1)
Il diritto Usa s'impone sul territorio europeo
È con
grande ipocrisia che i governi €uropei pretendono aver dato alla
Commissione €uropea un mandato per negoziare il Partenariato
trans-atlantico con Washington nel rispetto del diritto €uropeo.
In
realtà, come al momento dei precedenti Swift dei dati relativi a
passeggeri aerei e della lotta contre l’evasione fiscale, la Commissione
ha istruzione di sospendere le leggi €uropee nelle relazioni con gli
Stati Uniti.
Perciò la negoziazione vale a determinare i campi nei
quali gli €uropei non saranno più protetti dai loro Stati.
Il Belgio e gli Stati Uniti hanno appena stipulato
un accordo con l’intento di applicare in Belgio una legge americana
contro la frode fiscale, il Foreign Account Tax Compliance Act
(FATCA). La firma dell’accordo ha avuto luogo questo 23 aprile. Numerosi
paesi, quali il Regno Unito, la Francia, la Germania e il Giappone
hanno già firmato con gli USA un accordo che applica questa legge sul
loro territorio.
A partire dal primo gennaio 2015, le istituzioni finanziarie dovranno dichiarare alle autorità americane i movimenti dei conti posseduti da cittadini americani. Dal momento in cui il montante supera i 50.000 dollari o si sono verificati un certo numero di movimenti con il territorio americano, la banca deve fornire un resoconto preciso delle entrate e delle uscite di fondi.
A partire dal primo gennaio 2015, le istituzioni finanziarie dovranno dichiarare alle autorità americane i movimenti dei conti posseduti da cittadini americani. Dal momento in cui il montante supera i 50.000 dollari o si sono verificati un certo numero di movimenti con il territorio americano, la banca deve fornire un resoconto preciso delle entrate e delle uscite di fondi.
Se una banca non si sottopone a questa procedura, tutte le sue
attività con gli USA saranno sopratassate fino al 30%. La sanzione può
andare fino al ritiro della licenza bancaria negli Stati Uniti. Questi
accordi firmati dai paesi membri dell’UE con l’amministrazione americana
violano le leggi nazionali di protezione dei dati personali, nonché la
Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24
ottobre 1995, «relativa alla protezione delle persone fisiche riguardo
al trattamento dei dati a carattere personale e alla libera circolazione
di questi dati», direttiva integrata nel diritto di tutti gli Stati
membri.
L’applicazione del FATCA sul suolo dell’antico continente viola il
diritto nazionale dei paesi europei, così come il diritto dell’ UE.
Queste legislazioni non sono soppresse, ma sospese. Conviene non tenerne
conto nei rapporti con gli USA.
Precedenti accordi che legalizzano la raccolta dei dati dei cittadini
europei da parte delle autorità USA procedevano ugualmente.
Dopo
l’attentato dell’11 settembre 2001, Swift, società americana di diritto
belga aveva trasmesso clandestinamente, al Dipartimento del Tesoro
Americano, decine di milioni di dati confidenziali riguardanti le
operazioni finanziarie dei suoi clienti. Malgrado la flagrante
violazione dei diritti, europeo e belga, questa confisca non è mai stata
rimessa in discussione. Al contrario, l’Ue e gli USA hanno firmato
parecchi accordi destinati a legittimarlo [1].
Swift era soggetto al diritto belga e a quello della Comunità
europea, dal momento che la localizzazione della sua sede sociale è a La
Hulpe. Questa società era assoggettata ugualmente al diritto americano
dal momento che la localizzazione del suo secondo server (computer, ndt)
è sul territorio degli USA, permettendo così all’amministrazione
americana di impadronirsi direttamente dei dati. Quindi, la società ha
così scelto di violare il diritto europeo, per sottomettersi alle
ingiunzioni dell’esecutivo americano. Però, dalla fine del 2009, i dati Swift
inter-europei non sono più trasferiti negli Stati Uniti, ma su un
secondo server europeo.
Ma, se gli americani non hanno più accesso
diretto ai dati, questi vengono trasmessi loro, su loro richiesta, in «
pacchetti » e solo essi controllano il processo di elaborazione delle
informazioni. Inoltre, appena firmati gli accordi, gli americani hanno
messo delle nuove pretese. L’amministrazione americana aveva già
dichiarato nel 2009 « che le transazioni tra le banche europee e
americane avrebbero dovuto essere carpite, senza che ci fosse una
necessità dimostrata.»
Similmente, l’UE non si è mai opposta alla consegna dei dati PNR (Passenger Name Record
– codice prenotazione passeggero, ndt) delle compagnie aeree situate
sul suo suolo. Le informazioni comunicate comprendono nome, cognome,
indirizzo, numero di telefono, data di nascita, nazionalità, numero del
passaporto, sesso, ma anche gli indirizzi durante il soggiorno negli
USA, l’itinerario degli spostamenti, i contatti a terra, nonché i dati
medici.
Vi sono riassunte delle informazioni bancarie, quali i metodi di
pagamento, il numero della carta di credito ed anche il comportamento
alimentare che permette di rilevare le pratiche religiose. L’iniziativa
unilaterale americana, di impadronirsi di questi dati, è stata
automaticamente accettata dalla parte europea, che ha dovuto sospendere
le sue legislazioni per rispondere alle esigenze d’oltre-oceano [2].
Nei due casi, passeggeri aerei e affare Swift, la tecnica è identica.
Infatti, non si tratta di accordi giuridici tra due parti, tra due
potenze formalmente sovrane. Non esiste che una sola parte,
l’amministrazione USA la quale, nei fatti, si rivolge direttamente ai
cittadini europei. Nei due testi, il potere esecutivo americano
riafferma il suo diritto di disporre dei loro dati personali e esercita
direttamente anche la sua sovranità sui cittadini dell’UE.
La supremazia del diritto statunitense sul territorio europeo è anche
una delle scommesse nelle trattative per la creazione di un grande
mercato transatlantico, il Trattato transatlantico sul commercio e gli
investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP, ndt).
Grazie al TTIP, le imprese americane potranno, in nome della libera
concorrenza, querelare uno Stato che gli rifiuta dei permessi per lo
sfruttamento del gas di scisto o che impone delle norme alimentari e
degli standard sociali. Questo sistema di regolamentazione delle
controversie potrebbe permettere agli americani di far cadere dei pezzi
interi della normativa europea, creando dei precedenti giuridici di
fronte alla giustizia privata americana.
Il principio di introdurre un
tale meccanismo è stato in effetti accettato dagli Europei nel mandato
di negoziato, consegnato a giugno 2013 dai ministri del commercio
europei alla Commissione. L’istanza privilegiata per tali arbitraggi è
il Centro Internazionale per il regolamento delle controversie relative
agli investimenti (ICSID, International Centre for Settlement of Investment Disputes
in inglese), organo dipendente dalla Banca Mondiale fondata a
Washington, i cui giudici, avvocati d’affari o professori di diritto
sono nominati caso per caso: un arbitro designato dall’impresa
querelante, uno dallo Stato di Washington, e il terzo dalla segretaria
generale dell’ICSID [3].
Se questa procedura, parzialmente accettata, entrerà in gioco nel
quadro del futuro grande mercato transatlantico, il diritto europeo si
eclisserà ancora una volta, di fronte ad una giustizia privata situata
sul suolo americano, nella quale la parte statunitense giocherà un ruolo
determinante.
[1] Jean Claude Paye, « Le transazioni finanziarie sotto controllo americano », Rete Voltaire, 13 maggio 2008.
[2] Jean-Claude Paye, « L’espace aérien sous contrôle impérial » (Lo spazio aereo sotto controllo imperiale, ndt), Réseau Voltaire, 13 ottobre 2007.
[3] Convention pour le réglement des différents relatifs aux investissements entre Etats et ressortissants d’autres Etats, International Centre for Settlement of Investissement Disputes ( ICSID) (Convenzione per il regolamento delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati, Centro Internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti, ICSID, ndt) , capitolo sull’arbitraggio articolo 37.
Per comprendere cosa si intenda in linee generali per Transatlantic Trade and Investment Partnership, per comprendere dunque perché organizzazioni delle più varie e di più Stati abbiano posto in essere tale richiesta, si rimanda all'articolo introduttivo del percorso di approfondimento che prosegue in questa sede occupandosi del 'programma' di ricomposizione delle controversie internazionali previsto dal TTIP.
countercurrents.org
Secondo il linguaggio burocratico, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP - Transatlantic Trade and Investment Partnership n.d.t)
Oltre al settore delle biotecnologie, i gruppi di pressione per raggiungere l'accordo hanno incluso Toyota, General Motors, l'industria farmaceutica, IBM e la Camera di Commercio degli Stati Uniti, uno dei più potenti gruppi di lobby aziendali negli Stati Uniti. Business Europe, la principale organizzazione che rappresenta i datori di lavoro in Europa, presentò la propria strategia in un trattato economico e commerciale UE-USA nei primi mesi del 2012. I suoi suggerimenti furono ampiamente inclusi nella bozza di mandato dell'UE [2].
L'accordo potrebbe autorizzare le società a sfidare legalmente una vasta gamma di regolamenti che esse non gradiscono [3] e guidare l'attività decisionale "sottobanco", evitando in tal modo il controllo democratico e permettendo alle aziende di "tenere in ostaggio" i processi normativi [4].
Uno degli aspetti chiave dei negoziati è che sia l'Unione Europea che gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere le rispettive norme e regolamenti, che ridurrebbe la regolamentazione al minimo comune denominatore. Il linguaggio burocratico parla di "mutuo riconoscimento" delle norme o della cosiddetta riduzione delle barriere non tariffarie. Per l'UE, ciò potrebbe significare accettare gli standard statunitensi in molti settori, compresi cibo e agricoltura, che sono inferiori a quelli dell'UE
La lobby del cibo "Food and Drink Europe" ha richiesto l'agevolazione della presenza di un livello minimo di colture geneticamente modificate non autorizzate. Ciò viene anche appoggiato dai giganti commerciali dei mangimi e dei cereali, tra cui Cargill, Bunge, ADM, e la grande lobby agricola COPA-COGECA.
I negoziati per questo accordo sono avvolti nel mistero e sono chiusi ad un adeguato controllo pubblico, con i sindacalisti e i gruppi di interesse pubblico che sono stati effettivamente estromessi a favore di un agenda guidata dalle aziende [5]. Questo è comunque sintomatico dell'etica generale e delle pratiche dei burocrati e funzionari di Bruxelles [6].
Le trattative equivalgono press'a poco ad accordi sottobanco, nonostante ambiscano a dare l'impressione di essere in qualche modo democratici. Se si arrivasse alla sua approvazione, questo trattato costituirebbe effettivamente una parte vitale nel cementare la progressiva ristrutturazione delle economie a favore degli interessi delle élite [7,8].
C'è stata una tattica deliberata per escludere il pubblico da ogni tipo di informazione utile a riguardo o segnali sul più grande accordo commerciale al mondo mai negoziato. L'accordo commerciale sembra essere una opportunità unica di realizzare attraverso trattative chiuse e non trasparenti ciò che non è stato possibile raggiungere finora in modo trasparente e democratico.
Nessun settore ha esercitato più pressioni sulla Commissione Europea durante la fase di preparazione per i negoziati sull'accordo proposto rispetto al settore agro-alimentare, secondo i dati appena pubblicati dal CEO (Corporate Europe Observatory n.d.t) in una serie di informazioni grafiche basate su una ricerca [9]. Le Multinazionali del cibo, i commercianti agricoli e i produttori di sementi hanno avuto più contatti con il dipartimento del commercio della Commissione (DG Trade - Direzione Generale per il Commercio UE) che i lobbisti della farmaceutica, chimica, industria finanziaria e delle auto messi insieme.
Dei 560 incontri con le lobby che DG Trade ha tenuto per preparare i negoziati, 520 (il 92 per cento) sono stati con i lobbisti aziendali, mentre solo 26 (il quattro per cento) con i gruppi di interesse pubblico. Per ogni incontro con un sindacato o gruppo di consumatori, ve ne sono stati 20 con le aziende e le federazioni industriali. I dati riguardano i contributi alle consultazioni pubbliche della Commissione, gli incontri coi gruppi di interesse pubblico e le riunioni delle lobby a porte chiuse.
Pia Eberhardt, attivista per la parte commerciale con Corporate Europe Observatory, afferma:
"DG Trade ha attivamente coinvolto gli affaristi delle lobby nel redigere la posizione dell'UE per il TTIP tenendo a bada i "fastidiosi" sindacalisti e altri gruppi di interesse pubblico. Il risultato è un'agenda per i negoziati in cui viene prima di tutto il business che mette in pericolo molte conquiste per le quali le persone in Europa hanno a lungo lottato, dalle norme di sicurezza alimentare alla tutela dell'ambiente".
Mentre la Commissione europea ha affermato pubblicamente che l'accordo commerciale non minaccerà le norme europee in materia di sicurezza alimentare e ambientale, il TTIP potrebbe portare proprio a questo. Nina Holland, attivista nel settore agroalimentare con il CEO, afferma:
"Le Lobby del settore agroalimentare, come l'industria dei pesticidi, hanno fortemente dato una spinta ai loro programmi tramite i negoziati del TTIP con l'obiettivo di minare le vigenti normative alimentari dell'UE. Strumenti commerciali come il "mutuo riconoscimento" e la "cooperazione regolamentare" rischiano di portare ad un'erosione degli standard di sicurezza alimentare nel lungo periodo. L'industria sta anche cercando di utilizzare il TTIP per far deragliare importanti iniziative comunitarie come quella di affrontare il problema delle sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino".
Le infografiche gettano anche una luce su altri settori economici che stavano attivamente esercitando pressione nella fase preparatoria dei negoziati del TTIP, tra cui le telecomunicazioni e l'IT (Information Technology n.d.t), l'industria automobilistica, l'ingegneria e il settore chimico.
I dati suggeriscono che la definizione dell'agenda per il TTIP è stata in gran parte determinata da aziende con sede negli Stati Uniti, Germania e Regno Unito e da gruppi industriali di pressione organizzati a livello UE, come la federazione dei datori di lavoro europei "BusinessEurope" e il "European Service Forum", una lobby a corredo di grandi società di servizi come Deutsche Bank e TheCity UK. Aziende dalla Grecia e da gran parte dell'Europa orientale erano del tutto assenti dalle pressioni della lobby aziendale per il TTIP, lasciando intendere che le imprese dei paesi più poveri dell'UE hanno poco da guadagnare da questo accordo commerciale.
I dati rivelano inoltre che oltre il 30 per cento (94 su 269) dei gruppi di interesse del settore privato che hanno esercitato pressioni sulla DG Trade per il TTIP sono assenti dal Registro per la Trasparenza dell'UE, tra queste vi sono grandi aziende come Wal-Mart, Walt Disney, General Motors, France Telecom e Maersk. Alcune delle associazioni industruiali che stanno esercitando pressioni più duramente per il TTIP, come la Camera di Commercio degli Stati Uniti e Transatlantic Business Council stanno esercitando pressioni anche sotto il radar del registro delle lobby.
Colin Todhunter: originario del nord-ovest dell'Inghilterra, Colin Todhunter ha trascorso molti anni in India. Ha scritto a lungo per il Deccan Herald (gioranle con sede a Bangalore), il New Indian Express e il Morning Star (Gran Bretagna). I suoi articoli sono apparsi anche in vari altri giornali, riviste e libri. Il link al suo sito web East by Northwest è: http://colintodhunter.blogspot.com
Fonte: http://www.colintodhunter.com/
Link: http://www.colintodhunter.com/2014/07/the-great-corporate-swindle.html?q=TTIP
9.07.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MATTEO SANTINI
Note
[1] http://corporateeurope.org/trade/2013/06/who-scripting-eu-us-trade-deal
[2] http://corporateeurope.org/trade/2013/05/open-door-gmos-take-action-eu-us-free-trade-agreement
[3] http://corporateeurope.org/international-trade/2014/07/ttip-debunking-business-propaganda-over-investor-rights
[4] http://corporateeurope.org/trade/2013/12/regulation-none-our-business
[5] http://corporateeurope.org/international-trade/2014/05/civil-society-call-full-transparency-eu-us-trade-negotiations
[6] http://corporateeurope.org/sites/default/files/record_captive_commission.pdf
[7] http://www.globalresearch.ca/free-trade-agreements-the-bypassing-of-democracy-to-institute-economic-plunder/5354197
[8] http://www.globalresearch.ca/the-us-eu-transatlantic-free-trade-agreement-tafta-big-business-corporate-power-grab/5352885
[9] http://corporateeurope.org/international-trade/2014/07/who-lobbies-most-ttip
[2] Jean-Claude Paye, « L’espace aérien sous contrôle impérial » (Lo spazio aereo sotto controllo imperiale, ndt), Réseau Voltaire, 13 ottobre 2007.
[3] Convention pour le réglement des différents relatifs aux investissements entre Etats et ressortissants d’autres Etats, International Centre for Settlement of Investissement Disputes ( ICSID) (Convenzione per il regolamento delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati, Centro Internazionale per il regolamento delle controversie relative ad investimenti, ICSID, ndt) , capitolo sull’arbitraggio articolo 37.
2)
Capire il TTIP, il futuro che incombe
sull'Europa con la "Nato economica"
Per Renzi è una delle priorità
del semestre di presidenza Ue
di Federico Nero
Ormai è da molto tempo che i funzionari degli Stati Uniti e dell’Unione
Europea si incontrano per negoziare gli accordi del futuro patto per il
commercio transatlantico Trade Ttransatlantic Investment Partnership (TTIP).
Se questi incontri andranno a buon fine, daranno inizio alla più grande zona di libero scambio del mondo, già soprannominata “la NATO economica”.
Senza
scendere nei dettagli (cosa che potrete fare negli articoli che vi
suggerirò), la linea generale di questi accordi va a limitare le
normative sulla salute, sulla sicurezza alimentare e sull’ambiente,
tutto ciò con l’unico scopo di stimolare gli scambi commerciali tra
Stati Uniti e Unione Europea.
Come succede già con la UE però, questi accordi andranno a favorire soltanto le grandi multinazionali,
in questo caso parliamo di quelle grandissime, come per esempio la
Monsanto, che nello scenario che si prospetta per il TTIP avrà gli
strumenti per citare in giudizio l’Unione Europea e se si rifiuterà
ancora di importare in maniera massiccia i suoi prodotti OGM.
Tutte
quelle belle cose che in Italia ci piacciono tanto come la piccola
impresa, il prodotto locale, la filiera ristretta e l’economia
territorializzata saranno spazzate via in maniera ancora più brutale di
quanto non stia già avvenendo, e tutto questo solo per inseguire un
falso mito ancora più grande di quello europeo.
Le resistenze al TTIP sono molte
anche ai massimi livelli governativi dei vari paesi europei che vedono
minacciate le loro specificità, ma con la Russia dipinta nuovamente come
l’impero del male portatore di grandi pericoli, sarà molto più facile
portare l’Unione Europea dentro questo progetto.
Matteo Renzi, ha dichiarato che la ratifica del trattato sarà una delle priorità del semestre di presidenza
italiana a Bruxelles.
Dall’Italia non verrà nessuna opposizione a
questo trattato, a differenza di paesi dotati di maggiore autostima come
la Francia.
Per cercare di capire quali meccanismi devastanti si celano in questo insano progetto, consiglio la lettura di questi articoli:
Capire il TTIP, il futuro che incombe sull'Europa
Cos’è il Trattato Trans-Atlantico tra Europa e Stati Uniti, un
oggetto misterioso i cui contorni sono ancora coperti dal segreto delle
stanze dei bottoni, e perché bisogna occuparsene di più
il TTIP minaccia quel che resta della democrazia e della sovranità
nazionale, cedendo la supremazia dello stato di diritto a favore delle
grandi multinazionali
Per gli Stati Uniti il TTIP ha un importanza fondamentale, ma per
l’Europa rappresenta l’attacco definitivo alla democrazia e il trionfo
delle multinazionali di fronte alla legge
Jean Arthuis, un senatore francese ha parlato di sette buone
ragioni per opporsi a questo decisivo trattato che la UE sta negoziando
con gli USA senza alcuna trasparenza
Per chi dovesse vedere nel TTIP una naturale evoluzione del rapporto
storico e privilegiato che c’è tra gli Stati Uniti e i paesi europei, è
importante sapere Washington sta lavorando anche ad un altro trattato,
da noi ancora più ignorato; sto parlando del Trans-Pacific Partnership
(TPP) un trattato molto simile al TTIP ma sulla sponda del Pacifico,
escludendone la Cina per limitarne l’influenza nella regione.
Con questi
trattati gli Stati Uniti intendono mantenere la loro supremazia globale
e limitare l’influenze delle nuove potenze emergenti, e per farlo non
si fermeranno di fronte a niente. il disordine di adesso è solo un
assaggio di quello che verrà …
3)
Tutto quello che devi temere con il TTIP
è già stato sperimentato attraverso il NAFTA
La clausola ISDS? Creerebbe un “ordinamento esclusivo” ad uso di lobbies e multinazionali
di Mariangela Cirrincione
«L'accordo di libero scambio UE-Usa ancora non esiste, per questo la
Commissione non ha le competenze per agire e l'iniziativa cittadina non
può dunque sussistere» scrive l'ANSA il 15 settembre annunciando il respingimento, per motivi giuridici, dell'iniziativa
di 148 organizzazioni di ben 18 Stati membri dell'UE per chiedere alla
Commissione l'immediata interruzione dei negoziati che 'passo dopo passo'(!) costruiscono le basi solide del TTIP.
Per comprendere cosa si intenda in linee generali per Transatlantic Trade and Investment Partnership, per comprendere dunque perché organizzazioni delle più varie e di più Stati abbiano posto in essere tale richiesta, si rimanda all'articolo introduttivo del percorso di approfondimento che prosegue in questa sede occupandosi del 'programma' di ricomposizione delle controversie internazionali previsto dal TTIP.
A svolgere la parte del leone nell'ambito di quello che si configurerebbe come un “ordinamento esclusivo” ad uso di lobbies e multinazionali,
è certamente la clausola ISDS (Investor state Dispute Settlemen). Essa
garantirebbe ai colossi stranieri il diritto di ricorrere a tribunali
commerciali privati, scavalcando dunque le corti nazionali, per
contestare quelle azioni politiche poste in essere negli Stati ritenute
'colpevoli' – a loro giudizio – di limitare fortemente i potenziali
profitti, anche quando tali azioni riservino ai cittadini solo maggiori
tutele.
A venir meno Bene Comune e benessere collettivo,
declinabili nella cura della salute pubblica, dell'ambiente, nella
buona gestione dell'energia, nella regolamentazione della finanza, nel
buon governo del territorio...
Il “mancato guadagno”, conseguentemente, comporterebbe lauti legittimi
risarcimenti che gli Stati dovranno esborsare ai cartelli prelevandoli
dalle tasche dei contribuenti. Invero, poco di nuovo sul fronte: il meccanismo è già stato bell'e sperimentato nell'ambito di quello che appare oggi un neonato TTIP, il nordamericano NAFTA.
È ad esempio fondata sull'appena citato accordo di libero scambio tra
USA, Canada e Messico, la pretesa di risarcimento di 191 milioni di
dollari della ditta Americana Lone Pine danneggiata dalla moratoria sul
“fracking”, decisa dal Canada per evitare gravi rischi ambientali
derivabili dalla tecnica di estrazione.
L'ingranaggio funziona anche in terra pan-europea,
cosicché, ammonta a 3,7 miliardi di euro il risarcimento per mancati
profitti richiesto nel 2012 dalla multinazionale svedese dell’energia
Vattenfall al governo tedesco colpevole di avere fatto più di un passo
in dietro sul nucleare dopo il disastro di Fukushima.
L'ingranaggio
funziona ancora in terre latine, cosicché, decidendo di congelare le
tariffe dei servizi pubblici (energia, acqua ecc.) e di svalutare la
moneta in risposta alla crisi finanziaria degli anni 2001-2002, anche la
martoriata Argentina si è vista pervenire «ben 40 denunce di grandi
imprese tra le quali: CMS Energy (US), Suez e Vivendi (Francia), Anglian
Water (UK) e Aguas de Barcelona (Spagna). Alla fine del 2008 i
risarcimenti da pagare ammontavano a 1,15 miliardi di
dollari»(BIZZARRI).
Gran favore per gli investitori, un ordinamento parallelo ad uso
esclusivo dei potentati, diritti (forse sì 'fondamentali'!) livellati
“al minimo”, il minimo di 'civiltà' consentita dalla 'religione'
superiore del denaro.
4)
LA GRANDE TRUFFA AZIENDALE: IL SETTORE
AGROALIMENTARE DETTA LE LINEE GUIDA NELLA
DEFINIZIONE DELL'AGENDA DEL TTIP
DI COLIN TODHUNTER
countercurrents.org
Secondo il linguaggio burocratico, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP - Transatlantic Trade and Investment Partnership n.d.t)
tra USA e UE si propone di creare la più grande zona di libero
scambio al mondo, "proteggere gli investimenti" e rimuovere gli
"ostacoli normativi inutili"
Superando la retorica diventa chiaro che il trattato mira a
indebolire le condizioni lavorative, sociali, ambientali e le norme a
tutela dei consumatori.
Ideato dal "High Level Working Group on Jobs and Growth" (Gruppo di
lavoro di alto livello su occupazione e crescita n.d.t), questo gruppo è
stato accusato di costituire nient'altro che una combriccola di non
eletti e irresponsabili, composto da noti burocrati orientati al libero
scambio provenienti da entrambi i lati dell'Atlantico [1].
Oltre al settore delle biotecnologie, i gruppi di pressione per raggiungere l'accordo hanno incluso Toyota, General Motors, l'industria farmaceutica, IBM e la Camera di Commercio degli Stati Uniti, uno dei più potenti gruppi di lobby aziendali negli Stati Uniti. Business Europe, la principale organizzazione che rappresenta i datori di lavoro in Europa, presentò la propria strategia in un trattato economico e commerciale UE-USA nei primi mesi del 2012. I suoi suggerimenti furono ampiamente inclusi nella bozza di mandato dell'UE [2].
L'accordo potrebbe autorizzare le società a sfidare legalmente una vasta gamma di regolamenti che esse non gradiscono [3] e guidare l'attività decisionale "sottobanco", evitando in tal modo il controllo democratico e permettendo alle aziende di "tenere in ostaggio" i processi normativi [4].
Uno degli aspetti chiave dei negoziati è che sia l'Unione Europea che gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere le rispettive norme e regolamenti, che ridurrebbe la regolamentazione al minimo comune denominatore. Il linguaggio burocratico parla di "mutuo riconoscimento" delle norme o della cosiddetta riduzione delle barriere non tariffarie. Per l'UE, ciò potrebbe significare accettare gli standard statunitensi in molti settori, compresi cibo e agricoltura, che sono inferiori a quelli dell'UE
La lobby del cibo "Food and Drink Europe" ha richiesto l'agevolazione della presenza di un livello minimo di colture geneticamente modificate non autorizzate. Ciò viene anche appoggiato dai giganti commerciali dei mangimi e dei cereali, tra cui Cargill, Bunge, ADM, e la grande lobby agricola COPA-COGECA.
I negoziati per questo accordo sono avvolti nel mistero e sono chiusi ad un adeguato controllo pubblico, con i sindacalisti e i gruppi di interesse pubblico che sono stati effettivamente estromessi a favore di un agenda guidata dalle aziende [5]. Questo è comunque sintomatico dell'etica generale e delle pratiche dei burocrati e funzionari di Bruxelles [6].
Le trattative equivalgono press'a poco ad accordi sottobanco, nonostante ambiscano a dare l'impressione di essere in qualche modo democratici. Se si arrivasse alla sua approvazione, questo trattato costituirebbe effettivamente una parte vitale nel cementare la progressiva ristrutturazione delle economie a favore degli interessi delle élite [7,8].
C'è stata una tattica deliberata per escludere il pubblico da ogni tipo di informazione utile a riguardo o segnali sul più grande accordo commerciale al mondo mai negoziato. L'accordo commerciale sembra essere una opportunità unica di realizzare attraverso trattative chiuse e non trasparenti ciò che non è stato possibile raggiungere finora in modo trasparente e democratico.
Nessun settore ha esercitato più pressioni sulla Commissione Europea durante la fase di preparazione per i negoziati sull'accordo proposto rispetto al settore agro-alimentare, secondo i dati appena pubblicati dal CEO (Corporate Europe Observatory n.d.t) in una serie di informazioni grafiche basate su una ricerca [9]. Le Multinazionali del cibo, i commercianti agricoli e i produttori di sementi hanno avuto più contatti con il dipartimento del commercio della Commissione (DG Trade - Direzione Generale per il Commercio UE) che i lobbisti della farmaceutica, chimica, industria finanziaria e delle auto messi insieme.
Dei 560 incontri con le lobby che DG Trade ha tenuto per preparare i negoziati, 520 (il 92 per cento) sono stati con i lobbisti aziendali, mentre solo 26 (il quattro per cento) con i gruppi di interesse pubblico. Per ogni incontro con un sindacato o gruppo di consumatori, ve ne sono stati 20 con le aziende e le federazioni industriali. I dati riguardano i contributi alle consultazioni pubbliche della Commissione, gli incontri coi gruppi di interesse pubblico e le riunioni delle lobby a porte chiuse.
Pia Eberhardt, attivista per la parte commerciale con Corporate Europe Observatory, afferma:
"DG Trade ha attivamente coinvolto gli affaristi delle lobby nel redigere la posizione dell'UE per il TTIP tenendo a bada i "fastidiosi" sindacalisti e altri gruppi di interesse pubblico. Il risultato è un'agenda per i negoziati in cui viene prima di tutto il business che mette in pericolo molte conquiste per le quali le persone in Europa hanno a lungo lottato, dalle norme di sicurezza alimentare alla tutela dell'ambiente".
Mentre la Commissione europea ha affermato pubblicamente che l'accordo commerciale non minaccerà le norme europee in materia di sicurezza alimentare e ambientale, il TTIP potrebbe portare proprio a questo. Nina Holland, attivista nel settore agroalimentare con il CEO, afferma:
"Le Lobby del settore agroalimentare, come l'industria dei pesticidi, hanno fortemente dato una spinta ai loro programmi tramite i negoziati del TTIP con l'obiettivo di minare le vigenti normative alimentari dell'UE. Strumenti commerciali come il "mutuo riconoscimento" e la "cooperazione regolamentare" rischiano di portare ad un'erosione degli standard di sicurezza alimentare nel lungo periodo. L'industria sta anche cercando di utilizzare il TTIP per far deragliare importanti iniziative comunitarie come quella di affrontare il problema delle sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino".
Le infografiche gettano anche una luce su altri settori economici che stavano attivamente esercitando pressione nella fase preparatoria dei negoziati del TTIP, tra cui le telecomunicazioni e l'IT (Information Technology n.d.t), l'industria automobilistica, l'ingegneria e il settore chimico.
I dati suggeriscono che la definizione dell'agenda per il TTIP è stata in gran parte determinata da aziende con sede negli Stati Uniti, Germania e Regno Unito e da gruppi industriali di pressione organizzati a livello UE, come la federazione dei datori di lavoro europei "BusinessEurope" e il "European Service Forum", una lobby a corredo di grandi società di servizi come Deutsche Bank e TheCity UK. Aziende dalla Grecia e da gran parte dell'Europa orientale erano del tutto assenti dalle pressioni della lobby aziendale per il TTIP, lasciando intendere che le imprese dei paesi più poveri dell'UE hanno poco da guadagnare da questo accordo commerciale.
I dati rivelano inoltre che oltre il 30 per cento (94 su 269) dei gruppi di interesse del settore privato che hanno esercitato pressioni sulla DG Trade per il TTIP sono assenti dal Registro per la Trasparenza dell'UE, tra queste vi sono grandi aziende come Wal-Mart, Walt Disney, General Motors, France Telecom e Maersk. Alcune delle associazioni industruiali che stanno esercitando pressioni più duramente per il TTIP, come la Camera di Commercio degli Stati Uniti e Transatlantic Business Council stanno esercitando pressioni anche sotto il radar del registro delle lobby.
Colin Todhunter: originario del nord-ovest dell'Inghilterra, Colin Todhunter ha trascorso molti anni in India. Ha scritto a lungo per il Deccan Herald (gioranle con sede a Bangalore), il New Indian Express e il Morning Star (Gran Bretagna). I suoi articoli sono apparsi anche in vari altri giornali, riviste e libri. Il link al suo sito web East by Northwest è: http://colintodhunter.blogspot.com
Fonte: http://www.colintodhunter.com/
Link: http://www.colintodhunter.com/2014/07/the-great-corporate-swindle.html?q=TTIP
9.07.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MATTEO SANTINI
Note
[1] http://corporateeurope.org/trade/2013/06/who-scripting-eu-us-trade-deal
[2] http://corporateeurope.org/trade/2013/05/open-door-gmos-take-action-eu-us-free-trade-agreement
[3] http://corporateeurope.org/international-trade/2014/07/ttip-debunking-business-propaganda-over-investor-rights
[4] http://corporateeurope.org/trade/2013/12/regulation-none-our-business
[5] http://corporateeurope.org/international-trade/2014/05/civil-society-call-full-transparency-eu-us-trade-negotiations
[6] http://corporateeurope.org/sites/default/files/record_captive_commission.pdf
[7] http://www.globalresearch.ca/free-trade-agreements-the-bypassing-of-democracy-to-institute-economic-plunder/5354197
[8] http://www.globalresearch.ca/the-us-eu-transatlantic-free-trade-agreement-tafta-big-business-corporate-power-grab/5352885
[9] http://corporateeurope.org/international-trade/2014/07/who-lobbies-most-ttip
5)
Il “Transatlantic Trade and Investment
Partnership” (TTIP): la NATO economica
La
Storia insegna che considerare un caso isolato ogni singolo evento che
ha ripercussioni internazionali limita sempre la visione oggettiva della
realtà: come sta accadendo in questi ultimi e tragici mesi, i vari
conflitti che insanguinano il Medio Oriente, l’Ucraina ed il Nord
dell’Africa, in particolar modo la Libia, fanno parte di un preciso disegno globale,
adattato alle esigenze macro-economiche del Terzo millennio. Quale
logica conseguenza di tutto ciò, si delineano sempre più i principali
attori di questo complicato e spietato scenario: da un lato l’asse USA-UE, con i loro alleati, in poche parole la NATO, dall’altro la Russia ed i Paesi a lei vicini.
Come
può l’America, che da sempre fa la parte del leone all’interno della
coalizione NATO, riuscire a realizzare tutto ciò? Naturalmente creando
destabilizzazione economica in Europa a seguito delle sanzioni varate a
danno della Russia dopo i sanguinosi fatti dell’Ucraina, area economicamente strategica,
come fa il Professor emerito di Sociologia alla Binghamton
University di Binghamton e Professore aggiunto alla Saint Mary’s
University di Halifax , in Canada James Petras in una accurata analisi
pubblicata in un suo editoriale del 23 Agosto 2014 [consultabile al link
http://www.globalresearch.ca/obama-destabilizes-europes-economy-sanctions-deepen-the-recession/5397198 ].
Parallelamente
a queste problematiche internazionali che stanno degenerando in vere e
proprie guerre, è in corso un negoziato, in gran parte segreto, per
definire un accordo commerciale tra UE ed USA, chiamato TTIP [il cui
programma è consultabile al link http://ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ttip/about-ttip/index_it.htm
], truce e secco acronimo di “Transatlantic Trade and Investment
Partnership”, chiatato anche TAFTA, “Transatlantic Free Trade Area”,
area transatlantica di libero scambio.
A
prima vista sembrerebbe un accordo che porterà i paesi che vi
parteciperanno ad una crescita, secondo quanto sostenuto dai proponenti.
Ma se si prova ad analizzare nel dettaglio quanto finora pervenuto,
cresce il sospetto che il rischio di incremento di potere economico
delle multinazionali coinvolte ed il contestuale contrasto ai governi
nel controllo dei mercati per promuovere il benessere collettivo appare
sempre più concreto.
Per
comprendere al meglio e nel modo più obiettivo possibile come dovrebbe
essere strutturato questo accordo commerciale intercontinentale, bisogna
analizzare nel dettaglio quanto pubblicato dai governi coinvolti in
questo progetto: USA ed UE.
Come si evince da una pubblicazione istituzionale consultabile al link http://www.state.gov/p/eap/rls/rm/2014/01/219881.htm,
gli Stati Uniti reputano il TTIP un accordo propedeutico al realizzarsi
di un ulteriore accordo conosciuto come Trans-Pacific Partnership, un
accordo internazionale su cui stanno discutendo 12 paesi, ovvero Usa,
Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Messico, Malesia, Cile,
Singapore, Perù, Vietnam e Brunei; un insieme di Paesi che,
complessivamente, “rappresentano il 40% del Pil mondiale”. A prima
vista, anche questo accordo sembrerebbe una notevole opportunità
economica, ma dietro tutto ciò si celano aspetti decisamente torbidi.
13 Novembre 2013: Wikileaks diffonde un capitolo dell’accordo TPP [consultabile al link https://wikileaks.org/tpp/pressrelease.html
], in cui per la prima volta emergono le diverse posizioni dei governi
coinvolti in questo accordo, come documenta Philip Di Salvo in un suo
articolo del 14 Novembre 2013 per il portale Wired:
“Oggetto
del progetto è la liberalizzazione degli scambi commerciali tra i paesi
aderenti e le discussioni tra le parti stanno avendo luogo segretamente
da diversi anni e uno dei massimi sponsor dell’accordo è l’attuale
amministrazione Obama. L’accordo va a toccare numerosi ambiti di
cooperazione tra i paesi coinvolti, uno dei quali è certamente la Rete e la regolamentazione in fatto di copyright.
WikiLeaks ha pubblicato proprio una bozza del capitolo relativo al Web
risalente all’agosto scorso. Il testo, 30mila parole per un centinaio di
pagine, è disponibile sul sito di Julian Assange e la sua pubbicazione anticipa di qulache giorno il summit dei negoziatori dell’accordo che si terrà a Salt Lake City dal 19 al 24 novembre prossimi.
Il documento oggetto del leak contiene molte proposte in fatto di diritto d’autore e brevetti e ha il chiaro obiettivo di rafforzare il controllo sul copyright e il suo utilizzo in quanto “promotore per lo sviluppo sociale ed economico soprattutto in relazione alla nuova economia digitale”, come si legge nel testo pubblicato da WikiLeaks. la Electronic Frontier Foundation (Eff) ha analizzato il capitolo nel dettaglio e ha individuato i passaggi che esprimono al meglio gli obiettivi dell’accordo e il suo tono complessivo. In una parte del testo si legge ad esempio la proposta (da parte messicana) di prolugare la durata dei termini del copyright fino a 100 anni oltre la morte dell’autore. Altrove, si può leggere il tentativo di aumentare lo spettro di intervento del copyright, individuando nuovi ambiti di applicazione e la loro aumentata estensione. Da questo punto di vista, la Tpp guarda anche ai brevetti medici, per i quali l’estensione andrebbe a superare i 20 anni, come riporta il Guardian. Doctors Without Borders ha alzato la voce, denunciando la possibilità che l’accordo possa restringere l’accesso a medicinali fondamentali. Una forte attenzione è ovviamente posta sull’infrazione del copyright e all’ hacking, fatte salve, comunque, alcune distinzioni, rubricate nel testo come “attività autorizzate ai sensi di legge e svolte da impiegati governativi, agenti o contractor a scopi di indagine, intelligence, sicurezza essenziale e scopi governativi”. E il riferimento stride con i recenti fatti di cronaca relativi al Datagate e alla sorveglianza digitale.
Olivia Solon su Wired.co.uk ha fatto notare che il testo contiene anche la proposta (di cui si sapevagià dal 2011) di consentire a tutti i detentori di diritti di autorizzare o proibire tutte le riproduzioni del loro lavoro, fino alle “copie temporanee in formato elettronico”, una proposta che la Eff aveva già denunciato come “disconnessa dalla realtà dei computer moderni”: significa che, qualora la proposta del testo venisse approvata in sede definitiva, anche il download di una foto da Internet potrebbe costituire una violazione del copyright. Il testo sembra rispecchiare la tendenza a voler rafforzare la posizione dominante della grandi corporation nella protezione del diritto d’autore al fine di salvaguardare i loro interessi commerciali; non a caso, l’accordo è sostenuto da una lobby di potentissime multinazionali. Secondo molti osservatori critici, inoltre, l’accordo mira a “esportare” nella zona del Pacifico la molto restrittiva legislazione americana in fatto di diritto d’autore, a favore degli interessi statunitensi. Matthew Rimmer, dell’Australian National University, ha definito il documento pubblicato da WikiLeaks “una lista dei regali di natale per le corporation” che mette a repentaglio alcuni interessi leggittimi degli utenti della Rete, come il libero accesso o la possibilità di fruire di contenuti liberamente, perché entrati nel pubblico dominio.
Il documento oggetto del leak contiene molte proposte in fatto di diritto d’autore e brevetti e ha il chiaro obiettivo di rafforzare il controllo sul copyright e il suo utilizzo in quanto “promotore per lo sviluppo sociale ed economico soprattutto in relazione alla nuova economia digitale”, come si legge nel testo pubblicato da WikiLeaks. la Electronic Frontier Foundation (Eff) ha analizzato il capitolo nel dettaglio e ha individuato i passaggi che esprimono al meglio gli obiettivi dell’accordo e il suo tono complessivo. In una parte del testo si legge ad esempio la proposta (da parte messicana) di prolugare la durata dei termini del copyright fino a 100 anni oltre la morte dell’autore. Altrove, si può leggere il tentativo di aumentare lo spettro di intervento del copyright, individuando nuovi ambiti di applicazione e la loro aumentata estensione. Da questo punto di vista, la Tpp guarda anche ai brevetti medici, per i quali l’estensione andrebbe a superare i 20 anni, come riporta il Guardian. Doctors Without Borders ha alzato la voce, denunciando la possibilità che l’accordo possa restringere l’accesso a medicinali fondamentali. Una forte attenzione è ovviamente posta sull’infrazione del copyright e all’ hacking, fatte salve, comunque, alcune distinzioni, rubricate nel testo come “attività autorizzate ai sensi di legge e svolte da impiegati governativi, agenti o contractor a scopi di indagine, intelligence, sicurezza essenziale e scopi governativi”. E il riferimento stride con i recenti fatti di cronaca relativi al Datagate e alla sorveglianza digitale.
Olivia Solon su Wired.co.uk ha fatto notare che il testo contiene anche la proposta (di cui si sapevagià dal 2011) di consentire a tutti i detentori di diritti di autorizzare o proibire tutte le riproduzioni del loro lavoro, fino alle “copie temporanee in formato elettronico”, una proposta che la Eff aveva già denunciato come “disconnessa dalla realtà dei computer moderni”: significa che, qualora la proposta del testo venisse approvata in sede definitiva, anche il download di una foto da Internet potrebbe costituire una violazione del copyright. Il testo sembra rispecchiare la tendenza a voler rafforzare la posizione dominante della grandi corporation nella protezione del diritto d’autore al fine di salvaguardare i loro interessi commerciali; non a caso, l’accordo è sostenuto da una lobby di potentissime multinazionali. Secondo molti osservatori critici, inoltre, l’accordo mira a “esportare” nella zona del Pacifico la molto restrittiva legislazione americana in fatto di diritto d’autore, a favore degli interessi statunitensi. Matthew Rimmer, dell’Australian National University, ha definito il documento pubblicato da WikiLeaks “una lista dei regali di natale per le corporation” che mette a repentaglio alcuni interessi leggittimi degli utenti della Rete, come il libero accesso o la possibilità di fruire di contenuti liberamente, perché entrati nel pubblico dominio.
Michael Geist dell’Università di Ottawa ha invece sottilineato quanto forte siano le pressioni americane,definite “draconiane”.
Geist fa notare, inoltre, un punto interessante sul modo in cui i
diversi paesi firmatari hanno avanzato proposte o criticato delle
altre: “con l’eccezzione degli Usa, del Giappone e dell’Australia, tutti i paesi aderenti hanno proposto un articolo che
specifica il bisogno di bilanciamento e promozione del dominio
pubblico, della protezione della salute pubblica e di misure che
assicurino che i diritti degli Ip non diventino barriere allo sviluppo”. Un altro punto preoccupante ha a che vedere con il Digital Rights Management ( Drm) e le regole “anti-circumvention” che, limitano, ad esempio iljailbreaking dei dispositivi elettronici. Il testo propone nuove limitazioni che andrebbero, come ha scritto già in passato la Eff, a limitare le possibilità di movimento per artisti, hacker e maker, ponendo un grande freno a possibili innovazioni future. Ma gli esempi potrebbero essere molti di più.
La Trans-Pacific Partnership e i dettagli portati all’attenzione del pubblico riportano in superficie i timori già sollevati nel 2012 di fronte alle diverse leggi proposte in tutto il mondo per regolamentare in modo troppo restrittivo e con un netto sbilanciamento verso il business, il diritto d’autore, fino a mettere a rischio la libertà stessa della Rete. Sopa e Pipa, contro le quali si tenne il primo sciopero di Internet, nel gennaio del 2012, sono tutto tranne che un lontano ricordo. La possibilità che la Tpp rappresenti una similie (se non peggiore) minaccia per la libertà della Rete è molto concreta. A peggiorare la situazione, la pressoché totale segretezza con cui l’accordo è stato fin qui discusso e, con ogni probabilità, sarà negoziato anche in futuro. Julian Assange ha commentato il testo dicendo che, qualora diventasse operativo, “calpesterebbe i diritti individuali e la libertà di espressione”. “Se leggi, scrivi, pubblichi, ascolti, pensi, balli, canti o inventi, se coltivi o consumi cibo, se sei o mai sarai malato”, continua Assange, “la Tpp ti ha nel suo reticolo”. Una petizione online contro la Tpp ha già raccolto oltre 100mila firme.”
La Trans-Pacific Partnership e i dettagli portati all’attenzione del pubblico riportano in superficie i timori già sollevati nel 2012 di fronte alle diverse leggi proposte in tutto il mondo per regolamentare in modo troppo restrittivo e con un netto sbilanciamento verso il business, il diritto d’autore, fino a mettere a rischio la libertà stessa della Rete. Sopa e Pipa, contro le quali si tenne il primo sciopero di Internet, nel gennaio del 2012, sono tutto tranne che un lontano ricordo. La possibilità che la Tpp rappresenti una similie (se non peggiore) minaccia per la libertà della Rete è molto concreta. A peggiorare la situazione, la pressoché totale segretezza con cui l’accordo è stato fin qui discusso e, con ogni probabilità, sarà negoziato anche in futuro. Julian Assange ha commentato il testo dicendo che, qualora diventasse operativo, “calpesterebbe i diritti individuali e la libertà di espressione”. “Se leggi, scrivi, pubblichi, ascolti, pensi, balli, canti o inventi, se coltivi o consumi cibo, se sei o mai sarai malato”, continua Assange, “la Tpp ti ha nel suo reticolo”. Una petizione online contro la Tpp ha già raccolto oltre 100mila firme.”
Marzo 2014: la Commissione Europea divulga una bozza della proposta di accordo TTIP [consultabile al link http://keionline.org/sites/default/files/eu-kommission-position-in-den.pdf ] e
lancia una serie di pubbliche consultazioni su alcune determinate
clausole che implicherebbero importanti limitazioni ai governi dei paesi
europei. Nella bozza si leggono infatti significative “limitazioni
sulle leggi che i governi partecipanti potrebbero adottare per
regolamentare diversi settori economici, in particolare banche,
assicurazioni, telecomunicazioni e servizi postali. Qualsiasi entità
economica privata, se espropriata dei suoi attuali investimenti, avrebbe
diritto a compensazioni a valore di mercato, aumentate di interesse
composto”. Sembre secondo quanto sancito in questa bozza, “sarà ammessa
la libera circolazione dei lavoratori in tutte le nazioni firmatarie, ed
è stato proposta l’ammissibilità, per le entità economiche private, di
muovere azioni legali contro i governi in presenza di violazione dei
diritti”.
E’
inoltre importante precisare che il TTIP, che probabilmente verrà
definito entro la fine del 2015, fa seguito ad un’altra proposta di
accordo economico internazionale, il Multilateral Agreement on
Investment, o MAI, [consultabile al link http://www.oecd.org/investment/internationalinvestmentagreements/multilateralagreementoninvestment.htm
], ovvero un accordo economico internazionale in fase di discussione
“confidenziale” dal 1995 presso l’Organizzazione per la Cooperazione e
lo Sviluppo Economico composta da ventinove nazioni quali USA, Canada,
Messico, gli stati membri dell’UE, Svizzera, Norvegia, Islanda,
Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Turchia, Corea del Sud, Giappone,
Nuova Zelanda ed Australia e più conosciuta con la sigla OCSE.
Lo
scopo del MAI sarebbe la creazione di una carta dei diritti e delle
libertà per le aziende multinazionali, al fine di rendere più facile per
gli investitori individuali e aziendali lo spostamento di capitali
all’estero in valuta e sotto forma di immobili industriali. Si
andrebbero così a creare alcuni principi di applicazione uniformi,
partendo dai milleottocentoaccordi bilaterali già esistenti.
Dalla
lettura della bozza del MAI, emerge un aspetto quanto meno inquietante
dell’accordo: qualsiasi Stato, compresi quelli non aderenti all’OCSE,
viene incoraggiato a partecipare, così da suscitare interesse a
diventarne membri anche ai paesi in via di sviluppo, ovvero quelle
economie non ancora del tutto avviate ed per le multinazionali ritenute
appetibili dal punto di vista speculativo. In sintesi, l’accordo prevede
che i governi di queste nazioni dovranno accettare le condizioni
dettate dalle società multinazionali che investiranno nei loro
territori. Complice di tutto ciò sarebbe anche l’FMI, il Fondo Monetario
Internazionale ovvero quell’organismo che dovrebbe essere responsabile
degli aiuti alle nazioni in deficit e che “definisce gli standard
valutari”, diventando fin dalla sua istituzione “un prezioso strumento
nell’apertura di nuovi mercati per le multinazionali”.
Recentemente,
l’FMI ha varato i ‘pacchetti per la ripresa economica’ a beneficio di
Paesi in difficoltà quali la Tailandia, l’Indonesia e Corea del Sud ,
ovvero una serie di misure finalizzate alla liberalizzazione
finanziaria, privando però i governi della loro sovranità in campo
economico, come chiaramente sancito anche dalla bozza del MAI: i governi
sono obbligati ad accettare investimenti esteri in tutti i settori,
provocando così un sistematico “indebolimento degli standard ecologici e
di sicurezza sul lavoro per attrarre nuovi investimenti e la rimozione
delle misure di salvaguardia contro attacchi speculativi in borsa”. In
poche parole, le multinazionali vengono ancor più incentivate ad
approfittare dell’avanzata crisi di quelle economie asiatiche,
acquisendo così”imprese a prezzi stracciati” e “conquistando nuovi
mercati”.
E’
quindi evidente come il MAI miri ad istituire un raggruppamento di
normative universali sugli investimenti che garantiranno alle
multinazionali “il diritto e la libertà incondizionata di comprare,
vendere e compiere operazioni finanziarie in tutto il mondo come e
quando ritengono opportuno, incuranti di leggi ed interventi
governativi”.
IL
TTIP verrebbe quindi varato sulla base di quanto già proposto
all’interno del MAI, arrivando ad influire sulla vita sociale, economica
e culturare di tutti noi, come analizza egregiamente Enrico Lobina in
un suo articolo datato 19 Agosto 2014 sul blog Megachip di Globalist
[consultabile al link http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=108308&typeb=0&Commercio-mondiale-il-Ttip-e-la-lotta-di-classe-al-contrario ], criticando giustamente anche la segretezza dell’Accordo:
“Tra gli anni novanta ed i duemila un vasto movimento (i “no-global“) si opposero ai negoziati portati avanti dalla Omc (Organizzazione Mondiale del Mercato), che avevano come scopo di eliminare non solamente tariffe doganali, bensì la possibilità per piccoli Stati e lavoratori di difendersi dalla concorrenza selvaggia e dai voleri dellemultinazionali.
Grazie ad un vasto movimento di popolo (ricordate Genova 2001?), e ad una chiara azione dei Brics (Brasile,
Russia, India, Cina e Sudafrica), spalleggiati dai paesi non-allineati,
i negoziati fallirono. Gli Usa e la Ue ripiegarono su trattati
bilaterali. Ora è venuto il momento del trattato tra i due giganti del neoliberismo, che dovrebbe essere concluso entro il 2015.
C’è poco tempo, e tutto è segreto! Alla faccia degli open data e dellatrasparenza,
non si può sapere su cosa si sta trattando. Qualcosa trapela, ma non
sia mai che l’opinione pubblica possa sapere cosa gli succederà. Il
nocciolo del trattato non è la diminuzione delle tariffe, già quasi nulle, bensì l’eliminazione delle “barriere normative” che limitano profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali.
Cosa significa “barriere normative”? Vediamo qualche esempio.
La società francese Veolia, che ha in gestione lo smaltimento dei rifiuti ad
Alessandria, in Egitto, ha fatto causa allo stato egiziano perché ha
aumentato i salari del settore pubblico e privato al tasso d’inflazione,
e questo ha compresso i propri margini di profitto. Per “barriere
normative” s’intende anche questo. Con le misure proposte dal Ttip per
la protezione degli investitori qualsiasi peggioramento (per
l’investitore) delle condizioni contrattuali può
dar luogo a richieste di risarcimento. Il meccanismo, se entrasse in
funzione, avrebbe una forza dirompente dal punto di vista delle
aspettative e delle azioni governative. Chi più si azzarderebbe ad
aumentare i salari?
Nel
caso vi sia una diatriba tra lo stato ed una multinazionale, questa non
sarà costretta a rivolgersi ai tribunali dello stato nazionale (sono di
parte!), bensì ad un arbitrato internazionale, in cui uno degli arbitri
è scelto dalla multinazionale, uno dallo stato ed il terzo
congiuntamente. Peccato che questi arbitri siano una cinquantina in
tutto!
Questo meccanismo è l’Isds (Investor-State Dispute Settlement),
ed è fortemente voluto dagli Usa. Sta incontrando una crescente
resistenza a Bruxelles, però non è chiaro se nei negoziati ancora se ne
sta parlando e se lo si sta prevedendo. Ma anche senza Isds, per gli
agricoltori ed i piccoli e medi imprenditori europei, insieme a tutti i
lavoratori, il Ttip sarebbe un disastro.
Gli
agricoltori, e tutti coloro che hanno a cuore la propria alimentazione,
sappiano che Ttip significa “deregolamentazione della sicurezza
alimentare”. Con l’eliminazione delle normative europee sullasicurezza alimentare (le
famose “barriere normative”) entreranno gli Ogn (Organismi
Geneticamente Modificati) e, più in generale, verrà meno il “principio
di precauzione” europeo.
Per quanto riguarda l’ambiente,
il principio è lo stesso. Oltre ad indebolire le normative fondamentali
sull’ambiente, che dovranno allinearsi a quelle Usa, vi sarà
un’inversione dell’onere della prova nel settore chimico: “Non inquino
fin quando tu, Stato, non lo dimostri”. Ora, in Europa, è il contrario: è
l’industria che deve dimostrare che non si inquina.
Questo
e molto altro è il Ttip. A fronte di una crescita nulla in seguito a
questo trattato, sappiamo però che lavoreremo peggio, che mangeremo cibi
meno sani e vivremo in un ambiente meno pulito. Tutto ciò per favorire
qualche miliardario, che miliardario lo era anche prima. La lotta di
classe al contrario, insomma.”
Si
riconferma ancora una volta la volontà istituzionale internazionale di
voler favorire le solite corporations, premiandole anche con
un’accertata impunità: è questa la più evidente conseguenza della globalizzazione.
D’altronde perché stupirsi ancora, visto che sono proprio le
multinazionali che controllano la politica di tutto il mondo e che
decidono la vita di tutti noi, anche a costo di migliaia di vite umane?
[Fonti ulteriori: http://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/affariinternazionali/osservatorio/approfondimenti/83_IAI_Partenariato_transatlantico.pdf , http://www.theguardian.com/commentisfree/2013/nov/11/eu-us-trade-deal-transatlantic-trade-and-investment-partnership-democracy , http://www.theguardian.com/commentisfree/2013/nov/04/us-trade-deal-full-frontal-assault-on-democracy ,http://stop-ttip-italia.net/ , http://www.state.gov/p/eap/rls/rm/2014/01/219881.htm , http://keionline.org/sites/default/files/eu-kommission-position-in-den.pdf , http://uk.reuters.com/article/2013/02/27/us-euro-summit-trade-idUKBRE91Q0QM20130227 , http://www.bbc.com/news/business-21647540 , http://daily.wired.it/news/internet/2013/11/14/ptt-wikileaks-copyright-liberta-internet-45678.html,https://wikileaks.org/tpp/,http://www.disinformazione.it/globalizzazione.htm,http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/03/commercio-mondiale-le-trattative-usa-ue-per-il-ttip-tra-incognite-ombre-e-risultati-elettorali/1010511/ , http://www.ecoreport.tv/che-cose-il-ttip-censurato-da-tutti-i-tg-la-deputata-m5s-fa-tremare-i-burocrati-europei/ , http://www.repubblica.it/online/economia/wto/cianci/cianci.html , http://www.villaggiomondiale.it/alternativaglocalismo.htm , http://www.rssnews.it/news/cose-la-transpacific-partnership-e-quali-sono-i-rischi-per-la-rete , http://www.globalresearch.ca/america-frightens-us-europeans-are-waking-up-the-us-is-no-longer-an-ally-of-the-european-union/5397623 , http://www.globalresearch.ca/the-european-union-and-the-twin-civil-wars-in-syria-iraq/5397527 , http://www.globalresearch.ca/the-pentagons-strategy-for-world-domination-full-spectrum-dominance-from-asia-to-africa/5397514 , http://www.globalresearch.ca/americas-imperial-agenda-in-the-pacific-us-to-rebalance-military-in-guam-to-counter-china-and-north-korea/5397403 , http://www.globalresearch.ca/us-and-nato-threaten-moscow-as-russian-aid-convoy-crosses-into-ukraine/5397213 , http://www.globalresearch.ca/the-causes-of-the-mh17-crash-are-classified-ukraine-netherlands-australia-belgium-signed-a-non-disclosure-agreement/5397194 , http://www.globalresearch.ca/ukraine-russia-summit-what-will-poroshenko-hear-from-putin-in-minsk/5397184 ]
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