Trent’anni fa il lungo
braccio di ferro di Sigonella
Trent'anni fa si verificava il lungo e duro braccio di ferro fra
Bettino Craxi e Ronald Reagan sulla vicenda di Sigonella,
un episodio semplicemente impensabile nell'Italia di oggi.....
Sono passati ormai più di trentun’anni da quel 7
ottobre 1985 in cui l’Italia di Bettino Craxi dimostrò al mondo intero
di possedere una spina dorsale che in seguito proprio coloro che
avrebbero dovuto essere i nostri “migliori alleati” provvedettero
accuratamente a spezzare e frantumare, a partire dai fatti del
1992, notoriamente teleguidati dall’estero, con tutto quel che avrebbero
comportato nel venticinquennio successivo: un’agonia ancor oggi non
conclusasi.
Il 7 ottobre 1985, di lunedì, un commando
palestinese sequestrò la nave da crociera Achille Lauro con a bordo 545
passeggeri mentre si trovava in acque egiziane, dirottandola verso la
Siria.
Il giorno successivo la nave era già in vista della Siria, ma da Damasco non giunse alcun consenso all’approdo. I dirottatori uccisero così il cittadino americano d’origine ebraica Leon Klinghoffer. La notizia giunse immediatamente in patria, destando grande sensazione. Scattarono immediatamente complesse trattative tra il commando e l’OLP, che ottenne di far rientrare l’Achille Lauro a Port Said, in Egitto, dove gli ostaggi vennero liberati.
Il giorno successivo la nave era già in vista della Siria, ma da Damasco non giunse alcun consenso all’approdo. I dirottatori uccisero così il cittadino americano d’origine ebraica Leon Klinghoffer. La notizia giunse immediatamente in patria, destando grande sensazione. Scattarono immediatamente complesse trattative tra il commando e l’OLP, che ottenne di far rientrare l’Achille Lauro a Port Said, in Egitto, dove gli ostaggi vennero liberati.
Era ormai il 10 ottobre ed il governo statunitense reclamava l’estradizione del commando palestinese alle autorità egiziane. Intervenne
così Bettino Craxi, da sempre vicino alla causa palestinese, che avviò
trattative con l’OLP affinchè i quattro dirottatori fossero giudicati in
Italia. Diritto della navigazione e diritto internazionale
alla mano, infatti, una nave è territorio della bandiera che batte e per
tale ragione l’assassinio di Leon Klinghoffer doveva considerarsi come
avvenuto in Italia.
Nel frattempo, però, Hosni Mubarak aveva già preso la decisione di spedire il commando in Tunisia,
dove nei suoi ultimi anni di governo Bourguiba aveva deciso d’ospitare
il quartier generale dell’OLP. I quattro dirottatori, due intermediari
palestinesi nominati da Arafat, Abu Habbas ed Hani el-Hassan, un
ambasciatore egiziano ed alcuni uomini del servizio di sicurezza del
Cairo vennero così imbarcati su un aereo di linea appositamente
requisito dal governo al quale, tuttavia, Tunisi negò il permesso d’atterrare.
A quel punto l’aereo, ritrovandosi a vagare
nei cieli, venne intercettato nel Canale di Sicilia da caccia
statunitensi F14. Washington chiese al governo italiano di poterlo far
atterrare presso la base NATO di Sigonella, in provincia di Siracusa. Craxi concesse l’autorizzazione: era ormai la mezzanotte di giovedì 10 ottobre.
A mezzanotte e quindici minuti l’aereo
atterrò nella base di Sigonella. Ad attenderlo sulla pista, con l’ordine
di circondarlo, c’erano i militari italiani: 20 Carabinieri e 30 uomini della Vigilanza Aeronautica Militare (VAM). Sei
minuti dopo atterrarono anche due C141 statunitensi.
Armi in pugno, scesero cinquanta militari della Delta Force guidati dal Generale Steiner, che si diressero verso il Boeing egiziano, ormai fermo sulla pista, circondandolo a loro volta con l’ordine di farsi consegnare l’aereo egiziano e Abu Abbas, identificato come il vero comandante del commando palestinese.
Armi in pugno, scesero cinquanta militari della Delta Force guidati dal Generale Steiner, che si diressero verso il Boeing egiziano, ormai fermo sulla pista, circondandolo a loro volta con l’ordine di farsi consegnare l’aereo egiziano e Abu Abbas, identificato come il vero comandante del commando palestinese.
A mezzanotte e quarantacinque minuti Bettino
Craxi ordinò all’ammiraglio Fulvio Martini, allora capo del SISMI,
d’assumere le operazioni militari per il rispetto della sovranità
nazionale italiana. Craxi rivendicava energicamente le proprie
ragioni: per il diritto internazionale l’omicidio era come se fosse
avvenuto in territorio italiano ed inoltre non esistevano ancora prove
che fosse Abu Abbas il vero colpevole.
Mezz’ora più tardi giunsero così a Sigonella
dalle vicine caserme di Catania e Siracusa nuovi rinforzi militari
italiani che circondano a loro volta gli uomini della Delta Force.
Italiani ed americani si ritrovarono disposti in tre cerchi
concentrici, con un’autocisterna, una gru e mezzi anti-incendio chiusi a
chiave e piantonati dinanzi ai velivoli onde impedire loro di muoversi
dalla base ed ivi disposti su ordine della torre di controllo da parte
dell'eroico Capitano Marzo.
Seguirono a quel punto minuti d’altissima tensione, nei quali si sfiorò lo scontro tra italiani e statunitensi. Steiner,
collegato con gli Stati Uniti in tempo reale grazie ad apparecchiature
satellitari, avvertì il colonnello Ercolano Annicchiarico d’essere in
contatto con lo Studio Ovale: “Il Governo Italiano ha promesso di consegnarci i palestinesi; non capisco la resistenza di voi militari”. L’ammiraglio Martini si consultò con Roma e fece quindi rispondere a Steiner: “Abbiamo istruzioni di lasciarli lì”.
Le autorità italiane, infatti, restavano convinte che in assenza di
richiesta d’estradizione non fosse consentito a nessuno di sottrarre
alla giustizia italiana persone sospettate d’aver preso parte ad un atto
criminale avvenuto in territorio italiano.
Da Washington giunsero immediatamente al governo
italiano intimazioni rivolte per via diplomatico-militare, nelle quali
la questione viene semplicemente presentata come un’operazione di
polizia internazionale in cui poco importavano le diverse priorità
imposte dall’ordinamento giuridico italiano. Non avendo ottenuto
risposta positiva, il presidente statunitense Reagan, infuriato
per il comportamento italiano, telefonò nel cuore della notte a Craxi
per chiedegli la consegna dei dirottatori.
Craxi molto semplicemente rispose che, essendo stati i reati commessi in territorio italiano, solo l’Italia avrebbe potuto decidere sull’estradizione.
Craxi molto semplicemente rispose che, essendo stati i reati commessi in territorio italiano, solo l’Italia avrebbe potuto decidere sull’estradizione.
Alle 5.30 del mattino, quando su ordine di
Craxi il generale dei Carabinieri Bisogniero fece intervenire a
Sigonella i blindati dell’Arma dei Carabinieri ed altri rinforzi, il
reparto d’attacco americano ricevette l’ordine di rientrare.
A quel punto la polizia italiana arrestò i quattro dirottatori.
A quel punto la polizia italiana arrestò i quattro dirottatori.
Nella tarda mattinata l’ammiraglio Martini arrivò a
Sigonella per avviare una trattativa con gli egiziani rimasti a bordo
dell’aereo. Si decise pertanto di trasferire l’aereo a Ciampino e di scortarlo con aerei da caccia dell’aviazione italiana.
Avvenne proprio qui la penultima sorpresa: alle
21.30 un caccia americano F14 tentò d’interferire con l’aeroconvoglio
italiano allo scopo di dirottare il Boeing egiziano, ma senza riuscirvi.
L’ultima sorpresa vi fu invece alle 23.00 quando, atterrato il Boeing a Ciampino, un secondo aereo militare americano dichiarò l’emergenza e chiese l’autorizzazione all’atterraggio immediato, ottenendola.
Una volta atterrato, si dispose di traverso sulla pista con l’evidente intenzione d’impedire all’aereo egiziano ogni ulteriore manovra. L’ammiraglio Martini comunicò al pilota americano d’avere solo cinque minuti di tempo per liberare la pista, perchè dopo avrebbe ordinato di buttarlo fuori con le ruspe.
Al terzo minuto, constatato anche il fallimento di quest’ultimo disperato e maldestro tentativo americano d’interferire nella sovranità nazionale, il caccia F14 ripartì sconfitto.
L’ultima sorpresa vi fu invece alle 23.00 quando, atterrato il Boeing a Ciampino, un secondo aereo militare americano dichiarò l’emergenza e chiese l’autorizzazione all’atterraggio immediato, ottenendola.
Una volta atterrato, si dispose di traverso sulla pista con l’evidente intenzione d’impedire all’aereo egiziano ogni ulteriore manovra. L’ammiraglio Martini comunicò al pilota americano d’avere solo cinque minuti di tempo per liberare la pista, perchè dopo avrebbe ordinato di buttarlo fuori con le ruspe.
Al terzo minuto, constatato anche il fallimento di quest’ultimo disperato e maldestro tentativo americano d’interferire nella sovranità nazionale, il caccia F14 ripartì sconfitto.
Finiva così la lunga notte di Sigonella, un braccio
di ferro fra Ronald Reagan e Bettino Craxi decisamente impensabile
nell’Italia, penisola di zoombies di oggi..... (l'eroico gesto sovranista di Craxi gli costò poi la vita ....)
Nessun commento:
Posta un commento