Signora anziana, che ha partecipato alla seconda Guerra Mondiale sul fronte della Bielorussia, una medaglia, mandata direttamente dal Presidente Putin
A tu per tu con i profughi del Donbass in Russia (VIDEO)
Case distrutte, paura, fame. Migliaia di persone scappando dalla guerra nel Donbass hanno trovato rifugio in Russia. Come vivono adesso? Che prospettive hanno oggi lontani dalla propria terra e magari senza più una casa?
Grazie
alla preziosa testimonianza di Eliseo Bertolasi dal cuore di un campo
profughi nella provincia di Rostov, possiamo scoprire storie e destini
stravolti da una guerra nel mezzo dell'Europa.
- Eliseo, sei stato in un campo profughi nella provincia di Rostov, a Taganrog. In che condizioni vivono i profughi?
- Nella città di Taganrog, distante circa un paio d'ore da Rostov sul Don, ho visitato due alloggiamenti, due sistemazioni di profughi arrivati dall'Ucraina sudorientale.
Qualcuno è stato alloggiato in una struttura alberghiera, ma la maggior parte in un "lager" come lo chiamano loro, che non ha niente a che vedere ovviamente con i lager di memoria nazista.
Sono una sorta di colonie, come quelle che c'erano in Italia fino a qualche decennio fa, dove i bambini passavano le loro vacanze in estate.
Ci sono mense, giardini, luoghi dove i bambini possono stare
insieme. Ho visto i bimbi guardare i cartoni animati, fare i loro
compiti.
La maggior parte di questi profughi sono donne, bambini ed anziani.
La maggior parte di questi profughi sono donne, bambini ed anziani.
- Che cosa ti hanno raccontato queste persone, hanno intenzione di tornare nel Donbass?
- Molti di loro mi hanno confermato che non
hanno più una casa, molte delle loro case sono state rase al suolo.
Certo, vorrebbero tornare, perché nei loro territori di provenienza
hanno ancora dei parenti, però si rendono conto che non hanno più nulla.
Il desiderio di tornare sulla loro terra, cioè il Donbass, sicuramente è
molto forte.
- Che cosa ti ha colpito più di tutto durante la tua visita al campo?
- Tanti momenti e racconti. La direttrice della
mensa mi ha raccontato che nei primi momenti dopo l'arrivo nel campo, i
bambini entrando nella sala pranzo si rifugiavano sotto i tavoli, perché
avevano sperimentato purtroppo il trauma psichico terribile del vedere
cadere attorno a sé piogge di bombe.
Un altro momento toccante della giornata: quando è arrivato il
direttore del campo ed ha consegnato a una signora anziana di 90 anni, che ha
partecipato alla seconda Guerra Mondiale sul fronte della Bielorussia,
una medaglia, mandata direttamente dal Presidente Putin.
Questo in prospettiva della grande celebrazione del 70-simo anniversario della Vittoria del 9 maggio.
Questo in prospettiva della grande celebrazione del 70-simo anniversario della Vittoria del 9 maggio.
- Quali prospettive hanno i profughi che si trovano sul territorio della Federazione Russa, soprattutto chi ha la casa distrutta nel Donbass?
- Come sappiamo quando sono iniziati i
bombardamenti sulle regioni di Donetsk e Lugansk, verso la Russia
si è riversato un enorme flusso di profughi. Ricordo che tra le varie
opzioni che la Federazione russa ipotizzava per i profughi era lo status
di rifugiato e lo status di residenza temporanea, in futuro anche
procedure semplificate per l'ottenimento della cittadinanza russa.
Ti posso riferire una mia esperienza di viaggio: qualche mese fa in un
treno da Rostov a Mosca, ho incontrato nel mio scompartimento delle signore di
Murmansk, le quali mi hanno detto che una parte dei profughi erano già
stati inseriti nella struttura sociale e abitativa della loro città.
- I profughi vengono smistati sul resto del territorio russo quindi e non si trovano solo a Rostov?
- Certo, questo è nato dall'esigenza di non fare
vivere i profughi nelle iniziali tendopoli, che vennero allestite
quando iniziò il flusso consistente. Sappiamo benissimo che con le
temperature rigide degli inverni russi non si può ipotizzare di ospitare
profughi in semplici tendopoli.
Video dal cuore di un campo profughi a Rostov con la nonnina 90enne decorata da Putin
http://it.sputniknews.com/opinioni/20150417/273719.html
A seguito del lavoro svolto con “I’m Italian – Donbass“ Sara Reginella, psicologa ed autrice del documentario, è stata invitata a tenere una conferenza nell’Università di Rostov, in Russia.
Qual è stato l’argomento della conferenza nell’università di Rostov?
Ci può raccontare le sensazioni provate nei campi profughi?
Come si svolge la vita quotidiana dei civili?
La guerra è un trauma e chiunque avrebbe bisogno di supporto in una situazione di crisi per gestire al meglio le ripercussioni psicologiche, soprattutto quando il conflitto permane per un tempo così lungo.
Ma parallelamente ho osservato che queste persone hanno grandi risorse interiori e una forte unione reciproca che trascende l’individualismo a cui siamo abituati in Occidente.
Questi aspetti sono senz’altro delle risorse da un punto di vista psicologico.
I contatti con l’Università sono aperti, io e le mie colleghe abbiamo ammirato la professionalità e lo spessore intellettuale del mondo accademico russo. Inizierò a lavorare su un nuovo documento video che dia voce a queste persone, a partire dal materiale raccolto durante questo viaggio.
Il pubblico italiano ha il diritto d'essere informato.
E l’Europa ha diritto di vivere un territorio senza guerre.
http://www.tribunaitalia.it/2015/04/21/tra-rostov-e-lugansk-intervista-a-sara-reginella-sofferenza-e-coraggio-nel-donbass
deca
Tra Rostov e Lugansk, intervista a Sara Reginella: “Sofferenza e coraggio nel Donbass”
A seguito del lavoro svolto con “I’m Italian – Donbass“ Sara Reginella, psicologa ed autrice del documentario, è stata invitata a tenere una conferenza nell’Università di Rostov, in Russia.
Dopo la conferenza ha visitato un campo profughi e in seguito si è recata con una delegazione nel Donbass, precisamente nella città di Lugansk.
L’abbiamo contattata per farci raccontare questa esperienza: ecco qui riportata l’intervista integrale.
L’abbiamo contattata per farci raccontare questa esperienza: ecco qui riportata l’intervista integrale.
Il tema della
Conferenza ha riguardato le metodologie per l’assistenza sociale e
psicologica alle vittime del conflitto nel Donbass. All’incontro erano
presenti colleghi dell’Università di Psicologia di Rostov come la
Professoressa Irina Drodzova, colleghe italiane, come le Psicoterapeute
Daniela Silvestrelli e Nicoletta Maggitti, il giornalista Eliseo
Bertolasi e rappresentanti delle istituzioni russe quali la Croce Rossa,
la Chiesa Ortodossa, l’Unione dei Cosacchi e il Dipartimento di
Prevenzione delle Emergenze di Rostov.
Infine, in video conferenza, era con noi il Dottor Valentin Pehterev, Psichiatra e Psicoterapeuta presso la Clinica di Psicologia di Donetsk, nel Donbass. Ci siamo confrontati sulle metodiche utilizzate in Russia e in Italia per affrontare le situazioni di emergenza. L’arricchimento è stato reciproco. Abbiamo inoltre potuto ascoltare con quanta efficacia si siano impegnate le istituzioni della Federazione Russa nell’organizzare il soccorso ai rifugiati, sia da un punto di vista materiale sia da un punto di vista del supporto psicologico e sociale.
Un solo dato per indicare l’enormità dell’assistenza: nell’arco di una giornata, in un solo campo profughi, venivano consumati più di sei mila litri d’acqua nel periodo estivo. A ciò si aggiunge la necessità di fornire assistenza ai feriti, offrire attrezzature idonee ai diversamente abili, procurare medicinali e tutto ciò che attiene alla quotidianità, sia dal punto di vista materiale che psicologico, con particolare attenzione all’infanzia.
Infine, in video conferenza, era con noi il Dottor Valentin Pehterev, Psichiatra e Psicoterapeuta presso la Clinica di Psicologia di Donetsk, nel Donbass. Ci siamo confrontati sulle metodiche utilizzate in Russia e in Italia per affrontare le situazioni di emergenza. L’arricchimento è stato reciproco. Abbiamo inoltre potuto ascoltare con quanta efficacia si siano impegnate le istituzioni della Federazione Russa nell’organizzare il soccorso ai rifugiati, sia da un punto di vista materiale sia da un punto di vista del supporto psicologico e sociale.
Un solo dato per indicare l’enormità dell’assistenza: nell’arco di una giornata, in un solo campo profughi, venivano consumati più di sei mila litri d’acqua nel periodo estivo. A ciò si aggiunge la necessità di fornire assistenza ai feriti, offrire attrezzature idonee ai diversamente abili, procurare medicinali e tutto ciò che attiene alla quotidianità, sia dal punto di vista materiale che psicologico, con particolare attenzione all’infanzia.
Come l’hanno accolta i colleghi russi e qual è la loro opinione sul conflitto ucraino?
Ci hanno accolto
con grande interesse e calore. In merito al conflitto ucraino, i
colleghi russi hanno condiviso con noi il loro stupore e rammarico per
come i mass media occidentali trascurino l’emergenza del Donbass. Oltre a
trattare il tema della supporto alla popolazione, la mia relazione ha
riguardato l’applicazione innovativa delle teorie psicologico-sistemiche
ai conflitti internazionali.
Ho avuto così modo di discutere con i colleghi, da un punto di vista psicologico, su alcuni meccanismi connessi all’omissione di informazioni e alla manipolazione mediatica sul conflitto ucraino.
Ho avuto così modo di discutere con i colleghi, da un punto di vista psicologico, su alcuni meccanismi connessi all’omissione di informazioni e alla manipolazione mediatica sul conflitto ucraino.
Ci può raccontare le sensazioni provate nei campi profughi?
Nell’incontro
con i profughi del Donbass ho avuto modo di empatizzare con la
sofferenza di queste persone e di osservare anche il loro coraggio
nell’affrontare la situazione. Ciò che però li turba di più, è il fatto
di non sapere quando il conflitto terminerà.
Queste persone hanno subito delle violenze enormi, hanno visto distrutte le proprie case e, in molti casi, hanno perso i propri cari, sia civili che combattenti. Vivono l’impotenza per ciò che è accaduto e l’ingiustizia nel sapere che l’Occidente si è dimenticato di loro. Molti di coloro che hanno parenti che vivono nel territorio ucraino hanno paura nel rilasciare interviste a volto scoperto.
Temono che i propri cari possano subire delle ritorsioni. I profughi raccontano di bombardamenti contro le proprie abitazioni. Ciò che è accaduto a queste persone è catastrofico.
Lavoro quotidianamente con chi soffre, ma raramente mi è capitato di incontrare persone che, nonostante un così alto livello di dolore interiore, mantengano tanta dignità e consapevolezza. Provo una grande ammirazione nei loro confronti.
Queste persone hanno subito delle violenze enormi, hanno visto distrutte le proprie case e, in molti casi, hanno perso i propri cari, sia civili che combattenti. Vivono l’impotenza per ciò che è accaduto e l’ingiustizia nel sapere che l’Occidente si è dimenticato di loro. Molti di coloro che hanno parenti che vivono nel territorio ucraino hanno paura nel rilasciare interviste a volto scoperto.
Temono che i propri cari possano subire delle ritorsioni. I profughi raccontano di bombardamenti contro le proprie abitazioni. Ciò che è accaduto a queste persone è catastrofico.
Lavoro quotidianamente con chi soffre, ma raramente mi è capitato di incontrare persone che, nonostante un così alto livello di dolore interiore, mantengano tanta dignità e consapevolezza. Provo una grande ammirazione nei loro confronti.
Lei è una delle poche italiane
che ha avuto un’esperienza diretta nel
Donbass: come giudica la narrazione degli eventi da parte dei media occidentali?
Donbass: come giudica la narrazione degli eventi da parte dei media occidentali?
I mass media
occidentali hanno dipinto la Russia come un aggressore e l’Occidente
come un “salvatore”, dimenticando perlopiù di raccontare la posizione
che afferma che a Kiev vi è stato un colpo di stato veicolato
dall’Occidente stesso.
Dopo il golpe, i bombardamenti contro la popolazione nel Donbass sono stati censurati per un lungo periodo. Chiediamoci perché tali informazioni non sono arrivate.
Attualmente molti mass media fomentano la diffidenza e la fobia verso la Russia e il suo popolo, senza aiutare il pubblico a comprendere la complessità degli eventi.
L’Occidente non porta la democrazia, semplicemente è interessato a determinati paesi per perseguire interessi economici. I meccanismi sono sempre gli stessi in tutte le guerre: Donbass, Siria, Libia e così via. Sono molto preoccupata per la libertà di stampa nel mondo occidentale.
Testate indipendenti come Tribuna Italia sono un’eccezione preziosa.
Qual è la situazione ora nella Repubblica di Lugansk?Dopo il golpe, i bombardamenti contro la popolazione nel Donbass sono stati censurati per un lungo periodo. Chiediamoci perché tali informazioni non sono arrivate.
Attualmente molti mass media fomentano la diffidenza e la fobia verso la Russia e il suo popolo, senza aiutare il pubblico a comprendere la complessità degli eventi.
L’Occidente non porta la democrazia, semplicemente è interessato a determinati paesi per perseguire interessi economici. I meccanismi sono sempre gli stessi in tutte le guerre: Donbass, Siria, Libia e così via. Sono molto preoccupata per la libertà di stampa nel mondo occidentale.
Testate indipendenti come Tribuna Italia sono un’eccezione preziosa.
I bombardamenti continuano. Ho visto case in luoghi come Chernukhino totalmente distrutte.
In particolare, non riesco a dimenticare lo sguardo triste di una giovane donna rimasta completamente sola, avendo perso tutta la sua famiglia in uno dei bombardamenti. Allo stesso tempo è stato terribile vedere così tanti anziani impauriti. Anche gli animali sono spaventati.
Una ragazza di sedici anni, a Stachanov, dopo che i suoi genitori ci avevano mostrato i segni dei bombardamenti nella propria abitazione, mi ha raccontato che lei non era arrabbiata per quello che stava accadendo e voleva impegnarsi per mantenere la pace dentro di sé.
Non ci sono parole per descrivere la grandezza d’animo delle persone con cui ho parlato, che hanno molto da insegnare a tutti noi occidentali.
In particolare, non riesco a dimenticare lo sguardo triste di una giovane donna rimasta completamente sola, avendo perso tutta la sua famiglia in uno dei bombardamenti. Allo stesso tempo è stato terribile vedere così tanti anziani impauriti. Anche gli animali sono spaventati.
Una ragazza di sedici anni, a Stachanov, dopo che i suoi genitori ci avevano mostrato i segni dei bombardamenti nella propria abitazione, mi ha raccontato che lei non era arrabbiata per quello che stava accadendo e voleva impegnarsi per mantenere la pace dentro di sé.
Non ci sono parole per descrivere la grandezza d’animo delle persone con cui ho parlato, che hanno molto da insegnare a tutti noi occidentali.
Ha quindi avuto dei colloqui con la popolazione locale? Che tipo di lavoro ha svolto nella città?
Dopo la
conferenza a Rostov ho deciso di recarmi nel Donbass per verificare in
prima persona ciò che sta vivendo da un punto di vista psicologico la
popolazione di etnia e lingua russa che vive in territorio di guerra.
Quando mi è stato concesso, ho realizzato dei filmati. Alla fine dei colloqui, chiedevo alle persone se c’era un messaggio che volevano che comunicassi alla popolazione occidentale.
In molti mi hanno chiesto semplicemente di raccontare la verità. La verità che essi riportano è che in questi mesi sono state bombardate le infrastrutture civili.
Ho sentito spesso raccontare la storia dei cosiddetti “terroristi” che, anziché limitarsi a colpire lungo la linea del fronte, bombarderebbero le abitazioni. Le persone con cui ho parlato non hanno confermato questa teoria. Le persone con cui ho parlato affermano che tra i difensori novorussi vi sono gli stessi abitanti del Donbass, ed è assurdo pensare che essi stessi colpiscano le proprie abitazioni, uccidano i propri familiari e i propri amici.
Se così fosse, la popolazione sarebbe terrorizzata alla sola vista dei combattenti novorussi. Al contrario, ho osservato che questi ultimi sono integrati nella popolazione, bene accolti. Sono essi stessi parte della popolazione del Donbass. Ci sono donne e uomini di tutte le età, persone normalissime come noi, che si sono arruolate dopo i primi bombardamenti, dopo la strage di Odessa.
Le persone con cui ho parlato temono i bombardamenti ucraini, non i bombardamenti dei novorussi.
Rispetto il punto di vista di chi non condividerà la mia testimonianza, ma sottolineo che, sulla base dell’etica e della mia deontologia professionale, sto riportando ciò che ho visto e ascoltato.
C’è la possibilità che la mia esperienza percettiva sia contestata , in quanto viviamo in una realtà mediaticamente costruita, virtuale, psicotica, scissa, una realtà in cui punti di vista faticano ad incontrarsi e in cui l’esperienza percettiva del reale rischia di essere negata e di essere fatta scivolare via.
Come psicoterapeuta, sono abituata ad osservare e riconoscere questi meccanismi di mistificazione, disconferma ed iniezione di significato.
Quando mi è stato concesso, ho realizzato dei filmati. Alla fine dei colloqui, chiedevo alle persone se c’era un messaggio che volevano che comunicassi alla popolazione occidentale.
In molti mi hanno chiesto semplicemente di raccontare la verità. La verità che essi riportano è che in questi mesi sono state bombardate le infrastrutture civili.
Ho sentito spesso raccontare la storia dei cosiddetti “terroristi” che, anziché limitarsi a colpire lungo la linea del fronte, bombarderebbero le abitazioni. Le persone con cui ho parlato non hanno confermato questa teoria. Le persone con cui ho parlato affermano che tra i difensori novorussi vi sono gli stessi abitanti del Donbass, ed è assurdo pensare che essi stessi colpiscano le proprie abitazioni, uccidano i propri familiari e i propri amici.
Se così fosse, la popolazione sarebbe terrorizzata alla sola vista dei combattenti novorussi. Al contrario, ho osservato che questi ultimi sono integrati nella popolazione, bene accolti. Sono essi stessi parte della popolazione del Donbass. Ci sono donne e uomini di tutte le età, persone normalissime come noi, che si sono arruolate dopo i primi bombardamenti, dopo la strage di Odessa.
Le persone con cui ho parlato temono i bombardamenti ucraini, non i bombardamenti dei novorussi.
Rispetto il punto di vista di chi non condividerà la mia testimonianza, ma sottolineo che, sulla base dell’etica e della mia deontologia professionale, sto riportando ciò che ho visto e ascoltato.
C’è la possibilità che la mia esperienza percettiva sia contestata , in quanto viviamo in una realtà mediaticamente costruita, virtuale, psicotica, scissa, una realtà in cui punti di vista faticano ad incontrarsi e in cui l’esperienza percettiva del reale rischia di essere negata e di essere fatta scivolare via.
Come psicoterapeuta, sono abituata ad osservare e riconoscere questi meccanismi di mistificazione, disconferma ed iniezione di significato.
Come si svolge la vita quotidiana dei civili?
Quando bombardano le persone si rifugiano nei “padvali” (cantine n.d.r.),
dove arrivano a raggrupparsi molti civili a temperature bassissime.
Durante il mio mio percorso, è stato colpito un centro abitato e ho visto gli anziani, che vivevano in abitazioni veramente piccole e modeste, non in palazzi, precipitarsi in strada, in preda al panico. Altrimenti, quando i colpi sono più lontani, le persone lavorano e vivono in un’apparente normalità.
Apparente, perché effettuando spostamenti, ci si imbatte in palazzi distrutti, finestre senza vetri, militari, posti di blocco.
Durante il mio mio percorso, è stato colpito un centro abitato e ho visto gli anziani, che vivevano in abitazioni veramente piccole e modeste, non in palazzi, precipitarsi in strada, in preda al panico. Altrimenti, quando i colpi sono più lontani, le persone lavorano e vivono in un’apparente normalità.
Apparente, perché effettuando spostamenti, ci si imbatte in palazzi distrutti, finestre senza vetri, militari, posti di blocco.
Crede che questo conflitto possa generare delle ripercussioni psicologiche sul futuro di queste popolazioni?
La guerra è un trauma e chiunque avrebbe bisogno di supporto in una situazione di crisi per gestire al meglio le ripercussioni psicologiche, soprattutto quando il conflitto permane per un tempo così lungo.
Ma parallelamente ho osservato che queste persone hanno grandi risorse interiori e una forte unione reciproca che trascende l’individualismo a cui siamo abituati in Occidente.
Questi aspetti sono senz’altro delle risorse da un punto di vista psicologico.
Uscirà un nuovo documentario per
raccontare questo viaggio: quando sarà pronto? Ci saranno nuovamente
contatti con il mondo accademico russo?
I contatti con l’Università sono aperti, io e le mie colleghe abbiamo ammirato la professionalità e lo spessore intellettuale del mondo accademico russo. Inizierò a lavorare su un nuovo documento video che dia voce a queste persone, a partire dal materiale raccolto durante questo viaggio.
Il pubblico italiano ha il diritto d'essere informato.
E l’Europa ha diritto di vivere un territorio senza guerre.
Intervista a cura di Lorenzo Zacchi – @LorenzoZacchi
http://www.tribunaitalia.it/2015/04/21/tra-rostov-e-lugansk-intervista-a-sara-reginella-sofferenza-e-coraggio-nel-donbass
deca
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