Nelle prigioni segrete in Ucraina
Paul Antonopoulos, FRN 24 luglio 2019
L’Agenzia Sputnik continua a pubblicare
materiale esclusivo sulle prigioni segrete del Servizio di sicurezza
ucraino (SBU) lungo la linea di contatto con le Repubbliche popolari di
Donetsk e Lugansk, dove i rapiti subiscono terribili torture. Sputnik
trovava un ex-funzionario del ministero degli Interni ucraino che
coordinava la detenzione di “separatisti” nei posti di blocco delle
repubbliche autoproclamate e parlava cogli ex-prigionieri.
Rapimenti di civili
A metà agosto 2014, la milizia che combatteva nella Repubblica popolare di Donetsk contro le forze di sicurezza ucraine si avvicinava a Enakievo. La gente del posto iniziò a lasciare la zona dei combattimenti. Konstantin Afonchenko decise di andare a Odessa, dove sua figlia era in ospedale e la moglie era con lei. Il viaggio terminò al primo checkpoint ucraino. Alcuni “nazisti” (come vengono chiamate le truppe della guardia nazionale ucraina nella regione del Donbas) iniziarono a controllare il cellulare di Afonchenko. Nei contatti, nella lettera “A”, trovarono un “Andrej”, giornalista di un canale televisivo russo. Afonchenko l’incontrò per caso durante le proteste di maggio. “Beh, sì, andai alle proteste. E chi non lo fece? Il Paese era travolto dalle manifestazioni da un anno. Non ero in fuga, non so nemmeno cosa significhi”, disse. I nazisti lo picchiarono e lo portarono all’aeroporto vicino di Kramatorsk. Tutto ciò che era prezioso gli fu tolto. Annunciarono che tutto il denaro, gli oggetti di valore e il computer sarebbero finiti nel fondo dell’esercito, ricordava Afonchenko.
A metà agosto 2014, la milizia che combatteva nella Repubblica popolare di Donetsk contro le forze di sicurezza ucraine si avvicinava a Enakievo. La gente del posto iniziò a lasciare la zona dei combattimenti. Konstantin Afonchenko decise di andare a Odessa, dove sua figlia era in ospedale e la moglie era con lei. Il viaggio terminò al primo checkpoint ucraino. Alcuni “nazisti” (come vengono chiamate le truppe della guardia nazionale ucraina nella regione del Donbas) iniziarono a controllare il cellulare di Afonchenko. Nei contatti, nella lettera “A”, trovarono un “Andrej”, giornalista di un canale televisivo russo. Afonchenko l’incontrò per caso durante le proteste di maggio. “Beh, sì, andai alle proteste. E chi non lo fece? Il Paese era travolto dalle manifestazioni da un anno. Non ero in fuga, non so nemmeno cosa significhi”, disse. I nazisti lo picchiarono e lo portarono all’aeroporto vicino di Kramatorsk. Tutto ciò che era prezioso gli fu tolto. Annunciarono che tutto il denaro, gli oggetti di valore e il computer sarebbero finiti nel fondo dell’esercito, ricordava Afonchenko.
Arrivo alla prigione segreta
A Kramatorsk iniziarono le torture, arrivarono i “dottori” che gli iniettarono sostanze per farlo parlare. “Mi sentivo male, avvertì, ‘Di’ la verità, perché ci saranno conseguenze letali. Ti faccio un’altra iniezione. Ma mi sentivo davvero male”. Solo più tardi identificò i suoi torturatori, attivisti di Maidan (proteste a piazza Majdan a Kiev dalla fine del 2013 all’inizio del 2014 contro il governo) Vsevolod Stebljuk e il futuro deputato del parlamento ucraino AndreijTeteruk, dalle fotografie. Il “dottore” lo colpì particolarmente: sembrava un pazzo da film dell’orrore.
A Kramatorsk iniziarono le torture, arrivarono i “dottori” che gli iniettarono sostanze per farlo parlare. “Mi sentivo male, avvertì, ‘Di’ la verità, perché ci saranno conseguenze letali. Ti faccio un’altra iniezione. Ma mi sentivo davvero male”. Solo più tardi identificò i suoi torturatori, attivisti di Maidan (proteste a piazza Majdan a Kiev dalla fine del 2013 all’inizio del 2014 contro il governo) Vsevolod Stebljuk e il futuro deputato del parlamento ucraino AndreijTeteruk, dalle fotografie. Il “dottore” lo colpì particolarmente: sembrava un pazzo da film dell’orrore.
Altre vittime
Un’altra vittima, Alla Belusova, anch’essa scappava da Enakievo e fu catturata dai “nazisti” insieme al marito Vladimir. Belusova aveva, in effetti, qualcosa a che fare con le repubbliche autoproclamate: portava cibo nella città assediata di Slavjansk. Le forze di sicurezza al checkpoint lo scoprirono subito e, dopo aver trovato un documento di Alla firmato da Igor Strelkov (Primo ministro della Difesa del Popolo di Donetsk), la milizia diede alla donna il meraviglioso soprannome di Marescialla per la personalità combattiva. Il documento ebbe un brutto effetto: lei e il marito furono picchiati, portati a Kramatorsk e cercarono di organizzare uno stupro abominevole. Ma poi l’identificazione le salvò la vita, molti prigionieri furono portati nei campi minati o usati come obiettivi per l’addestramento al tiro, ma la preziosa Marescialla fu lasciata per uno scambio. “Portarono mio marito e volevano ucciderlo davanti a me. Gli dissi di non toccarla. Perché sono così, posso sopravvivere in qualsiasi situazione, ma era debole. In primo luogo è più vecchio di me e psicologicamente più debole di me”, spiegò Alla.
Un’altra vittima, Alla Belusova, anch’essa scappava da Enakievo e fu catturata dai “nazisti” insieme al marito Vladimir. Belusova aveva, in effetti, qualcosa a che fare con le repubbliche autoproclamate: portava cibo nella città assediata di Slavjansk. Le forze di sicurezza al checkpoint lo scoprirono subito e, dopo aver trovato un documento di Alla firmato da Igor Strelkov (Primo ministro della Difesa del Popolo di Donetsk), la milizia diede alla donna il meraviglioso soprannome di Marescialla per la personalità combattiva. Il documento ebbe un brutto effetto: lei e il marito furono picchiati, portati a Kramatorsk e cercarono di organizzare uno stupro abominevole. Ma poi l’identificazione le salvò la vita, molti prigionieri furono portati nei campi minati o usati come obiettivi per l’addestramento al tiro, ma la preziosa Marescialla fu lasciata per uno scambio. “Portarono mio marito e volevano ucciderlo davanti a me. Gli dissi di non toccarla. Perché sono così, posso sopravvivere in qualsiasi situazione, ma era debole. In primo luogo è più vecchio di me e psicologicamente più debole di me”, spiegò Alla.
Sofferenze estreme
“A Kramatorsk c’era una base militare, vi si addestravano per i combattimento. I militari dovrebbero davvero essere pronti a uccidere chiunque. Ciò significa che avevano bisogno di bersagli vivi. Così fu il cinismo in quell’approccio quando il carceriere entrò nella cella e disse a tutti che aveva bisogno di un bersaglio vivo. Ci sono volontari?”, testimoniò Afonchenko. Si divertirono a mandare il prigioniero in un campo minato. Volevano anche mandare la marescialla Alla nei campi minati, ma all’ultimo momento cambiarono idea: un prigioniero così importante poteva essere scambiato con un ufficiale ucraino, o anche due. Né Afonchenko né i Belusov furono oggetto di indagini. Furono detenuti illegalmente per un mese e a metà settembre scambiati con militari catturati dalla Repubblica Popolare di Donetsk. Dopo il rilascio, Afonchenko scoprì che il suo bancomat fu ripristinata. Dopo aver visitata la banca online, scoprì che uno dei carcerieri aveva acquistato benzina e caffè nelle stazioni di servizio.
“A Kramatorsk c’era una base militare, vi si addestravano per i combattimento. I militari dovrebbero davvero essere pronti a uccidere chiunque. Ciò significa che avevano bisogno di bersagli vivi. Così fu il cinismo in quell’approccio quando il carceriere entrò nella cella e disse a tutti che aveva bisogno di un bersaglio vivo. Ci sono volontari?”, testimoniò Afonchenko. Si divertirono a mandare il prigioniero in un campo minato. Volevano anche mandare la marescialla Alla nei campi minati, ma all’ultimo momento cambiarono idea: un prigioniero così importante poteva essere scambiato con un ufficiale ucraino, o anche due. Né Afonchenko né i Belusov furono oggetto di indagini. Furono detenuti illegalmente per un mese e a metà settembre scambiati con militari catturati dalla Repubblica Popolare di Donetsk. Dopo il rilascio, Afonchenko scoprì che il suo bancomat fu ripristinata. Dopo aver visitata la banca online, scoprì che uno dei carcerieri aveva acquistato benzina e caffè nelle stazioni di servizio.
“Martello della verità”
Un’altra prigione segreta è attiva a Pokrovsk. Lo rivela l’ex-prigioniero Sergej Babich a Sputnik. Lavorava nella miniera e ogni giorno della settimana ci passava sull’autobus di servizio della compagnia di trasporto e non sapeva che vi avrebbe trascorso sei giorni orribili. “L’edificio è grande, più degli altri. Ci sono molti scantinati, nessuno sente niente”, disse spiegando perché i funzionari della sicurezza scelsero questo posto. Sergej Babich fu arrestato con la sua compagna il 25 marzo 2015 a un posto di blocco vicino Krasnoarmejsk, presumibilmente perché era di un gruppo sovversivo che avrebbe dovuto uccidere un certo militare ucraino. “Non fu una detenzione ma un rapimento. Fui già torturato nel seminterrato della compagnia dei trasporti 11-411. Fui picchiato con un martello di legno. Lo chiamavano “martello della verità”.” Presume che fu torturato dagli agenti del SBU (non si presentarono né s’identificarono). “Erano forti, ben addestrati, mascherati. Fecero tutto tecnicamente e professionalmente”, come descriveva i suoi torturatori Babich. Fu solo la sera del 31 marzo, quando fu portato nel dipartimento investigativo del servizio di sicurezza ucraino a Marjupol, che la sua detenzione fu ufficialmente registrata. I medici del Centro di detenzione preventiva di Marjupol registrarono numerosi lividi sul corpo di Babich nel rapporto del 3 aprile di medicina legale. “Volevano avvertire: se morissi nel centro di detenzione prima del processo, in un giorno o due o tre, sarebbe stata colpa del SBU e non del centro di detenzione”, spiegava. La causa fu portata in tribunale nel 2017. Fu accusato della creazione di un gruppo terroristico e dell’uso illegale di armi. Nel dicembre 2017, Babich fu trasferito a Donetsk con uno scambio di prigionieri. Tuttavia, contrariamente a gli accordi, il procedimento non è fu chiuso e le accuse non furono ritirate.
Un’altra prigione segreta è attiva a Pokrovsk. Lo rivela l’ex-prigioniero Sergej Babich a Sputnik. Lavorava nella miniera e ogni giorno della settimana ci passava sull’autobus di servizio della compagnia di trasporto e non sapeva che vi avrebbe trascorso sei giorni orribili. “L’edificio è grande, più degli altri. Ci sono molti scantinati, nessuno sente niente”, disse spiegando perché i funzionari della sicurezza scelsero questo posto. Sergej Babich fu arrestato con la sua compagna il 25 marzo 2015 a un posto di blocco vicino Krasnoarmejsk, presumibilmente perché era di un gruppo sovversivo che avrebbe dovuto uccidere un certo militare ucraino. “Non fu una detenzione ma un rapimento. Fui già torturato nel seminterrato della compagnia dei trasporti 11-411. Fui picchiato con un martello di legno. Lo chiamavano “martello della verità”.” Presume che fu torturato dagli agenti del SBU (non si presentarono né s’identificarono). “Erano forti, ben addestrati, mascherati. Fecero tutto tecnicamente e professionalmente”, come descriveva i suoi torturatori Babich. Fu solo la sera del 31 marzo, quando fu portato nel dipartimento investigativo del servizio di sicurezza ucraino a Marjupol, che la sua detenzione fu ufficialmente registrata. I medici del Centro di detenzione preventiva di Marjupol registrarono numerosi lividi sul corpo di Babich nel rapporto del 3 aprile di medicina legale. “Volevano avvertire: se morissi nel centro di detenzione prima del processo, in un giorno o due o tre, sarebbe stata colpa del SBU e non del centro di detenzione”, spiegava. La causa fu portata in tribunale nel 2017. Fu accusato della creazione di un gruppo terroristico e dell’uso illegale di armi. Nel dicembre 2017, Babich fu trasferito a Donetsk con uno scambio di prigionieri. Tuttavia, contrariamente a gli accordi, il procedimento non è fu chiuso e le accuse non furono ritirate.
Numerose prigioni
“Sappiamo dell’esistenza di più di una prigione come questa. Dal 2014 riceviamo “brevi telefonate” secondo cui esiste una prigione segreta in un posto, o in un altro… Conosciamo questo problema da molto tempo”, affermava Darja Morozova, secondo cui tali arresti sono diretti dal SBU, che li usa per fare pressione sui sospetti. Possiamo solo indovinare quante persone vi rimarranno intrappolate. “Nel 2014-2015, potevo ancora credere che ci fosse l’arbitrarietà di battaglioni volontari. In questo momento, posso credere che il SBU controlli totalmente tutti questi luoghi di detenzione illegali… Sanno perfettamente bene dove si trovano”, affermava Morozova, secondo cui cercano 249 persone di cui avevano avuto la conferma esatta della loro detenzione in territorio ucraino. L’Ucraina conferma ufficialmente solo 101 persone.
“Sappiamo dell’esistenza di più di una prigione come questa. Dal 2014 riceviamo “brevi telefonate” secondo cui esiste una prigione segreta in un posto, o in un altro… Conosciamo questo problema da molto tempo”, affermava Darja Morozova, secondo cui tali arresti sono diretti dal SBU, che li usa per fare pressione sui sospetti. Possiamo solo indovinare quante persone vi rimarranno intrappolate. “Nel 2014-2015, potevo ancora credere che ci fosse l’arbitrarietà di battaglioni volontari. In questo momento, posso credere che il SBU controlli totalmente tutti questi luoghi di detenzione illegali… Sanno perfettamente bene dove si trovano”, affermava Morozova, secondo cui cercano 249 persone di cui avevano avuto la conferma esatta della loro detenzione in territorio ucraino. L’Ucraina conferma ufficialmente solo 101 persone.
Missione delle Nazioni Unite
I rapporti della missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina menzionano anche la privazione illegale della libertà, in particolare dal SBU di Kharkov. “Abbiamo trovato i nomi di 184 persone che, a nostro avviso, furono detenute illegalmente nella sede del SBU di Kharkov nel 2014-2016. Questa lista continua a crescere”, aveva detto la capo missione Fiona Frazer. Secondo lei, “la pratica della detenzione arbitraria o non comunicata era comune nell’area controllata dal governo nel 2014, 2015 e 2016, mentre nel 2017 e 2018 abbiamo registrato pochi casi”. Gli arresti del SBU a Kharkov attirava l’attenzione di organizzazioni internazionale, in particolare Amnesty International.
I rapporti della missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina menzionano anche la privazione illegale della libertà, in particolare dal SBU di Kharkov. “Abbiamo trovato i nomi di 184 persone che, a nostro avviso, furono detenute illegalmente nella sede del SBU di Kharkov nel 2014-2016. Questa lista continua a crescere”, aveva detto la capo missione Fiona Frazer. Secondo lei, “la pratica della detenzione arbitraria o non comunicata era comune nell’area controllata dal governo nel 2014, 2015 e 2016, mentre nel 2017 e 2018 abbiamo registrato pochi casi”. Gli arresti del SBU a Kharkov attirava l’attenzione di organizzazioni internazionale, in particolare Amnesty International.
‘Tu non esisti’
“Questo è il nostro studio del 2016. Abbiamo pubblicato un sondaggio intitolato “Tu non esisti”, in cui segnaliamo luoghi speciali di detenzione per trattenere persone isolate dal mondo “, affermava a Sputnik Marija Gureva, portavoce dell’organizzazione in Ucraina. Uno, disse, era a Kharkov, e altri erano registrati a Marjupol e altre città, ma il principale era il dipartimento SBU di Kharkov, dove la gente affermava di esserci rimasta per oltre un anno. Sono attualmente in corso due cause legali e l’organizzazione studierà i nuovi dati scoperti da Sputnik.
“Questo è il nostro studio del 2016. Abbiamo pubblicato un sondaggio intitolato “Tu non esisti”, in cui segnaliamo luoghi speciali di detenzione per trattenere persone isolate dal mondo “, affermava a Sputnik Marija Gureva, portavoce dell’organizzazione in Ucraina. Uno, disse, era a Kharkov, e altri erano registrati a Marjupol e altre città, ma il principale era il dipartimento SBU di Kharkov, dove la gente affermava di esserci rimasta per oltre un anno. Sono attualmente in corso due cause legali e l’organizzazione studierà i nuovi dati scoperti da Sputnik.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
deca paradigma