L’€UROPA LEGALIZZA LA PEDOFILIA CON UN
TRUCCO: E L’ITALIA ESEGUE GLI ORDINI
di Gianni Lannes
Per l’Europa dei banchieri, dei politicanti
prezzolati e dei burocrati, la nuova regola - verniciata con un sedicente
ideale - da imporre a tutti i popoli del vecchio continente è inquietante: è
lecito il sesso tra adulti e bambini. Non ci credete? Allora provate a leggere
nell’idioma che preferite la Raccomandazione CM/Rec (2010) 5 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. All’articolo 18 c’è scritto testualmente:
«Gli Stati membri dovrebbero assicurare
l’abrogazione di qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi della quale
sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello
stesso sesso, ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra
l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra
eterosessuali; dovrebbero inoltre adottare misure appropriate al fine di
abrogare, emendare o applicare in modo compatibile con il principio di non
discriminazione qualsiasi disposizione di diritto penale che possa, nella sua
formulazione, dare luogo a un’applicazione discriminatoria».
Detto e fatto. L’Italia ha aderito prima di tutti. Infatti, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), istituito all’interno del Dipartimento per le Pari Opportunità, ha pubblicato le linee guida di una Strategia Nazionale LGBT per l’applicazione dei princìpi contenuti nella suddetta Raccomandazione.
Protagonista indiscussa
dell’operazione, il ministro del Lavoro con deleghe per le Pari opportunità
Elsa Fornero che ha disposto due Direttive (2012 e 2013).
Ora, secondo
il nostro ordinamento (articolo 606 quater codice penale), l’età del consenso
(fissato in Italia a 14 anni) è la determinazione dell’età minima per disporre
validamente della propria libertà sessuale e vi sono alcune condotte per le
quali è dirimente il suo raggiungimento al fine di configurare o meno una
condotta penalmente rilevante: minore di 13 anni: il consenso non viene
considerato valido, indipendentemente dall’età dell’autore dei fatti; tra i 13
e i 14 anni: il consenso non è ancora considerato pienamente valido, ma esiste
una causa di non punibilità nel caso in cui gli atti sessuali vengono compiuti
consenzientemente con un minore di 18 anni, purché la differenza di età tra i
due soggetti non sia superiore a tre anni; tra i 14 e i 16 anni: viene
considerato validamente espresso il consenso, salvo che l’autore dei fatti sia
l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore
ovvero conviva con il minore, o che il minore gli sia stato affidato per
ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza o custodia; tra i 16 e i 18
anni: viene considerato validamente espresso il consenso, salvo che il fatto
venga compiuto con abuso di potere relativo alla propria posizione da una delle
figure citate nel punto precedente.
La ratio della
legge e di tutta la relativa giurisprudenza è pertanto quella secondo cui al di
sotto di una certa soglia d’età minima (14 anni) «la violenza (da parte del
maggiorenne) è presunta in quanto la persona offesa è considerata immatura ed
incapace di disporre consapevolmente del proprio corpo a fini sessuali».
Ora questa Raccomandazione europea, prontamente
recepita dal, governo tricolore, auspica l’azzeramento di ogni distinzione
d’età - in Italia come negli altri Paesi
- col grave rischio di considerare domani lecite condotte oggi costituenti
reato in un progressivo scivolamento culturale e giuridico verso il basso.
Se il criterio per considerare lecito e normale - e
pertanto generatore di diritti - qualsiasi tipo di unione sessuale ed affettiva
è la libertà ed il libero consenso delle parti, dopo aver sdoganato penalmente
e quindi culturalmente i rapporti tra maggiorenni e minori anche di anni 14, si
passerà a sdoganare l’incesto (che già oggi è reato solo in caso di pubblico
scandalo) e la poligamia, in modo tale da richiedere per entrambi il riconoscimento
giuridico con relativi diritti.
Se, infatti, l’ unico imperativo morale è la libertà
che non può essere conculcata da nessun principio o legge naturale, non si vede
perché un domani, in base a tali presupposti, due o tre donne consenzienti non
potranno sposarsi con un uomo o viceversa (e quindi pretendere gli stessi
diritti delle obsolete e banali famiglie monogamiche ed eterosessuali
tradizionali) o un nonno sposarsi con la nipote consenziente o un padre con la
figlia.
Ciò che può apparire una provocazione, ma che sul piano
logico-giuridico non lo è affatto, si spera sia sufficiente ad evidenziare la
folle antropologia che sta alla base di tali documenti.
Per adeguarsi a questi deliranti programmi, il
documento dell’UNAR impone l’obbligo di considerare l’omosessualità equivalente
all’eterosessualità in tutto e per tutto, senza ammettere alcun dubbio.
Anzi,
tutto ciò che non rimanda a una piena approvazione di ogni diritto richiesto
dalla comunità di lesbiche, gay, bisessuali e trans (LGBT) è automaticamente
considerato omofobia, rientra cioè in quei “pensieri dell’odio” che la legge
punisce severamente.
In pratica è obbligatorio - per legge - pensare che le
relazioni omosessuali siano una pratica assolutamente naturale e, perciò, sia
anche sacrosanto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, perché come
radice dell’omofobia viene indicato l’eterosessismo, vale a dire il pensare che
solo il rapporto eterosessuale sia naturale.
Paradossalmente siamo all’inversione per legge di
ogni diritto naturale. Siamo arrivati al punto che gli eterosessuali, coloro
che giudicano innata e regolare la sessualità praticata tra individui di genere
diverso, sono diventati soggetti malati o da rieducare.
“Gli omofobi sono cittadini meno uguali degli altri”. Lo ha detto Piero Grasso, presidente del Senato, partecipando ad una iniziativa in Senato in occasione della giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia.
“Una corretta educazione su questi temi - ha sostenuto l’ex magistrato - la dobbiamo fare soprattutto per chi soffre di questa “malattia”, per chi vive male, sopraffatto da un’irrazionale paura, dal terrore di uscire di casa, dall’ansia di avere tra i suoi compagni di scuola, di lavoro, tra i suoi amici, i suoi familiari, una persona omosessuale. Diciamocelo, sono cittadini meno uguali degli altri, sono chiusi nel loro guscio, si frequentano solo tra loro, non allargano i loro orizzonti né il loro cerchio di amicizie. Temono i viaggi all’estero, le feste, gli studentati all’università, gli spogliatoi delle palestre. E’ un problema sociale che dobbiamo affrontare davvero, da subito, a partire dai più giovani. Dobbiamo farlo insieme, le istituzioni con le associazioni”.
“Gli omofobi sono cittadini meno uguali degli altri”. Lo ha detto Piero Grasso, presidente del Senato, partecipando ad una iniziativa in Senato in occasione della giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia.
“Una corretta educazione su questi temi - ha sostenuto l’ex magistrato - la dobbiamo fare soprattutto per chi soffre di questa “malattia”, per chi vive male, sopraffatto da un’irrazionale paura, dal terrore di uscire di casa, dall’ansia di avere tra i suoi compagni di scuola, di lavoro, tra i suoi amici, i suoi familiari, una persona omosessuale. Diciamocelo, sono cittadini meno uguali degli altri, sono chiusi nel loro guscio, si frequentano solo tra loro, non allargano i loro orizzonti né il loro cerchio di amicizie. Temono i viaggi all’estero, le feste, gli studentati all’università, gli spogliatoi delle palestre. E’ un problema sociale che dobbiamo affrontare davvero, da subito, a partire dai più giovani. Dobbiamo farlo insieme, le istituzioni con le associazioni”.
Affermazioni farneticanti?
Sono
forse l’inquietante segnale di quanto sia degenerata la situazione e di quanto sia
diffusa ormai l’irragionevolezza su tale questione a tutti i livelli,
istituzionali, politici e massmediatici.
Non a caso si fa riferimento a
“incitamenti all’odio e alla discriminazione che permangono nelle dichiarazioni
provenienti dalle autorità pubbliche e da alcuni rappresentanti delle
istituzioni politiche ed ecclesiastiche veicolate costantemente dai media italiani”
che violerebbero spesso e volentieri questo punto, solo in quanto costoro
rimangono fermi nella preferenza verso una sessualità non deviata e non
uniformante a quella gay.
E si
preannunciano restrizioni alla libertà di esprimere opinioni non conformi,
ovvero persino alla libertà di “avere opinioni” proprie.
La scuola sarà il principale teatro di operazioni
per la creazione del nuovo cittadino con una nuova coscienza
antidiscriminatoria mediante il cambiamento dei programmi scolastici e
l’indottrinamento forzato per promuovere lo stile di vita LGBT.
I cardini di
questa iniziativa sono, ad esempio, l’ampliamento delle conoscenze e delle
competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT;
il favorire l’empowerment delle persone
LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni; il contribuire
alla conoscenza delle nuove realtà familiari, per superare il pregiudizio
legato all’orientamento affettivo dei genitori e per evitare discriminazioni
nei confronti dei figli di genitori omosessuali; la realizzazione di percorsi
innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni
sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT e sui
temi del bullismo omofobico e transfobico; l’integrazione delle materie
antidiscriminatorie nei curricula scolastici; il riconoscimento presso il
Ministero dell’Istruzione delle associazioni LGBT; corsi di approfondimento che
daranno crediti formativi.
Inutile dire che è previsto che siano direttamente
le associazioni LGBT a gestire i corsi di istruzione sul tema. Le scuole
divengono in tal modo campi di rieducazione in chiave omosessuale e di
sdoganamento della pedofilia, le palestre dell’umanità del terzo millennio
decadente e promiscua.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro il discorso è analogo, con l’aggiunta di corsie preferenziali per l’assunzione e la formazione di personale LGBT (dopo le quote rosa anche quelle arcobaleno) e di formazione per tutti i lavoratori sul tema per cancellare ogni residua resistenza. Corsi di formazione e iniziative varie che saranno finanziate con i fondi strutturali europei, vale a dire con i soldi, in massima parte, della Commissione €uropea, ossia le nostre tasse.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro il discorso è analogo, con l’aggiunta di corsie preferenziali per l’assunzione e la formazione di personale LGBT (dopo le quote rosa anche quelle arcobaleno) e di formazione per tutti i lavoratori sul tema per cancellare ogni residua resistenza. Corsi di formazione e iniziative varie che saranno finanziate con i fondi strutturali europei, vale a dire con i soldi, in massima parte, della Commissione €uropea, ossia le nostre tasse.
Questo indottrinamento è previsto
poi per categorie specifiche che svolgono nel sociale particolari attività, dai
giornalisti, ai tutori dell’ordine pubblico, al personale carcerario.
Inoltre, è prevista un’inquietante “cabina di
regia”: il “Sistema integrato di governance”, composto da UNAR, organizzazioni
di gay e lesbiche, diversi ministeri, Ordine dei Giornalisti, sindacati.
In tal
modo il 20 novembre 2012 è stato costituito il Gruppo Nazionale di Lavoro LGBT.
La Raccomandazione del Consiglio d’€uropa che è alla
base della Strategia Nazionale è infatti un protocollo cui si aderisce su base
volontaria; non c’è alcun obbligo politico di recepirlo. E quindi è possibile
per un nuovo governo ritirarsi dal progetto in qualsiasi momento.
Il ministro delle Pari Opportunità, tuttavia, Josefa Idem, nel suo breve mandato, aveva già sposato la
visione più radicale degli omosessuali, dichiarando di voler procedere nella
direzione del matrimonio gay e di volerlo fare anche rapidamente.
Nessuna
meraviglia perciò se prossimamente tra i problemi reali che affliggono il
Paese, tra la disperazione dei cittadini e degli imprenditori che arrivano al
suicidio, tra i drammi delle famiglie e dei lavoratori travolti dalla crisi,
tra le difficoltà dell’economia e le incertezze sul futuro degli italiani, la
sinistra cercherà di inserire con manovre ricattatorie e ipocrite le
problematiche (dell’immigrazione e quelle) dei gay.
Saremo aggrediti dalla
propaganda anti-omofoba, contro gli argini tradizionali della eterosessualità
additata come colpa e malattia e martellati dalle richieste per i presunti diritti
degli omosessuali a sposarsi, a ottenere riconoscimenti genitoriali per
adozioni o “uteri in affitto” e a porsi in concorrenza sul terreno delle tutele
e delle agevolazioni con le famiglie tradizionali, senza “discriminazioni”
sessiste collegate ai concetti di normalità e naturalità.
L’obiettivo ultimo è intuibile: permettere che gay e
lesbiche possano sposarsi tra loro, costituire delle famiglie, adottare dei
bambini e un domani (molto prossimo) poter avere dei figli propri accedendo
all’inseminazione artificiale in “combinato disposto” con l’utero in affitto.
Ma cosa vuol dire discriminare? Vuol dire
distinguere, differenziare, scegliere. Allora la discriminazione non è un male
in sé, ma lo diventa quando essa è priva di valide ragioni e di senso.
Se ad
esempio impediamo ad un non vedente di pilotare un aereo noi lo stiamo
discriminando ma, facendolo per una più che sacrosanta ragione, quella
discriminazione sarà giusta. Altrettanto non si potrebbe dire se impedissimo
allo stesso soggetto di salire a bordo del velivolo come passeggero.
In questo
caso la discriminazione sarebbe irragionevole e quindi ingiustificata. Come
comportarci, quindi, con il non vedente?
Concedendogli tutto, forzando e piegando la verità
delle cose per permettergli, a discapito degli altri, anche ciò che non può
fare per una presa di posizione ideologica (ovvero costruita, artificiale,
creata dall’uomo) o assecondando e sottomettendoci tutti alla realtà dei fatti
e della natura?
Perché allora non permettere che una coppia omosessuale possa
sposarsi, adottare o avere dei propri figli? Perché discriminarli? Perché la
“scelta”, la “distinzione”, la “discriminazione” è stata operata dalla natura?
Essa ha scelto che un bambino possa nascere unicamente dall’unione di un uomo e
una donna e che quell’ambiente familiare sia l’unico adeguato ad uno sviluppo
ed una crescita psichica sana, positiva.
Cosa fare allora? Coartare, forzare, sottomettere la
natura per dare a tali soggetti anche ciò che non gli appartiene, per
permettergli ciò che non possono, o adeguarsi alla verità del concreto e del
reale?
La storia ha più volte tragicamente insegnato che
quando l’essere umano ha tentato di azzerare la realtà e la natura stessa
dell’uomo per piegarla e sottometterla a una sua idea e visione del mondo
“perfetto” ha dato vita ai peggiori abomini e crimini dell’umanità.
Al contrario dell'omofilia, la pedofilia viene
invece vista, giustamente, come un crimine spaventoso. A causa di questa
contrapposizione tra un'omofilia (teorica e pratica) "buona" e una
pedofilia "cattiva", diventa difficile riflettere su un dato
lampante: gran parte degli atti di pedofilia sono atti di pedofilia
omosessuale.
Sono cioè molto più frequenti le violenze subite da bambini maschi
di quelle subite da bambine (in un rapporto, secondo le ricerche di Philip
Jenkins sulla pedofilia di preti e pastori protestanti negli Usa, di circa 8 a
2).
Mentre spesso si sottolinea il legame tra celibato ecclesiastico e
pedofilia (che non è particolarmente significativo, dato che moltissimi
pedofili sono sposati), si parla pochissimo di quello tra omosessualità - o
bisessualità - e pedofilia, perché il conformismo dell'ideologia dominante e il
"terrorismo intellettuale" di un movimento omosessuale sempre più
aggressivo impediscono una seria riflessione al riguardo.
Eppure, basterebbe rileggere alcune delle
affermazioni, passate e presenti, di numerosi esponenti del movimento
omosessuale, per renderci conto che questo rapporto c'è, ed è significativo.
Uno dei fondatori e teorici del movimento omosessuale italiano, Mario Mieli,
così scriveva nel suo libro, del 1977, "Elementi di critica omosessuale"
(pubblicato da Feltrinelli):
«Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel
bambino non tanto l'Edipo, o il futuro Edipo, bensì l'essere umano
potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli
eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a
braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l'amore
con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge
messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia,
traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica».
In tanta lucida follia, è stato quindi lo stesso
Mieli a descrivere, oscenamente ma sinceramente, il rapporto che lega "le
checche", "i pederasti", alla pedofilia.
A questo signore, che
tra l'altro si definiva anche "coprofago" (amava nutrirsi di
escrementi) è intitolato un noto circolo di "cultura omosessuale" a
Roma. Ciò ci spiega come ancora oggi il movimento omosessuale lo ritenga un
pioniere e un punto di riferimento teorico.
Forse meno influente di Mieli, ma senz'altro più popolare alla platea televisiva, è Aldo Busi, lo scrittore omosessuale dichiarato e militante. Qualche anno fa, sulla rivista omosessuale Babilonia, il gay Busi pubblicò un articolo intitolato "Scusi mi dà una caramella?" in cui, tra le altre cose, chiosava le seguenti affermazioni:
«Che sarà mai se un ragazzino di 5 o 10 o 12 anni fa
una sega a uno più in là negli anni o se la fa fare?... Un bambino senza
curiosità sessuali è un bambino già subnormale... All'offerta sessuale del
bambino bisogna che l'adulto responsabile dia una risposta sensuale e non una
risposta astratta a base di rimproveri, ammonizioni e di sfiducia... Se per
fare questo gli prende in mano il pisello o le si accarezza la passerina - gesti
che io non ho mai fatto comunque con nessuno: sarà per questo che tutti i
bambini e le bambine della mia vita mi hanno girato le spalle per sempre - che
sarà mai?».
Parole rivoltanti, che affermano forse l'estraneità
dell'omosessuale militante Busi dalla pratica pedofilica, ma anche la sua
disgustosa giustificazione del fenomeno. Non solo di giustificazione teorica
della pedofilia, ma anche della sua orribile pratica dà testimonianza
è il libro Gran bazar, un volume pubblicato nel 1975 da Daniel Cohn Bendit, protagonista del
Maggio francese, bisessuale, strenuo difensore dei "diritti gay", già
capogruppo dei Verdi al parlamento europeo.
Argomenta così Cohn Bendit, narrando delle sua
esperienze di maestro in un asilo autogestito:
«... Il mio costante flirt con tutti i bambini
assunse presto connotazioni erotiche. Potevo veramente sentire come all'età di
5 anni le piccole avevano già imparato a corteggiarmi. La maggior parte delle
volte mi sentivo senza difese. Mi accadde diverse volte che i bambini mi aprissero
la patta dei pantaloni e cominciassero ad accarezzarmi... Ma quando
continuavano e insistevano io cominciavo ad accarezzarli».
Era la Francia degli anni Settanta, in cui Sartre,
la de Beauvoir, Foucault (il filosofo omosessuale che teorizzava la "pedofilia
dolce"), Jack Lang e altri firmavano petizioni a favore della
liberalizzazione dei rapporti sessuali con i minori.
Certo, non tutti i teorizzatori della
"normalità" della pedofilia sono omosessuali. In Italia Daniele
Capezzone, già portavoce del Pdl, così commentava nel 1998 la decisione dei
radicali di promuovere il convegno "Pedofilia e Internet":
«Al pari
di qualunque orientamento e preferenza sessuale, la pedofilia non può essere
considerata un reato».
Nichi Vendola in una memorabile intervista a La
Repubblica (“Il gay della Fgci”, pubblicata il 19 marzo 1985, - giorno della festa
del papà - a pagina 4) così si era espresso:
«Non è facile affrontare un tema come quello della
pedofilia, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere
rapporti tra loro o con gli adulti - tema ancora più scabroso - e trattarne con
chi la sessualità l'ha vista sempre in funzione della famiglia e della
procreazione».
La rileggiamo. Dice esattamente così: «diritto dei
bambini ad avere una sessualità tra loro o con gli adulti».
Possibile? In realtà il ragionamento non è nuovo, si
trova in tutti i siti di pedofilia. Primo: nei bambini la sessualità si
sviluppa molto prima di quanto non si creda. I più coraggiosi fissano anche
l'età: 10-11 anni. Dunque, se la sessualità infantile si sviluppa così presto,
è lecito considerare i bambini, anche a livello sessuale, al pari degli adulti.
E parlarne. Semplice e chiaro. La dichiarazione, riportata da un quotidiano
nazionale non da un bollettino qualunque, non suscita scalpore.
Solo Vittorio
Feltri sul quotidiano Libero ha colto nel segno quando ha scritto: «C'è una lobby che difende i pedofili.
Non immaginiamoci una massoneria segreta. La ragione sociale di questa
combriccola è far sì che l'attrazione verso i bambini sia considerata, almeno
giuridicamente, un orientamento sessuale lecito come un altro. In Parlamento o
altrove, dovunque si è missionari di questa idea.
A questo livello, oggi, si
gioca la battaglia. Il modo è semplice: visto che l'omosessualità è socialmente
- e giuridicamente - riconosciuta, basta assimilare ad essa la pedofilia e il
gioco è fatto. Non c'entrano destra o sinistra. Si tratta di solidarietà tra
chi la pensa allo stesso modo. Chi denuncia queste trasversalità, viene
zittito».
Vendola
ai giorni nostri ha negato pubblicamente di
aver pronunciato quella frase, però La Repubblica non ha mai ricevuto né
pubblicato una lettera di smentita o comunque di rettifica da parte di
Vendola. Comunque pochi mesi dopo, ovvero il
6 maggio 1985 (pagina 4), la rivista Nuova Solidarietà riporta la stessa frase
e sempre attribuita a Nichi Vendola. Citiamo di nuovo e la fonte, questa volta,
non è La Repubblica: «diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad
avere rapporti sessuali con gli adulti».
L’avrebbe pronunciata davanti all'assemblea dei
militanti della Fgci quando, nel marzo del 1985, venne eletto membro della
segreteria nazionale. Dunque due testi, diversi e indipendenti tra loro,
riportano lo stesso episodio. Evidentemente non fu solo il giornalista di
Repubblica a capire male.
Poco tempo fa lo stesso Vendola - fidanzato con un
compagno canadese - ha dichiarato in un'intervista a Luca Telese: "Voglio
un figlio". Ma voi l'affidereste un bambino a Nichi Vendola?
Non è tutto. Ecco il fil rouge. Dopo: il 24 ottobre del 1996 viene presentata in
Parlamento una proposta di legge (numero 2551). Chi è il primo firmatario?
Nichi Vendola. Il testo è agli atti. Si chiede di modificare la legge del 25
giugno 1993 «in materia di discriminazione». In pratica si propone di estendere
le norme anti-discriminatorie già presenti per quanto riguarda la razza,
l'etnia, la nazionalità e la religione, all’«orientamento sessuale».
L'intento
è nobile. Vuol dire non discriminare chi ha propensioni sessuali diverse dalla
media. E chi non è d'accordo? Peccato che tra le righe passi un concetto
pericoloso. Non a caso, quando in commissione venne discusso il testo, si
scatenò una feroce polemica proprio su questa definizione: «orientamento
sessuale». Un parlamentare di An accusò: in questo, modo si finisce per legalizzare
la pedofilia.
E ancora: c'è la politicante Rosi Bindi appena nominata presidente della commissione parlamentare antimafia, e le sue relazioni con la comunità del Forteto in Toscana, dove minori hanno subito violenze e abusi sessuali.
E ancora: c'è la politicante Rosi Bindi appena nominata presidente della commissione parlamentare antimafia, e le sue relazioni con la comunità del Forteto in Toscana, dove minori hanno subito violenze e abusi sessuali.
Per
la cronaca, secondo i dati ufficiali (sottostimati) del ministero
dell'Interno in Italia scompaiono circa 2 mila
bambini ogni anno, tanti dei quali oggetto di merce sessuale per adulti
depravati che spesso, risiedono indisturbati e impuniti ai piani alti
del potere e delle gerarchie militari nonché giudiziarie.
Ci sono persone religiose che fanno azioni legali per contrastare la pedofilia sponsorizzata come comportamento normale e contro l'identità di genere. La massoneria vuole modificare il comportamento dei costumi sessuali per raggiungere la completa dominazione sull'uomo.”Esistono 2 modi per esercitare un potere sull’uomo: il primo è quello di esercitare un dolore, il secondo, quello, di esercitare un piacere.” Si puo' esercitare il potere, infliggendo dolore, ma anche promettendo piacere. Gli " Illuminati" si sono resi conto che potevamo controllare il mondo meglio con il secondo che con il primo” << noi abbiamo trovato nel piacere, e in particolar modo nel piacere sessuale, la molla che avrebbe potuto spingere i meccanismi dell’orologio, siamo stati intelligenti, abbiamo copiato la natura, la quale designa al piacere e non al dolore il compito di portare a termine le sue istanze più importanti, la riproduzione ad esempio>>
RispondiEliminaRiporto in dialogo " 1984, Orwell rivisitato ai tempi del femminismo"
Winston: quindi questa è la società del piacere, contrapposta a quella del dolore, ”wow”, gli hippies hanno vinto…
O Brien: questa è la società del piacere, allo stesso modo in cui il ministero della pace si occupa della guerra, e il ministero dell’amore, della tortura, ovvero la parola in uso non va intesa nel suo significato proprio, ma nella sua negazione”
Winston: Cosa intendi dire?
O Brien: che la definizione di civiltà del piacere è illusoria, in verità non si è mai FATTO COSI’ POCO SESSO, proprio perché il piacere sessuale svolge un ruolo chiave nel mantenimento dell’ordine sociale, noi per prima cosa abbiamo dovuto RAZIONARLO E MONOPOLIZZARLO,POI CATALOGARLO IN MODO CHE TUTTE LE SUE FORME, ANCHE LE PIU’ STRAVAGANTI, NON SFUGGISSERO AL NOSTRO CONTROLLO…
Winston: quindi è per quello che Kinsey e i sociologi che lavoravano con lui si sono presi la briga di catalogare ogni forma di ”perversione” e desiderio sessuale?
O Brien: bravo Winston, vedo che incominci a ragionare, quella non era solo curiosità voyeuristica, né tantomeno ”ricerca scientifica’, solo bisognava fare in modo che nulla sfuggisse a questa nuova forma di controllo.
Il piacere andava tolto di mezzo, l’uomo medio non poteva né doveva più avere una fonte stabile e sicura di piacere sessuale, come quella garantita da un’unione matrimoniale vecchio stampo, bisognava fare in modo che tutti gli uomini fossero costantemente ricattabili, in qualsiasi fase della loro vita e che il piacere se lo dovessero guadagnare giorno per giorno… diversamente se ne sarebbero fottuti del lavoro e di tutto il resto, e sarebbero vissuti facendo il minimo indispensabile per sopravvivere, cosa che non era compatibile col funzionamento del sistema capitalistico attuale, basato su una crescita continua dei consumi e della produzione.
Noi abbiamo preso il piacere e lo abbiamo dato ”razionato’ col contagocce a chi si comportava bene, tutti gli altri che sbavassero…
Winston: ma la liberalizzazione dei costumi sessuali, il femminismo, non hanno portato gli uomini a fare sesso e godere di più?
O’ Brien: No, assolutamente, questa era la promessa ma, in realtà è avvenuto il contrario, la sessualità è stata rubata dai letti per essere totemizzata nelle tv e nei cartelloni pubblicitari, le minigonne e le gigantografie di donne nude servono a mantenere gli uomini in uno stato di bisogno continuo che poi verrà soddisfatto solo se raggiungeranno certi ”skill” sociali.
G.Q.