Il pensiero strategico cinese, nell’antichità e ai giorni nostri – 1^ parte
Prima parte: Il Tao Te Ching quale substrato fondamentale del pensiero cinese
Inauguriamo una nuova serie di articoli;
stavolta ci occuperemo del pensiero strategico cinese (Sun Tzu e Sun
Pin) e del loro corollario (I 36 Stratagemmi) dell’antichità, per poi
passare a quello moderno, attualissimo (non che gli altri non lo siano)
rappresentato da “Guerra senza limiti” dei colonnelli cinesi Qiao Liang e
Wang Xiangsui.
Tuttavia, questa prima parte sarà dedicata sopratutto a Lao Tze e al suo immortale Tao Te Ching. Sembrerà una scelta strana, quella di citare un testo religioso/filosofico/sapienziale (a seconda dell’interpretazione che si dia a queste parole) come indispensabile preambolo per uno studio sulla strategia.
Tuttavia, questa prima parte sarà dedicata sopratutto a Lao Tze e al suo immortale Tao Te Ching. Sembrerà una scelta strana, quella di citare un testo religioso/filosofico/sapienziale (a seconda dell’interpretazione che si dia a queste parole) come indispensabile preambolo per uno studio sulla strategia.
Qualcuno potrebbe commentare che sarebbe come voler
far precedere, a uno studio sulla strategia europea (Von Clausewitz,
Jomini, Luttwak) un articolo su Martin Lutero, o sui Vangeli!
Tuttavia, i prestiti concettuali sono enormi e, del resto, anche Lao Tze, nella sua opera, cita frasi e concetti tratti dal mondo della strategia e della guerra. Quindi è di osmosi che si dovrebbe parlare. Tuttavia, a noi importa solo di porre le fondamenta di una serie di articoli sul pensiero strategico cinese, quindi è in quest’ottica che citeremo alcuni capitoletti dell’opera di Lao Tze.
Ci si perdoni se evitiamo di infognarci nella lunghissima (e inutile, a nostro modesto avviso) discussione sul modo corretto di traslitterare i caratteri cinesi. Diremo solo che il lettore non deve allarmarsi se in giro dovesse trovare divergenze tipo: Sun Tzu/Sun Tzi o Lao Tze/Laozi etc.
Tuttavia, i prestiti concettuali sono enormi e, del resto, anche Lao Tze, nella sua opera, cita frasi e concetti tratti dal mondo della strategia e della guerra. Quindi è di osmosi che si dovrebbe parlare. Tuttavia, a noi importa solo di porre le fondamenta di una serie di articoli sul pensiero strategico cinese, quindi è in quest’ottica che citeremo alcuni capitoletti dell’opera di Lao Tze.
Ci si perdoni se evitiamo di infognarci nella lunghissima (e inutile, a nostro modesto avviso) discussione sul modo corretto di traslitterare i caratteri cinesi. Diremo solo che il lettore non deve allarmarsi se in giro dovesse trovare divergenze tipo: Sun Tzu/Sun Tzi o Lao Tze/Laozi etc.
È una questione che non ci interessa, se non per far notare che vi
sono varie scuole di pensiero, vari modi di traslitterare quei nomi. Noi
preferiamo la versione classica, per semplicità nonché per questioni di
orecchiabilità (almeno alle nostre orecchie italiche!) e lasciamo ad
altri l’eterna diatriba sul modo corretto di scrivere tali nomi.
Dopo questa premessa, passiamo subito a esaminare il Tao Te Ching. Non ne faremo però un’analisi sistematica: non è questa la sede adatta, e non ne avremmo neppure le competenze.
Ci limiteremo a citarne alcuni passi fondamentali, confrontandoli con altri presi dall’Arte della guerra, di Sun Tzu, per dimostrare il processo di influenza (mono o bidirezionale non importa) di cui si parlava sopra.
Cominciamo col famosissimo incipit del Tao Te Ching, che è un vero e proprio inno al paradosso (e cos’è la strategia, se non il regno del paradosso, ibridato con quello della ragione?).
Dopo questa premessa, passiamo subito a esaminare il Tao Te Ching. Non ne faremo però un’analisi sistematica: non è questa la sede adatta, e non ne avremmo neppure le competenze.
Ci limiteremo a citarne alcuni passi fondamentali, confrontandoli con altri presi dall’Arte della guerra, di Sun Tzu, per dimostrare il processo di influenza (mono o bidirezionale non importa) di cui si parlava sopra.
Cominciamo col famosissimo incipit del Tao Te Ching, che è un vero e proprio inno al paradosso (e cos’è la strategia, se non il regno del paradosso, ibridato con quello della ragione?).
«Il Tao che può essere nominato (Tao) non è l’eterno Tao.(1)»
In questo enunciato non si discosta da analoghe opere di altre terre (si pensi all’Ecclesiaste: “appo Iddio i savi sono pazzi, e i pazzi sono savi!”
In questo enunciato non si discosta da analoghe opere di altre terre (si pensi all’Ecclesiaste: “appo Iddio i savi sono pazzi, e i pazzi sono savi!”
Oppure alla Bhagavad Gita: “Quando per tutti è notte, per il
saggio raccolto in Sé è tempo della veglia; quando per tutti è tempo
della veglia, è notte per il silenzioso saggio raccolto.”) che indicano
tutte come l’Assoluto sia oltre tutto ciò che è duale (parole,
opposizione bianco-nero e vita-morte, saggezze-ignoranza etc).
Su un piano più basso, ma non per questo
meno legittimo (a patto di non venire confuso con quelli superiori)
serve da base a tutto un impianto filosofico (di una filosofia però
anche pratica) volto all’accettazione (e quindi allo sfruttamento)
dell’unità nella dualità delle cose di tutti i giorni.
Fuor di metafora:
«[…] È così che essere e non-essere si danno nascita fra loro, facile e difficile si danno compimento fra loro, lungo e corto si danno misura fra loro, alto e basso si fanno dislivello fra loro, tono e nota si danno armonia fra loro, prima e dopo si fanno seguito fra loro.(2)»
Fuor di metafora:
«[…] È così che essere e non-essere si danno nascita fra loro, facile e difficile si danno compimento fra loro, lungo e corto si danno misura fra loro, alto e basso si fanno dislivello fra loro, tono e nota si danno armonia fra loro, prima e dopo si fanno seguito fra loro.(2)»
Cioè gli opposti, lungi dall’essere
nemici, sono complementari, e sono addirittura necessari l’uno
all’altro. Sul piano strategico (inteso nel senso più ampio possibile,
vale a dire dalla tattica, fino alla politica estera, e alla conduzione
della guerra) significherà, per i teorici (ma che spesso praticavano in
prima persona tali principi, vedi Sun Pin) che:
«La
strategia è la via del paradosso. Così, chi è abile, si mostri
maldestro; chi è utile, si mostri inutile. Chi è affabile, si mostri
scostante; chi è scostante, si mostri affabile. Adescate il nemico con
la prospettiva di un vantaggio, e conquistatelo con la confusione. Se è
solido, preparatevi a combatterlo; se è forte, evitatelo. Se è
collerico, mostratevi cedevoli; se è umile, arroganti.
Se è pigro, affaticatelo; se è compatto, disperdetelo. Attaccatelo quando è impreparato, e apparite all’improvviso.(3)»
Ancora:
«Da ciò traggo la seguente conclusione:
chi in cento battaglie riporta cento vittorie, non è il più abile in
assoluto; al contrario, chi non dà nemmeno battaglia, e sottomette le
truppe dell’avversario, è il più abile in assoluto. La strategia
migliore è quella che fa fallire i piani dell’avversario; quella
immediatamente successiva, fa fallire i negoziati; quella ancora
successiva, fa fallire le strategie rivali; e quella più infima consiste
nell’attaccare le fortezze.(4)»
Ancora una volta, è il trionfo della
logica paradossale, ma non per questo insensata, anzi! Si tratta,
ovviamente, non di non combattere fisicamente, ma solo di farlo dopo
essersi assicurato di tutta una serie di elementi di “non-combattimento”
che rendano lo scontro fisico un successo travolgente prim’ancora di essere scesi sul campo di battaglia.
Quali sono questi elementi? Ne parleremo nei prossimi articoli. Per ora ci limiteremo a citare questo spezzone:
««La strategia è l’affare più
importante dello Stato, il terreno di vita o di morte, la via che
conduce alla sopravvivenza o all’estinzione: si deve sondarla
attentamente. Perciò, pianificatela mediante i cinque elementi concreti
(shih), correggetela mediante i calcoli opportuni, e poi esaminate le
circostanze. Il primo dei cinque elementi concreti è la via (tao); il
secondo è la condizione atmosferica (t’ien); il terzo è il terreno (ti);
il quarto è il comandante (chiang); il quinto è la tattica (fa).»(5)
Ovviamente si tratta di macro categorie,
in cui poi rientrano quelle inferiori. Tra queste, quelle relative alla
logistica: rifornimenti, comunicazioni, alloggiamenti, etc.
Notare il riferimento al Tao.
«La condizione atmosferica viene determinata dalle seguenti qualità: yin e yang, freddo e caldo, sistema delle stagioni.»(6)
Yin e Yang, bene e male, luce e
oscurità, maschio e femmina, attivo e passivo, diretto e indiretto, alt e
basso, montagna e valle, in altre parole le due polarità dell’esistenza
sono, secondo i taoisti, racchiuse e armonizzate dal simbolo del Tao.
Questo simbolo possiamo farlo corrispondere, simbolicamente parlando
(dei significati politici che ha assunto, non ce ne può importare di
meno) alla svastica, o al cerchio col punto al centro degli alchimisti:
vale a dire, l’unione degli opposti, e persino della contrapposizione
tra Assoluto e relativo, tra Divinità immanente, e Divinità
trascendente. Proprio per quest’ultima unione, incomprensibile
nell’ottica del monoteismo, in cui vi è un Dio creatore, assolutamente
buono, e di fatto (anche se non in teoria) un principio oscuro,
malvagio, addirittura contrapposto al primo. Nell’ottica taoista, ma
anche hindù (e anche romana e greca, volendo con ciò intendere le
antiche vie sapienziali e religiose esistenti in Grecia e a Roma prima
del cristianesimo) le cose stano diversamente.
Questo si traduce quindi in una facile e
costante applicazione dei principi più elevati, nelle attività più
disparate. E, viceversa, l’osservazione anche delle verità più banali
può condurre alla realizzazione spirituale. Questo concetto sarà poi
portato all’estremo dal Buddismo Chan, che in Giappone prenderà il nome,
ben più famoso, di Zen, e consistente in una felice sintesi di Taoismo e
Buddismo.
1 Lao Tze – op. cit. cap. 1
2 Ibidem – cap. 2
3 Sun Tzu – op. cit. cap. 1
4 Ibidem – cap. 3
5 Ibidem – cap. 1
6 Ivi.
Il pensiero strategico cinese, nell’antichità e ai giorni nostri – 2^ parte
Lao Tze (o comunque si voglia
traslitterare il nome) visse, secondo alcuni, nel VI secolo avanti
Cristo. Altri dicono nel IV. In ogni caso, attorno alla sua figura, si
avvolge un manto di storia, leggenda, simbolismo, paragonabile a quella
del Budda storico, di Gesù, Krishna e altre figure analoghe. Tra le
tante cose, si dice che la madre, vergine, sia rimasta incinta fissando
una stella cadente. Lao Tze, secondo altre leggende, da vecchio, avrebbe
lasciato la cina in sella al proprio bufalo, ma, giunto alla frontiera,
un guardiano l’avrebbe costretto, per farlo passare, a lasciare
qualcosa di scritto a testimonianza della sua filosofia. Ecco allora che
La Tze avrebbe scritto il suo immortale Tao Te Ching, la sua unica
opera scritta, prima di scomparire per sempre.
Seconda parte: Il Taoismo, il “Go”, e la strategia
Riprendiamo dall’articolo precedente. Tutta la strategia militare
cinese, lungi dall’essere una specie di braccio di ferro su scala più
ampia, in cui prevale solo il più forte, può essere paragonata a una
partita di Go1 (la
dama… cinese, appunto, il cui scopo è quello di circondare una
superficie del “tabellone di gioco”, o goban, maggiore rispetto a quella
dell’avversario, impedendogli di invadere il nostro territorio per
sottrarre punti o catturare le pietre… la cui cattura, del resto, è un
evento talmente secondario, che si può vincere la partita senza averne
effettuata neppure una) e al Judo (arte marziale in cui si rivolge
contro il nemico la sua stessa forza).
Il Go, non a caso, nasce in Cina ed è un
gioco puramente strategico, senza contaminazioni tattiche, come per gli
Scacchi, e senza inutili complicazioni (vi è un solo tipo di pedina e
questa può essere piazzata ovunque ma, una volta fatto, non può più
essere mossa) che però presenta così tante combinazioni (10^365 mosse
possibili) da rendere impossibile uno studio sistematico e mnemonico
delle prime mosse, come negli Scacchi (gioco per il quale vi sono
centinaia di manuali, con le diverse mosse “d’apertura” e di risposta, e
in cui di fatto le prime 10-15 mosse vengono effettuate in modo
mnemonico, perché le possibilità di risposta dell’avversario sono ormai
tutte note e sviscerate a livello teorico). Inutile dire che il Go è
sempre stato il gioco preferito (anche) dei grandi generali, e dei
politici cinesi (e non solo). Per quanto riguarda il Judo diremo solo
che era l’arte marziale preferita dai Samurai. Si pensi anche, sempre
nel campo delle arti marziali, al Kung Fu e al Wing Chun, altrettanto
impregnati di spirito taoista.
In entrambi i casi, si tratta di
discipline altamente stimate, influenzate pesantemente dalla cultura
cinese, in particolare da quella Taoista.
Ancora Sun Tzu:
«Gli esperti di applicazioni strategiche
coltivano il tao, per alimentare la tattica. Così, saranno in grado di
praticare la politica del trionfo e della disfatta.»2
Del resto, se pensiamo che spesso
ciascuno dei 36 Stratagemmi cinesi viene abbinato al corrispondente
esagramma dell’I Ching, la cosa non dovrebbe apparire tanto strana. L’I
Ching, che molti riduttivamente paragonano ai tarocchi, non è solo uno
strumento di divinazione, ma anche un trattato filosofico-sapienziale
dai molteplici usi: dalla psicologia alla strategia, appunto.3
Ma, in sostanza, strategicamente
parlando, di che si tratta? I popoli occidentali hanno spesso adottato
un atteggiamento strategico e tattico rigido (si pensi alla falange
oplitica o a quella macedone) con la notevole eccezione di Roma (che non
a caso durò due secoli, contando anche la parte orientale). I popoli
orientali di tipo nomadico, invece, l’esatto opposto (si pensi alle
ondate avvolgenti, mobili, fluide, dei cavalieri mongoli o degli unni,
con arco e armatura leggera). Il pensiero cinese, invece, cerca di
coniugare e armonizzare entrambi i principi, mutandoli, all’occorrenza,
l’uno nell’altro.
Così vi è il concetto di attacco diretto
e attacco indiretto, teorizzato da Sun Tzu migliaia di anni prima che
venisse fatto in occidente. Di ciò abbiamo parlato anche in altri
articoli; poiché è un argomento molto vasto, ne parleremo estesamente
nel prossimo.
Passiamo adesso a illustrare altri capitoli del Tao Te Ching.
«[…] Poiché egli pratica il non agire, nulla v’è che non sia governato.4
Il cielo è longevo, e la terra è durevole. Perché mai possono essere
longevi e durevoli? Perché non coltivano l’Io. Così, possono vivere a
lungo. Il saggio si mette in secondo piano, ma balza in primo piano. Non
tiene al proprio corpo, eppure lo preserva. Non è forse perché manca di
un Io che egli può realizzarlo sino in fondo?»5
Cosa c’entra tutto ciò con la strategia,
si domanderà qualcuno. Non si dovrebbe parlare di fanti, arcieri,
guerra, sangue etc? In verità la strategia ha molte applicazioni: solo
una di esse, in fondo la più facile, è legata alla guerra. Le nostre
parole non devono stupire: la formula del XVII stratagemma cinese,
“Lanciare un mattone per ottenere una giada” – vale a dire: rinunciare a
qualcosa di poco conto, per ottenerne una preziosa – nacque da questo
episodio: Zhao Gu, un poeta rinomato, si recò in visita al Tempio della
Roccia degli spiriti. Un poeta locale, Chang Jian, proponendosi di
sottrargli dei versi poetici, ne scrisse alcuni molto scadenti, e li
affisse all’ingresso del tempio. Zhao Gu, schifato da quei versi, decise
di rimediare, e ve ne aggiunse altri di eccellente qualità. Chang Jian,
in cambio della scarsissima fatica necessaria a comporre dei versi
scadenti – il mattone – ottenne così degli ottimi versi: la giada.6
D’altra parte, i manuali di strategia
cinesi sono stati anche interpretati come: manuali per condurre gli
affari in modo spietato, guide su come condurre una squadra di lavoro in
armonia e, perfino, come mezzi per la realizzazione interiore. Il Tao
Te Ching, in quest’ottica, può servire a tutte e tre le cose. Nello
specifico, i versi del Tao Te Ching, citati poc’anzi, si possono
benissimo riferire alle qualità che deve avere uno stratega, o un leader
politico, senza le quali anche la migliore strategia rischierebbe di
rivelarsi un fiasco.
Infatti, a differenza che in occidente,
in Cina i pensatori hanno posto in luce la necessità, per lo stratega,
di conoscere la psicologia propria e quella dell’avversario, pena la
sconfitta, o comunque il rischio di veder vanificata, in tutto o in
parte, la propria strategia.
Concludiamo con alcune citazioni a sostegno di questa nostra affermazione:
«Adescate il nemico con la prospettiva
di un vantaggio, e conquistatelo con la confusione. Se è solido,
preparatevi a combatterlo; se è forte, evitatelo. Se è collerico,
mostratevi cedevoli; se è umile, arroganti. Se è pigro, affaticatelo; se
è compatto, disperdetelo. Attaccatelo quando è impreparato, e apparite
all’improvviso.»7
Ancora:
«In effetti, chi uccide il nemico prova
rancore. Chi invece lo prende prigioniero, trae vantaggio dalle risorse
dell’avversario.»8
Di nuovo:
«Quando ignora che essa non può
avanzare, e la stimola a questo; oppure quando ignora che essa non può
indietreggiare, e la stimola a questo. Ciò viene definito: “imbrigliare
l’armata.”
Quando ignora i compiti specifici delle
rispettive unità dell’armata, e ordina di attaccare a tutte e tre,
disorientandone gli ufficiali. Quando ignora l’autorità degli ufficiali
delle rispettive unità dell’armata, e affida le stesse responsabilità a
tutti e tre, suscitandone le incertezze.
Quando le tre unità dell’armata vengono
disorientate e rese incerte, gli altri signori feudali le metteranno in
difficoltà. Ciò viene definito: “confondere l’armata, determinando
necessariamente la vittoria dell’avversario.” È nota l’esistenza di
cinque tipi di comandanti che ottengono vittoria: quelli che sanno
quando dare battaglia, e quando astenersene; quelli esperti
nell’impegnare la giusta quantità di uomini; quelli che riescono a
indurre ufficiali e subordinati a nutrire gli stessi desideri; quelli
che affrontano il pericolo con la giusta preparazione; quelli che
riescono a esercitare il comando senza subire interferenze da parte del
principe. Questi cinque sono i tipi di comandanti che conoscono l’arte
della vittoria. C’è un detto: “conoscere l’altro e se stessi – cento
battaglie, senza rischi; non conoscere l’altro, e conoscere se stessi – a
volte, vittoria; a volte, sconfitta; non conoscere l’altro, né se
stessi – ogni battaglia è un rischio certo.”»9
Chiudiamo con questa sentenza di Lao
Tze, che ritornerà più volte nel corso di questa lunga serie di
articoli, perché è un assunto fondamentale della strategia,
paradossalmente ancora più vero e più utile ai giorni nostri, in cui la
tecnologia sembra recitare la parte del leone.
«Pensare di mantenere qualcosa (giunta) al culmine delle (proprie) possibilità, è peggio che metterlo da parte.»10
Cioè una battaglia, una guerra, un
sistema d’arma, una strategia, ha un andamento a parabola: prima vi sono
le difficoltà iniziali, poi il successo, infine inizia la fase
discendente: tentare di mantenersi saldi, senza cambiare, lungo la
stessa via, durante la fase del successo, porta a un inevitabile
declino.11
1Weiqi in cinese
2Ivi – cap. 4
3Cfr. Thomas Clery – I Ching Taoista E
4Lao Tze – op. cit. cap. 3
5Ibidem – cap. 7
6Gianluca Magi (a cura di) – I 36 Stratagemmi ed. Il punto d’incontro
7Sun Tzu – L’arte della guerra cap. 1
8Ibidem – cap. 2
9Ibidem – cap. 3
10Lao Tze – op. cit. cap. 9
11Cfr. Luttwak – Strategia: la logica della guerra e della pace.
Un esempio pratico aiuterà a capire.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli angloamericani avevano paura,
sbarcando in Sicilia, di trovare forze tedesche eccessivamente forti.
Così usarono uno stratagemma. Presero un cadavere, lo vestirono con
l’uniforme di un ufficiale (o era un ufficiale per davvero: francamente
non ricordiamo, ma non è così importante da andare a cercare
informazioni più precise, dato che si tratta solo di un esempio) e lo
spinsero in mare facendo in modo che finisse sulle coste spagnole.
Il cadavere aveva con sé dei piani (fasulli) di attacco in Sardegna. La Spagna, neutrale ma vicina all’Asse, riconsegnò il cadavere agli americani, ma questi si accorsero che il contenitore con i piani era stato aperto (dai servizi segreti tedeschi) così capirono che lo stratagemma aveva funzionato. Infatti, la Germania fece spostare delle truppe in Sardegna, e la Sicilia rimase praticamente sguarnita.
Terza parte: la virtù del paradosso
«Se ti pieghi ti conservi, se ti curvi
ti raddrizzi, se t’incavi ti riempi, se ti logori ti rinnovi, se miri al
poco ottieni (molto, N.b.) se miri al molto resti deluso.»1
Prima di liquidare questa sentenza di
Lao Tze come prodotto di vacuo idealismo amante del paradosso, e forse
anche un po’ decrescista (ma chi ci ha seguiti sin qua, ormai ha capito
che così non è) confrontiamone l’ultima parte (“se miri al poco ottieni,
se miri al molto resti deluso”) con uno dei 36 Stratagemmi cinesi, per
la precisione col XII:
«Portar via (rubare, N.b.) la pecora che capita sotto mano.»
Questo stratagemma, appartenente alla
sezione del contrattacco, e quindi adatta per chi, dopo essersi trovato
in posizione di inferiorità, abbia la possibilità di passare all’azione,
è un invito palese a non commettere l’errore di inseguire (il miraggio
di) un grande vantaggio, rinunciando a qualcosa di molto meno
consistente, ma che tuttavia è a portata di mano, e può essere ottenuto
con sforzi minimi, a patto di sapersi accontentare.
Quindi, in questo caso, è la scelta dell’uovo oggi, piuttosto che la gallina domani… a patto che si afferri subito il primo uovo che capita, e si proceda subito oltre. Se invece si dovesse perdere tempo a scegliere, lo stratagemma si ritorcerebbe contro il suo utilizzatore. È anche un invito a non eccedere nella ricerca della perfezione.
Quindi, in questo caso, è la scelta dell’uovo oggi, piuttosto che la gallina domani… a patto che si afferri subito il primo uovo che capita, e si proceda subito oltre. Se invece si dovesse perdere tempo a scegliere, lo stratagemma si ritorcerebbe contro il suo utilizzatore. È anche un invito a non eccedere nella ricerca della perfezione.
Questo, come gli altri 35, può essere
applicato a ogni campo, così come appunto avviene in Asia. Per esempio,
scrivendo questo articolo così com’è, piuttosto che come ci piacerebbe
che fosse (vale a dire molto più lungo, dettagliato, ricco di esempi
storici, etc, ma anche più lento, laborioso e difficile da scrivere, e
forse anche da assimilare) stiamo applicando il XII stratagemma e la
frase di Lao Tze, prendendo la pecora che ci capita sotto mano, cioè
accettando un articolo imperfetto, ma che ci costa (relativamente) poco
sforzo scrivere, piuttosto che inseguire la chimera di un pezzo
impeccabile, ma la cui possibilità (di essere scritto) è altamente
aleatoria.
Andiamo oltre.
«Se ti pieghi ti conservi, se ti curvi
ti raddrizzi, se t’incavi ti riempi, se ti logori ti rinnovi.» Tali
principi, oltre ad avere una validità interiore (quindi ciò che andrebbe
piegato, curvato, incavato e logorato sarebbe l’Io individuale,
rispetto al Sé; cfr. l’espressione evangelica “Lui deve crescere, io,
invece, diminuire.” Cfr. anche col mito di Narciso che, troppo
innamorato di sé stesso, nel senso del proprio Io, finì per diventarne
schiavo) ne hanno una esteriore.
È un invito che i maestri dell’arte della guerra, come Sun Tzu, Sun Pin e altri, hanno tradotto come necessità di essere flessibili, di adattarsi agli eventi per poi volgerli in proprio favore. Come abbiamo visto negli articoli precedenti:
È un invito che i maestri dell’arte della guerra, come Sun Tzu, Sun Pin e altri, hanno tradotto come necessità di essere flessibili, di adattarsi agli eventi per poi volgerli in proprio favore. Come abbiamo visto negli articoli precedenti:
«Così, chi è abile, si mostri maldestro;
chi è utile, si mostri inutile. Chi è affabile, si mostri scostante;
chi è scostante, si mostri affabile. Adescate il nemico con la
prospettiva di un vantaggio, e conquistatelo con la confusione. Se è
solido, preparatevi a combatterlo; se è forte, evitatelo. Se è
collerico, mostratevi cedevoli; se è umile, arroganti. Se è pigro,
affaticatelo; se è compatto, disperdetelo. Attaccatelo quando è
impreparato, e apparite all’improvviso.2»
Passiamo agli altri capitoli del Tao Te
Ching, in modo da concludere questa trilogia introduttiva, per poi
passare, col prossimo articolo, alle opere strategiche propriamente
dette, e allo studio generale della materia.
«Chi sta sulla punta dei piedi non si
tiene ritto, chi sta a gambe larghe non cammina, chi da sé vede non è
illuminato, chi da sé s’approva non splende, chi da sé si gloria non ha
merito, chi da sé s’esalta non dura a lungo. 3»
Come sopra.
«Quei che col Tao assiste il sovrano non
fa violenza al mondo con le armi, nelle sue imprese preferisce
controbattere. Là dove stanziano le milizie nascono sterpi e rovi, al
seguito dei grandi eserciti vengono certo annate di miseria. Chi ben li
adopra soccorre e basta, non osa con essi acquistar potenza. »4
In pratica un invito, sul piano esteriore, a usare metodi alternativi alla pura forza militare.
«Chi conosce gli altri è sapiente, chi
conosce sé stesso è illuminato. Chi vince gli altri è potente, chi vince
sé stesso è forte. Chi sa contentarsi è ricco, chi strenuamente opera
attua i suoi intenti. A lungo dura chi non si diparte dal suo stato, ha
vita perenne quello che muore ma non perisce.»5
Un invito a conoscere sé stessi, valido
anche per uno stratega, o un condottiero: pensiamo a quanti imperi sono
crollati come castelli di carte, solo a causa dei difetti caratteriali
dei loro sovrani, che non hanno saputo vincere i nemici interiori come
facevano con quelli esteriori. L’esempio più eclatante è quello di
Alessandro Magno.
«Quei che vuoi che si contragga devi
farlo espandere, quei che vuoi che s’indebolisca devi farlo rafforzare,
quei che vuoi che rovini devi farlo prosperare, a quei che vuoi che sia
tolto devi dare. Questo è l’occulto e il palese. Mollezza e debolezza
vincono durezza e forza. Al pesce non conviene abbandonar l’abisso, gli
strumenti profittevoli al regno non conviene mostrarli al popolo. 6 Il Tao in eterno non agisce e nulla v’è che non sia fatto. 7»
Insegnamento puramente strategico,
valido sia all’interno che all’esterno. Nel campo esteriore si può
riscrivere la frase così: “se vuoi indebolire il nemico, fai in modo che
si rafforzi ovunque/dove non deve, così facendo lo indebolirai nel (o
nei) punto in cui intendi attaccare.” In ciò riecheggia il VI
stratagemma: «Clamore a oriente, attacco a occidente.»
Il cadavere aveva con sé dei piani (fasulli) di attacco in Sardegna. La Spagna, neutrale ma vicina all’Asse, riconsegnò il cadavere agli americani, ma questi si accorsero che il contenitore con i piani era stato aperto (dai servizi segreti tedeschi) così capirono che lo stratagemma aveva funzionato. Infatti, la Germania fece spostare delle truppe in Sardegna, e la Sicilia rimase praticamente sguarnita.
Gli americani fecero rafforzare i
tedeschi, ma appunto nel posto sbagliato. Ecco come sia possibile
danneggiare qualcosa rinforzandola. Le altre frasi, come quelle dei
capitoli non citati, dovrebbero adesso risultare meno assurde, perciò
andremo oltre senza soffermarci molto sui singoli capitoli.
«Progetta il difficile nel suo facile,
opera il grande nel suo piccolo: le imprese più difficili sotto il cielo
certo cominciano nel facile, le imprese più grandi sotto il cielo certo
cominciano nel piccolo. »8
Qui è un invito sia a cogliere le
opportunità, per quanto piccole, che a ricordare che i più grandi
edifici sono costruiti grazie a piccoli mattoni.
«Non si balza in primo piano, se si vogliono sviluppare le proprie facoltà.»9
Questo è il segreto del potere delle
lobby, degli speculatori finanziari dei nostri giorni, ma anche delle
eminenze grigie del passato: lasciare le luci della ribalta ad altri,
rinunciare alla gloria personale, ad apparire in primo piano, per poter
manovrare da dietro le quinte.
Ha anche un valore prettamente militare, anche se non sembra, ma lo vedremo meglio con la prossima citazione. «In merito alla strategia vi è una sentenza: “non oso essere il padrone di casa, ma solo essere ospite. Non m’arrischio ad avanzare di un passo, ma solo a retrocedere.»10 Nel pensiero militare cinese, l’ospite è l’attaccante che invade il territorio nemico, il padrone di casa è il difensore. La frase riecheggia in quella del XXX stratagemma:
Ha anche un valore prettamente militare, anche se non sembra, ma lo vedremo meglio con la prossima citazione. «In merito alla strategia vi è una sentenza: “non oso essere il padrone di casa, ma solo essere ospite. Non m’arrischio ad avanzare di un passo, ma solo a retrocedere.»10 Nel pensiero militare cinese, l’ospite è l’attaccante che invade il territorio nemico, il padrone di casa è il difensore. La frase riecheggia in quella del XXX stratagemma:
«Trasformarsi da ospite in padrone di
casa.» Il commento tradizionale che si dà è questo: «Cogliere
l’opportunità di infilare il piede nel varco, e impadronirsi del potere
dell’avversario.» A questo si aggiunge una citazione dell’I-Ching:
«Avanzare con gradualità» che ci svela l’arcano.
Si tratta, in altre parole, della
necessità di essere prudenti quando si è in territorio nemico, e di non
cercare di agire come padroni finché non ci si è assicurato sufficiente
potere per farlo. È anche un invito a consolidare le proprie forze,
prima di provare l’assalto finale. Ciò che non fece Hitler durante la
campagna di Russia, insomma!
Vi lasciamo con quest’ultima citazione,
che invita a controbattere non colpo su colpo, ma opponendo alla forza
dell’avversario la cedevolezza (e viceversa) il che nulla ha a che
vedere col porgere l’altra guancia!
«Nulla al mondo è più molle e più debole
dell’acqua , eppur nell’abradere ciò che è duro e forte nessuno riesce a
superarla, nell’uso nulla può cambiarla. La debolezza vince la forza,
la mollezza vince la durezza.»11
Note:
1 Lao Tze – Tao Te Ching cap. 22
2 Sun Tzu – L’arte della guerra cap.1
3 Ibidem – cap 24
4 Ibidem – cap 30
5 Ibidem – cap 33
6 Ibidem – cap 36
7 Ibidem – cap 37
8 Ibidem – cap 63
9 Ibidem – cap 67
10 Ibidem – cap 69
11 Ibidem – cap 78
Il pensiero strategico cinese, nell’antichità e ai giorni nostri – 4^ parte
Quarta parte: I 36 stratagemmi
Nati migliaia di anni fa (la datazione è
incerta, e gli autori indeterminabili, visto che questi stratagemmi
sono nati in epoche e in luoghi diversi, e solo successivamente sono
stati codificati come un tutt’uno) i 36 Stratagemmi sono
straordinariamente attuali. Per il momento ci limiteremo a elencarli,
poi daremo alcune spiegazioni generiche, infine (nei prossimi articoli)
li esamineremo a gruppi di sei (la suddivisione non è arbitraria, come
diremo più avanti).
Ecco gli stratagemmi:
1) Il Primo: Attraversare il mare per ingannare il cielo
2) Il Secondo: Assediare Wei per salvare Zhao
3) Il Terzo: Uccidere con la spada presa a prestito
4) Il Quarto: Attendere riposati l’avversario affaticato
5) Il Quinto: Approfittare dell’incendio per darsi al saccheggio
6) Il Sesto: Clamore a oriente, attacco a occidente
2) Il Secondo: Assediare Wei per salvare Zhao
3) Il Terzo: Uccidere con la spada presa a prestito
4) Il Quarto: Attendere riposati l’avversario affaticato
5) Il Quinto: Approfittare dell’incendio per darsi al saccheggio
6) Il Sesto: Clamore a oriente, attacco a occidente
7) Il Settimo: Creare qualcosa dal nulla
8) L’Ottavo: Avanzare di nascosto verso Chengchan
9) Il Nono: Osservare l’incendio dalla riva opposta
10) Il Decimo: Celare un pugnale dietro un sorriso
11) L’Undicesimo: Far appassire il prugno al posto del pesco
12) Il Dodicesimo: Portar via la pecora che capita sotto mano
8) L’Ottavo: Avanzare di nascosto verso Chengchan
9) Il Nono: Osservare l’incendio dalla riva opposta
10) Il Decimo: Celare un pugnale dietro un sorriso
11) L’Undicesimo: Far appassire il prugno al posto del pesco
12) Il Dodicesimo: Portar via la pecora che capita sotto mano
13) Il Tredicesimo: Battere l’erba per spaventare i serpenti
14) Il Quattordicesimo: Prendere a prestito un cadavere per rifondervi lo spirito
15) Il Quindicesimo: Snidare la tigre dalla montagna
16) Il Sedicesimo: Allentare la presa per serrarla
17) Il Diciassettesimo: Lanciare un mattone per ottenere una giada
18) Il Diciottesimo: Catturare i banditi agguantandone il leader
14) Il Quattordicesimo: Prendere a prestito un cadavere per rifondervi lo spirito
15) Il Quindicesimo: Snidare la tigre dalla montagna
16) Il Sedicesimo: Allentare la presa per serrarla
17) Il Diciassettesimo: Lanciare un mattone per ottenere una giada
18) Il Diciottesimo: Catturare i banditi agguantandone il leader
19) Il Diciannovesimo: Togliere la legna da sotto il pentolone
20) Il Ventesimo: Intorbidire l’acqua per catturare i pesci
21) Il Ventunesimo: La cicala dorata abbandona il guscio
22) Il Ventiduesimo: Chiudere le porte per catturare il ladro
23) Il Ventitreesimo: Allearsi ai lontani per attaccare i vicini
24) Il Ventiquattresimo: Fingersi di passaggio per attaccare Guo
20) Il Ventesimo: Intorbidire l’acqua per catturare i pesci
21) Il Ventunesimo: La cicala dorata abbandona il guscio
22) Il Ventiduesimo: Chiudere le porte per catturare il ladro
23) Il Ventitreesimo: Allearsi ai lontani per attaccare i vicini
24) Il Ventiquattresimo: Fingersi di passaggio per attaccare Guo
25) Il Venticinquesimo: Rubare la trave, sostituire la colonna
26) Il Ventiseiesimo: Additare il gelso per maledire la sofora
27) Il Ventisettesimo: Fingersi stolti ma non pazzi
28) Il Ventottesimo: Far salire sul tetto e portar via la scala
29) Il Ventinovesimo: Far spuntare i fiori dall’albero.
30) Il Trentesimo: Mutarsi da ospite in padrone di casa
26) Il Ventiseiesimo: Additare il gelso per maledire la sofora
27) Il Ventisettesimo: Fingersi stolti ma non pazzi
28) Il Ventottesimo: Far salire sul tetto e portar via la scala
29) Il Ventinovesimo: Far spuntare i fiori dall’albero.
30) Il Trentesimo: Mutarsi da ospite in padrone di casa
31) Il Trentunesimo: Stratagemma della bellezza femminile
32) Il Trentaduesimo: Stratagemma della città vuota
33) Il Trentatreesimo: Stratagemma della spia che torna sui propri passi
34) Il Trentaquattresimo: Stratagemma dell’autolesionismo
35) Il Trentacinquesimo: Concatenamento di stratagemmi
36) Il Trentaseiesimo: La fuga è lo stratagemma migliore
32) Il Trentaduesimo: Stratagemma della città vuota
33) Il Trentatreesimo: Stratagemma della spia che torna sui propri passi
34) Il Trentaquattresimo: Stratagemma dell’autolesionismo
35) Il Trentacinquesimo: Concatenamento di stratagemmi
36) Il Trentaseiesimo: La fuga è lo stratagemma migliore
E adesso alcuni cenni generali. Sono
suddivisi in 6 gruppi di 6 stratagemmi, che vengono così a essere
raggruppati, rispettivamente in:
Stratagemmi delle battaglie vincenti;
delle battaglie di contrattacco; delle battaglie d’attacco; delle
battaglie per confondere; delle battaglie d’avanzamento; delle battaglie
perse.
I numeri non sono casuali, non per i cinesi: il 6 è lo yin, il polo femminile, oscuro, morbido, debole (ma non per questo innocuo!) dell’esistenza. Corrisponde all’esagramma dell’I-Ching, “La lite”, caratterizzato dall’avere in alto la linea del Cielo, e in basso quella dell’Acqua (rimandiamo agli articoli precedenti, per maggiori chiarimenti). Il 36, nell’I-Ching, è l’Ottenebramento della luce, ed è caratterizzato, all’opposto del 6, dalla Terra (l’opposto del Cielo) in alto e dal Fuoco (l’opposto dell’Acqua) in basso.
In altre parole, i 36 Stratagemmi sono frutto del paradosso, della contraddizione apparente, che però si armonizza. Nulla di strano: senza paradosso non vi possono neppure essere stratagemmi, i quali sono applicabili solo in presenza di errori o comunque debolezze nemiche, e servono a ribaltare una situazione altrimenti disperata, oppure da rendere più vicina una vittoria altrimenti comunque difficile da raggiungere, perfino se si è in vantaggio.
Non è un caso, ancora, che la prima serie (stratagemmi delle battaglie d’attacco) sia basata su una situazione favorevole, all’opposto dell’ultima serie (delle battaglie perse). Ancora: il primo (Attraversare il Mare per ingannare il Cielo) è palesemente diverso dall’ultimo (la fuga è lo stratagemma migliore). Il primo lo si usa per vincere, l’ultimo per salvare quanto meno la pelle.
Dal prossimo articolo li esamineremo un gruppo per volta.
Per il momento ci limiteremo a osservare che spesso gli stratagemmi recano come commento ulteriore anche uno dei 64 esagrammi dell’I-Ching, cosa che rafforza il parallelismo fatto sopra.
Per quanto possibile, cercheremo di approfondire questo legame, magari accennandovi nel corso degli articoli, ma riservandoci una disamina più approfondita alla fine di questa serie di pezzi inerenti alla strategia cinese. Del resto abbiamo già fondato questa serie, così ci sembra, su solide basi, riservando i primi 3 articoli al Taoismo e al Tao Te Ching.
I numeri non sono casuali, non per i cinesi: il 6 è lo yin, il polo femminile, oscuro, morbido, debole (ma non per questo innocuo!) dell’esistenza. Corrisponde all’esagramma dell’I-Ching, “La lite”, caratterizzato dall’avere in alto la linea del Cielo, e in basso quella dell’Acqua (rimandiamo agli articoli precedenti, per maggiori chiarimenti). Il 36, nell’I-Ching, è l’Ottenebramento della luce, ed è caratterizzato, all’opposto del 6, dalla Terra (l’opposto del Cielo) in alto e dal Fuoco (l’opposto dell’Acqua) in basso.
In altre parole, i 36 Stratagemmi sono frutto del paradosso, della contraddizione apparente, che però si armonizza. Nulla di strano: senza paradosso non vi possono neppure essere stratagemmi, i quali sono applicabili solo in presenza di errori o comunque debolezze nemiche, e servono a ribaltare una situazione altrimenti disperata, oppure da rendere più vicina una vittoria altrimenti comunque difficile da raggiungere, perfino se si è in vantaggio.
Non è un caso, ancora, che la prima serie (stratagemmi delle battaglie d’attacco) sia basata su una situazione favorevole, all’opposto dell’ultima serie (delle battaglie perse). Ancora: il primo (Attraversare il Mare per ingannare il Cielo) è palesemente diverso dall’ultimo (la fuga è lo stratagemma migliore). Il primo lo si usa per vincere, l’ultimo per salvare quanto meno la pelle.
Dal prossimo articolo li esamineremo un gruppo per volta.
Per il momento ci limiteremo a osservare che spesso gli stratagemmi recano come commento ulteriore anche uno dei 64 esagrammi dell’I-Ching, cosa che rafforza il parallelismo fatto sopra.
Per quanto possibile, cercheremo di approfondire questo legame, magari accennandovi nel corso degli articoli, ma riservandoci una disamina più approfondita alla fine di questa serie di pezzi inerenti alla strategia cinese. Del resto abbiamo già fondato questa serie, così ci sembra, su solide basi, riservando i primi 3 articoli al Taoismo e al Tao Te Ching.
Sarebbe pertanto
eccessivo affliggere coloro che fossero interessati solamente alla parte
strategica, anche degli articoli sull’I-Ching che, lo ripetiamo, non è
da considerare una specie di strumento per leggere i fondi di caffè, ma
solo un mezzo, usato dai cinesi prima, da gente di ogni tipo ed
estrazione poi, per leggere dentro di sé e analizzare gli eventi, da
quelli più importanti a quelli di tutti i giorni.
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