ONG sempre più aggressive:
da taxi del mare, a pirateria umanitaria
L’arroganza umanitaria, gli arrembaggi pirateschi
contro la Guardia Costiera Libica, le strategiche scomparse dai radar e
la presunta impunità per superiorità morale dei “salvatori di vite
umane”.
di Francesca Totolo
Tutto è cambiato in seguito all’accordo del luglio scorso siglato da Paolo Gentiloni e dal Presidente al-Serraj, e dopo l’introduzione del Codice di Condotta delle ONG del Ministro Minniti.
Certamente sono cresciute sia l’arroganza delle organizzazioni non governative attive nelle operazioni di ricerca e “salvataggio”
davanti alle coste libiche, sia la loro presunta superiorità morale che
le rende refrattarie ad ogni tipo di codice e legge invocando. A tutto
ciò, si aggiungono le sempre maggiori pressioni istituzionali delle
organizzazioni internazionali finanziate dal solito George Soros, come Amnesty International e Human Rights Watch.
L’intesa tra Gentiloni e al-Serraj, sostenuta anche
dall’Unione Europea, ha stabilito che la Libia tornasse in possesso
della propria zona SAR di competenza, e conseguentemente l’invio dei
fondi e dei mezzi necessari per presidiare le coste e per combattere i
trafficanti di esseri umani. La formazione degli uomini della Guardia
Costiera Libica è stata delegata alla nostra Guardia Costiera in
collaborazione con EUNAVFORMED Operazione Sophia, e prevede
l’istituzione di un MRCC a Tripoli.
Partiamo da un veloce resoconto sul dopo Codice Minniti
per meglio inquadrare la situazione attuale a proposito delle
organizzazioni non governative.
Medici Senza Frontiere si è prontamente e
tempestivamente ritirata dalla missione nel Mediterraneo fornendo però
personale medico-sanitario a bordo della nave Aquarius di SOS
Mediterranee. Lo stesso ha fatto la maltese MOAS dei discussi coniugi Catrambone, che hanno deciso di trasferire navi e fondi a favore dei profughi Rohingya del Myanmar.
Save The Children ha concluso le operazioni di
ricerca e salvataggio nel mese di ottobre, in seguito alla perquisizione
della nave Vos Hestia, dove le autorità hanno rintracciato il “tariffario dei salvataggi” e indagato il comandante Marco Amato. (clicca per ingrandire)
All’inizio del mese di agosto, la tedesca e radicale ONG, Jugend Rettet,
è stata accusata del reato di favoreggiamento dell’immigrazione
dall’allora Procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio. Le conseguenze
sono state il sequestro immediato della nave Iuventa e tre avvisi
di garanzia indirizzati a tre responsabili dell’organizzazione.
Certamente non dei ferventi sostenitori delle istituzione italiane:
basta ricordare la scritta “F**K IMRCC” (Maritime Rescue
Coordination Centre di Roma) posizionata sulla prua della nave, e il
discutibile saluto del capo missione della ONG, Sascha Gierke, alla
Guardia Costiera italiana dopo un’ispezione avvenuta a Lampedusa.
Nella medesima inchiesta figura anche Padre Mosè Mussie Zerai, amico e collaboratore di Vittorio Longhi, ex fidanzato di Laura Boldrini.
L’allora Presidente della Camera, nel 2013, ricevette con tutti gli
onori del caso Zerai accompagnato da uno stuolo di attivisti pro “regime
change” eritreo. La solita occidentale “esportazione di democrazia”.
Il 24 aprile la Corte di Cassazione non ha accolto il
ricorso di Jugend Rettet: la nave Iuventa rimane sotto sequestro e le
indagini della Procura di Trapani proseguono.
Al momento sono quattro le organizzazioni non governative
attive davanti alle coste libiche: SOS Mediterranee, Sea Watch, Sea-Eye e
Proactiva Open Arms. L’ultima arrivata, la tedesca Mission Lifeline, rimane ancorata nel porto di Malta per mancanza dei fondi necessari per una nuova missione.
Mission Lifeline è stata fondata da Axel Steier, attivista dell’estrema sinistra radicale tedesca e già indagato dalla Procura di Brema
per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; l’organizzazione ha
iniziato la sua missione nell’autunno scorso senza aver sottoscritto il
Codice Minniti.
SOS Mediterranee è un’organizzazione italo-franco-tedesca presieduta da Francis Vallat,
presidente di diverse lobby del settore della marina commerciale
europea e di una società assicurativa, con sede legale nel famoso
paradiso fiscale delle Bermuda, che opera nel mercato degli armatori
internazionali. Non sono note le fonti di finanziamento della ONG che le
hanno permesso di operare dal 2016 nelle milionarie missioni davanti
alle coste libiche. Il costo stimato per un solo giorno di
pattugliamento con la nave Aquarius si aggira sugli 11.000 euro.
Sea Watch è organizzazione non governativa tedesca dalle caratteristiche quantomeno estremiste.
Dopo l’uscita di scena di Medici Senza Frontiere, i tedeschi hanno da
loro acquistato la nave Dignity 1 perché più grande rispetto a quella
precedente e, quindi, ritenuta più adatta al trasporto di un maggior
numero di migranti. Nel contempo, hanno comprato anche l’aereo Moonbird
(lo stesso in dotazione all’aviazione militare maltese) per le
operazioni di monitoraggio dall’alto, grazie anche alla donazione di
100.000 euro della Chiesa Evangelica Tedesca.
Ovviamente non sono disponibili né bilanci né liste dei sostenitori,
una mancanza totale di trasparenza degli umanitari tedeschi.
Due figure rilevanti dell’organizzazione però
caratterizzano la sua condotta in mare decisamente sopra le righe. Il
capitano della nave di Sea Watch è Pia Klempt, ex comandante delle motovedette speronatrici di baleniere di Sea Sheperd, e il responsabile media Ruben Neugebauer. Quest’ultimo è stato sia legale rappresentante di Peng Berlin, associazione radicale tedesca finanziatrice di Fluchthelfer che
gestisce la rete di “agent escape” in Europa che aiutano gli immigrati
irregolari a oltrepassare i confini, sia il produttore del relativo video promozionale. Quasi una filiera dell’immigrazione indotta.
La condotta di Sea Watch davanti alle coste libiche sfocia nella “pirateria umanitaria” ingaggiata ai danni della stessa sicurezza nei salvataggi dei migranti.
Contravvenendo agli ordini della MRCC di Roma di tenersi a
debita distanza dalla zona dove la Guardia Costiera Libica stava
portando a termine i trasbordi delle persone recuperate dai barconi alla
deriva, Sea Watch è ostinatamente intervenuta causando il caos tra i
migranti consci che l’organizzazione li avrebbe portati in Italia.
Questo è successo in due diverse occasioni; l’ultima il 22 aprile per
fortuna senza conseguenze grazie al buon senso dei libici. Non è stato
lo stesso però il 6 novembre scorso, quando 5 migranti sono morti
affogati cercando di raggiungere il gommone dell’organizzazione tedesca.
Il discutibile atto di “pirateria umanitaria” di Sea Watch ha mobilitato anche l’Ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone che, ai microfoni di RaiNews,
ha dichiarato: “La competizione ONG-Guardia Costiera Libica crea
situazioni di pericolo.(…) All’arrivo della Guardia Costiera Libica, se è
presente la nave di una ONG, molti si gettano in mare. Ma la Guardia
Costiera di Tripoli agisce in un quadro di legalità internazionale”.
L’appello al rispetto degli ordini impartiti alle ONG è stato ribadito
anche dall’Ambasciatore Perrone in un post su Twitter.
Sea-Eye è l’ennesima ONG tedesca operante nelle
operazioni di ricerca e salvataggio davanti alle coste della Libia con
due pescherecci riadattati, Sea-Eye e Seefuchs. La particolarità di
questa organizzazione è quella di aver organizzato delle vere e proprie crociere turistiche “con salvataggio migranti incluso” per danarosi borghesi tedeschi.
Proactiva Open Arms, l’organizzazione non governativa spagnola fondata dal bagnino Oscar Camps, è stata indagata dal Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro,
per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dopo essersi
rifiutata di riconsegnare i migranti alla Guardia Costiera Libica e per
non aver acconsentito allo sbarco degli stessi a Malta proseguendo
cocciutamente per Pozzallo. Per competenza territoriale, l’inchiesta è
poi passata alla Procuratore di Ragusa; lo scorso 16 aprile, il Gip Giovanni Giampiccolo, membro attivo di Magistratura Democratica,
ha disposto il dissequestro della nave Open Arms, che a breve tornerà
attiva davanti alle coste libiche affiancando l’altra imbarcazione di
Proactiva Open Arms, la Astral. Quest’ultima è stata donata
all’organizzazione di Camps dall’italiano Livio Lo Monaco, proprietario
di Grupo Lo Monaco leader dei materassi in Spagna.
Lo scorso fine settimana, le navi delle quattro ONG appena
elencate erano tutte schierate, per la prima volta nel 2018, davanti
alle coste della Libia. Questo ha segnato un esodo di massa: 1.500
migranti sbarcati nei porti siciliani. È stato fondamentale anche
l’aereo Moonbird di Sea Watch che ha segnalato molti dei barconi.
Il nuovo modus operandi delle operazioni di “salvataggio”
ha già visto gravi violazioni al Codice di Navigazione e al Codice
Minniti: alcune ONG operano con transponder spento (o guasto) come la
Astral di Proactiva Open Arms e SOS Mediterranee, che sembrerebbe
attivarlo solo come segnale di “richiamo”; altre, come Sea Watch,
ingaggiano una lotta piratesca “all’ultimo migrante” con la Guardia
Costiera Libica, con le conseguenze già citate; altre, come Sea-Eye e
Sea Watch, sembrano richiamare l’attenzione dei trafficanti con un
andirivieni simile al “canto delle sirene” in prossimità della zona di Gasr Garabulli, ancora controllata dalle milizie facilitatrici degli scafisti.
La nemica comune è diventata la Guardia Costiera Libica,
rea di riportare i migranti in Libia diventata, nella retorica
immigrazionista, l’inferno sulla terra. Ora le amate “risorse” delle ONG non scappano più “dalla fame e dalla guerra” dei Paesi di origine ma dalla Libia e dai centri di detenzione definiti campi di concentramento.
Per smentire la nuova narrazione degli umanitari, basta
ricordare che nei centri di detenzione governativi operano attivamente
dall’estate scorsa due agenzie delle Nazioni Unite: IOM e UNHCR.
La IOM Libya è riuscita anche a rimpatriare più di 15 mila migranti in soli 3 mesi, grazie al programma “Assisted Voluntary Return and Reintegration”, in accordo con l’Unione Africana e le autorità libiche, e con il supporto dell’Unione Europea.
Con buona pace della propaganda immigrazionista in Italia.
deca
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