INTRODUZIONE A NOOMACHÌA
LEZIONE 1
NOOLOGIA : LA DISCIPLINA FILOSOFICA
DELLE STRUTTURE DELL’INTELLETTO
Aleksandr Gel'evič Dugin (in russo: Александр Гельевич Дугин; Mosca, 7 gennaio 1962) è un politologo e filosofo russo.
Dugin sviluppa il pensiero di Martin Heidegger, specialmente il concetto geofilosofico del Dasein, come centro mondificante al contempo universale e particolare, uno e molteplice, coniugandolo con il pensiero della scuola tradizionalista, ossia René Guénon e Julius Evola.
Dugin sviluppa il pensiero di Martin Heidegger, specialmente il concetto geofilosofico del Dasein, come centro mondificante al contempo universale e particolare, uno e molteplice, coniugandolo con il pensiero della scuola tradizionalista, ossia René Guénon e Julius Evola.
Dugin ha svolto un ruolo essenziale nella filosofia della Russia dopo la caduta del Muro di Berlino, traducendo e contestualizzando i succitati autori. Il testo più importante di Dugin, sintesi del suo pensiero, è La quarta teoria politica (pubblicato in inglese come The Fourth Political Theory).
Quella
che segue è la prima di dieci lezioni tenute dal Professor Aleksandr Dugin a Belgrado (marzo 2018) nell’ambito della scuola di geopolitica
serba e dedicate all’introduzione al progetto Noomachìa. Trascrizione e
traduzione a cura di Donato Mancuso --
YouTube video: https://youtu.be/D90G1Efx950
Noomachìa è un progetto fondato su un peculiare approccio filosofico-metafisico: la Noologia
1. Noologia come scienza della molteplicità del pensiero umano
Il termine Noologia designa una nuova disciplina filosofica. Noologia
è un neologismo derivante da due termini greci: νοῦς (“nous”) e λόγος
(“logos”). Logos indica la parola, il discorso o l’indagine. Quindi, la
Noologia è la disciplina che studia il Nous.
Ma cos’è il Nous?
Lo si può
tradurre con mente o intelletto, o ancora coscienza. Un qualcosa che
giace nelle profondità della mente umana. Sorge dunque spontanea la
domanda: cosa si intende per umano?
L’uomo è un essere che si differenzia da ogni altro nel mondo per una
sola cosa: il pensiero. Ogni altra qualità è condivisa con gli altri
esseri viventi, ma il pensiero costituisce un’esclusiva dell’essere
umano, il quale può essere quindi definito come una creatura pensante o
essere pensante.
Di conseguenza, il pensiero è per definizione umano.
Tutti i viventi hanno un corpo e diverse istanze ad esso correlate
(tutti proviamo dolore fisico, piacere fisico, e così via), ma nessuna
creatura eccetto noi nel mondo vivente dispone di un intelletto ed è in
grado di pensare. Il pensiero o Nous, allora, costituisce l’essenza
dell’uomo.
Tutti gli altri aspetti della vita sono comuni all’uomo
quanto alle altre creature ma il pensiero, l’intelletto, è un aspetto
unico dell’uomo ed è ciò che ci rende umani. Essere un umano significa
essere una creatura pensante. Così, il Nous è la radice più profonda
dell’essere umano, dell’umanità. Noi siamo umani perché vi è in noi il
Nous.
Quindi indagare sul Nous – Noologia – significa esplorare non un tipo
di oggetto alienato ma noi stessi. Riflettere sul Nous significa
riflettere su noi stessi, sulla nostra più profonda natura. Non si
tratta di qualcosa di astratto, bensì di una sorta di introspezione
volta a conoscere le più remote profondità del nostro essere, l’essenza
dell’uomo.
Possiamo presentare l’essere umano sotto diversi punti di vista. La
Noologia presenta l’uomo dal punto di vista della sua essenza. Si tratta
in definitiva dello studio del pensiero propriamente detto.
La Noologia costituisce anche la base filosofica del multipolarismo
poiché l’idea sottostante la Noologia è che non esiste un solo tipo di
intelletto comune a tutta l’umanità, un solo pensiero universale, ma ve
ne sono diversi. Quando cerchiamo di studiare accuratamente il Nous,
l’intelletto, il pensiero, scopriamo quanto il processo del pensiero
dipenda dalla cultura.
Se ci si muove nel contesto di una determinata
cultura, si pensa in un modo. Se si appartiene ad un’altra cultura, ad
un altro gruppo etnico, ad un’altra religione, ad un’altra generazione,
si pensa in un modo completamente differente, pur essendo sempre un
essere umano (serbo, russo, francese, inglese, cinese, africano, e così
via). L’appartenenza a differenti culture, differenti spazi e
differenti epoche, fa sì che si pensi in modo diverso.
Così, se vogliamo studiare il nous dobbiamo tener conto di queste
differenze. Senza prendere in considerazione queste ultime, non potremo
mai giungere all’essenza del Nous.
Se ad esempio noi russi presumessimo
che il nostro modo di pensare sia comune a tutti e che basti studiare il
nostro pensiero per giungere all’essenza del Nous, saremmo in errore:
in questo modo conosceremmo solo una parte del tutto giacché i croati,
gli albanesi, gli inglesi, i francesi, i cinesi, gli africani, i
musulmani e così via, pensano in modo differente, non solo in merito ad
aspetti secondari ma in relazione alla natura stessa dell’uomo.
Si
tratta di diversi modi di pensare la vita, la morte, la famiglia, il
sesso, la storia, il tempo, lo spazio, la realtà divina così come quella
terrena, ogni cosa.
La Noologia rappresenta dunque una sorta di fenomenologia
dell’intelletto. In altri termini, noi non prescriviamo come o cosa il
Nous dovrebbe essere; cerchiamo al contrario di esplorare e di vedere
come esso è, come il pensiero opera e si presenta nei diversi contesti.
Questo riconoscimento delle differenze senza alcuna prescrizione
normativa su come l’uomo dovrebbe normalmente pensare costituisce la
peculiarità della Noologia.
Il nostro approccio non implica
un’omogeneizzazione, un’imposizione di qualcosa come universale ma
consiste nel comprendere al meglio, il più approfonditamente possibile,
le differenze.
Proprio per questo, la Noologia è dedita allo studio non
della cultura ma delle culture concrete: la maggior parte dei miei libri
costituenti il progetto Noomachìa è dunque dedicata alle diverse forme
culturali, dal Logos francese al Logos inglese, dal Logos esteuropeo al
Logos russo, dal Logos americano al Logos cinese, iraniano e così via.
Solo studiando le diverse culture, ricavandone la quintessenza,
possiamo giungere ad una visione del pensiero umano che sia completa, e
non parziale come quando si presuppone che l’essere umano debba
conformarsi al modello dell’uomo moderno, europeo, bianco, materialista e
liberale. Quest’ultimo è l’espressione tangibile della civiltà europea
anglosassone.
Ma questa è una realtà delimitata nello spazio e nel
tempo; essa non è universale, rappresenta solo il modo anglosassone di
sviluppare la propria storia. Se ci spostiamo nell’Europa orientale, nel
mondo slavo, russo, cinese o islamico scopriamo che gli uomini non
seguono lo stesso percorso è che ognuno segue una strada differente, la
propria.
L’essenza della Noologia è il riconoscimento della pluralità delle
culture. Pluralità significa che non vi è solo un percorso di sviluppo
universale e normativo del pensiero.
Vi sono differenti manifestazioni
del Nous, così diverse e così particolari che occorre studiare
attentamente ciascun caso specifico – serbo, russo, tedesco, francese,
ecc. – non per creare una gerarchia tra casi più o meno sviluppati ma
per arrivare ad una comprensione profonda di come ciascuno pensa nei
differenti contesti, comprensione volta al raggiungimento di una
conoscenza totale del Nous.
2. Noologia come analisi multilivello
La Noologia, lo studio del Nous, si fonda su un’analisi multilivello. Nella Noologia adoperiamo concetti afferenti alla:
• filosofia, la quale rappresenta lo specchio del pensiero. Nella
filosofia tutto è in contatto, tutto è presente simultaneamente e
leggendo la storia della filosofia noi leggiamo la storia dell’umanità
poiché pensare significa essere umano e i filosofi dedicano tutta la
loro vita al pensiero, cioè all’essenza dell’uomo, al suo obiettivo
principale;
• storia delle religioni, anch’essa molto importante per la Noologia
dal momento che la religione si basa sulle premesse del pensiero. Senza
conoscere le differenti religioni non potremmo comprendere la Noologia
in quanto la religione è anch’essa lo specchio del pensiero: in essa
proiettiamo le nostre concezioni della realtà divina, della ragione per
cui siamo stati creati, della fonte della creazione, degli dèi, del
tempo e molto altro ancora, e tutto ciò riflette la struttura stessa del
Nous;
• geopolitica, la quale rappresenta la concretizzazione delle
civiltà, una sorta di loro generalizzazione. Se ignoriamo la posizione
geopolitica di un filosofo, non potremmo comprendere davvero cosa egli
intenda dire poiché noi veniamo definiti non solo da tradizioni
filosofiche e religiose ma anche dalla nostra posizione nel mondo.
Il
nostro modo di pensare dipende dalla nostra posizione geopolitica: chi
appartiene ad una civiltà talassica pensa in modo differente da chi
appartiene ad una civiltà tellurica; la posizione sulla mappa
geopolitica del mondo è allora fondamentale per interpretare realmente
il pensiero e ciò rende lo studio di questa disciplina imprescindibile;
• storia del mondo: la conoscenza della storia di tutti i popoli e le
culture della terra costituisce un tema centrale per la Noologia;
• sociologia, la disciplina che mostra quanto il modo in cui si
presenta il nostro essere sia definito dalla società. Acquisendo
contezza di quanto la società e i suoi princìpi sono presenti dentro di
noi, scopriremo che la nostra individualità, la nostra originalità è
prossima allo zero, è quasi inesistente. Praticamente tutto in noi
proviene dalla società, ogni nostra idea: quando diciamo “io sto
pensando questo”, in realtà non siamo noi a pensarlo, ma la società
attraverso di noi;
• antropologia, in particolare la scuola di antropologia moderna
fondata da Franz Boas e Claude Lévi-Strauss. L’antropologia moderna
mostra come le tradizioni etniche, le condizioni di vita, la natura e la
cultura nonché il rapporto e l’equilibrio tra queste definiscano i
valori della società e le differenze che intercorrono tra società
diverse.
Tutte le scuole di antropologia del XIX secolo si basano sulla
teoria evolutiva, e ciò implica una classificazione tra società
sviluppate e società non sviluppate. La scuola di antropologia moderna
mostra al contrario che una simile concezione evolutiva della società
non ha fondamento: vi sono certamente differenze ma, studiando le
società arcaiche, scopriamo che alcune di esse sono più complesse della
nostra; esse non possono dunque in alcun modo essere definite
sottosviluppate in quanto non rappresentano uno stadio infantile della
stessa cultura ma uno stadio più o meno maturo relativo a differenti
culture, che dobbiamo studiare molto attentamente senza proiettare le
nostre idee e considerazioni su di esse.
Questa è una conquista molto
importante dell’antropologia moderna e costituisce uno dei princìpi
fondamentali della Noologia e del progetto Noomachìa;
• etnosociologia, la quale mette insieme etnologia e sociologia;
• teoria dell’immaginazione. Consiglio fortemente la lettura dei
libri di Carl Gustav Jung, Gaston Bachelard ma soprattutto i libri di
Gilbert Durand sulla sociologia dell’immaginazione, che nel prosieguo di
questo corso cercherò di spiegare brevemente in cosa consiste (ho
conseguito un dottorato su questo). Ciò è estremamente importante; i
suoi metodi e i suoi insegnamenti saranno usati nel nostro corso come
una specie di base metodologica;
• fenomenologia, la cui legge fondamentale, sviluppata da Edmund
Husserl, Martin Heidegger e altri filosofi appartenenti alla stessa
linea di pensiero, asserisce che le idee a cui noi pensiamo, così come
tutte le qualità di un oggetto, esistono nella nostra mente.
Ciò che
l’oggetto è al di là la nostra mente rappresenta qualcosa che possiamo
solo supporre ma di cui non vi è evidenza; di più, l’esistenza o la non
esistenza di un oggetto o di alcune sue qualità al di fuori della nostra
percezione non cambia assolutamente nulla nella nostra relazione con
l’oggetto. Le cose sono preseti all’interno della nostra mente e del
nostro processo di pensiero: in questo si può riassumere la legge
principale della fenomenologia;
• strutturalismo (Ferdinand de Saussure, Lévi-Strauss e altri),
altrettanto importante in quanto costituisce un metodo filosofico che
spiega tutto l’esistente in termini di strutture.
La struttura è
qualcosa di invisibile ma che definisce il significato. Così, la lingua
risulta molto più importante del discorso pronunciato in tale lingua. In
altri termini, ciò che ci accingiamo a dire – discorsi, giudizi,
valutazioni di sorta – è costituito da citazioni del dizionario ed è
predefinito dalla struttura della lingua, motivo per cui la sua
originalità, a scapito di ciò che potremmo ritenere, è pari a zero
giacché si tratta di cose dette e ripetute milioni di volte prima di noi
da altri.
Non siamo noi gli autori di ciò che pronunciamo ma è la
lingua che parla attraverso di sé, per mezzo della ripetizione della
struttura linguistica. Si tratta di un concetto fondamentale dello
strutturalismo, un aspetto metodologico molto importante per il progetto
Noomachìa.
La Noologia fa uso dell’analisi esistenzialista di Heidegger – di cui
consiglio caldamente la lettura –, così come della Quarta Teoria
Politica, dei concetti del tradizionalismo cari ai filosofi
tradizionalisti appartenenti alla scuola di René Guénon e Julius Evola,
dei concetti sviluppati da Bachofen in merito al gender e al matriarcato
– in “Mutterrecht und urreligion”, un’opera fondamentale di Bachofen,
viene descritto il matriarcato pre-indoeuropeo mediterraneo, argomento
molto importante dal momento che lo studio del matriarcato costituisce
una parte essenziale della Noologia – e dello strutturalismo di Georges
Dumézil e Claude Lévi-Strauss.
3. Il Nous è triplice
Vi sono altri studi disciplinari di questo tipo, non vi è nulla di
nuovo in ciò che ho detto finora. Cos’è allora che rende così originale
il progetto Noomachìa? Tutte le discipline e i campi di studio
menzionati hanno un ruolo ausiliario, sono strumenti che cioè ci aiutano
nello studio e nella comprensione. Ciò che rende originale Noomachìa è
il concetto in parte nuovo che sta alla base di questo progetto:
l’esistenza dei tre Logos.
È mia convinzione che il Nous, l’intelletto, il pensiero, si
manifesti in tre forme distinte. Un Nous, dunque, e tre forme
principali, con innumerevoli sottodivisioni inglobate in queste tre
forme generali del processo del pensiero che io chiamo Logos. Ora non ci
interessa capire come si relaziona ciascuno dei tre Logos al Nous;
questa è una questione eccessivamente metafisica e non è importante per i
nostri scopi. Il punto fondamentale è che il Nous non può manifestarsi
senza passare attraverso questi tre Logos.
Non c’è pensiero al di fuori dei tre Logos. I quali, inoltre, possono
essere rintracciati in ogni cultura. Questo è il risultato a cui sono
giunto nei miei lavori di ricerca.
All’inizio questa era ovviamente solo
un’ipotesi, di cui dunque non potevo avere la certezza, ma lo studio di
ogni cultura nel mondo, incluse quelle più arcaiche – in Oceania,
Africa, India, Sudamerica, Nordamerica e così via – ha confermato questa
mia ipotesi. Così, in ogni cultura – sia essa arcaica, moderna o
postmoderna, tanto europea quanto non europea – in ogni epoca, in ogni
forma di società, noi possiamo rintracciare questi tre Logos.
In
differenti proporzioni, in diverse combinazioni – essi possono
combinarsi in milioni di modi diversi – ma sono presenti ovunque.
Nessuna cultura, nessun popolo, nessuna religione, nessuna regione del
globo può affermare di possedere solo uno o due di questi tre Logos.
Tutte le cultura possiedono tutti e tre i Logos.
Un altro punto fondamentale è che non esiste, né può esistere, una
gerarchia tra culture o popoli poiché i tre Logos si combinano tra loro
in modi del tutto specifici e peculiari e il modo in cui lo fanno è
proprio a ciascuna cultura. La nostra storia, la nostra identità,
l’identità profonda di un popolo appartenente ad una cultura o religione
corrisponde precisamente a questa combinazione, ad un particolare
equilibrio di questi tre Logos.
E poiché esiste un numero praticamente
infinito di combinazioni, di mutamenti nelle proporzioni tra le forme
dei tre Logos, il numero di società umane possibili è virtualmente
illimitato. Ne consegue l’impossibilità di creare qualsivoglia tipo di
gerarchia. Le società arcaiche vedranno la dominazione di uno dei tre
Logos, le moderne di un altro, e viceversa, ma in ogni caso non vi è
alcuna norma generale o universale.
Questo è un punto di notevole importanza perché ci mostra che nella
nostra scienza, nella nostra politica, nella nostra cultura, abbiamo a
che fare con un tipo di approccio razzista e colonialista. Noi tendiamo a
proiettare il nostro Logos, a considerarlo come qualcosa di universale.
Ma lo studio approfondito delle culture ci mostra l’illegittimità di
questo modo di procedere.
Il razzismo non è altro che l’idea di fondo
per cui il proprio Logos, la propria specifica cultura, sia universale e
vada posta a modello per tutti gli altri. I quali, se non sono simili a
noi, vengono considerati meno sviluppati. Questo è precisamente il caso
della civiltà europea moderna.
Ed è il anche nostro caso, nella misura
in cui accettiamo questo approccio razzista verso la storia, il passato,
anche verso noi stessi, dichiarando che un caso specifico dovrebbe
costituire la norma universale, l’unica modalità di sviluppo, e che
tutti dovrebbero conformarsi ad esso e seguirne il percorso di sviluppo.
“C’è solo una cultura, solo un Logos, il nostro”. Questa sorta di
ipertrofia di noi stessi costituisce un approccio completamente
sbagliato e illegittimo. Sbaglieremmo pensando che riguarda solo il
razzismo biologico esplicito; anche il moderno liberalismo, il comunismo
e il globalismo sono assolutamente razzisti poiché si fondano
sull’universalismo di esperienze storiche che riguardano solo una parte
dell’umanità.
Agli occhi dei globalisti, ad esempio, l’uomo africano è
solo un uomo in procinto di diventare “bianco”, cioè moderno,
capitalista, liberale, europeo, eurocentrico. Non è un rappresentante
della propria cultura africana incamminato in uno specifico percorso di
sviluppo civilizzazionale, ma un europeo non ancora del tutto
sviluppato, che dunque va “tollerato”: l’idea moderna della “tolleranza”
deriva proprio dalla considerazione che abbiamo di lui, dal ritenerlo
imperfetto, cioè qualcuno sulla strada per essere come noi ma che non lo
è ancora, in definitiva un “handicappato”.
Nel far ciò, noi non
riconosciamo gli altri come esseri umani come completi e perfetti,
benché diversi da noi, ma come esseri inferiori che devono seguire il
nostro percorso di sviluppo, che sono costretti a farlo perché non vi è
altro percorso possibile, e ciò ci induce ad avere pietà di loro. Tutto
ciò è profondamente razzista. C’è un film molto bello di Werner Herzog,
“Dove sognano le formiche verdi”, in cui si mostra non solo come i
popoli nativi dell’Australia non possano seguire il modello occidentale,
ma che costoro non lo desiderino affatto.
Essi seguono il proprio
percorso, differente certamente da quello occidentale, e questa è una
loro decisione, dettata dalla propria cultura. In questo specifico caso
abbiamo a che fare con uno scontro tra la visione razzista anglosassone
della storia e la visione aborigena australiana della propria identità.
Oserei dire che questo costituisce l’aspetto etico della Noologia. La
Noologia rappresenta una lotta per la dignità umana in ogni società,
senza gerarchie o proiezioni universalistiche. Da questo punto di vista,
la Noologia costituisce la base di una metafisica anticoloniale.
Molte dottrine che storicamente hanno preteso di essere
anticolonialiste, compresi il marxismo e il liberalismo, si sono in
realtà basate sulla visione universalistica della storia. Ad esempio,
per il marxismo la società africana deve svilupparsi al fine di
diventare socialista, ma ciò implica la distruzione del suo modo di
essere.
Lo stesso vale per il liberalismo. Liberalismo e comunismo sono
razzisti tanto quanto lo è stato l’hitlerismo. Questo è un punto
fondamentale della Quarta teoria politica, che indica la necessità di
seguire una quarta via superando le tre principali ideologie politiche
della modernità. La Noologia costituisce la base metafisica di tutto
questo.
Nel trattare gli altri popoli in modo differente da noi, come se
fossero “inferiori”, non facciamo altro che proiettare il nostro
approccio razzista ponendo in essere un’uguaglianza tra noi e la norma
universale, uguaglianza che è illegittima e soprattutto falsa, dietro la
quale si cela una pura lotta colonialista per il potere.
Questo è il motivo per cui la Noologia è così importante. Essa
costituisce la base filosofica e metafisica del mondo multipolare. E i
tre Logos e le loro molteplici combinazioni mostrano le differenze
esistenti nelle diverse culture.
4. I tre Logos - λόγος
Ora è giunto il momento di capire quali sono i tre Logos. Qui, è
utile richiamare i concetti nicciani di Apollo e Dioniso. Due dèi greci
che Nietzsche interpreta non come oggetti di culto o adorazione, bensì
come metafore, una sorta di simboli, di figure: non è necessario adorare
Apollo per essere apollinei, né bisogna venerare Dioniso e partecipare
alle orge in suo onore per essere definiti dionisiaci.
Apollineo e
dionisiaco per Nietzsche hanno un significato completamente differente.
Essere apollineo significa essere gerarchico, avere un modo logico di
comprendere il mondo che rappresenta il modo di pensare appartenente al
giorno. Essere dionisiaco significa invece essere irrazionale, avere una
comprensione intuitiva del mondo, che rappresenta il modo di pensare
della notte.
Nietzsche divide le culture in apollinee e dionisiache. Questa
visione è stata mutuata e sviluppata da molti altri autori, tanto da
costituire oggigiorno un patrimonio comune negli studi culturali.
Anch’io accetto questa divisione, e ritengo si possa affermare che
esista un Logos di Apollo e un Logos di Dioniso e che il Nous si esprima
dunque attraverso i Logos apollineo o dionisiaco.
Nel tentativo di scoprire di più sul Logos di Dioniso, ho scritto una
sorta di prequel a Noomachìa – lo si potrebbe considerare il “volume
zero” – intitolato “Alla ricerca del Logos nero”. La mia idea era di
considerare la storia della filosofia non dal punto di vista apollineo,
che è predominante, ma dal punto di vista del secondo Logos.
Creare, in
altri termini, una sorta di contro-storia della filosofia basata su una
lettura dionisiaca. Conosciamo perfettamente in cosa consiste la lettura
apollinea della storia della filosofia. Essa è per l’appunto la storia
della filosofia che noi tutti studiamo. La mia idea era di capire come
Dioniso avrebbe considerato le stesse questioni, le stesse categorie, le
stesse posizioni e relazioni.
Lavorando a questa ricerca del Logos nero – l’ho chiamato così dal
momento che il Logos bianco, chiaro, è quello apollineo: Apollo è luce –
e cercando di leggere con gli occhi del Logos nero Hegel, Heidegger,
Kant, Platone, Aristotele e così via, lavorando in questo campo di
ricerca metafisico, immaginando una storia alternativa della filosofa
basata sull’approccio dionisiaco, ho scoperto alcuni fenomeni, molto
importanti e basilari per Noomachìa, appartenenti a cultura, religione,
filosofia, storia della filosofia, scienza, arte, psicologia umana, che
non possono in alcun modo rientrare nel campo del Logos dionisiaco.
Alcuni elementi vi rientrano, ma vi sono nuovi campi che ne rimangono
fuori; si tratta di elementi che non possono chiaramente rientrare nel
Logos apollineo ma che non possono essere ascritti neanche a quello
dionisiaco. La si potrebbe definire una scoperta empirica nel campo
della metafisica; vi sono campi concettuali – ad esempio la filosofia di
Eraclito o Democrito, la teoria atomistica o le teorie della scienza
moderna – che non sono in nessun modo apollinei e che non possono
neppure essere definiti dionisiaci.
Nella ricerca del Logos nero, sono
quindi giunto alla conclusione che vi è qualcosa al di là di questi due
Logos, che ve ne è un terzo. Al di là del Logos dionisiaco si nasconde
qualcos’altro. All’ombra di Apollo vi è Dioniso, ma all’ombra di Dioniso
vi è dell’altro. L’ho battezzato il Logos di Cibele.
Cibele è il nome di un antichissimo dio anatolico, la Grande Madre
degli Hatti, un popolo pre-indoeuropeo del tutto particolare abitante
l’antica Anatolia prima degli Ittiti, i quali in seguito hanno fatto
propria tale divinità, integrandola nel loro pantheon religioso. Dopo di
loro, il culto di Cibele è stato sviluppato anche dalla popolazione
indoeuropea dei Frigi, la cui dea principale era appunto la “Grande
Madre”.
Il culto della Grande Madre si basava sulla castrazione rituale
dell’uomo. I sacerdoti di Cibele venivano castrati diventando eunuchi e
questa era parte della grande visione del matriarcato, del regno della
Grande Madre, dove il ruolo dell’uomo è completamente differente da
quello che conosciamo. Una posizione completamente differente dalla
posizione dionisiaca dacché il culto di Dioniso era il centro attrattivo
delle baccanti, delle donne, ma anche degli uomini, e in questo caso è
l’uomo al centro dell’esistenza umana. Il dionisiaco non è trascendente,
è immanente ma centrato sull’uomo, è l’immanenza di un uomo-dio.
La si
può definire una forma di presenza immanente della trascendenza. Non si
tratta dunque dell’oscurità totale: non è Dioniso il Logos nero. Dioniso
è la presenza della luce nell’oscurità. Una sorta di “sole della
notte”. L’uomo al centro dell’esistenza ctonica immanente. Il punto
maschile nella realtà femminile. Una sorta di raggio di sole che
attraversa l’oscurità e giunge al centro dell’oscurità al fine di creare
una nuova alba. Questo è il dionisiaco e non può essere identificato
con l’oscurità, con il caos tout court.
Le orge, i culti, le cerimonie, tutti gli aspetti legati al
dionisiaco non vanno interpretati come un rovesciamento dell’ordine
apollineo. Il dionisiaco non è un capovolgimento dell’apollineo, esso
piuttosto è l’apollineo che proviene non dal giorno bensì dalla notte. È
la luce nell’oscurità. È il sole che cala la sera per poi risorgere il
mattino seguente: quando oltrepassa l’istante di mezzanotte, il sole è
invisibile, è nascosto, non è presente al centro della notte, però esso
esiste; se esso fosse assolutamente assente, non ci sarebbe né l’alba né
il mattino. Allo stesso modo, Dioniso non è il sole di giorno (Apollo),
né la notte, ma il sole di notte.
Dov’è il sole quando non c’è alcun sole? Dov’è il paradiso quando non
c’è traccia del paradiso, dov’è l’elemento virile quando non vi sono
uomini, quando vige l’oscurità, la terra, l’immanente, la materia, il
principio femminile? Esso è nascosto, ma esiste. Questo è il Logos di
Dioniso.
Si tratta di un nuovo tipo di visione, di una visione dinamica,
una sorta di equilibrio tra i generi, tra l’immanenza e la
trascendenza, tra il cielo e la terra. Dioniso è il paradiso sulla
terra, una terra paradisiaca. Il Logos dionisiaco è una combinazione
dialettica di opposti. Ma al fine di comprenderlo correttamente, è
necessario introdurre un terzo Logos, e questo è un qualcosa che cambia
completamente tutti i concetti e le teorie esistenti finora.
Il terzo Logos, che è ciò in cui consiste la mia scoperta, è
l’elemento propriamente innovativo e che rappresenta il tratto
essenziale della Noologia. Esso è il Logos nero, il Logos di Cibele.
Perché il Logos di Cibele è stato scoperto così tardi? Perché nessuno
prima d’ora ha mai parlato di tre Logos? Quando ho iniziato a cercare
di comprendere e risolvere questo problema metafisico, ho scoperto una
cosa molto interessante: per il Logos dominante di Apollo, questo terzo
Logos non può esistere poiché guardando la situazione da un punto di
vista puramente apollineo non vi possono essere altri Logos oltre lo
stesso Logos di Apollo.
Questo perché il concetto apollineo è
esclusivista, puramente maschile e basato su un tipo di uguaglianza tra
l’uomo inteso come maschio e l’uomo inteso come umano. Così, essere uomo
e essere umano è la stessa cosa e tutto ciò che non rientra in questa
definizione non ha il diritto di pretendere di essere Logos. L’unico
Logos è Apollo, l’uomo e l’umano. Tutto ciò che non è maschio, non è
logico, non appartiene al Logos, non appartiene all’umano e quindi può
essere solo una sorta di bestia o di oggetto, non un soggetto; il
soggetto può essere solo apollineo.
L’idea nicciana di allargare lo status del Logos conferendo lo status
di Logos anche a Dioniso era già rivoluzionaria, in quanto mostrava la
possibilità di un approccio diverso al Logos. Con Dioniso scopriamo che
non c’è solo l’approccio apollineo ma che ve ne può essere un altro.
Tuttavia, insieme l’approccio apollineo e l’approccio dionisiaco non
possono lasciare che vi sia un terzo Logos perché entrambi sono
metafisicamente maschili. Aperto (Apollo) o nascosto (Dioniso),
esclusivo (Apollo) o inclusivo (Dioniso), ma entrambi Logos maschili. Il
Logos di Cibele non è maschile.
E dal punto di vista maschile, che è
prevalente, non potrebbe essere un Logos, passerebbe quasi sotto
traccia, come fosse una sorta di rumore e non un discorso. Dal punto di
vista dell’uomo metafisico, ciò che la donna metafisica dice è un
rumore, non un discorso.
Qualcosa come il suono della natura, ad
esempio. Bellissimo, ma dal punto di vista apollineo, ad esempio
platonico – il platonismo è pura filosofia apollinea: le idee sopra
tutto, la verticalità, il Padre che è il paradigma o l’esempio eterno,
il sole che ne è una sorta di imitazione fenomenologica, la materia che
non ha qualità –, al di là del Logos non vi è nulla; oltre il Padre c’è
il sole e poi la materia senza qualità, che quindi rappresenta il nulla,
l’oscurità, dacché senza qualità non c’è Logos.
Esiste quindi il Logos
del Padre che è apollineo, il Logos solare, immanente, che è dionisiaco,
e poi null’altro, poiché la tradizione patriarcale non consente che
l’altra parte della realtà abbia un Logos. Questo è il motivo per cui il
terzo Logos è rimasto finora così nascosto.
Solo iniziando ad applicare un tipo di approccio dionisiaco alla
storia della filosofia scopriamo che vi è qualcosa al di sotto di
entrambi i Logos, perché l’approccio dionisiaco non corrisponde alla
castrazione, al tipo di dissoluzione della Grande Madre. L’idea
dionisiaca è il raggiungimento delle profondità dell’ade al fine di
risorgere, discendere al fine di ascendere, procedere dall’alto verso il
basso al fine di ritornare in alto.
Possiamo considerare il Logos
dionisiaco la versione estrema del Logos apollineo, certo completamente
differente da quest’ultimo, generatore di strutture completamente
differenti, rappresentante un’altra declinazione del Nous. Tuttavia,
iniziando ad operare seriamente con il Logos dionisiaco ho scoperto che
c’è qualcos’altro e sono giunto alla conclusione che possiamo
riconoscerlo come una terza forma del Nous o terzo Logos, segnatamente
il Logos di Cibele.
Dopo questa operazione concettuale, avremo
finalmente una spiegazione davvero completa di tutte le possibili
versioni delle culture, delle filosofie, delle religioni e delle
relazioni tra di esse.
Possiamo immaginare che il Nous sia diviso in tre Logos e che ognuno
di questi crei uno o più mondi; così, noi possiamo vivere in diversi
mondi apollinei, in molteplici mondi dionisiaci o in molti altri mondi
cibeliani, dacché non vi è un solo mondo, ma vi è una moltitudine, una
molteplicità, una pluralità di mondi apollinei, dionisiaci e cibeliani
incastonati uno nell’altro, rappresentanti contenuti così ricchi di
cultura, pensiero, arte, storia da potervi scorgere immediatamente il
tesoro spirituale della mente umana.
4.1 Il Logos di Apollo
Qual è l’universo di Apollo? Esso corrisponde all’idea che ogni cosa
venga creata dall’alto verso il basso, che tutto proviene da un processo
discendente. La filosofia platonica è la forma più perfetta per
esprimere questo Logos apollineo.
Ogni cultura, che entri in contatto con il platonismo o meno, avrà
una sua versione apollinea; l’ho scoperto studiando ad esempio la
tradizione arcaica di popolazioni nilo-sahariane prive di alcun
collegamento con i greci.
Il Logos di Apollo ovunque rappresenta la
stessa idea: vi è il dio-padre che ha creato tutto, il popolo è il
figlio del dio-padre, noi discendiamo dal cielo-paradiso e siamo
destinati a ritornarvi; non vi è alcuna dimensione terrestre, o meglio,
la terra è la linea più bassa di questa discesa che precede l’ascesa.
Il Logos apollineo rappresenta un’attitudine puramente patriarcale.
Tutto si basa sulla lotta contro la morte, l’oscurità. Ogni uomo è fatto
di luce. Vi è una sorta di gerarchia all’interno della società basata
su una linea verticale. Si tratta della visione della società platonica,
europea, feudale, tradizionale.
Negli Shilluk, nei Nuer, nei Dinka,
tribù dell’Africa nilo-sahariana, o ad esempio in altre popolazioni
dell’Africa occidentale, tra le popolazioni europee, abbiamo la stessa
visione puramente platonica: gli exemplas sono nelle stelle, e tutto ciò
con cui abbiamo a che fare è un riflesso, uno specchio fenomenologico
di ciò che avviene tra le stelle.
Il platonismo non consiste solo nelle opere, nei dialoghi di Platone;
esso è una forma del Logos apollineo, il quale si presenta in
molteplici culture che non hanno contatti diretti con Platone. La
tradizione faraonica egizia, ad esempio, si basa ugualmente sul sole
proveniente dall’alto, che scende in basso e crea questa sorta di
versione piramidale del mondo, una costruzione puramente apollinea che
parte dalla base squadrata per arrivare al vertice unitario.
E il fuoco,
in greco πῦρ (pŷr), viene presentato in Platone proprio come
piramidale, una sorta di fuoco che va verso l’alto. Il fuoco è dunque
sacro, la luce è sacra, noi siamo figli della luce; segue il
patriarcato, l’assoluta dominazione del principio maschile e la
sottomissione del principio femminile, e tutti gli altri elementi
apollinei.
In altri termini, il Logos di Apollo non deriva da persone che
leggono Platone e applicano i suoi scritti alla propria società; in
parte è così, ma non possiamo spiegare ogni società apollinea attraverso
la lettura di Platone.
Il Logos apollineo è platonico ma Platone è un
riflesso di questo Logos, costituisce una forma eccellente, la più
completa in cui tale Logos si esprime, rappresenta in altri termini
l’introduzione migliore al Logos apollineo, il quale tuttavia non è una
creazione di Platone, è una creazione del Nous. Il platonismo è uno dei
modo in cui il Logos apollineo opera nel Nous, si rivela, si manifesta.
Il Logos apollineo, dicevamo, non è una creazione artificiale di una
singola mente umana ma del Nous. La nostra mente umana può seguire la
linea apollinea, può essere platonica, il platonismo può essere un
qualcosa che dall’atto della nascita è presente in noi, se questo Logos
domina in noi, nella nostra cultura, nella nostra religione, nel nostro
sistema valoriale, se definisce il nostro mondo.
Esso in effetti domina
nel nostro mondo tradizionale: noi prestiamo attenzione al cielo più che
alla terra, siamo fatti di luce, adoriamo creature alate (angeli o
uccelli), i nostri dèi vivono in cielo o in paradiso. Per noi la
tradizione è completamente apollinea. Platone è parte di questa cultura.
Praticamente tutta la cultura greca, prima di Platone e dopo Platone,
la cultura romana, iranica, indiana, slava, tutte queste tradizioni sono
apollinee e per noi è assolutamente chiaro che il mondo è così, che non
è possibile nessun altro mondo, poiché noi viviamo nel mondo apollineo,
le nostre tradizioni si basano sulla visione apollinea.
4.2 Il Logos di Dioniso
La scoperta del Logos di Dioniso costituisce allora una rivoluzione
spirituale e metafisica perché presenta la possibilità di un mondo
diverso, con una diversa simmetria e organizzazione, non basata sulla
venerazione del trascendente. Nel mondo dionisiaco vediamo questa
sacralità nell’immanente.
Si tratta di un mondo, quello dionisiaco, organizzato
differentemente, in cui le stesse parole, le stesse figure, gli stessi
dèi hanno significati diversi. L’aspetto dionisiaco nella tradizione
cristiana è la figura di Gesù Cristo, che è sia Dio che uomo, sia
trascendente che immanente, sia eterno (nel mondo apollineo tutto è
eterno) che storico (egli ha fatto ingresso nel tempo). Qui non si
tratta di opporre la cristianità apollinea al paganesimo dionisiaco;
nella stessa tradizione cristiana, per esempio, possiamo rintracciare
entrambe le figure: la trascendenza della Trinità (elemento apollineo) e
l’immanenza di Gesù Cristo (elemento dionisiaco).
Lo stesso avviene in
alte tradizioni; la figura di Dioniso è presente in diverse tradizioni,
chiaramente non con lo stesso nome ma con le stesse funzioni, con la
stessa liberazione estatica, liberazione dai vincoli della materia, da
quest’aspetto ctonico dell’esistenza umana, una sorta di sbalzo
antropologico e metafisico dall’umano verso il divino, dalla temporalità
nell’eternità (nella nostra tradizione cristiana, l’Eucaristia). Questa
è precisamente l’essenza del dionisiaco. Dal tempo in cui ci troviamo
con i nostri corpi terreni, entriamo in contatto con l’eternità in cui
troviamo il divino.
Quando osserviamo il mondo attraverso il Logos di Dioniso,
registriamo un mondo; quando lo vediamo attraverso il Logos di Apollo,
abbiamo a che fare con un altro mondo. Vi sono simmetrie diverse,
differenti metafisiche. Dioniso è il cerchio centrato sul punto
dell’eternità, mentre Apollo è l’eternità stessa, è la legge eterna, la
tradizione, qualcosa di invariabile, l’eternità dell’etica, del culto,
l’atto di credere nell’eternità che pretende di essere eterno esso
stesso, qualcosa di eterno che si trova al di fuori del processo
temporale.
Così, nella visione apollinea procediamo dall’eternità per
fare ritorno ad essa. Il tempo non ha importanza per la concezione
apollinea; l’unico tempo importante per la visione apollinea è quello
del ritorno all’eternità, perché il tempo di per sé, seguendo Platone, è
un riflesso dell’eternità, quindi l’etica del Logos apollineo è il
ritorno dal riflesso al riflettente (l’idea, l’archetipo, il paradigma,
l’eterno).
Il mondo definito dal Logos di Apollo si basa su idee corrispondenti a
parole che noi usiamo nei nostri discorsi come se la loro essenza fosse
esterna. Noi non denominiamo ogni volta cose differenti ma simili con
nuovi nomi; per indicare due o più libri simili, usiamo sempre la parola
“libro” perché il libro esiste come concetto e si tratta di un concetto
eterno – nella nostra religione vi è una sorta di proiezione di questo,
vi è la Bibbia come libro eterno, creato e scritto nell’eternità: tutto
ciò che è scritto nel libro è eterno, il libro stesso è eterno; così,
ogni nome che noi menzioniamo è eterno di per sé.
Questo è il mondo
apollineo, e si tratta di un mondo a noi molto familiare, visto che noi
pensiamo che il mondo sia apollineo nella nostra educazione
tradizionale, siamo stati educati alla cultura apollinea, assumiamo la
logica di Aristotele la quale si basa precisamente sulle leggi
dell’eternità (i tre princìpi della logica classica: principio di
identità, di non contraddizione e del terzo escluso).
Tuttavia, nel mondo che ci circonda non esiste una cosa del genere,
tutto è duplice, qualcosa esiste e al contempo non esiste, muore e
nasce.
Nella fisica non esiste la logica classica, quella logica che è
per noi assolutamente naturale, trascendente, che è l’essenza del Logos
apollineo operante all’interno delle nostre menti umane dacché esso
opera all’interno della nostra cultura formando il paradigma semantico
del nostro pensiero; quella logica per cui A è A, Dio è Dio, la logica
che descrive il mondo apollineo, il mondo con cui diamo per scontato di
avere a che fare ma che in realtà non esiste. Non vi è alcun punto
nell’universo in cui A è A.
Rimanendo all’interno di Aristotele, quando giungiamo ad altre
branche della sua descrizione scientifica, scopriamo che per esempio
avendo a che fare con la fisica, Aristotele dice che ogni cosa è
duplice, possiede forma e materia e questa è una concezione anti-logica,
poiché tutto ciò che esiste è unico e al contempo duplice, avendo
materia e forma (due cose in una cosa), separando le quali non
esisterebbe nulla.
Questa è la fisica aristotelica, corrisponde
all’approccio dionisiaco al mondo e non può essere descritta dalla
logica bensì dalla retorica poiché si tratta di qualcosa che è unico ma
non nel senso logico del termine. Il Logos dionisiaco si manifesta nella
capacità di pensare dialetticamente, di concepire una cosa come due
cose allo stesso tempo.
Si consideri l’androgino, qualcosa che non corrisponde alla somma di
uomo e donna ma che nel Logos dionisiaco preesiste all’esistenza del
maschio e della femmina; l’androgino non è il risultato di una
combinazione di generi ma la fonte dei generi e non corrisponde al modo
di pensare apollineo ma dionisiaco. L’androgino è la figura di Dioniso,
esso racchiude in sé due generi prima che questi esistano separatamente.
Si trova al centro tra i due poli, prima che questi esistano
singolarmente. Nel mondo apollineo, i due poli esistono separatamente e
ciò che si trova tra di essi è secondario e viene definito dai due poli.
Nel mondo dionisiaco al contrario, esiste ciò che si trova nel mezzo e
le sue proiezioni creano i due poli.
Noi possiamo certamente vivere nel mondo, nella cultura, nella
religione afferente all’approccio dionisiaco dialettico – due nature in
Gesù Cristo, divina e umana –, qualcosa di irrazionale, un approccio
dialettico che crea simmetrie completamente nuove nella religione,
nell’arte e nella filosofia.
Questo Logos dionisiaco è naturalmente
possibile, ma si presenta più nella mitologia, nella poesia, nella
letteratura, nel sacro, nell’arte e nel linguaggio che nella filosofia;
si tratta di un linguaggio umanistico, retorico, non logico o matematico
(che invece è apollineo), perché le figure retoriche comportano
precisamente una violazione delle leggi della logica. Il campo
privilegiato del Logos dionisiaco è in altri termini la mitologia più
che la filosofia.
Un punto fondamentale è che il Logos dionisiaco non costituisce un
Logos inferiore. Per Platone occorre estromettere dello Stato ideale
tutti i poeti. Questo rientra nella concezione che l’apollineo ha del
dionisiaco; in effetti Apollo concepisce Dioniso come qualcosa ad esso
sottostante, incompleto. Lo si potrebbe definire razzismo o
etnocentrismo apollineo: Apollo ritiene di essere esso stesso la
totalità, l’integro, l’intero, e tutto il resto o è una sua parte o ne
rappresenta una sorta di immagine spesso distorta e perversa.
Così, per
Platone poesia e mitologia vanno posti al di fuori del proprio Stato
filosofico apollineo poiché essi appartengono al mondo di Dioniso e
vengono considerati impuri poiché retorici. Essi non hanno posto nella
repubblica di Platone, che coincide con la repubblica di Apollo, poiché
hanno a che fare non con linee rette ma curve, con combinazioni di
elementi strutturati in modi fantastici, con lo spirito creativo
dell’arte che è dionisiaco. Naturalmente, anche nell’arte possiamo
rintracciare la linea apollinea, ma la maggior parte dell’arte e della
poesia è puramente dionisiaca.
Può altresì esistere una filosofia di
stile dionisiaco; nella filosofia moderna, la fenomenologia è puramente
dionisiaca. Heidegger stesso, ho scoperto studiandolo per molti anni, ha
cercato di creare una filosofia dionisiaca, e ci è riuscito in effetti;
il suo concetto del Dasein (“being t/here” in inglese) è precisamente
dionisiaco, si trova al centro (t/here) tra Apollo (there) e qualcosa di
puramente immanente (here). Esso non dovrebbe dunque essere
considerato, in ottica apollinea, come una proiezione dell’essere.
L’essere è apollineo, l’esser-ci è dionisiaco. Questa possibilità
dionisiaca della filosofia non proviene né dall’alto né dal basso ma dal
centro, non da uno dei due poli ma dal mezzo.
4.3 Il Logos di Cibele
Veniamo ora al terzo Logos, il più affascinante. Con i primi due
Logos si possono creare due versioni della storia della filosofa,
riorganizzando il nostro spazio intellettuale, rimodellando la nostra
comprensione della storia della filosofia, e di conseguenza la storia
della nostra società e dell’umanità.
Un punto importante della Noologia è che possiamo rintracciare il
Logos apollineo e il Logos dionisiaco in ogni cultura umana. Ma essi non
sono in relazioni “cordiali” tra loro, perché Apollo pensa in un modo e
Dioniso in un Altro. Il primo crea questo mondo caratterizzato da
verticalità, da questa simmetria patriarcale e per esempio estromette la
poesia dionisiaca; vi è dunque una sorta di lotta tra i due Logos.
Un
Nous, due Logos in lotta tra loro. Ecco il perché di “Noomachìa”.
Noomachìa è la lotta all’interno del Nous. Ma il culmine della
drammaticità si raggiunge quando arriviamo al terzo Logos, al Logos di
Cibele.
Un terzo, nuovo Logos corrispondente ad un terzo, nuovo mondo. Creato
non dall’alto verso il basso, né dal centro, ma dal basso verso l’alto.
Una nuova simmetria. Si tratta di un Logos precluso, negato da entrambi
i Logos di Apollo e Dioniso. Il Logos di Cibele è la Grande Madre che
crea tutto da sé. È l’assenza di ogni principio maschile al di fuori
della Grande Madre. Non c’è alcun dio all’infuori della Grande Madre,
non c’è nessuno oltre la Grande Madre, c’è solo la Grande Madre, la
Terra, che tutto crea a partire da sé stessa e tutto uccide.
Perché essa
è allo stesso tempo la culla e la tomba. Non ci sono due punti della
vita, nascita e morte, c’è un solo e unico punto di nascita e morte; non
c’è ad esempio un dio della morte e un dio della vita, c’è solo un dio,
una sola Madre che crea e uccide, dà e toglie la vita. Essa crea il
figlio, il principio maschile, da sé e senza il Padre; essa lo usa come
un amante, quindi lo castra e lo uccide.
Questo è il mito di Cibele.
Tale mito viene spiegato in moltissime forme, in molti culti, in molti
credi, ma vi è un tipo di filosofia dietro molto profonda e
interessante. In questa non vi è affatto trascendenza, non c’è posto per
il cielo. Il cielo è una sorta di riflesso della terra. Ogni forma di
paradiso è un riflesso della materia stessa.
Qui abbiamo a che fare con
un’immanenza assolutamente materialistica, diversa dall’immanenza di
Dioniso che al contrario è spiritualistica, dacché Dioniso è il centro
tra spirito e materia, non dato dalla somma di questi due poli ma
preesistente ad essi.
Il Logos di Cibele è l’idea che la Grande Madre crea e uccide tutto.
Non è l’eternità (Apollo) o il cerchio (Dioniso), ma qualcosa che agisce
a suo modo con cieco e assoluto potere. Una forma di progresso: la
crescita dal basso verso l’alto. In ottica apollinea, Cibele conduce la
battaglia titanica delle forze ctoniche contro il cielo e il regno del
Logos maschile di Apollo.
Il Logos cibeliano è la creazione di un nuovo
mondo che è titanico, ctonico e in un certo senso femminista, non perché
ci sia uguaglianza tra uomo e donna – idea molto più dionisiaca – ma
perché vi è l’assoluta dominazione della Madre su tutto il resto.
Avviandoci alla conclusione di questa prima lezione, vorrei rimarcare
un punto importante. I tre Logos che ho illustrato si trovano in un
conflitto assoluto. Essi creano mondi, sistemi, società, culture,
religioni, culti, relazioni, valori, sistemi politici basati su approcci
completamente differenti e che sono in conflitto tra loro.
Questa è Noomachìa. Vi è già una forma di contraddizione tra Apollo è
Dioniso. Ma tra Cibele e Apollo le contraddizioni raggiungono il punto
più alto in quanto si pone in essere una seria titanomachìa o
gigantomachìa tra due visioni contrapposte. Due Logos in lotta. Il senso
titanico, ctonico di Cibele cerca di assediare il cielo mentre gli dèi
apollinei cercano di difenderlo.
Dal punto di vista filosofico, quelle
di Democrito e di Epicuro sono filosofie puramente cibeliane; non solo,
anche la nostra scienza moderna europea – questo è il punto più
importante! – è puramente cibeliana. Si tratta di una sorta di vendetta
del Logos di Cibele dopo i migliaia di anni di dominazione di Apollo e
di Dioniso. Noi stiamo vivendo in un’escatologia cibeliana. Se mettiamo
per un attimo da parte la nostra tradizione spirituale, culturale,
religiosa, etica, e consideriamo la nostra visione scientifica, notiamo
che si tratta di una visione puramente atomistica, materialistica,
progressista e basata sulla simmetria dal basso verso l’alto.
Cibele non appartiene ad epoche arcaiche, il Logos di Cibele è
qualcosa con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Oggigiorno, viviamo in
una situazione sempre più schizofrenica in cui la nostra cultura e la
nostra tradizione sono apollinee e dionisiache, mentre la nostra
scienza, la nostra politica, la nostra tecnologia è cibeliana. Stiamo
vivendo l’attacco finale di Cibele, della Grande Madre risorta, con il
femminismo, l’intelligenza artificiale, la globalizzazione, la
democrazia, il liberalismo, e così via.
Si tratta dell’attacco
definitivo dei titani della società cibeliana al fine di purificare la
Modernità dai resti della Tradizione, della cultura indoeuropea, in
definitiva del Logos apollineo, instaurando il “governo mondiale” retto
dei titani rappresentanti la Grande Madre. Ciò ovviamente non toglie che
possiamo rintracciare questa visione del mondo cibeliana in epoche
antiche, sia nella nostra civiltà che in altre civiltà.
Si presti però
attenzione al fatto che non esiste una “civiltà cibeliana” dacché in
ogni civiltà possiamo rintracciare tutti e tre i Logos, ovunque in lotta
tra loro. Noi viviamo all’interno di questa Noomachìa, che non è
qualcosa di puramente teoretico ma si manifesta nella nostra politica,
nella nostra cultura, nella nostra scienza, nella nostra identità.
Conclusione
In conclusione, nella Noologia noi non osserviamo il mondo attraverso
uno di questi tre Logos. Se osservassimo il mondo attraverso Apollo,
dovremmo dedurre che esiste un solo Logos e che tutto il resto è
perversione; nella Noologia invece non parteggiamo per un Logos
particolare, ci limitiamo a studiare la situazione, a comprendere i tre
Logos – riconoscendo a tutti il diritto di esistere – e il loro
conflitto nel Nous.
Attraverso questo processo noologico, saremo in
grado di interpretare tutto ciò che avviene nel mondo, nella cultura,
nella politica, e così via.
Il principio principale di Noomachìa è il seguente: tre Logos sono in
un conflitto insolubile. Combattono tra loro per la forma del Nous che
dovrebbe dominare la cultura. La lotta dei tre Logos è la chiave per
comprendere la struttura interna della cultura, della civiltà e
dell’identità della società.
E ci fornisce la spiegazione delle
relazioni interetniche interculturali. Noomachìa spiega tutto ciò che è
umano e spiega come l’uomo spiega ciò che non è umano.
Quelli che abbiamo fin qui enunciato costituiscono i principi
fondamentali di Noomachìa come base metafisica del mondo multipolare.
deca paradigma
Nessun commento:
Posta un commento