti dello Stato”, visto anche l’aumento del rapporto debito/PIL.
Sembrerebbe perciò necessario tentare di inquadrare il problema in un
modo differente rispetto a quello fatto fino ad ora seguendo quel
modello, per considerare il deficit dello Stato e la bilancia
commerciale, se non in maniera completamente differente, almeno –
diciamo – da un’altra angolazione.
In questi anni abbiamo sentito
parlare molto dei saldi settoriali finanziari, di cui un abbozzo in
relazione alle politiche di austerità è stato fatto anche in un articolo su questo blog,
come modello di analisi alternativo a quello corrente e sopra
(minimamente) delineato.
Innanzitutto ricordiamo che, proprio negli
ultimi anni, i propugnatori, in Italia, di questo genere di modello,
designato come saldi finanziari settoriali, ma che sarebbe meglio
chiamare con il nome con cui è definito il modello più ampio, cioè,
“modelli coerenti di stock-flusso” (stock flow consistent, SFC), sono
principalmente stati il giornalista Paolo Barnard e Warren Mosler.
Ora, questo modello non è nulla di nuovo e non cade dal cielo, bensì è
stato descritto dal Prof. Wynne Godley e anche da Marc Lavoie e non ha
trovato un “riferimento”, in Italia, solo nei due “autori” prima citati,
ma, oltre che da un altro professore come Gennaro Zezza,
ha trovato eco anche in altri blog e professori di orientamento –
diciamo – differente rispetto a quelli finora citati.
Il modello si basa
sulla considerazione che i macro settori dell’economia sono tre –
pubblico, privato, estero – e che tutto quello che esce da un settore
entra nell’altro, per cui la loro somma non potrà che essere zero; e si
basa su questa identità contabile: (I-S) + (G-T) + (X-M) = 0.
Traccia di
un abbozzo di questo modello si trova in un articolo del sito
di uno dei responsabili della comunicazione del Movimento 5 Stelle,
Claudio Messora, che parlando dell’introduzione del Fiscal Compact dice:
“la somma dei tre saldi settoriali dell’economia di un Paese è
algebricamente uguale a zero. Messa giù in forma matematica, si scrive
così: (I-S) + CA + (G-T) = 0. O, se volete: saldo interno + saldo estero
+ saldo pubblico = zero. Non si scappa”.
Brevemente: (I-S) è il saldo
settoriale finanziario privato ed è dato dagli investimenti (I) meno i
risparmi (S); (G-T) è il saldo settoriale finanziario pubblico dato
dalla spesa (G) meno le tasse (T); infine per il settore estero,
ovviamente, CA sta per current account, quindi saldo delle partite
correnti e non bilancia commerciale, ma si potrebbe anche sostituire CA
con (X-M), che è data dalla somma delle esportazioni (X) meno le
importazioni (M) (bilancia commerciale, X-M), piuttosto di CA che è la
bilancia commerciale sommata alle altre voci che compongono le partite
correnti, cioè, semplificando, partite invisibili, redditi in entrata e
in uscita e trasferimenti unilaterali.
Non fa, per quello che serve ai
fini del presente articolo molta differenza, quindi non si specifica
ulteriormente la distinzione e si procede oltre.
Come abbiamo visto la
somma dei tre macro settori dell’economia è zero; perché tutto quello
che esce da un settore entra negli altri due e, conseguentemente, la
spesa di un settore è il reddito di un altro. Questo sembra trovare
conferma in un altro articolo
questa volta del Prof. L. Zingales dove lo stesso, rispondendo ad una
domanda, sostiene: “Ma seguitemi nel ragionamento: a livello mondiale le
partite dei pagamenti sono a zero, non avendo ancora inventato
l’interscambio galattico.
Ora, faccia finta che al mondo vi siano solo
due continenti, l’Europa e l’America: se uno è in deficit, l’altro è in
surplus. Quindi, chiaramente c’è un’identità contabile: (…)”.
Quindi,
anche il prof. Zingales, passando questa volta dalla bilancia dei
pagamenti, invece che da quella commerciale o dalle partite correnti,
sembra sostenere che a livello globale l’economia è chiusa, perché a
livello aggregato o mondiale non possiamo fare il settore estero
esportando su Marte o importando gas dagli anelli di Saturno e,
pertanto, che il deficit, per esempio, di un continente, ma anche un
paese, è il surplus di un altro.
Infine, un’ulteriore conferma ci arriva
niente poco di meno che da Goldman Sachs che, attraverso un’intervista
di Joe Weisenthal di Business Insider e sullo stesso pubblicata, al suo capo economista Jan Hatzius,
sembra sostenere la bontà dell’analisi basata sul modello dei saldi
settoriali finanziari.
Infatti, alla base della analisi economica di
Goldman Sachs ci sarebbe un grafico – raro tra gli operatori di Wall
Street – che tiene conto degli andamenti del settore privato (linea
nera), di quello pubblico (linea grigia) e dell’estero (linea
punteggiata), titolato: “Private sector surplus offsets Government
deficit” – il surplus del settore privato controbilancia il deficit del
governo.
Grafico 3 – Andamento del surplus del settore privato (linea
nera) del deficit del settore pubblico (linea grigia continua) e del
settore estero (linea grigia punteggiata)
Facciamo notare fin da ora che il settore estero (Foreign),
contrassegnato con un asterisco nel grafico, è, come da nota, l’inverso
del saldo delle partite correnti.
Tralasciamo per il momento questa
“curiosità”, abbastanza importante, per riprenderla poi nella seconda
parte dell’articolo.
Il punto cruciale è che l’andamento del settore privato (linea nera) è
un’immagine allo specchio dell’andamento del settore pubblico (linea
grigia), per cui, all’aumento del deficit governativo corrisponde una
diminuzione di leveraggio del settore privato ed un aumento del suo
surplus.
Come si può vedere nel grafico, infatti, quando la linea grigia
si avvicina allo zero (che per lo Stato corrisponde al pareggio di
bilancio), cioè quando lo Stato riduce il suo deficit, anche la linea
nera si avvicina allo zero; cioè il settore privato riduce il suo
surplus e per mantenere i consumi al livello desiderato dovrà fare
ricorso all’indebitamento e quindi al “leveraggio”.
Ma non solo, vediamo
come prosegue, il “top economist” di Goldman Sachs:
“(…) every dollar
of government deficits has to be offset with private sector surpluses
purely from an accounting standpoint, because one sector’s income is
another sector’s spending, so it all has to add up to zero. That’s the
starting point.
It’s a truism, basically.
Where it goes from being a
truism and an accounting identity to an economic relationship is once
you recognize that cyclical impulses to the economy depend on desired
changes in these sector’s financial balances” – “
(…) ogni dollaro di
deficit governativo deve essere compensato con un surplus del settore
privato puramente da un punto di vista contabile, perché il reddito di
un settore è la spesa di un altro settore, così la somma di tutto è
zero.
Questo è il punto di partenza. È fondamentalmente una verità
palese. E passa dall’essere una verità palese ad una identità contabile
di una relazione economica quando si riconosce che gli impulsi
congiunturali all’economia dipendono dai cambiamenti desiderati nei
saldi finanziari di questi settori”.
Per fugare eventuali dubbi sul
fatto che quanto sostenuto possa essere valido per gli Stati Uniti e non
per l’Italia riportiamo un grafico che riguarda il saldi settoriali
finanziari per l’Italia che è stato ripetutamente mostrato da Warren
Mosler nelle sue conferenze italiane.
Grafico 4 – Andamento del saldo settoriale privato (linea
blu) del saldo delle partite correnti (linea rossa) e del saldo del
settore privato (linea verde)
Mentre il grafico 5 ci riporta l’andamento dei bilanci dei governi
dell’eurozona (linea continua, grafico di sinistra) e l’andamento del
bilancio del settore privato della stessa area (linea tratteggiata,
grafico di sinistra).
Grafico 5 - Andamento del saldo settoriale dei governi
dell’euro area (linea continua, grafico di sinistra) e del settore
privato dell’euro area (linea tratteggiata, grafico di sinistra)
Come si può vedere, per l’Italia, l’andamento del saldo finanziario
del settore privato (linea verde) sembra essere un’immagine allo
specchio dell’andamento del saldo finanziario del settore pubblico
(linea blu), per cui il fatto che il deficit pubblico risulti in un
surplus privato, perché tutto quello che il settore pubblico spende lo
spende nel privato, sembra “tenere” anche per l’Italia.
Inoltre anche
l’andamento del bilancio del settore privato dell’euro area (grafico 5)
sembra essere “l’immagine allo specchio” dell’andamento dei bilanci
governativi dell’eurozona stessa.
Ovviamente, vista la differenza con il
modello del New Consensus, che considera il deficit dello Stato come un
pesante fardello che va ridotto, invece che un’entrata netta per il
settore privato, anche le soluzioni alla crisi proposte sono,
ovviamente, differenti e passano per un aumento della spesa pubblica –
che aumenta le entrate per il settore privato – oppure per una sua
ottimizzazione invece che per il suo taglio; e, piuttosto, se si vuole
tagliare, si taglino le tasse, si anche a costo di aumentare il deficit e
conseguentemente lo stock del debito.
D’altra parte abbiamo visto che
l’austerità non solo non ha funzionato perché non ha ridotto né lo stock
di debito e nemmeno il rapporto debito PIL, ma anzi ha aumentato il
tasso di disoccupazione e portato a sopportare costi sociali altissimi.
Ancora, visto che si potrebbe obiettare che fidarsi di modelli
utilizzati da Goldman Sachs potrebbe essere controproducente, si può
facilmente rispondere che questo genere di modello, come già detto, si
trova in testi di Istituti economici ed Università oltre che avere
eminenti teorici e che, per certo, invece, i modelli e le soluzioni
utilizzate fino ad ora, da vantati e decantati tecnici dell’economia,
non hanno funzionato. Infine ci sia permessa un’ultima prova sulla bontà
del modello.
In questi anni abbiamo assistito ad un aumento abbastanza
marcato dei rapporti debito/PIL di molti Stati come Italia, Spagna,
Grecia, USA, ecc. ecc. – non fatevi ingannare, lo stock di debito è
aumentato anche in Germania, nonostante il rapporto debito/PIL sia
diminuito – che avrebbe dovuto portare proprio ad un aumento del surplus
privato, ed invece abbiamo visto un settore privato in forte crisi;
questo proverebbe la mancanza della corrispondenza tra il deficit
pubblico ed il surplus privato.
Non è così, infatti dalle notizie che si
possono trovare in rete è facile sapere che le borse sia nel 2012 che nel 2013 hanno chiuso in positivo, che Goldman Sachs nel 2013 ha raddoppiato gli utili
e che i profitti sono al massimo storico dal dopoguerra, sia negli USA
che in Europa e che i soldi pubblici sono stati anche usati per
“aggiustare” i conti privati.
Quindi non è vero che non c’è stata
corrispondenza tra deficit pubblico e surplus privato, ma questa è
andata a solo vantaggio di una parte del settore privato, finanza e
grandi multinazionali, aumentando le disuguaglianze all’interno del
sistema stesso.
Luca Pezzotta di Economia Per I Cittadini
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