Molti mi scrivono e mi chiedono dall´Italia cosa
ne penso degli ultimi avvenimenti in Brasile.
Da quello che leggo anche
nei commenti in questo sito, non mi cadono le braccia, ma verrebbe
voglia di staccarmene uno solo per darlo in testa a tante testoline
vuote e superficiali che parlano e scrivono senza conoscere. Quello che
sta succedendo in Brasile é molto semplice: un GOLPE BLANCO.
Dilma e Lula sono dei ladri corrotti? No.
Lo sono alcuni dei petisti al governo? Sicuramente sí. La corruzione fa parte fisiologica del potere come dell´animo umano.
Dilma e Lula sono dei ladri corrotti? No.
Lo sono alcuni dei petisti al governo? Sicuramente sí. La corruzione fa parte fisiologica del potere come dell´animo umano.
Ed i governi petisti
non sono certo stati piú corrotti dei precedenti governi liberisti e
tucani che li hanno preceduti.
Lula ha governato relativamente bene per 8 anni dal 2003 al 2010.
Lula ha governato relativamente bene per 8 anni dal 2003 al 2010.
Ex
sindacalista di famiglia umile, privo di qualsiasi formazione
accademica, schietto e a tratti rozzo, semplice, diretto, snobbato
persino dalle autoritá militari al tempo della dittatura, che non lo
consideró pericoloso per il regime, Lula ha peró le qualitá essenziale
di un grande presidente: intuito e capacitá di scegliere collaboratori e
ministri capaci e competenti.
Negli 8 anni del suo governo il PIB ha
avuto un incremento medio superiore al 4% annuo (il doppio di quello
registratoo nei 20 anni precedenti), il Brasile é passato dal 12º al 8º
posto nel ranking delle maggiori economie mondiali, la quota salari é
aumentata notevolmente (da R$ 200 a 510), riduzione del 43% del numero
dei poveri, inflazione sotto controllo.
In politica estera Lula ha sostenuto, attraverso il ministro antiamericano Celso Amorim (quello che si rifiutó di togliersi le scarpe ad un controllo di frontiera negli USA), posizioni inedite e coraggiose incentivando i legami con le nuove democrazie popolari sudamericane, paesi africani e asiatici (Cina in primis).
In politica estera Lula ha sostenuto, attraverso il ministro antiamericano Celso Amorim (quello che si rifiutó di togliersi le scarpe ad un controllo di frontiera negli USA), posizioni inedite e coraggiose incentivando i legami con le nuove democrazie popolari sudamericane, paesi africani e asiatici (Cina in primis).
Famose alcune dichiarazioni
“politicamente scorrette” a favore del regime iraniano, quando comparó
le proteste antiregime di quel paese a “lagnanze di una squadra di
calcio sconfitta”, o ancora quando definí i prigionieri del regime
cubano “delinquenti comuni”.
Se analizziamo invece la figura e il governo di Dilma possiamo notare quasi un´immagine diametralmente opposta a quella di Lula.
Se analizziamo invece la figura e il governo di Dilma possiamo notare quasi un´immagine diametralmente opposta a quella di Lula.
Figlia di un
ingegnere e poeta di origine bulgara e di una professoressa brasiliana,
Dilma cresce in una famiglia relativamente agiata e colta, frequenta
buone scuole sia pubbliche che private, milita nell´Organizzazione
Rivoluzionaria Marxista Politica Operaria, formata da studenti
simpatizzanti del pensiero di Rosa Luxemburg e Trotski.
Nel 1967, in pieno regime militare, entra, mentre studiava scienze economiche all´Universitá, nel Comando di liberazione Nazionale, organizzazione che difendeva la lotta armata. Partecipa poi a varie azioni sovversive fino al 1970, quando viene, catturata, toturata e condannata alla detenzione fino al 1973.
Nel 1967, in pieno regime militare, entra, mentre studiava scienze economiche all´Universitá, nel Comando di liberazione Nazionale, organizzazione che difendeva la lotta armata. Partecipa poi a varie azioni sovversive fino al 1970, quando viene, catturata, toturata e condannata alla detenzione fino al 1973.
Finita la dittatura entra prima
nel pdt e poi nel pt, occupando responsabilitá di governo regionali,
per arrivare, infine, nel 2005 ad essere nominata ministro nel governo
Lula.
Come presidente Dilma rivela caratteristiche, difetti e deficienze paradossalmente inverse a quelle di Lula: vanta un passato da “terrorista rossa” contro quello di un umile e non pericoloso sindacalista, eppure sostituisce agli esteri un ministro antiamericano come Amorim, con un diplomatico filo-statunitense frequentatore dei salotti buoni USA come Patriota (nomen non omen), fatto dimettere tardivamente solo dopo le rivelazioni di Snowden sulle intercettazioni telefoniche della presidente per opera della NSA e dopo la fuga in Brasile, organizzata da Patriota stesso, di un deputato boliviano dell´opposizione al governo popolare di Evo Morales, deputato che vantava decine di gravi incriminazioni.
Come presidente Dilma rivela caratteristiche, difetti e deficienze paradossalmente inverse a quelle di Lula: vanta un passato da “terrorista rossa” contro quello di un umile e non pericoloso sindacalista, eppure sostituisce agli esteri un ministro antiamericano come Amorim, con un diplomatico filo-statunitense frequentatore dei salotti buoni USA come Patriota (nomen non omen), fatto dimettere tardivamente solo dopo le rivelazioni di Snowden sulle intercettazioni telefoniche della presidente per opera della NSA e dopo la fuga in Brasile, organizzata da Patriota stesso, di un deputato boliviano dell´opposizione al governo popolare di Evo Morales, deputato che vantava decine di gravi incriminazioni.
Dopo il fracassato tentativo di
riconciliazione con gli USA, Dilma, con formazione universitaria in
Economia, compie una serie di atti volti a riappacificare e riavvicinare
il Brasile ai desiderata neo liberali con conseguenze gravemente
recessive.
Sostituisce Meirelles con Levy (giudeo) alla presidenza della Banca
Centrale, facendo salire alle stelle il tasso di sconto da 7,25% di
ottobre 2012 a 14,25% di oggi. Limita i programmi assistenzialisti,
terziarizza servizi pubblici, controlla e reprime la spesa pubblica.
Un
disastro nella scelta di ministri e collaboratori a cominciare dal
vicepresidente Temer, probabile prescelto pupazzo da piazzare alla
presidenza del post-golpe bianco.
Qual´è il bilancio di questi 13 anni di governo petista Lula-Dilma?
Qual´è il bilancio di questi 13 anni di governo petista Lula-Dilma?
Sicuramente positivo nel complesso, ma altamente insufficiente per far
fare al paese un autentico salto di qualità.
In due parole: una
occasione persa. Si sono privilegiate politiche necessarie di assistenza
alle fasce povere della popolazione, si é creata una nuova classe di
sub-borghesia povera, si é finanziato e incentivato il consumo e la
domanda interna, si é facilitato l´accesso al credito pubblico.
Scarsi
peró gli investimenti nelle infrastrutture (in Brasile manca quasi
completamente un sistema ferroviario, mentre la rete stradale é ancora
scarsa e insufficiente), insignificanti soprattutto i miglioramenti nei
servizi pubblici essenziali: istruzione pubblica che versa ancora in
stato comatoso, sanitá e sicurezza.
Quasi tutto é stato privatizzato (a
partire dal governo Color) con conseguenze catastrofiche per la qualitá
della vita e poco o nulla si é fatto per invertire la situazione in
questi anni.
Questo, a mio parere, il risultato ultimo e negativo delle politiche
petiste di questi 13 anni: l´avere priorizzato meramente una democrazia
del consumo a detrimento di una crescita civile, culturale, educativa,
della qualitá della vita, del miglioramento umano e dello stato sociale e
dei servizi pubblici.
In questo modo si é arrivati a creare una classe
consumista di morlock affamati e rabbiosi, giustizialista, senza cultura
e senza morale, che minaccia ora di divorare primariamente i supposti
benefattori creatori petisti, ma che futuramente rischia di divorare gli
stessi tucani liberalisti e neo golpisti e il modello miope della loro
societá ideale, basata appena sulla prevaricazione e su una moderna
forma di schiavitú, che niente produce se non ingiustizia sociale e
violenza.
Un breve accenno infine al giudice Sergio Moro, telegenico protagonista della caccia giustizialista ai ladroni e corrotti petisti del governo.
Un breve accenno infine al giudice Sergio Moro, telegenico protagonista della caccia giustizialista ai ladroni e corrotti petisti del governo.
Si é scelto per il golpe bianco brasiliano, una vecchia arma usata con
successo in Italia negli anni '90 per cancellare rapidamente con gli
scandali giudiziari una intera classe politica dirigente, colpevole
soprattutto di non riuscire piú a rappresentare i nuovi interessi
geopolitici, globalisti, economici delle elite transnazionali.
Non é
davvero un caso che questo modesto e provinciale giudice di primo grado
sia un fanatico ammiratore della storia del team nostrano di Mani
Pulite, del quale peró dimostra una conoscenza ed una comprensione
storica assai limitata, basata soprattutto su un oscuro e poco
accreditato testo pubblicato solo negli USA.
Moro risulta quindi solo
una grottesca controfigura del nostro già ridicolo Di Pietro, che riesce peró a
superare brillantemente in cafoneria giuridica e populista,
surclassandolo in ambizione politica e visibilitá mediatica.
Qual´é il fine ultimo di questo golpe?
Qual´é il fine ultimo di questo golpe?
Il completamento della
privatizzazione dei servizi pubblici, a partire, in primis, dal sistema
previdenziale, del sistema bancario pubblico (banco do Brasil, Caixa
Economica) per terminare com quella del sistema penitenziaro, a modello
della tanto ammirata (dalla classe agiata) societá statunitense.
Ma il
boccone dei bocconi, difeso in questi anni strenuamente sia da Lula che
da Dilma, é rappresentato dallo smembramento della petrolifera statale
Petrobras, non a caso protagonista di tanti scandali montati ad arte.
I
cui ricchissimi diritti di estrazione sono giá stati promessi dal leader
tucano Serra alla Chevron. Mi ritornano in mente l´Eni di Mattei e il
“carrozzone” dell´IRI, ma questa é un´altra storia di altri tempi, di
altra nazione, l´analogia non ciazzecca...o forse sí?
azul
maxcanoa
Newbie
Oggetto: concordo
Sono quasi nove anni che vivo in Brasile, analisi perfetta.
Complimenti vivissimi.
deca
Cambio di regime in Brasile?
Le proteste finanziate da fondazioni sionamericane
Catherine Osborn, Global Research
Ad
ogni crisi politica in Brasile, oggi si tratta dell’ex-presidente Lula
che lotta per avere un posto nel governo della Presidentessa Dilma
Rousseff, c’è un gruppo famigliare di protagonisti che non sono né
politici né investigatori anticorruzione.
Sono giovani dimostranti di
destra, e possono essere una forza sovversiva nel caso il Congresso del
Brasile voti per mettere sotto accusa l’attuale presidentessa. Lo
studente d’ingegneria Pedro Souto guidava il camion con gli
altoparlanti, indossando una bandiera brasiliana come un mantello di
Superman, durante le proteste di Rio. Più di 200.000 persone si è detto.
L’autocarro aveva lo striscione del Movimento Brasile Libero, uno dei
principali gruppi ad organizzare le proteste del 13 marzo e che continua
ad invocare la piazza ad ogni novità del dramma politico del Brasile
(che ora si hanno tutti i giorni). Il Movimento Brasile Libero fu
fondato da soci e studenti di un altro gruppo che si diffonde
rapidamente nel Paese: “Estudantes Pela Liberdade”, e libertà
nel senso libertario: riduzione della spesa pubblica, privatizzazione
delle imprese statali e riduzione della regolamentazione.
Tali politiche
sono ben lungi dall’essere adottate nel Brasile di oggi. Come molti
Paesi dell’America Latina, il Brasile è uno stato sociale con assistenza
sanitaria universale e molte aziende di proprietà del governo. Ma negli
ultimi decenni i think tank pro-mercato ed anti-regolazione
avanzano nella regione. L’economista Bernardo Santoro fa parte di tale
movimento in Brasile. Ricorda di aver partecipato a un evento nello
Stato di Rio de Janeiro nel 2012, organizzato in parte dalla Rete Atlas.
I partecipanti parlarono del futuro del libertarismo in Brasile, un brainstorming “di idee su come il movimento in Brasile sarebbe cresciuto, ed Estudantes Pela Liberdade del Brasile fu una di queste idee“, Rete Atlas
e Studenti per la Libertà fanno base negli Stati Uniti ed hanno
ricevuto decine di migliaia di dollari di finanziamenti negli ultimi
cinque anni, provenienti da fondazioni statunitensi come John Templeton Foundation e Charles Koch Foundation, gruppo miliardario noto per il supporto alle cause di estrema destra.
Dettagli sulla John Templeton Foundation:
Il
ramo in Brasile di Studenti per la Libertà veniva sovvenzionato da
donatori statunitensi, ma oggi il gruppo è in gran parte finanziato in
Brasile, secondo il direttore Juliano Torres. Ed è grande, con più di
mille membri. Ora, circa la metà dei membri di Studenti per la Libertà
nel mondo, che ricevono materiali su come pianificare manifestazioni,
raccogliere fondi e parlare in pubblico, è brasiliana.
Una manciata si è
recò negli Stati Uniti per corsi di formazione, e molti discutono di
politica economica avendo come riferimenti il Cato Institute e
il senatore degli Stati Uniti Rand Paul. Torres ha detto che il
movimento libertario è cresciuto così tanto in Brasile perché “abbiamo approfittato dell’impopolarità della presidentessa e del Partito dei Lavoratori“.
Nel 2014, l’economia brasiliana rallentò e cominciò a contrarsi in modo
drammatico, e i giornali accusavano il Partito dei Lavoratori di
coinvolgimento nella corruzione di Petrobras. “Studenti per libertà non è un’organizzazione politica“, dice Torres, “ma incoraggia i nostri membri politicamente attivi“.
Nel 2014, membri di Studenti per la Libertà fondavano il Movimento
Brasile Libero e contribuirono a fondare il movimento Vem Pra Rua per
protestare contro Rousseff.
Rousseff non è interessata dalle indagini
anticorruzione di Petrobras, ma da marzo 2015 il Movimento
Brasile Libero cerca di fare pressioni per metterla sotto accusa in
favore di un presidente filo-liberista. A dicembre, il portavoce della
Camera Eduardo Cunha, del PMDB, ne avanzava l’impeachment per uso
illegale di denaro nel bilancio 2014. Studenti per la Libertà
orgogliosamente presenta le proteste antigovernative in Brasile nel
numero della sua rivista di fine 2015. “Di
ciò che succede in Brasile in questo momento vogliamo saperne e
vogliamo capire come adottarne i metodi migliori in altri luoghi“,
dice il coordinatore di Studenti per la Libertà Sam Teixeira.
Teixeira
dice che nelle situazioni politiche in cui il governo è impopolare, è
più facile sostenere l’apertura ai mercati come soluzione. Infine”, dice
Teixeira, “vogliamo vedere le persone stare bene bene, felici e
prospere. Poter vivere la vita che vogliono e in autonomia. Queste sono
cose che non esistono in Brasile e in molte parti del mondo. Ci
auguriamo e crediamo che la filosofia libertaria possa portare
prosperità e felicità al mondo“.
Il politologo Celso Barros, editorialista del quotidiano Folha de São Paulo, dice che “la
maggior parte dei brasiliani non voterebbe mai le politiche libertarie.
Tutto quello che dovete fare è camminare nella favela più vicina per
trovare qualcuno che vi spiega che siamo molto lontani dalla
meritocrazia in Brasile“. Barros dice che alcune riforme economiche
sono necessarie per facilitare gli affari in Brasile.
Ma aggiunge che
la crescente probabilità che la Presidentessa Rousseff non finisca il
mandato, con l’impeachment o una sentenza sulle finanze della sua
campagna del 2014, significa che nel breve periodo i brasiliani
probabilmente subiranno politiche economiche più dure di quanto
accetterebbero con un normale processo elettorale. Il PMDB assumerebbe
la presidenza del Brasile nel caso d’impeachment, un partito che,
secondo Barros “è ben noto per l’inefficienza e per essere corrotto“.
Il PMDB ha discretamente varato la piattaforma economica più a destra
della sua storia. A proposito di cambiamenti concreti che probabilmente
si vedranno, “la destra vorrebbe avere meno normativa sul lavoro“, dice Barros. “Gli piacerebbe che i sindacati siano meno potenti“.
Bernardo Santoro dice che indipendentemente da chi assumerà la prossima
presidenza, il Movimento Brasile Libero continuerà a sostenere la
riduzione del peso del governo.
Per Barros, ciò che è più preoccupante
quale precedente per la futura stabilità del Brasile, è che Rousseff sia
accusata da ciò che descrive come ‘accuse deboli’. Ed anche lui vede
un’eco della politica statunitense nei capi del gruppo giovanile che
guida la richiesta d’impeachment: “Questi ragazzi chiaramente s’ispirano al Tea Party e alla recente radicalizzazione del partito repubblicano“. Barros dice che il futuro del Brasile è ignoto.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Rafael Correa lancia l'allarme:
«Un nuovo Plan Cóndor contro i governi progressisti»
Attraverso un nuovo 'Plan Cóndor' si vuole destabilizzare la regione e rovesciare i governi progressisti che hanno avuto l'ardire di ribellarsi e liberarsi dalle nefaste politiche neoliberiste imposte dai cani da guardia del capitale internazionale (leggasi servi della sinarchia sionista).
Questa la denuncia del presidente ecuadoriano Rafael Correa. «Attualmente non vi è più bisogno di dittature militari – accusa Correa – ma di giudici sottomessi».
Prima di procedere con l'analisi di Rafael Correa bisogna ricordare che
il 'Plan Cóndor' fu un'operazione che prevedeva il coordinamento tra le
azioni delle dittature di destra in vari paesi del Sudamerica
(Argentina, Cile, Ecuador, Paraguay, Uruguay, Bolivia e Perù) negli anni
70' e 80', con il coinvolgimento degli immancabili Stati Uniti
d'America teleguidati dal Gran Sinedrio mondiale.
In riferimento ai recenti fatti in Brasile, così come quanto avviene in Venezuela, Correa accusa: «Credete
sia solo una casualità?
Questo è il nuovo 'Plan Cóndor' contro i
governi progressisti. Attualmente non vi è più bisogno di dittature
militari, ma di giudici sottomessi, di una stampa corrotta che ha il
coraggio di pubblicare conversazioni private, circostanza assolutamente
illegale».
Il presidente ecuadoriano continua andando a toccare il punto nevralgico della questione: «Vogliono rompere l'ordine costituzionale, rimuovere un presidente democraticamente eletto».
Aggiungendo che quanto accaduto all'ex presidente Lula Da Silva risponde a un copione già visto in America Latina: «Lo
stesso è stato fatto con l'ex presidente dell'Argentina Cristina
Fernández de Kirchner, con gli attuali presidenti di Bolivia e
Venezuela, Morales e Maduro, con Benedetto Craxi, io stesso sono stato vittima di questa
campagna diffamatoria».
Infine, Correa ha denunciato che la destra sionista «ha sete di vendetta,
perché per dieci anni non ha potuto alzare il telefono come faceva una
volta per impartire ordini a un presidente. Così, ha sete di vendetta,
vuole non solo distruggere quanto si è costruito, ma perseguitare e
massacrare quelli che hanno osato sfidare il suo potere».
Stati Uniti e Colombia:
Complotto contro il Venezuela
Nil Nikandrov Strategic Culture Foundation
“Airtec
Inc. si è aggiudicata un contratto per intelligence, sorveglianza e
ricognizione (ISR) a supporto del Comando Sud degli Stati Uniti.
L’accordo dovrebbe essere completato nel settembre 2018. Il contraente
dovrà fornire servizi ISR utilizzando un Bombardier DHC- 8/200. Secondo
José Vicente Rangel, giornalista venezuelano, il velivolo sarà dotato di
attrezzature all’avanguardia per sorvegliare efficacemente le zone di
confine del Venezuela“.
I servizi speciali degli Stati Uniti adottano notevoli sforzi per istigare le tensioni nella “zona di conflitto” al confine tra i due Stati. Ci sono forze nella leadership politica e militare colombiana pronte ad aiutare Washington nelle operazioni sovversive contro il “principale avversario regionale”. Il presidente colombiano Juan Manuel Santos, “seguace dei magnati”, ha detto molte volte che sostiene ulteriori progressi nel “rapporto speciale” con Washington, compresi i legami militari.
Santos ritiene che il dispiegamento di sette strutture militari statunitensi sul suolo colombiano sia un passo nell’impegno militare colombiano nelle attività della NATO. Bogotà è parte integrante del piano degli Stati Uniti per ripristinare le posizioni dominanti nella regione. La Colombia viene utilizzata per minare il processo d’integrazione latinoamericana e caraibica. Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, mostra grande tolleranza alle azioni ostili intraprese dalla Colombia. Supervisori statunitensi non si sforzano particolarmente di nascondere il loro coinvolgimento.
L’intenzione è evidente, l’opposizione cerca di dimostrare che il governo del Maduro non può rilanciare l’economia nazionale, né riempire i negozi venezuelani per soddisfare le legittime richieste dei consumatori. Il sabotaggio interno è aiutato dai contrabbandieri che operano sul territorio colombiano. Sforzi congiunti sono necessari per combattere il contrabbando, ma le guardie di frontiera colombiane non fanno nulla per interrompere i criminali spesso facenti capo a ex-paramilitares delle UAC (Autodefensas Unidas de Colombia). Secondo il controspionaggio venezuelano, i loro capi collaborano con il potere colombiano.
I combattenti delle AUC hanno recentemente inscenato una provocazione nei pressi del confine. Hanno teso un agguato a una pattuglia del Venezuela alla ricerca di contrabbandieri. Colpi furono sparati e tre militari gravemente feriti. Il Presidente Maduro ha immediatamente introdotto lo stato di emergenza nelle zone vicine al confine con la Colombia (lo stato di Táchira) e sigillato il confine per un periodo indefinito. Polizia e militari sono stati inviati a ricercare gli aggressori.
Il Venezuela ha lanciato le operazioni per individuare le basi dei paramilitares, i bunker che servono come prigioni dei rapiti e nascondigli delle merci di contrabbando. Trentacinque militanti sono stati arrestati finora. Gli interrogatori hanno fornito informazioni sui crimini perpetrati dai paramilitares in Venezuela, tra cui anche alcuni cimiteri segreti. Maduro ha detto che i risultati delle attività di criminali e formazioni armate rivela una verità orribile e lui, da presidente, ha l’obbligo di farla finita con tale male in Venezuela.
La sua posizione ferma è giustificata. La guerra economica contro il Venezuela è arrivato al punto in cui prodotti alimentari essenziali, prodotti igenici e medicinali evaporano dai negozi presso le zone di confine. Tutto esce dal Paese, vestiti, scarpe, parti di automobili, pneumatici e attrezzature petrolifere. Stazioni di servizio sono a corto di carburante.
I prezzi della benzina sono estremamente bassi in Venezuela.
Ci vogliono solo 2 dollari per riempire un serbatoio. Ecco perché grandi quantità di combustibile venezuelano finiscono in Colombia lungo tutto il confine. Secondo i dati ufficiali, la cittadina di San Cristobal, capitale di Táchira, “consuma” più benzina di Caracas.
Si è andato oltre. La situazione ha raggiunto il punto in cui il contrabbando di benzina porta più profitto ai paramilitares colombiani del narcotraffico!
Il contrabbando prospera perché c’è grande differenza tra i prezzi dei beni di consumo (il Venezuela assegna sussidi per abbassare i prezzi). Il tasso del bolivar, la valuta del Venezuela, è utilizzato per grandi truffe. La città colombiana di Cúcuta è il centro delle attività sovversive finanziarie ed economiche. Vanta tremila cambiavalute. La strategia generale è svalutare il bolivar, che si traduce nell’impoverimento della popolazione e nel crescente malcontento in Venezuela. Cúcuta ha sempre giocato un ruolo importante nei piani dei cospiratori.
La Defense Intelligence Agency e la Central Intelligence Agency degli Stati Uniti vi sono attive. Questo è il luogo in cui le cellule radicali dell’opposizione venezuelana vengono istruite. I capi dei tre gruppi costituiti per attività anti-venezuelane: El Centro de Pensamiento Primero Colombia, FTI Consulting (Forensic Technologies International) e La Fundación Internacionalismo Democrático, vi si riuniscono.
La cospirazione anti-venezuelana è guidata dall’ex-presidente colombiano Alvaro Uribe, reclutato dalla CIA a metà degli anni ’80. L’Agenzia ha utilizzato informazioni dannose. Era il numero 82 sulla lista degli spacciatori preparata dall’US Drug Enforcement Administration. Durante tutti gli otto anni del suo mandato presidenziale, Uribe fu coinvolto in attività sovversive contro Hugo Chavez cercando d’isolare il “regime bolivariano” nell’emisfero occidentale. Con buona ragione, i servizi segreti venezuelani lo considerano la figura chiave nel complotto degli USA per rovesciare il “governo Maduro”.
Il governo Sanchez della Colombia gode del sostegno dei media occidentali, soprattutto di New York Times e Washington Post. I loro editoriali dicono essenzialmente la stessa cosa, diffondendo l’idea che il “problema del confine” con la Colombia sia stato “inventato da Maduro”, e che tale clamore venga sollevato per sostenere il presidente venezuelano prima delle elezioni parlamentari. Non una parola è detta sui cinque milioni e mezzo di colombiani residenti in Venezuela, parte rifugiati da guerra civile, attività dei paramiltares, trafficanti di droga e contrabbandieri che operano sul suolo colombiano.
Il Ministero degli Esteri del Venezuela è andato diritto quando ha rivelato lo scopo di tali pubblicazioni. Secondo il ministero, rientra in un altro complotto inscenato dai media statunitensi contro il Venezuela e la rivoluzione bolivariana. Roy Chaderton, l’Ambasciatore del Venezuela presso l’Organizzazione degli Stati Americani, ha detto che media colombiani come El Tiempo, le stazioni radio RCN e Caracol e i canali televisivi, così come la CNN in lingua spagnola, incitano all’odio verso il Venezuela e il suo popolo.
Secondo lui, tale campagna di odio potrebbe portare alla guerra. Tale scenario è stato evitato perché i leader venezuelani adottano modelli di comportamento piuttosto diversi dando “segnali positivi” alla Colombia. L’ambasciatore ha invitato tutti i diplomatici accreditati presso l’Organizzazione degli Stati Americani a non fidarsi dei media colombiani che conducono una guerra di quarta generazione.
Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha rilasciato una dichiarazione sulla chiusura della frontiera sottolineando l’aspetto umanitario del problema e raccomandando di normalizzare la situazione con l’aiuto delle organizzazioni regionali. Ha detto che i diplomatici degli Stati Uniti sono pronti a contribuire a lanciare un dialogo.
Ma ci sono diversi tipi di diplomatici. Ad esempio, secondo Contrainjerencia, sito web di tutto rispetto, Kevin M. Whitaker, l’ambasciatore statunitense in Colombia, era il capo della stazione CIA in Venezuela nel 2006.
E’ difficile credere che Whitaker e simili facciano davvero qualcosa di positivo, avendo missioni molto diverse.
I servizi speciali degli Stati Uniti adottano notevoli sforzi per istigare le tensioni nella “zona di conflitto” al confine tra i due Stati. Ci sono forze nella leadership politica e militare colombiana pronte ad aiutare Washington nelle operazioni sovversive contro il “principale avversario regionale”. Il presidente colombiano Juan Manuel Santos, “seguace dei magnati”, ha detto molte volte che sostiene ulteriori progressi nel “rapporto speciale” con Washington, compresi i legami militari.
Santos ritiene che il dispiegamento di sette strutture militari statunitensi sul suolo colombiano sia un passo nell’impegno militare colombiano nelle attività della NATO. Bogotà è parte integrante del piano degli Stati Uniti per ripristinare le posizioni dominanti nella regione. La Colombia viene utilizzata per minare il processo d’integrazione latinoamericana e caraibica. Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, mostra grande tolleranza alle azioni ostili intraprese dalla Colombia. Supervisori statunitensi non si sforzano particolarmente di nascondere il loro coinvolgimento.
L’intenzione è evidente, l’opposizione cerca di dimostrare che il governo del Maduro non può rilanciare l’economia nazionale, né riempire i negozi venezuelani per soddisfare le legittime richieste dei consumatori. Il sabotaggio interno è aiutato dai contrabbandieri che operano sul territorio colombiano. Sforzi congiunti sono necessari per combattere il contrabbando, ma le guardie di frontiera colombiane non fanno nulla per interrompere i criminali spesso facenti capo a ex-paramilitares delle UAC (Autodefensas Unidas de Colombia). Secondo il controspionaggio venezuelano, i loro capi collaborano con il potere colombiano.
I combattenti delle AUC hanno recentemente inscenato una provocazione nei pressi del confine. Hanno teso un agguato a una pattuglia del Venezuela alla ricerca di contrabbandieri. Colpi furono sparati e tre militari gravemente feriti. Il Presidente Maduro ha immediatamente introdotto lo stato di emergenza nelle zone vicine al confine con la Colombia (lo stato di Táchira) e sigillato il confine per un periodo indefinito. Polizia e militari sono stati inviati a ricercare gli aggressori.
Il Venezuela ha lanciato le operazioni per individuare le basi dei paramilitares, i bunker che servono come prigioni dei rapiti e nascondigli delle merci di contrabbando. Trentacinque militanti sono stati arrestati finora. Gli interrogatori hanno fornito informazioni sui crimini perpetrati dai paramilitares in Venezuela, tra cui anche alcuni cimiteri segreti. Maduro ha detto che i risultati delle attività di criminali e formazioni armate rivela una verità orribile e lui, da presidente, ha l’obbligo di farla finita con tale male in Venezuela.
La sua posizione ferma è giustificata. La guerra economica contro il Venezuela è arrivato al punto in cui prodotti alimentari essenziali, prodotti igenici e medicinali evaporano dai negozi presso le zone di confine. Tutto esce dal Paese, vestiti, scarpe, parti di automobili, pneumatici e attrezzature petrolifere. Stazioni di servizio sono a corto di carburante.
I prezzi della benzina sono estremamente bassi in Venezuela.
Ci vogliono solo 2 dollari per riempire un serbatoio. Ecco perché grandi quantità di combustibile venezuelano finiscono in Colombia lungo tutto il confine. Secondo i dati ufficiali, la cittadina di San Cristobal, capitale di Táchira, “consuma” più benzina di Caracas.
Si è andato oltre. La situazione ha raggiunto il punto in cui il contrabbando di benzina porta più profitto ai paramilitares colombiani del narcotraffico!
Il contrabbando prospera perché c’è grande differenza tra i prezzi dei beni di consumo (il Venezuela assegna sussidi per abbassare i prezzi). Il tasso del bolivar, la valuta del Venezuela, è utilizzato per grandi truffe. La città colombiana di Cúcuta è il centro delle attività sovversive finanziarie ed economiche. Vanta tremila cambiavalute. La strategia generale è svalutare il bolivar, che si traduce nell’impoverimento della popolazione e nel crescente malcontento in Venezuela. Cúcuta ha sempre giocato un ruolo importante nei piani dei cospiratori.
La Defense Intelligence Agency e la Central Intelligence Agency degli Stati Uniti vi sono attive. Questo è il luogo in cui le cellule radicali dell’opposizione venezuelana vengono istruite. I capi dei tre gruppi costituiti per attività anti-venezuelane: El Centro de Pensamiento Primero Colombia, FTI Consulting (Forensic Technologies International) e La Fundación Internacionalismo Democrático, vi si riuniscono.
La cospirazione anti-venezuelana è guidata dall’ex-presidente colombiano Alvaro Uribe, reclutato dalla CIA a metà degli anni ’80. L’Agenzia ha utilizzato informazioni dannose. Era il numero 82 sulla lista degli spacciatori preparata dall’US Drug Enforcement Administration. Durante tutti gli otto anni del suo mandato presidenziale, Uribe fu coinvolto in attività sovversive contro Hugo Chavez cercando d’isolare il “regime bolivariano” nell’emisfero occidentale. Con buona ragione, i servizi segreti venezuelani lo considerano la figura chiave nel complotto degli USA per rovesciare il “governo Maduro”.
Il governo Sanchez della Colombia gode del sostegno dei media occidentali, soprattutto di New York Times e Washington Post. I loro editoriali dicono essenzialmente la stessa cosa, diffondendo l’idea che il “problema del confine” con la Colombia sia stato “inventato da Maduro”, e che tale clamore venga sollevato per sostenere il presidente venezuelano prima delle elezioni parlamentari. Non una parola è detta sui cinque milioni e mezzo di colombiani residenti in Venezuela, parte rifugiati da guerra civile, attività dei paramiltares, trafficanti di droga e contrabbandieri che operano sul suolo colombiano.
Il Ministero degli Esteri del Venezuela è andato diritto quando ha rivelato lo scopo di tali pubblicazioni. Secondo il ministero, rientra in un altro complotto inscenato dai media statunitensi contro il Venezuela e la rivoluzione bolivariana. Roy Chaderton, l’Ambasciatore del Venezuela presso l’Organizzazione degli Stati Americani, ha detto che media colombiani come El Tiempo, le stazioni radio RCN e Caracol e i canali televisivi, così come la CNN in lingua spagnola, incitano all’odio verso il Venezuela e il suo popolo.
Secondo lui, tale campagna di odio potrebbe portare alla guerra. Tale scenario è stato evitato perché i leader venezuelani adottano modelli di comportamento piuttosto diversi dando “segnali positivi” alla Colombia. L’ambasciatore ha invitato tutti i diplomatici accreditati presso l’Organizzazione degli Stati Americani a non fidarsi dei media colombiani che conducono una guerra di quarta generazione.
Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha rilasciato una dichiarazione sulla chiusura della frontiera sottolineando l’aspetto umanitario del problema e raccomandando di normalizzare la situazione con l’aiuto delle organizzazioni regionali. Ha detto che i diplomatici degli Stati Uniti sono pronti a contribuire a lanciare un dialogo.
Ma ci sono diversi tipi di diplomatici. Ad esempio, secondo Contrainjerencia, sito web di tutto rispetto, Kevin M. Whitaker, l’ambasciatore statunitense in Colombia, era il capo della stazione CIA in Venezuela nel 2006.
E’ difficile credere che Whitaker e simili facciano davvero qualcosa di positivo, avendo missioni molto diverse.
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line Strategic Culture Foundation
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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