Teotihuacàn
A circa cinquanta chilometri da Città del Messico è stata
scoperta un'altra spina nel fianco dell'archeologia ortodossa, ovvero Teotihuacàn, un luogo ricordato dalla tradizione locale come “la città degli dei”. La
data di costruzione delle sue piramidi, infatti, rimane incerta e controversa
per molti studiosi, mentre l'archeologia ortodossa ne attribuisce
categoricamente la costruzione al 500 a.C..
È invece
un dato pacifico che nel periodo del suo massimo splendore la città si estendeva per ben 25 km2, un'area maggiore di quella occupata dall'antica Roma, la
capitale dell'impero più vasto del mondo antico.
Il 12 d.C. gli Aztechi si riversarono nella zona e
scoprirono i resti della città ormai
completamente sepolti dalla folta vegetazione della giungla. Al giorno d'oggi
il sito archeologico è stato interamente disboscato e offre ai suoi visitatori uno
scenario davvero straordinario e suggestivo. La pianta della città risulta caratterizzata da una strada larga tra
i quaranta e i quarantacinque metri, che attraversa i monumenti per circa
quattro chilometri.
Si tratta della cosiddetta “via
dei morti” la quale risulta perfettamente orientata a
15° e 30’ a oriente del nord
astronomico,1 come tutte le altre città maya.
Alla fine degli anni Sessanta l'ingegnere
americano Hugh Harleston jr. misurò gli edifici di Teotihuacàn e scoprì che la misura base utilizzata per la loro
costruzione era il cosiddetto hunab, equivalente a 1,059 metri.2 La scoperta fu di notevole importanza, poiché grazie a essa divenne possibile dimostrare che
la “via dei morti” con i suoi
monumenti non è altro che un perfetto
modello in scala del sistema solare.
La linea mediana, per esempio, è rappresentata dal “Tempio
del Sole” di Quetzalcoatl, mentre alcuni tronconi della
piramide furono utilizzati per riprodurre i rapporti di distanza esistenti tra
Mercurio, Venere, la Terra, Marte e il Sole.3 Tale raffigurazione matematica è precisa fino al punto di comprendere anche la “cintura di asteroidi” (scoperta
ufficialmente solo nel 1951 dall'olandese Gerard Kuiper), simboleggiata da un
canale artificiale posto a debita distanza.
E, proprio come se si trattasse di
un planetario didattico, troviamo i resti di una piramide che indicava il
pianeta Giove nella sua esatta posizione,4 a cui un tempo faceva seguito la piramide di
Saturno, ormai completamente demolita.5
Continuando nelle osservazioni, gli studiosi
identificarono tutti i restanti pianeti del sistema solare ubicati secondo le
rispettive distanze in scala.
Fu così possibile risalire al tempio della Luna, di
Urano, di Nettuno e di Plutone.6
Una volta riconosciuto lo scopo originario delle
costruzioni, sorsero subito alcuni interrogativi a cui nessuno fino a
ora ha saputo rispondere senza pretendere di negare il fatto.
Da dove proveniva
una simile conoscenza del nostro sistema solare? Sappiamo infatti con certezza
che Urano, Nettuno e Plutone vennero scoperti rispettivamente solo nel 1781,
nel 1846 e nel 1930,7 grazie all'ausilio di potenti telescopi moderni.
Una ricostruzione grafica
del sito.
La piramide del Sole.
La facciata principale della piramide del Sole è perfettamente orientata verso il punto dove tramonta il
nostro astro splendente nel giorno del solstizio d'estate. Nelle sue vicinanze è stato scoperto un pozzo di sette metri di profondità collegato a una galleria sotterranea, che termina in una
grotta lavica naturale situata proprio al centro dell'edificio. Nella caverna
antecedente alla costruzione sono stati rinvenuti alcuni specchi di
ardesia e dei frammenti di ceramica di cui ignoriamo la funzione. Tuttavia
nel lontano 1906 gli studiosi avevano già effettuato
una scoperta straordinaria senza rendersene conto.
Ritrovarono infatti grandi
quantità di un particolare minerale che richiede processi di
lavorazione altamente tecnologici, la mica.
Tale silicato era stato impiegato sia per la costruzione del
livello superiore della piramide del Sole che per il tempio detto appunto “della Mica”.
Al suo interno vennero ritrovati due strati di ben 270 cm2 di tale materiale, messi in opera evidentemente con una
precisa funzione. La piramide della Mica, però, è stata resa inaccessibile al pubblico ed il suo ingresso è stato sbarrato da due pesanti lamiere. Chi ha potuto
visitare l'incredibile monumento quando ancora era aperto ai visitatori,
tuttavia, riferisce di essere stato abbagliato dal riverbero della mica che rivestiva
il soffitto con piastrelle di dieci centimetri per venti.
Lo stesso materiale è stato
impiegato per realizzare le sezioni di sette centimetri di spessore che si
alternano diverse volte agli strati di pietra. I fogli di mica consistono in
una pellicola elastica che si sbriciola al tatto, e le lamine sfaldate risultano
trasparenti e in grado di riflettere la luce del sole con elevata intensità.
Dalla piramide della Mica parte poi una galleria sotterranea
che si congiunge alla caverna sotto la piramide del Sole. L'accesso al tunnel
però è stato sbarrato e nessuno sa dire
esattamente cosa ci sia là sotto.
La mica è un silicato di alluminio, un composto
formato dall'unione di vari elementi quali potassio, alluminio, ferro, magnesio,
litio, manganese e titanio. La loro differente combinazione produce varie
tipologie di mica. Quella rinvenuta nel sito archeologico messicano proviene dal Brasile, pertanto chi ha costruito il tempio si
prodigò per ottenere proprio quel tipo. Ma a quale scopo?
La mica attualmente viene usata come isolante termico ed
elettrico nonché come moderatore nelle reazioni nucleari. Risulta quindi
particolarmente adatta ad applicazioni di alto livello tecnologico. Possiede
una notevole elasticità, una forte resistenza al calore (fino
a 800 gradi) e agli improvvisi sbalzi termici e inoltre è inattaccabile dai solventi organici e dagli acidi. I fogli
e i coni retinici di mica legati con il vetro tollerano temperature, radiazioni, alta tensione e
umidità
estreme e per tale ragione essa viene utilizzata nella
fabbricazione degli sportelli dei forni a microonde. Viene anche spesso
impiegata in elettronica per isolare valvole
termoioniche a tubi catodici, negli apparecchi radar, nei contatori geiger e
persino nei rivelatori di raggi cosmici.
Il nostro attuale livello tecnologico ci
consente di produrre lastre di trenta o quaranta centimetri quadrati di mica
attraverso lunghi e sofisticati processi di lavorazione. Ciò premesso, le piastrelle di mica scoperte a
Teotihuacan superano i 200 cm2 di estensione!8
deca
Questo articolo è tratto dal pregievole ed istruttivo libro del Dr. Marco Pizzuti :