Storia della cessione della sovranità nazionale
e riflessioni sotto l’eventuale profilo penale
Avv. Marco Mori
Il
tema che si intende trattare nel presente articolo, già posto
all’attenzione della Procura di Roma dall’associazione “Salviamo gli
Italiani”, è assai complesso ed intricato e può essere pienamente
compreso solo attraverso una premessa di carattere storico sul percorso
che ha portato alla graduale spogliazione della sovranità e
dell’indipendenza del nostro paese ad opera di organismi stranieri:
-Nel 1972, tra gli Stati dell’allora Comunità economica europea
(Italia, Francia, Germania Occidentale ed il Benelux), venne stipulato
un accordo atto a mantenere stabili e predeterminati entro certi
parametri i margini di fluttuazione delle rispettive valute, nonché i
margini delle stesse rispetto al dollaro. Detto accordo è meglio noto
come “serpente monetario europeo”. L’esperimento si avviò verso un
rapido fallimento per l’uscita, solo due anni dopo, della Francia e
dell’Italia.
Si trattò del primo storico tentativo di creare un organo bancario
centrale per quella che sarebbe stata la futura Unione Europea. La
ragione della rapida uscita di Italia e Francia fu la crisi petrolifera
del 1973 che non sarebbe stata economicamente superabile senza la
possibilità di svalutare lira e franco. Allora una simile valutazione
economica non fu bollata come “populismo” ma come un atto concreto e
scientificamente valido per limitare gli effetti della crisi economica
sui cittadini;
-Nel 1979, con ormai alle spalle la crisi petrolifera, venne posto in
essere il secondo tentativo di stipulare un accordo di cambio delle
valute entro limiti di oscillazione predefiniti, il cd. SME;
-Nel luglio 1981 avveniva ciò che comunemente viene chiamato
il divorzio tra l’allora Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia. A
decorrere da tale anno la Banca d’Italia non aveva più alcun obbligo di
acquistare le obbligazioni emesse dal Ministero. Era il primo passo
della perdita, in capo alla Stato Italiano, della possibilità di
svolgere in totale autonomia ed indipendenza, nonché secondo regole
pienamente democratiche, l’emissione di moneta nel sistema. Si iniziava il cammino che avrebbe portato alla completa perdita della sovranità monetaria;
-Pacifico ed incontestabile che fino a quando era la Banca Centrale
ad acquistare le obbligazioni emesse dal Ministero del Tesoro non vi era
alcun indebitamento reale da parte dello Stato. Tale procedura infatti
costituiva una semplice operazione contabile “fittizia” che, al
contrario della cessione delle obbligazioni sui mercati, non comportava
alcun costo per la Nazione ma ne aumentava unicamente la ricchezza;
-Gli effetti sul debito del precitato divorzio sono stati
oltremodo evidenti, il debito è letteralmente esploso raddoppiando in
dieci anni.
La ragione di ciò è ovvia: da allora l’unico canale d’emissione
monetaria nel sistema è divenuto il ricorso ai mercati e dunque, il
prestito a tassi molto meno convenienti dei precedenti. Al contrario i
due unici rimanenti modi di emissione monetaria scevri di profitti per i
banchieri privati, cioè l’emissione diretta di moneta da parte dello
Stato o una banca centrale pubblica prestatrice di ultima istanza, sono
stati definitivamente accantonati;
-L’Italia, in virtù del precitato divorzio tra Ministero del Tesoro e
Banca d’Italia, non solo vedeva il proprio debito pubblico esplodere
letteralmente, ma addirittura il paese arrivava al punto di dover
abbandonare il sistema dello SME per avere la possibilità di svalutare
la Lira e rivitalizzare l’economia. L’uscita però avvenne non prima che
fosse intrapreso quello che può essere definito, senza tema di smentita,
il primo esproprio della ricchezza del nostro paese in favore dei
creditori del debito pubblico passato, in poco più di dieci anni, dal 55% al 115,6% del PIL.
Nello specifico detto esproprio fu intrapreso dal Governo capeggiato
da Giuliano Amato il quale mise in essere una manovra correttiva da 100
mila miliardi di lire, compreso il tristemente noto prelievo forzoso dai
conti correnti siti nelle banche italiane ratificato ex post con
decreto legge (fatto privo di legittimità giuridica), correva il 10
luglio 1992.
L’esito della manovra fu ampiamente negativo sui conti
pubblici tanto che il debito pubblico saliva ulteriormente negli anni
successivi per raggiungere nel 1994 il picco del 121,8% del PIL.
La crisi del debito consentì, altresì, di varare la nota e massiccia
attività di privatizzazione che ha caratterizzato gli anni novanta.
La privatizzazione contribuì, come ovvio ad una piccola
discesa del debito stesso ma ovviamente non ne eliminava le cause
strutturali (anzi di fatto le aggravava) che erano da ricercarsi nel
nuovo sistema di creazione della moneta inaugurato nel 1981;
-Proprio durante la crisi del debito pubblico, esattamente come sta
avvenendo oggi per le ultime riforme volute dall’UE di cui si dirà
infra, venne stipulato il Trattato di Maastricht, correva il 7 febbraio 1992. L’entrata in vigore del trattato fu prevista per il 1° novembre 1993.
Venne altresì varata la Legge n. 82 del 7 febbraio 1992, proposta
dall’allora Ministro del Tesoro Guido Carli, con la quale si disponeva
che la decisione circa il tasso ufficiale di sconto (ovvero il costo
convenzionale del denaro alla sua emissione) divenisse di competenza
esclusiva di Banca Italia senza che venisse concordata preventivamente
con il Ministero stesso con ulteriore privazione di sovranità in ambito
monetario: “Art. 1.
Le variazioni alla ragione normale dello
sconto e alla misura dell’interesse sulle anticipazioni in conto
corrente e a scadenza fissa presso la Banca d’Italia sono disposte, in
relazione alle esigenze di controllo della liquidità del mercato, dal
Governatore della Banca d’Italia con proprio provvedimento, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”.
Con il Trattato di Maastricht invece vennero poste le basi per la
definitiva cessione della sovranità monetaria nazionale e la consegna
della stessa a quei mercati che avevano ormai allungato le loro mani sul
debito pubblico italiano fin dall’anno 1981. Manovra che era già
fallita per due volte nei precedenti vent’anni ma che, questa volta, era
favorita dalla crisi economica in atto e dalla conseguente politica
della paura che influenzava inevitabilmente le scelte elettorali dei
cittadini.
Solo l’Europa avrebbe potuto salvare l’Italia. Ma l’Europa
che aveva in mente la finanza non era quella auspicata e sognata dai
cittadini.
L’Europa fortemente voluta dalla finanza era unicamente
quella in cui la creazione della moneta era strappata dal controllo
democratico ed attribuita in via esclusiva ad un organo di proprietà
privata che così avrebbe acquisito un controllo totale delle politiche
economiche nazionali e ciò senza alcun rischio d’impresa;
-Al di là di alcuni principi generali suggestivi e certamente condivisibili,
il Trattato di Maastricht, costituendo il SEBC, ovvero il sistema
europeo delle banche centrali, viola palesemente i principi di cui agli
artt. 1, 11 e 47 della nostra Costituzione.
Trattasi di un duplice attacco alla sovranità ed all’indipendenza nazionale.
Da un lato il Trattato fornisce base giuridica al fine di consentire
che sia l’Europa a dettare le politiche economiche delle nazioni,
dall’altro priva le nazioni stesse di una Banca Centrale con cui
finanziare in autonomia dette politiche.
Priva altresì le nazioni della possibilità di svalutare la propria moneta per rispondere ad esigenze economiche:
da Maastricht in poi non sarà più la moneta ad adeguarsi all’economia
ma l’economia a doversi adeguare alla moneta (svalutando i salari!).
Il denaro quindi da strumento alternativo al baratto per consentire
lo scambio di beni e servizi di cui costituiva unicamente l’unità di
misura, diventa esso stesso prodotto e strumento di predazione.
Sopra ad ogni congettura, valga il vero.
Il TEU ha istituito BCE, Banca Centrale Europea di proprietà di
azionisti privati che avrebbe dovuto iniziare ad operare dal giugno
1998, fatto poi realmente avvenuto, a cui ha conferito l’assoluta
indipendenza di gestione delle politiche monetarie.
BCE diviene l’unico organo autorizzato ad emettere moneta nella comunità Europea ex art. 106 Trattato UE.
Ai sensi dell’art. 108 del TUE, BCE era ed è un organo che non
risponde ad alcun criterio democratico: “Nell’esercizio dei poteri e
nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente
trattato e dallo statuto SEBC, né la BCE né una banca centrale
nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono
sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi
comunitari, dai governi degli stati membri né da qualsiasi altro
organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli
stati membri si impegnano a rispettare questo principio e non cercare
di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle
banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti”
(Detta norma è stata confermata nella sostanza anche dal successivo
Trattato di Lisbona, ovvero il Trattato istitutivo dell’Unione Europea
attualmente in vigore, che ne ha unicamente modificato la numerazione,
rendendola di non facile intellegibilità – capo II art. 130).
Utile rammentare che questa indipendenza è priva di senso logico
posto che BCE è di proprietà delle banche centrali europee che a loro
volta sono in massima parte di proprietà dei principali gruppi bancari
internazionali i quali rispondono ad interessi propri e non certo al
benessere collettivo.
Non possiamo in alcun modo confondere il libero mercato, sistema che
ha dimostrato di funzionare in quanto stimola in modo costruttivo il
personalismo (se vogliamo l’egoismo) umano, con il potere creativo della
moneta che non può essere sottratto al pubblico interesse.
A BCE, altresì, è stato posto il divieto di svolgere attività
di prestatore di ultima istanza potendo prestare unicamente al tasso
ufficiale di sconto, unilateralmente determinato, alle banche
commerciali le quali poi speculano sui debiti delle nazioni acquistati
nel mercato secondario causando un’imposizione fiscale semplicemente
folle (il dato reale della pressione fiscale in Italia è pari,
tra imposte dirette ed indirette, ad una somma superiore al 68% del
reddito).
L’Italia, con una moneta così concepita, perdeva dunque sia il
controllo diretto dei tassi d’interesse che vengono oggi decisi dal
mercato, che ovviamente può facilmente influenzarli semplicemente
spostando i propri capitali (come accaduto con la crisi dello Spread del
2011), sia la possibilità di svalutare la moneta stessa. Possibilità
che si era resa necessaria sia per superare la crisi petrolifera che
quella del debito del 1992, causata come già detto proprio dal divorzio
tra Ministero del Tesoro e Banca Italia.
L’art. 101 TUE dispone: “E’ vietata la concessione di
scoperti di conto o di qualsiasi altra forma di facilitazione
creditizia, da parte della BCE o da parte delle banche centrali agli
Stati Membri, a istituzioni o organi della Comunità, alle
amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti
pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche
degli stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di
titoli di debito da parte della BCE o delle banche centrali nazionali”. (Il testo è stato riconfermato dal capo II art. 123 del Trattato di Lisbona).
Ovviamente la disciplina del Trattato che ha istituito il SEBC
confligge palesemente con la costituzione anche con riferimento all’art.
47 che merita di essere rammentato: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”.
L’indipendenza della Banca Centrale è dunque pacificamente
incostituzionale in quanto non consente alla mano pubblica il controllo
diretto del credito.
L’Art. 104 del TUE ha altresì attribuito tutti i poteri di
raccomandazione e di imposizione di politiche fiscali d’austerità a BCE,
di fatto sottraendo definitivamente la sovranità alle nazioni
dell’Europa che da tale momento venivano ufficialmente consegnate ai
mercati.
La politica economica è così divenuta di competenza di soggetti che sfuggono a qualsivoglia controllo democratico.
Anche il profitto dell’attività di emissione della moneta viene
disciplinato dallo stesso Trattato di Maastricht e riservato in favore
del SEBC stesso e dunque degli azionisti delle singole banche centrali;
-In data 2 ottobre 1997 viene stipulato il Trattato di Amsterdam, uno
dei trattati fondamentali dell’allora Comunità Europea che entrerà in
vigore nel maggio 1999.
Questo Trattato viene ratificato dall’Italia con la Legge n. 209/1998;
-All’avvicinarsi dell’avvento dell’euro il Consiglio Europeo
emetteva, ai sensi dell’art. 103, paragrafo 5 del TUE, deliberato
secondo la procedura dell’art. 189 C del Trattato (a seguito di
discutibile parere di ammissibilità procedurale reso dal Parlamento
Europeo) il purtroppo poco noto regolamento 1466 del luglio 1997 di cui è
necessario esaminare il testo compiutamente.
“Sezione 1 OBIETTIVO E DEFINIZIONI
Art. 1 Il presente regolamento stabilisce le disposizioni
relative al contenuto, alla presentazione, all’esame e alla sorveglianza
dei programmi di stabilità e dei programmi di convergenza nell’ambito
della sorveglianza multilaterale che deve essere esercitata dal
Consiglio per prevenire tempestivamente il determinarsi di disavanzi
pubblici eccessivi e promuovere il coordinamento delle politiche
economiche.
Sezione 2 PROGRAMMI DI STABILITA’
Art. 3 1.Ciascuno stato membro partecipante presenta al
Consiglio e alla Commissione le informazioni necessarie ai fini
dell’esercizio periodico della sorveglianza multilaterale di cui
all’art. 103 del Trattato nella forma di un programma di stabilità, che
costituisce una base essenziale per la stabilità dei prezzi ed una
crescita vigorosa, sostenibile e favorevole alla creazione di lavoro. 2. Il programma di stabilità contiene le seguenti informazioni:
a) l’obiettivo a medio termine di una situazione di bilancio
della pubblica amministrazione, con un saldo prossimo al pareggio o in
attivo e il percorso di avvicinamento a tale obiettivo nonché
l’andamento previsto del rapporto debito/PIL;
b) le principali ipotesi sul previsto andamento dell’economia, nonché
sulle altre principali variabili economiche rilevanti per la
realizzazione del programma di stabilità, quali le spese per
investimenti pubblici, la crescitareale del PIL, l’occupazione e
l’inflazione;
c) la descrizione dei provvedimenti di bilancio e delle altre misure
di politica economica adottati o proposti per conseguire gli obiettivi
del programma nonché, per le misure più importanti della manovra di
bilancio, una stima dei loro effetti quantitativi sui conti pubblici;
d) l’analisi delle ripercussioni di eventuali modifiche delle
principali ipotesi economiche sulla posizione di bilancio e sul debito.
3. Le informazioni concernenti l’evoluzione del rapporto tra il saldo
di bilancio della pubblica amministrazione e PIL come pure del rapporto
tra debito pubblico e PIL nonché delle principali ipotesi economiche di
cui alparagrafo 2, lettere a) e b) sono espresse su base annua ed
includono, oltre all’anno in corso e a quello precedente, almeno i tre
anni successivi.
Art. 4 I programmi di stabilità sono presentati prima del 1° marzo 1999. Successivamente sono presentati programmi aggiornati ogni anno.
Gli Stati membri che abbiano adottato la moneta unica in un momento
successivo presentano il loro programma di stabilità entro sei mesi
dalla decisione del Consiglio relativa alla loro partecipazione alla
moneta unica.
2. Gli Stati membri rendono pubblici i programmi di stabilità ed i programmi aggiornati.
Art. 5 1. Sulla base della valutazione della Commissione e del
comitato di cui all’articolo 109 C del trattato, il Consiglio esamina,
nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 103, se
l’obiettivo di bilancio a medio termine di ciascun programma di
stabilità preveda un margine di manovra per evitare il determinarsi di
un disavanzo eccessivo, se le ipotesi economiche sulle quali il
programma è fondato siano realistiche e se le misure adottate e/o
proposte siano adeguate per la realizzazione del percorso prospettato di
avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine.
Il Consiglio esamina inoltre se il programma di stabilità faciliti un
più stretto coordinamento delle politiche economiche e se le politiche
economiche dello Stato membro interessato siano coerenti con gli
indirizzi di massima per le politiche economiche.
2. Il Consiglio procede all’esame di ciascuno dei programmi
di stabilità di cui al paragrafo 1 entro al massimo due mesi dalla
presentazione del programma. Il Consiglio, su raccomandazione della
Commissione e previa consultazione del comitato di cui all’articolo 109
C, formula un parere sul programma. Se, conformemente all’articolo 103,
ritiene che gli obiettivi e i contenuti del programma debbano essere
rafforzati, il Consiglio invita, nel suo parere, lo Stato membro
interessato ad adeguare il suo programma.
3. I programmi di stabilità aggiornati sono esaminati dal comitato di
cui all’articolo 109 C sulla base della valutazione della Commissione;
se necessario i programmi aggiornati possono essere esaminati anche dal
Consiglio secondo la procedura di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente
articolo.
Art. 6 1. Nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui
all’articolo 103, paragrafo 3, il Consiglio verifica l’applicazione dei
programmi di stabilità, fondandosi sulle informazioni fornite dagli
Stati membri partecipanti e sulle valutazioni della Commissione e del
comitato di cui all’articolo 109 C, in particolare allo scopo di
individuare scostamenti sensibili, in atto o prevedibili, della
posizione di bilancio rispetto all’obiettivo a medio termine o al
percorso di avvicinamento a tale obiettivo definito nel programma per il
saldo di bilancio della pubblica amministrazione.
2. Qualora individui uno scostamento sensibile della posizione di
bilancio dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento a
tale obiettivo, il Consiglio, allo scopo di prevenire
tempestivamente il determinarsi di un disavanzo eccessivo, rivolge allo
Stato membro interessato una raccomandazione, a norma dell’articolo 103,
paragrafo 4, perché adotti le necessarie misure di aggiustamento del
bilancio.
3. Qualora ritenga, nell’esercizio della successiva sorveglianza, che
lo scostamento della posizione di bilancio dall’obiettivo a medio
termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo persista o si
aggravi, il Consiglio rivolge allo Stato membro interessato, a norma
dell’articolo 103, paragrafo 4, una raccomandazione perché adotti
prontamente misure correttive e può, come previsto da tale articolo,
rendere pubblica la propria raccomandazione (omissis…)
Art. 10 1. Nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui
all’articolo 103, paragrafo 3, il Consiglio verifica l’applicazione dei
programmi di convergenza, fondandosi sulle informazioni fornite dagli
Stati membri non partecipanti conformemente all’articolo 7, paragrafo 2,
lettera a), e sulle valutazioni della Commissione e del comitato di cui
all’articolo 109 C deltrattato, in particolare allo scopo di
individuare scostamenti sensibili, in atto o prevedibili, della
posizione di bilancio rispetto all’obiettivo a medio termine o al
percorso di avvicinamento a tale obiettivo definitivo nel programma per
il saldo di bilancio della pubblica amministrazione.
Inoltre il Consiglio verifica le politiche economiche degli
Stati membri non partecipanti alla luce degli obiettivi del programma di
convergenza, al fine di garantire che tali politiche siano compatibili
con la stabilità e di evitare quindi disallineamenti del tasso di cambio
reale e fluttuazioni eccessive del tasso di cambio nominale.
(omissis…)”
Il regolamento in questione è un autentico “economicidio”.
L’obbligo giuridico per una nazione di prelevare a mezzo
tassazione dai cittadini la medesima somma, oppure una somma addirittura
superiore (avanzo primario) a quanto per essi speso è incompatibile,
sotto il profilo scientifico, con qualunque scenario di crescita, tanto
meno con quello di una crescita “vigorosa” come afferma lo stesso
regolamento sopra trascritto.
Tale fattore di politica economica combinato all’istituzione del SEBC
e quindi all’impossibilità degli stati di emettere moneta senza
ricorrere all’indebitamento tramite i mercati ha decretato lo scacco
matto per la sovranità e l’indipendenza di ogni nazione UE, condannate
fin dal 1999 all’arrivo di una crisi di violenza inaudita che, in prima
battuta, si riflette sulla distruzione della domanda interna ed il
conseguente crollo occupazionale aprendo anche la strada a violenti
scenari deflattivi (il dato dell’inflazione in Italia è oggi
estremamente allarmante essendo paro allo 0,4% e dunque ben sotto al
parametro stesso che BCE dovrebbe rispettare, ovvero quello del 2%).
Crisi che a sua volta, come si spiegherà nel proseguo del presente
articolo, ha determinato un’ulteriore fase di cessione della sovranità e
dell’indipendenza degli stati in un disegno che pare nel suo complesso
oggettivamente criminoso.
Ma vi è di più, con ulteriore regolamento 7 luglio 1997 n.
1467 venivano previste multe per gli stati inadempienti verso la
politica economica imposta dal Consiglio Europeo con un meccanismo
sanzionatorio pecuniario in proporzione del PIL (con massimale allo
0,5%) disciplinato dall’art. 12 di predetto regolamento.
-Il 1° giugno 1998 BCE entra formalmente in attività, precisamente
sei mesi prima dell’entrata in vigore dell’euro ovvero la moneta unica
privata europea;
-In data 11 dicembre 2000 viene sottoscritto il Trattato di Nizza il
quale è essenzialmente rivolto all’individuazione delle riforme
istituzionali (cessioni di sovranità ovviamente) da adottare per
l’ingresso di nuovi stati all’interno dell’unione;
-In data 1 gennaio 2002 l’euro diventa la valuta corrente di dodici paesi della Comunità Europea;
-Con Legge 28 dicembre 2005 n. 262 (disposizioni per
la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari) si apre
la strada alla cessione della maggioranza delle quote pubbliche della
Banca d’Italia che vengono cedute ad azionisti privati, ovvero ai
principali istituti di credito italiani tra cui la tristemente nota MPS
(elenco azionisti dal quale emerge che il capitale sociale di Banca
Italia è al 94,33% in mano a banche ed assicurazioni private a cui
recentemente lo Stato Italiano ha anche regalato un cospicuo aumento di
capitale a spese dei cittadini).
Specificamente la norma che ha consentito tale abominio giuridico è l’art. 19 comma 10 della precitata legge: “Con
regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto
1988 n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e
sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di
partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti
diversi dallo Stato o da altri enti pubblici”.
La procedura di cui all’art. 17 Legge 23 agosto 1988 n. 400 implica
la diretta responsabilità nella privatizzazione della Banca d’Italia in
capo al Presidente della Repubblica ed al Consiglio dei Ministri.
-Il 13 dicembre 2007 veniva stipulato il Trattato di Lisbona
con il quale la Comunità Europea diveniva ancor più propriamente
“Unione Europea”. Trattasi di un passo ulteriore verso la sottrazione
delle sovranità nazionali precedentemente stoppata dalla bocciatura
francese ed olandese alla Costituzione europea avvenuta nel 2005.
Il Trattato ha la caratteristica di essere estremamente frammentario e
disorganico fatto che ne complica notevolmente l’intelligibilità.
-Negli anni successivi il debito pubblico continuava la sua crescita
con un PIL al palo a causa delle politiche economiche restrittive decise
unilateralmente dalla Commissione Europea.
L’Italia in virtù di tali politiche economiche profondamente (e
volutamente!) recessive che determinavano un costante aumento della
pressione fiscale, otteneva un importante “avanzo primario” (il termine
avanzo primario sta a significare che le entrate fiscali superano le
spese correnti al netto del debito pubblico da rifinanziare sui
mercati);
Precisamente nel 2011 il saldo primario italiano arrivava a circa 30 miliardi di euro.
Ciò non provocava alcun miglioramento nell’economia del paese che anzi sprofondava verso la recessione. L’avanzo primario non impediva al debito pubblico di continuare la sua ascesa ma anzi, finiva per favorirla direttamente.
Dunque è circostanza dimostrata e dimostrabile che negli
ultimi anni circa un quarto della pressione fiscale complessiva veniva
utilizzata (e viene utilizzata tutt’oggi) unicamente per pagare
interessi (dunque parliamo dei soli interessi e non già del capitale!)
sul debito in favore dei mercati e dunque anche di quelle banche che,
essendo azioniste di BCE, hanno unilateralmente deciso la politica
monetaria dell’Unione Europea con l’assoluta indipendenza di cui
all’art. 108 del TUE (oggi capo II art. 130 del Trattato di
Lisbona) e che poi acquistano sul mercato secondario le obbligazioni
nazionali determinandone il relativo interesse secondo le leggi della
domanda e dell’offerta che dunque finiscono per governare con il solo
spostamento dei propri ingenti capitali.
Le Banche sono dunque autorizzate a comprare denaro creato
dal nulla a costi bassissimi per poi acquistare il debito pubblico con
margini di guadagno enormi.
Se ad esempio si acquista il denaro allo 0,25% e poi con questo
denaro si comprano i titoli di debito a percentuali del 7%, come
avvenuto ad esempio nel novembre 2011, si moltiplica il costo del denaro
di ben 28 volte!
Si lucra premendo dei semplici pulsanti senza produrre alcun
beneficio per l’economia reale e violentando la Costituzione non solo in
merito alla sovranità ma anche con riferimento agli artt. 41, 42 e 43
che giustamente antepongono l’interesse pubblico all’iniziativa
economica privata.
Pensare che per anni il dibattito del conflitto di interessi nel
nostro paese ha riguardato il Sig. Silvio Berlusconi senza mai intaccare
l’ulteriore e più evidente conflitto d’interesse che esisteva ed esiste
nell’emissione della moneta, è davvero surreale.
L’emissione di moneta infatti è la principale sovranità di
una nazione, sovranità che ne garantisce l’indipendenza dai mercati.
Dunque non esisteva nulla di più importante su cui vigilare.
BCE è indipendente dalle nazioni ma le nazioni sono completamente dipendenti da BCE.
-Proprio nell’anno 2011, nonostante l’importante avanzo primario di
cui si è detto, l’Italia è diventata vittima di un vile (e dalle ultime
indiscrezioni di stampa pare ampiamente premeditato) attacco speculativo
proprio da parte di quei mercati che, rispondendo all’interesse del
profitto, agiscono secondo logiche esclusivamente mercantilistiche in
una materia, quella monetaria, che invece è di primario interesse
pubblico. Come noto la leva monetaria determina direttamente il tasso di occupazione in una nazione.
Con maggior precisione la leva monetaria consente di gestire
l’inflazione, elemento chiave per ottenere la piena occupazione secondo i
parametri macroeconomici della nota curva di Phillips (esiste una
relazione di proporzionalità diretta matematicamente dimostrabile tra
aumento dell’inflazione e aumento dell’occupazione).
Il problema più grave causato dall’attacco speculativo
comunque non è stato direttamente l’illegittimo profitto delle banche
private, ma il fatto che in nome del procurato stato di emergenza
l’Italia si sia spogliata di ulteriori fette di sovranità con una serie
di provvedimenti del Governo e del Parlamento purtroppo avvallati dal
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
-In data 5 agosto 2011 la BCE, come già detto l’indiscussa
portatrice degli interessi dei mercati, inviava una lettera che, a
quanto appreso dagli organi di stampa, avrebbe addirittura dovuto
rimanere segreta alla pubblica opinione, con la quale imponeva al
Governo Berlusconi proprio l’instaurazione della politica dell’austerità
che ha annientato la nostra economia.
L’austerità, dopo aver completamente distrutto l’economia greca,
arrivava dunque anche in Italia lasciando dietro di sé una lunga scia di
fallimenti e morte (dal 2011 ad oggi il numero dei suicidi nel nostro
paese è stato a dir poco drammatico e le denunce di semplici cittadini
ex art. 580 c.p. sono state innumerevoli).
-BCE, con tale missiva, aveva l’ardire di subordinare l’acquisto dei
titoli italiani sul mercato secondario (e dunque in ogni caso ad un
tasso ben maggiore, fino a 28 volte maggiore, di quello praticato dalla
stessa Banca Centrale in favore delle banche commerciali) alla fedele
applicazione della politica del rigore finanziario e fiscale.
-In data 9.11.2011 la lettera di BCE causava addirittura una
reazione politica nel Governo Italiano. Infatti il Presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, provvedeva all’immediata nomina di Mario
Monti quale senatore a vita della Repubblica Italiana. Tale nomina non
trovava alcuna valida spiegazione (recentemente sugli organi di
stampa è apparsa addirittura la notizia che Mario Monti sia stato
contattato da Giorgio Napolitano già alcuni mesi prima del citato
attacco speculativo al fine di sondarne la disponibilità ad accettare
l’incarico di Presidente del Consiglio).
-Tre giorni dopo Silvio Berlusconi presentava le proprie dimissioni
ed il Presidente della Repubblica conferiva proprio allo stesso Mario
Monti l’incarico di formare il nuovo Governo, ovvero il Governo scelto
della Banca Centrale Europea per l’esecuzione delle misure di austerità
previste allo scopo di ottenere dall’Italia la cessione di ulteriori
fette di sovranità ed indipendenza. Cessioni ovviamente avvenute in
assenza di condizioni di reciprocità.
Correva il giorno 13.11.2011, una data che rimarrà indelebile
nella storia di questo paese, quanto la data dell’inizio della prima o
della seconda guerra mondiale. I danni già subiti dall’Italia a causa
dalla politica dell’austerità economica sono infatti paragonabili solo a
quelli cagionati da un evento bellico.
-Ciò che più rileva comunque è che l’azione di BCE si è sposata con l’immediato intervento del Consiglio Europeo che su proposta della Commissione Europea:
-in data 8.11.11 inasprisce con regolamento n. 1177/11 il sistema
sanzionatorio ed i vincoli di bilancio di cui al precitato Reg. CE n.
1467/97;
-in data 16.11.11 modifica con il regolamento CE n. 1175/11 il Reg.
CE n. 1466/97 sempre nel senso di una maggiore stringenza della
disciplina di bilancio;
-sempre in data 16.11.11 il regolamento CE n. 1173/11 legiferava
ulteriormente in merito all’effettiva esecuzione della sorveglianza di
bilancio nella zona euro;
-nello stesso senso si colloca la Direttiva n. 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.
Trattasi del cosiddetto “Six Pack”.
La Commissione Europea non si ferma qui ed in data 23.11.11 emana altre due proposte: il cd. “Two Pack”.
Esso si riferisce ad una proposta di regolamento sul rafforzamento
della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri e di
un’altra recante disposizioni comuni in materia di monitoraggio e
valutazione del bilancio. Tradotto in parole povere con il Two Pack la
“legge di stabilità” – provvedimento che in Italia sostituisce la
vecchia “legge finanziaria” e definisce l’ammontare della spesa e degli
investimenti pubblici – viene sottoposta al potere di veto e decisionale
di Bruxelles.
Il PSC (patto di stabilità e crescita) diviene così completo in tutta
la sua violenza trattando le nazioni, spogliate completamente della
propria indipendenza e sovranità nella totale ignoranza dei cittadini,
complice il velo di silenzio calato dai mass media, come soggetti che
devono unicamente obbedire alla Commissione (posto che le leggi sono
state materialmente redatte dalla stessa) sotto pena sanzioni e forme di
commissariamento.
In Italia si continua a dibattere dell’ormai anacronistico
vincolo del 3% annuo nel rapporto tra deficit e PIL mentre con il PSC si
è imposto l’obbligo a tutti i paesi aderenti all’UE di ridurre nella
misura del 60% (oggi superiore al 135%) il rapporto tra debito
complessivo e PIL e ciò nel periodo di venti anni.
I Parlamenti Nazionali non hanno più alcun potere salvo
quello di aumentare l’imposizione fiscale al fine di eseguire gli ordini
che giungono alla nazione addirittura, come accaduto per il nostro
paese, sotto forma di missiva della Banca Centrale, ente di proprietà
privata.
-Il Governo Monti rispondeva agli ordini della Commissione Europea e
di BCE e metteva subito in essere, senza esitazione alcuna, una
massiccia politica di aumento della tassazione (auto, casa, pensioni,
imposte dirette ed indirette, bolli, addizionali regionali, costi della
giustizia solo per citarne alcune).
Il Presidente Monti forniva anche una serie di dichiarazioni
pubbliche che lasciare ben poco spazio ai dubbi circa gli interessi a
cui lo stesso Governo stava rispondendo, ovvero gli interessi del
profitto dei privati che hanno usurpato la sovranità nazionale
utilizzando a tal fine la stessa Commissione Europea.
Risulta peraltro assai banale un concetto: se per ogni euro
circolante lo Stato Italiano, che non può emettere moneta, deve
restituire il valore nominale della moneta creata dal nulla e diventata
circolante maggiorato degli interessi, potrà adempiere alle proprie
obbligazioni solo depredando i cittadini dei risparmi accumulati nelle
loro vite. Il dato non può essere contestato sotto alcun profilo logico,
tecnico o giuridico.
Se lo Stato, altresì, non può perseguire l’aumento del
deficit a causa delle politiche economiche di pareggio imposte dalla
Commissione Europea, la velocità predatrice della moneta aumenta
ulteriormente portando le nazioni ad un’inevitabile collasso, il quale è
scientificamente indiscutibile.
Se lo si nega, o si ignorano le dinamiche della creazione della moneta oppure si è in totale malafede.
-In punto malafede, peraltro, è stato lo stesso Mario Monti ad aver
rilasciato una serie di dichiarazioni che riepilogare in questa sede con
i relativi link è un dovere morale.
Specificamente alla CNN Monti ha addirittura dichiarato testualmente il seguente concetto: “Bene
stiamo guadagnando posizioni migliori in termini di competitività
grazie alle riforme strutturali. Stiamo effettivamente distruggendo la
domanda interna attraverso il consolidamento fiscale”
In termini economici dunque Monti ha detto apertamente che il
suo Governo ha volontariamente abbattuto i salari con politiche fiscali
attraverso la distruzione della domanda interna e che dunque tale
abbattimento retributivo, secondo lui, avrebbe finito per renderci
nuovamente competitivi proprio in virtù della conseguente riduzione del
costo del lavoro per le imprese.
Ascoltare questa frase mette davvero i brividi in quanto il costo
sociale di una simile operazione è stato ed è immenso (centinaia di
morti per suicidio in tutta Italia).
Tutto questo in nome del profitto dei mercati.
-In data 26.09.2011 durante la trasmissione “L’infedele” Mario Monti proseguiva nel suo personale spettacolo facendo un’altra dichiarazione davvero discutibile: “Oggi
secondo me stiamo assistendo, non è un paradosso, al grande successo
dell’euro e qual’è la manifestazione più concreta del grande successo
dell’euro? La Grecia! Perché l’euro è stato creato sì per avere una
moneta unica ma soprattutto per convincere la Germania, che ha fatto il
grande sacrificio di rinunciare al marco per avere una moneta comune
europea, che attraverso l’euro, attraverso i vincoli che nascevano
dall’euro, la cultura della stabilità, il Presidente Ciampi richiamava
sempre la cultura della stabilità tedesca, si sarebbe diffusa un po’ per
volta a tutti. Quale caso di scuola si sarebbe mai potuto immaginare,
caso limite, di una Grecia, che da… è costretta a dare abbastanza peso
alla cultura della stabilità e sta trasformando se stessa”.
Forse su tale frase è meglio non proferire commenti di sorta posto
che si finirebbe per trascendere ampiamente il limite della continenza
espositiva. Dunque è bene limitarsi ad elencare i dati ufficiali della
catastrofe Greca.
Nel 2008 la Grecia aveva un debito pubblico pari al 99,19%
del PIL. Dopo l’austerità il dato è schizzato al 178,3% nel 2013.
Desolante.
Nello stesso periodo il PIL che aveva segnato il massimo nel 2008 è sceso fino a 176,6 milioni ovvero ha avuto un calo del 23%.
Ma ovviamente il dato più drammatico, che evidenzia l’aspetto
giuridico più rilevante insito nelle misure di austerità, è il dato
occupazionale. La Grecia nel 2008 aveva un tasso di disoccupazione pari al 7,68% passato già nel 2011 al 14,62%.
Il dato della disoccupazione in Grecia è arrivato nel 2013 al 27,3%.
-Infine si cita un’ultima dichiarazione trasmessa su Romaunità TV in cui Monti dichiara addirittura testualmente: “Io
ho una distorsione che riguarda l’Europa ed è una distorsione positiva,
anche l’Europa, non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di
crisi e di GRAVI crisi per fare passi avanti. I passi avanti
dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità
nazionali a un livello comunitario . E’ chiaro che il potere politico,
ma anche il senso di appartenenza dei cittadini, ad una collettività
nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo
politico e psicologico di non farle diventa superiore al costo del farle
perché c’è una crisi in atto visibile conclamata. Certamente occorrono
delle autorità di enforcement (n.d.s. costrizione traducendo in
Italiano) rispettate che si facciano rispettare che siano indipendenti e
che abbiano risorse e mezzi adeguati oggi abbiamo in Europa troppi
Governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di
attenuare la portata la capacità di azione le risorse l’indipendenza
delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un’economia
anche solo liberale”.
-Il Senatore Monti, in piena coerenza con il proprio dichiarato
obiettivo di ridurre la sovranità nazionale attraverso una grave crisi
indotta con l’aumento della pressione fiscale e conseguente distruzione
della domanda interna, ha condotto l’Italia alla promulgazione delle
seguenti leggi di ulteriore limitazione della sovranità e
dell’indipendenza del paese.
Leggi approvate dal Parlamento che dunque ha assunto anche le conseguenti piene responsabilità:
-Con legge Costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012 sono state
riformati, limitando la sovranità dello Stato Italiano in favore
dell’Unione Europea, alcuni articoli della Costituzione.
In particolare è bene citare la riforma dell’art. 81 Cost. che, in
contrasto con i principi fondamentali della Costituzione stessa non
riformati contestualmente, mette al bando ogni politica di espansione
monetaria recitando: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le
entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi
avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di
considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione
delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti,
al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non
per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i
criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei
bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche
amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza
assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi
definiti con legge costituzionale”.
-Con Legge 23 luglio 2012 n. 116 il Parlamento ha ratificato
il Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)
redatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012, legge promulgata dal Presidente
della Repubblica e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data
28.07.2012.
Trattasi di una norma che sottrae un’altra fetta altrettanto importante della nostra sovranità nazionale.
Il Mes in sostanza è un meccanismo di assistenza finanziaria agli
Stati ma per la cui fruizione sono necessarie l’assolvimento di severe
condizioni ed ulteriori cessioni di sovranità.
Il Mes non crea alcuna base monetaria ma funziona unicamente in base alle somme erogate dagli stati membri.
Trattasi di somme che non vengono immediatamente versate nella loro
interezza ma che, in caso di richiesta, dovrebbero essere erogate
(prendendole dalle tasche dei cittadini!) senza dilazione dallo stato
membro e ciò ai sensi dell’art. 9 della citata legge.
Non si può dunque che parlare di una nuova ed evidentissima cessione
della sovranità nazionale che impone altresì condizioni estremamente
gravose per un paese ormai economicamente distrutto dalle misure di
austerità imposte dallo stesso Governo Monti sotto l’egida di BCE e lo
sguardo compiaciuto di Giorgio Napolitano.
Specificatamente l’Italia è stata messa in condizione di
dover versare, a semplice richiesta del MES, l’astronomica somma di €
125.395.900.000.
Altresì i membri del MES godono di tutele giuridiche fuori dalla realtà di qualsivoglia stato di diritto.
Ovvero di immunità totale ed assoluta secretazione degli atti
compiuti ai sensi dell’art. 35 L. 23/7/2012 n. 116. Infine il MES pur
prestando denaro alle nazioni contro interessi e sacrifici
macroeconomici è esente da qualsivoglia tassazione ex art. 36 della
citata legge.
-Il Governo Monti termina con le dimissioni del Presidente del
Consiglio rassegnate in data 21.12.2012 ed il paese torna alle elezioni
sempre con la legge che poi sarà dichiarata incostituzionale con
sentenza n. 1 del 2014.
-Il clima in cui si svolgono le elezioni politiche è di paura.
Ogni tentativo di mettere in discussione le fallimentari politiche di
austerità e di cessione della sovranità nazionale è stato stigmatizzato
come populismo. In mancanza del rispetto delle politiche di rigore
fiscale veniva falsamente prospettata la distruzione economica della
nostra nazione. Ciò è perfettamente in linea con la dichiarazione del
Sig. Monti sopra trascritta e prodotta.
-Nel frattempo (marzo 2013) il Parlamento Europeo, mentre
l’Italia è distratta dalle questioni interne, approva il già citato “Two
Pack” e dunque dal 2014 sarà compito esclusivo della Commissione
Europea decidere sulla nostra Legge di Stabilità (la Legge più
importante dello Stato) acquisendo così il totale controllo delle
politiche economiche nazionali. La sovranità sul punto dunque non viene
limitata ma completamene sottratta al Parlamento Italiano, fatto
completamente illegittimo sotto il profilo costituzionale.
-Il nuovo governo viene formato in data 28 aprile 2013, sempre su
incarico del primo presidente della Repubblica ad essere rieletto per un
secondo mandato (in data 22 aprile 2013).
La scelta del Presidente ricade ancora una volta su una persona
diversa dai candidati alla Presidenza del Consiglio, ovvero Enrico
Letta, il quale ha da subito proseguito con assoluta dedizione nelle
politiche imposte dalla BCE (anche per tramite UE) e dunque dirette
inequivocabilmente alla distruzione della domanda interna allo scopo di
abbattere i salari ed indurre una crisi che conseguentemente porti i
cittadini ad accettare nuove cessioni della sovranità nazionale anche
grazie meccanismi di “enforcement” (costrizione) quali il MES e
il poco noto ERF (European Redemption Fund) che impone agli Stati di
garantire con beni reali il proprio debito esattamente come fanno i
cittadini quando chiedono un mutuo. Semplicemente ridicolo: le Nazioni
private della sovranità vengono declassate al rango di qualsivoglia
altro soggetto privato. Nulla più di questo dimostra la cessione
integrale della sovranità monetaria;
-In data 15 giugno 2013 il Governo Letta vara il “Decreto del Fare”
con il quale è stata ulteriormente incrementata la pressione fiscale con
esso. Viene confermato l’aumento dell’IVA dal 1 ottobre (aumento che ha
comportato un calo del relativo gettito ma è stato molto efficace
nell’abbattere i consumi) e l’aumento degli acconti sulle imposte
dirette, azione economicamente folle in un sistema già in recessione
certificata in cui dunque non è prevedibile una crescita dei redditi per
l’anno successivo.
-Ma non è finita qui. Il 12 settembre 2013, conformemente alle
dichiarazioni di Monti con le quali si premetteva l’essenzialità delle
gravi crisi al fine di procedere alla sottrazione di fette della
sovranità nazionale, il Parlamento Europeo ha approvato anche la cd.
“Unione Bancaria” e ciò su proposta della Commissione Europea.
Si sottolinea solo l’art. 4.3.1 di questa proposta, poi approvata dal
Parlamento Europeo: “Principi, Istituzioni e Compiti. (omissis…)
i costi o le altre spese sostenuti in relazione all’applicazione degli
strumenti di risoluzione delle crisi siano in primo luogo a carico degli
azionisti e dei creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e
solo in ultima analisi, se necessario a carico del settore
finanziario”.
Tale norma certifica che laddove una banca fallisce siano i
correntisti a pagarne il prezzo e non già il settore finanziario. Dopo
aver obbligato addirittura i pensionati ad avere un conto corrente, ecco
a chi sarà chiesto il sacrificio per le vili speculazioni della finanza
internazionale.
Tale norma è stata salutata trionfalmente dal nostro Governo in
particolare nelle persone di Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni e ciò la
dice lunga, ad avviso di chi scrive, sugli interessi ai quali queste
persone rispondono.
Questa è la nostra Europa, l’Europa voluta dagli esponenti del nostro governo.
-Pare quasi superfluo dire, per concludere questa lunga (seppur
largamente incompleta) ricostruzione storica, che a seguito delle
politiche di austerità tutti i dati economici del paese sono peggiorati e
la sovranità ed indipendenza dell’Italia è stata cancellata.
Ecco in sintesi i principali dati macroeconomici.
Nel 2007 il tasso di disoccupazione italiana era al 6,1%, nel 2011
superava di poco la misura dell’8% mentre oggi è già pari al 12,8% ed è
in crescita esponenziale. L’analogia con gli effetti dell’austerità in
Grecia è oltremodo evidente e porta alla conclusione che anche qui,
proseguendo con le attuali politiche, si arriverà a tassi di
disoccupazione analoghi.
Il debito pubblico del nostro paese a dicembre 2011 era pari ad €
1.907.612.000, dopo un solo anno di “cura” Monti era già salito ad €
1.989.432.000.
A dicembre 2013 il debito ha addirittura sfondato la soglia di €
2.070.000.000 ed il rapporto con il PIL, nel frattempo precipitato a
causa delle politiche volte alla distruzione della domanda interna, ha raggiunto il 130% così peggiorando considerevolmente il dato del 120% del 2011.
Oggi il debito, sotto il Governo Renzi (Governo che persegue
le medesime politiche di sottrazione dell’indipendenza e della sovranità
nazionale), ha sfondato il muro del 135% arrivando a Marzo alla cifra
complessiva di € 2.120.000.000.
Insomma l’austerità ha spinto volutamente la nazione in una
spirale recessiva volta ad ottenere le elencate (macroscopiche) cessioni
della sovranità nazionale con conseguenze disastrose per la vita umana.
* * *
Occorre dunque chiedersi se tutto ciò a una propria legittimazione
giuridica e per fare questo è necessario esaminare una sezione specifica
del codice penale ovvero quella dei reati contro la personalità dello
Stato di cui agli art. 241 e ss. c.p.
In questa sede si focalizzerà l’attenzione unicamente sugli art. 241 e
243 c.p. e ciò al fine di non complicare oltre sotto il profilo tecnico
quello che vuole essere un articolo principalmente informativo,
sperando che quanto scritto possa essere comunque di spunto agli
operatori del settore per le proprie autonome riflessioni.
Orbene l’art. 241 c.p. punisce chi: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque
compie atti violenti diretti ed idonei a sottoporre il territorio dello
Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero
a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la
reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche”.
In primo luogo si sottolinea come la norma in esame sia stata modificata con L. 24.02.2006 n. 85.
Nella previgente formulazione la parola “violenti” non era inserita
ed il reato era punito con la morte (ergo ergastolo ex lege).
Detta modifica normativa è assai inquietante ed ha anticipato di
pochi mesi la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n.
16751 del 21.07.2006 che per la prima volta era chiamata a disquisire
proprio in merito a questioni monetarie e di sovranità, per quanto in
maniera palesemente incidentale visto che l’attore non aveva in alcun
modo contestato la legittimità costituzionale delle leggi di ratifica
dei Trattati Europei.
I fatti abbondantemente narrati nelle premesse del presente articolo
paiono rientrare perfettamente all’interno della fattispecie punita
dall’art. 241 c.p. prima della poco comprensibile riforma del 2006.
La privazione della sovranità nazionale infatti è fatto gravissimo e
ciò sia se è compiuta con la forza sia se lo è con l’uso di una semplice
penna.
Ci si domanda dunque se la modifica della fattispecie penale
sia stata fatta appositamente al fine di consentire che le limitazioni
di sovranità compiute in spregio agli artt. 1 ed 11 Cost. non fossero
più, secondo l’ottica dei signori dell’euro, perseguibili.
Ad ogni buon conto, nonostante la citata modifica normativa,
chi scrive ritiene che la fattispecie di cui all’art. 241 c.p. sia, in
ogni caso, ancora ampiamente da tenere ben a mente quando si parla delle
cessioni della sovranità e dell’indipendenza del paese avvenute dal
1992 ad oggi.
Ma andiamo con ordine.
In primo luogo occorre esaminare approfonditamente gli art. 1 ed 11
cost. e valutare la loro compatibilità con il Trattato Istitutivo
dell’Unione Europea e con le ulteriori norme recentemente approvate dal
Parlamento Italiano come, ad esempio, la L. 23.07.2012 n. 116 istitutiva
del cd. MES nonché la riforma costituzionale che, sempre nel 2012, ha
modificato gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost. Ovviamente tale
compatibilità va valutata anche in riferimento al già citato PSC ovvero
il patto di stabilità e crescita approvato in sede europea che impone la
riduzione del debito pubblico nella misura del 60% del rapporto con il
PIL.
Come noto l’art. 1 della Costituzione recita: “L’Italia è una
repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Fermo il diritto al lavoro, diritto peraltro ampiamente frustrato
dagli effetti deflattivi delle politiche di austerità dirette alla
distruzione della domanda interna, il riferimento ai limiti alla
sovranità popolare porta alla necessaria lettura dell’art. 11 Cost. che
dispone: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali; consente in condizioni di parità
con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
La ratio della norma Costituzionale era dunque quella di favorire la
pace tra le nazioni consentendo a tale fine una limitazione della
sovranità purché compiuta in condizione di reciprocità. Trattasi di
norma nata alla fine del secondo conflitto mondiale e non certo
concepita pensando alla nascita dell’UE o di BCE.
Ovviamente la cessione della sovranità monetaria ad una banca
sovranazionale composta da azionisti privati, banca che non risponde ad
alcun controllo democratico ex art. 108 TUE (oggi Trattato di Lisbona),
non è atto conforme alla nostra Costituzione.
Tanto meno è conforme alla Costituzione la totale cessione
della sovranità in materia di politica economica ad oggi nelle mani
della Commissione Europea i cui membri non sono soggetti ad alcun
controllo democratico.
Sul punto il cd. “Two Pack” costituisce indiscutibilmente una
cessione assoluta di sovranità e non certo una mera limitazione in
condizioni di reciprocità.
Tornando a BCE invece risulta evidente, che tra i Governi e
la stessa Banca Centrale non vi è alcuna parità di poteri e che dunque
la conseguente cessione integrale della sovranità monetaria in favore di
detta banca, peraltro per motivi che nulla hanno a che vedere con lo
sviluppo della pace e della giustizia tra le nazioni, esula ampiamente
dai limiti del dettato costituzionale rientrando nel pieno ambito di
operatività della fattispecie penale di cui all’art. 241 c.p.
Appare inoltre evidente che le politiche di austerità stanno aumentando l’odio tra le nazioni e non già favorendo la pace.
Peraltro, come già detto, non solo BCE è un organismo sovranazionale
che ex lege non può accettare anche solo semplici “consigli” dagli stati
e dagli altri organi UE, ma addirittura è una Banca Centrale che non ha
alcuna funzione di prestatore di ultima istanza ma fornisce credito
unicamente alle banche commerciali consentendo loro enormi profitti.
Queste banche commerciali, che poi altro non sono che le stesse
componenti del consiglio d’amministrazione di BCE, usano la massa
monetaria immessa dal nulla nel sistema unicamente per trarre profitti
ed acquistare beni o servizi, anche grazie all’ulteriore follia delle
privatizzazioni.
Storia di pochi mesi or sono la triste svendita di pezzi della nostra
nazione compiuta in medio oriente dal Presidente del Consiglio Enrico
Letta.
Ad ogni buon conto le norme che provano inconfutabilmente quanto
specificato sono quelle già menzionate nella premessa del presente atto a
cui si rinvia integralmente per una migliore lettura.
La crisi del 2011, iniziata con l’invio della lettera di BCE al
Governo Berlusconi per richiedere l’applicazione delle misure di
austerità e che ha poi condotto all’avvento di Mario Monti, è stata la
vera leva con cui fare accettare alle nazioni ulteriori e sempre più
consistenti cessioni di sovranità privandole dei pur esigui margini di
manovra che il Trattato di Maastricht prima e Lisbona poi ancora
lasciavano. Tale leva nel caso di specie è stata addirittura utilizzata
per destituire un Governo legittimamente eletto con un altro gradito
alla finanza.
Come testualmente dichiarato da Monti Mario la crisi è
divenuta l’arma necessaria per fare sì che l’Europa potesse fare dei
passi avanti che, sempre secondo Monti, sono appunto l’illecita cessione
di sovranità in favore del mercato, così abbattendo definitivamente le
singole sovranità nazionali.
In questo contesto si colloca l’approvazione da parte del Governo del
MES, del pareggio di bilancio in costituzione, del cd. two-pack nonché
dell’unione bancaria e delle ulteriori riforme costituzionali in
programma e già più volte annunciate da quelli che una volta erano
Governi di Stati sovrani e che oggi sono meno di colonie inermi nanti al
potere dei mercati. Ovviamente sempre in tale contesto si colloca
l’ERF.
Sotto il profilo della fattispecie penale dell’art. 241 c.p. è
dunque indubbio che la sovranità nazionale sia stata sottratta in
favore di organi stranieri tra cui la stessa BCE e che l’indipendenza
dello Stato non solo sia stata limitata ma addirittura completamente
cancellata.
In punto diritto dunque occorre unicamente disquisire circa il
presupposto consumativo del reato così come modificato nel 2006 e dunque
trattare anche del concetto di “atti violenti” inserito nell’art. 241
c.p.
Tuttavia la risoluzione giuridica del problema appare più semplice di quanto possa in un primo momento apparire.
La giurisprudenza, infatti, è assolutamente unanime e consolidata
sull’interpretazione ampia del concetto di violenza che non comprende
solo l’atto fisico dell’agente.
La violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare
coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione,
potendo consistere anche in una violenza “impropria”, che si attua
attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla
volontà altrui, impedendone la libera determinazione.
L’austerità è l’atto “impropriamente” violento (anche se forse si
potrebbe parlare addirittura di atto apertamente violento in re ipsa
viste le conseguenze di morte che ha comportato e comporta) imposto da
BCE e pedissequamente posto in essere dal Governo Monti prima, Letta poi
e Renzi oggi, sempre con l’avvallo del Presidente Napolitano, che
distruggendo la domanda interna e conseguentemente riducendo la
popolazione in una condizione di paura e sempre più dilagante povertà,
ha determinato l’accettazione sulla base di una falsa forza maggiore di
ogni atto con cui la sovranità italiana è stata completamente sottratta.
Il reato dunque è sotto il profilo materiale sarebbe perfettamente consumato dai fatti abbondantemente narrati.
Per l’elemento psicologico, ovvero il dolo, non è ovviamente questa
la sede per affrontare un tema che riguarda le aule di Giustizia.
Pare certo comunque che certe dichiarazioni rese agli organi di
stampa rendono davvero poco credibile che non vi fosse in alcuni la
piena consapevolezza di tradire il dettato costituzione.
Occorre invece fare un’ultima riflessione laddove non si aderisse
all’eccezione di “atti violenti” che sin d’ora si è esposta ed esaminare
l’ambito di operatività di cui all’art. 243 c.p. che punisce: “Chiunque
tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova
guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero
commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la
reclusione non inferiore a dieci anni. Se la guerra segue, si applica la
pena di morte; se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo”.
Trattasi di disposizione normativa che mira a tutelare l’interesse
del mantenimento della pace e dell’esclusione, nello svolgimento delle
relazioni internazionali, di interferenze da parte di soggetti non
autorizzati, conniventi con lo straniero, capaci di compromettere i
rapporti e la pacifica convivenza tra i popoli.
Il verificarsi dell’evento bellico non è elemento necessariamente
richiesto per la consumazione del reato in parola per il quale è
sufficiente l’avvenuta intelligenza con lo straniero a tale fine o a
quello di compiere anche altri atti altrimenti ostili alla nazione che è
proprio ciò che interessa in questa sede.
Tenere “intelligenze” significa semplicemente stringere un
accordo con lo straniero, accordo che ai fini del reato in parola può
anche essere assolutamente palese e non già occulto. La stipula di un
trattato è pacificamente un atto d’intelligenza con lo straniero.
La qualificazione giuridica meno immediata è invece quella che definisce appunto il concetto di “atto ostile”.
Atti di ostilità sono tutte le azioni d’inimicizia diverse dalla
guerra stessa che risultino dannosi della personalità giuridica del
paese anche qualora non coercitivi o non violenti. Ecco
dunque spiegata la ragione per cui, non aderendo a quanto
precedentemente asserito, l’art. 243 c.p. diventa norma residuale
rispetto al 241 c.p.
L’ordinamento democratico della Repubblica Italiana si basa
ovviamente sulla nostra Costituzione che all’articolo 1 attribuisce
espressamente la sovranità al popolo. Tale passaggio costituisce l’essenza di una democrazia nel senso proprio del termine.
Un atto d’intelligenza con lo straniero che comporta la
sottrazione della sovranità e dell’indipendenza nazionale in violazione
degli artt. 1 e 11 Cost. deve necessariamente qualificarsi come atto
ostile a quel bene giuridico che si può definire personalità dello Stato
Italiano.
Non vi è infatti azione più ostile nei confronti di una
nazione di quella diretta a cancellarne la sovranità o a menomarne
l’indipendenza. Ogni evento bellico è per sua definizione il
tentativo di sottomettere un altro Stato menomandone proprio la sua
sovranità e la sua indipendenza.
Oggi la compromissione dell’indipendenza e della sovranità nazionale
non avviene dunque con i carri armati ma con i vincoli di bilancio
imposti con i trattati che spogliano la nazione di qualsivoglia capacità
giuridica in materia politica ed economica.
La cessione di sovranità dell’Italia in favore di organismi
stranieri rappresenta indiscutibilmente la fine dell’Italia quale
nazione libera ed indipendente, ciò è esattamente quello che accadrebbe
in caso di occupazione militare del paese. Siamo in presenza di un atto oggettivamente ostile alla personalità dello Stato.
Se si parla di interessi nazionali la valutazione dovrà quindi essere esclusivamente giuridica e non di mera opportunità. Anche
se si ritenesse che la cancellazione dell’Italia come Stato possa
essere atto compiuto nell’interesse del popolo italiano stesso ciò non
toglierebbe la qualifica di atto ostile ad un trattato che disponga
suddetta cancellazione.
Ergo il carattere ostile di un atto è in re ipsa nella
cessione di sovranità compiuta in violazione di principi fondamentali
della nostra costituzione indipendentemente dal fatto che si possa
pensare o meno che tale cessione migliorerà la qualità della vita nel
nostro paese.
Dunque un discorso come quello di Mario Monti di cui si è già detto
ove si enfatizza il disegno di cedere la sovranità nazionale in favore
dell’Europa dei mercati non lascia francamente indifferenti.
Il fatto che un Presidente del Consiglio sponsorizzi la fine
dell’Italia quale nazione sovrana ed indipendente è per evidenza logica
un atto ostile all’Italia stessa posto che la perdita della sovranità
comporta la fine del paese quale nazione e la conseguente perdita della
personalità giuridica.
In merito all’elemento psicologico per la consumazione del reato non
rileverebbe affatto, ad avviso di chi scrive, che il soggetto agente
voglia il male della popolazione italianama unicamente che il soggetto
agente abbia il dolo specifico di compiere un atto ostile alla
sopravvivenza della nazione Italia quale entità indipendente e sovrana
dotata di propria personalità giuridica.
Spero di non avervi tediato con un testo così lungo ma l’argomento
era difficilmente liquidabile in poche parole. Attendo eventuali
commenti e domande con l’augurio di tornare al più presto al recupero
della piena sovranità nazionale nel rispetto della nostra splendida
Costituzione.
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