lunedì 12 gennaio 2015

IL PARTENARIATO TRANSATLANTICO X il commercio e gli investimenti


IL PIU' COMPLETO COMPENDIO ESAUSTIVO IN LINGUA ITALIANA PUBBLICATO E DISPONIBILE ALLA DATA DI PUBBL. SUL BLOG

IL PARTENARIATO TRANSATLANTICO
PER IL COMMERCIO E GLI INVESTIMENTI

John Hilary è il direttore esecutivo di War on Want.

Negli ultimi 20 anni è stato autore di pubblicazioni su una grande varietà di argomenti relativi al commercio e gli investimenti.
Nel 2013 è stato nominato Professore Onorario presso la School of Politics and International Relations dell’Università di Nottingham. 
Il suo nuovo libro The Poverty of Capitalism: Economic Meltdown and the Struggle for What Comes Next è stato pubblicato da Pluto Press nell’ottobre 2013.
John Hilary
IL PARTENARIATO TRANSATLANTICO PER IL COMMERCIO E GLI INVESTIMENTI


UNA CARTA PER LA DEREGOLAMENTAZIONE UN ATTACCO AI POSTI DI LAVORO LA FINE DELLA DEMOCRAZIA


Sommario

Sintesi [ p. 6 ]
1. Che cos’è il TTIP? [ p. 9 ]
2. Non trasparente e antidemocratico [ p. 12 ]
3. “Dilazionata nel tempo ed effettiva”: la minaccia ai posti di lavoro [ p. 15 ]
4. La deregolamentazione della sicurezza alimentare [ p. 18 ]
5. La deregolamentazione ambientale [ p. 21 ]
6. L’attacco ai servizi pubblici [ p. 24 ]
7. La sfera privata a rischio [ p. 28 ]
8. La ISDS: una minaccia per la democrazia [ p. 30 ]
9. Una crescente resistenza [ p. 34 ]
10. Ulteriori informazioni [ p. 36 ]


Sintesi 
Il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership) è un trattato di libero scambio e investimento, che l’Unione Europea e gli Stati Uniti stanno attualmente negoziando in segreto.
L’intenzione di dare il via ai negoziati TTIP era stata annunciata inizialmente dal presidente Barack Obama nel suo discorso sullo stato dell’Unione nel febbraio 2013. Il primo ciclo di negoziati ha avuto luogo tra i funzionari della Commissione europea e gli Stati Uniti nel luglio dello stesso anno. 
L’obiettivo è di superare il più rapidamente possibile la fase delle discussioni senza far trapelare dettagli in pubblico. Si spera infatti che le trattative possano essere portate a termine prima che i cittadini europei e americani scoprano le vere dimensioni delle minacce costituite dal TTIP.
Come ammettono anche i funzionari delle due parti, lo scopo primario del TTIP non è di stimolare gli scambi attraverso l’eliminazione delle tariffe tra l’UE e gli USA poiché queste sono già a livelli minimi.
Il fine principale del TTIP è, come essi stessi confermano, l’eliminazione di “barriere” normative che limitano i profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali a est e a ovest dell’Atlantico. Tuttavia, queste “barriere” rappresentano in realtà alcuni dei nostri standard sociali maggiormente apprezzati, ossia le normative ambientali, i diritti dei lavoratori, le norme per la sicurezza alimentare (comprese le restrizioni sugli OGM), i regolamenti sull’uso di sostanze chimiche tossiche, le leggi sulla privacy digitale e anche le nuove norme a tutela delle operazioni bancarie, introdotte per prevenire una crisi finanziaria come quella del 2008.
La posta in gioco, insomma, non potrebbe essere più alta.
In aggiunta al programma di deregolamentazione, il TTIP mira a creare nuovi mercati con l’apertura dei servizi pubblici e dei contratti per appalti governativi alla concorrenza di imprese transnazionali, minacciando così di provocare un’ulteriore ondata di privatizzazioni in settori chiave come la sanità e l’istruzione.
Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è che il TTIP stia cercando di concedere agli investitori stranieri un nuovo diritto di citare in giudizio i governi sovrani, portandoli di fronte a tribunali arbitrali creati ad hoc, qualora le loro società subissero una perdita di profitti derivante da decisioni di politica pubblica. Questo meccanismo di “risoluzione delle controversie tra investitori e Stato” innalza di fatto il capitale transnazionale ad uno status equivalente a quello di uno stato nazionale e minaccia di indebolire i principi più elementari della democrazia, tanto nell’Unione Europea che negli Stati Uniti.
Il TTIP quindi viene visto, a giusto avviso, non come un negoziato tra due concorrenti commerciali, ma come un tentativo da parte di compagnie transnazionali di aprire e deregolamentare i mercati su ambedue le sponde dell’Atlantico.
Tra i cittadini dell’UE e degli USA sorgono quindi preoccupazioni sempre maggiori di fronte alle minacce costituite dal TTIP, mentre raggruppamenti della società civile stanno riunendo attualmente le proprie forze, assieme ad accademici, parlamentari e altri, per evitare che funzionari di governo pro-business decretino la fine degli standard sociali e ambientali fondamentali sopra citati.
Tutti sono incoraggiati a partecipare a questa resistenza, prendendo contatto con le campagne locali - o avviandone una propria.


Per la precisione, il TTIP dev’essere inteso non come una negoziazione tra due partner commerciali concorrenti tra loro, bensì come un attacco alle società €uropea e statunitense, sferzato dalle società transnazionali desiderose di abbattere le barriere normative che ostacolano le loro attività da un lato e dall’altro dell’Atlantico

1 Che cos'è il TTIP ?
Associazioni d’imprese da una parte e dall’altra dell’Atlantico sognavano da tempo un accordo per il commercio e gli investimenti tra l’U€ e gli USA, che favorisse il grande capitale. Il TransAtlantic Business Dialogue (Dialogo del commercio transatlantico) un gruppo con ammissione solo per invito, costituito da amministratori delegati provenienti dalle società più potenti di Stati Uniti ed €uropa, venne istituito nel 1995. Esso rappresentava una lobby per l’eliminazione di regolamenti che creavano impedimenti alle società transnazionali operanti nell’U€ e negli USA, e fu instancabile sostenitore di un accordo di vasta portata che consentisse di raggiungere tale obiettivo 1.
Nel 2007 la creazione del Transatlantic Economic Council (Consiglio economico transatlantico) diede al TransAtlantic Business Dialogue una nuova opportunità di fare pressione a favore di una zona di libero scambio, basata sulla deregolamentazione dei mercati sia europei che statunitensi.

La Commissione €uropea e i funzionari americani risposero a questa pressione annunciando nel novembre del 2011 che avrebbero istituito un gruppo di lavoro altamente specializzato per “identificare e valutare le possibilità di un rafforzamento degli scambi USA-U€ e le relazioni d’investimento”.
Poco tempo dopo la Commissione €uropea avviò una serie di oltre 100 incontri a porte chiuse con singole compagnie e lobbisti aziendali al fine di migliorare la loro posizione negoziale. Incontri, questi, tenuti segreti finché la Commissione fu costretta a rivelarne l’esistenza sotto la pressione di rivendicazioni per la libertà d’informazione 2.
Il TransAtlantic Business Dialogue si riunì con la US Business Roundtable e la €uropean Round Table of Industrialists per richiedere un’ambiziosa cooperazione di commercio e investimenti tra l’U€ e gli USA 3.

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, dal canto suo, ha provveduto debitamente ad annunciare il lancio di negoziati miranti ad un Trans-atlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) nel suo discorso sullo stato dell’Unione nel febbraio 2013.

1. Mark A. Pollack, The Political Economy of the Transatlantic Partnership, Fiesole: €uropean University Institute, giugno 2003.
2. ‘€uropean Commission preparing for EU-US trade talks: 119 meetings with industry lobbyists’, Bruxelles: Corporate €urope Observatory, 4 settembre 2013.
3. ‘Forging a Transatlantic Partnership for the 21st Century’, dichiarazione congiunta all’US Business Roundtable, al TransAtlantic Business Dialogue ed alla €uropean Round Table of Industrialists, 18 aprile 2012.

Il primo ciclo di negoziati ebbe luogo nel luglio 2013 con la speranza, espressa dalle due parti, che le trattative potessero essere accelerate e concluse entro due anni (evitando così una sovrapposizione con la campagna elettorale per le prossime elezioni presidenziali, che comincerà ufficialmente nel corso del 2015).
A fronte dell’elezione di un nuovo Parlamento €uropeo e della formazione di una nuova Commissione europea nel 2014, l’intenzione di portare a termine un corpus così complesso e controverso di negoziati relativi a “un serbatoio di benzina” (per dirla con gli stessi termini dei negoziatori americani) presenta rischi notevoli.

Il TTIP non è un accordo di scambio tradizionale, concepito principalmente per ridurre le tariffe sulle importazioni tra partner commerciali, poiché le tariffe tra l’U€ e gli USA sono già a livelli minimi. Funzionari di ambedue le parti riconoscono che l’obiettivo primario del TTIP è piuttosto di abbattere le “barriere” normative che limitano i profitti potenzialmente realizzabili da società transnazionali nei mercati USA e U€.
Ciò comprende l’eliminazione o la riduzione di standard sociali fondamentali e normative ambientali, come ad esempio: i diritti dei lavoratori, le norme di sicurezza alimentare (comprese le restrizioni in materia di OGM), le disposizioni sull’uso di sostanze chimiche tossiche, le leggi sulla protezione dei dati e le nuove garanzie bancarie introdotte per prevenire una crisi finanziaria come quella del 2008.
Il mandato negoziale della Commissione €uropea (classificato come riservato in base alle norme U€ e quindi disponibile solo come documento trapelato) vede nell’eliminazione degli ostacoli normativi una delle priorità maggiori del TTIP. Esso contraddice quindi le affermazioni successive della Commissione stessa, secondo le quali la deregolamentazione non è in programma 4.
Il governo statunitense ha inoltre indicato normative e standard fondamentali dell’U€ da eliminare nel corso dei negoziati, come precisato nel resto del presente resoconto.

Il TTIP mira altresì a creare nuovi mercati attraverso l’apertura dei servizi pubblici e dei contratti per appalti governativi alla concorrenza di società transnazionali, minacciando in questo modo di dar via ad un’ulteriore ondata di privatizzazioni in settori chiave come la sanità e l’istruzione.
Funzionari del governo britannico hanno confermato che per loro uno dei tre obiettivi principali del TTIP è “completare il mercato unico” all’interno della stessa U€, in particolare attraverso l’apertura dei servizi pubblici e dei contratti d’appalto a compagnie private di altri Stati membri dell’U€ 5.
La cosa più preoccupante è che il TTIP sta cercando di conferire agli investitori stranieri un nuovo diritto di citare in giudizio i governi sovrani davanti a tribunali arbitrali e creati ad hoc, per rifarsi della perdita di profitti eventualmente causata da decisioni di politica pubblica (vedi sotto).
Questo meccanismo di “risoluzione delle controversie tra investitori e stato” eleva di fatto il capitale transnazionale ad uno stato equivalente allo stato nazionale stesso e minaccia di far crollare i principi più elementari della democrazia, sia €uropea che statunitense. (Tecnocrazia della sinarchia palladista al potere, tutto quadra !!)

4. ‘Directives for the negotiation on the Transatlantic Trade and Investment Partnership
between the European Union and the United States of America’, Bruxelles:
Consiglio dell’Unione europea, 17 giugno 2013; un appello per rendere pubblico il mandato è stato respinto dal Consiglio europeo dei Ministri durante l’incontro del 18 ottobre 2013 nel Lussemburgo.
5. Per ulteriori dettagli sull’obiettivo del governo britannico di „completare“ il mercato unico all’interno dell’UE, vedi „The economic consequences for the UK and the UE of completing the Single market”, Londra: Department for Business, Innovation and Skills, febbraio 2011.
6. ‘TTIP: Cross-cutting disciplines and Institutional provisions; Position paper – Chapter on Regulatory Coherence’, Bruxelles: Commissione europea, 2 dicembre 2013.
7. „Transatlantic trade and Investment Partnership (TTIP) – Solving the Regulatory Puzzle”, discorso del Commissario UE al commercio Karel De Gucht all’Istituto Aspen, Praga, 10 ottobre 2013.

Per la precisione, il TTIP dev’essere inteso non come una negoziazione tra due partner commerciali concorrenti tra loro, bensì come un attacco alle società europea e statunitense, sferzato dalle società transnazionali desiderose di abbattere le barriere normative che ostacolano le loro attività da un lato e dall’altro dell’Atlantico.
In un documento riservato, trapelato e pubblicato nel dicembre 2013, la Commissione €uropea ha confermato che tra le normative messe a rischio dal TTIP ci sarebbero la legislazione primaria dell’U€ (sia i regolamenti che le direttive), provvedimenti esecutivi, atti delegati e anche norme introdotte dagli Stati membri dell’U€; e per gli Stati Uniti, leggi varate dal Congresso, norme e regolamenti federali adottati da singoli stati americani 6.
Il Commissario €uropeo per il commercio Karel De Gucht ha confermato che l’obiettivo del TTIP è l’eliminazione delle regolamentazioni da una parte e dall’altra dell’Atlantico, in modo tale che il commercio abbia libero corso: “È più complicato abbattere le barriere
normative che non le barriere degli scambi tradizionali … Non sarà facile, ma ne varrà la pena” 7.

2 Non trasparente ed antidemocratico

In una conferenza per le relazioni con il pubblico tenutasi nel settembre2013, la Commissione €uropea ha asserito che il TTIP non costituisceuna minaccia per le normative sulla salute, la sicurezza, l’ambiente o legaranzie finanziarie, in quanto “i negoziati saranno trasparenti” 8.
In realtànulla potrebbe essere più lontano dalla verità. In una lettera alla controparteamericana di appena due mesi prima, il negoziatore capo dell’U€ Ignacio Garcia Bercero ha confermato che la Commissione €uropea bloccherà l’accesso pubblico a tutta la documentazione riguardante i negoziatio lo sviluppo del TTIP, e che gli stessi documenti rimarranno chiusi al pubblico per un periodo fino a 30 anni 9.
Il Commissario agli scambi Karel De Gucht ha riferito al Parlamento €uropeo che la Commissione tratterà il TTIP con lo stesso grado di riservatezza degli accordi commerciali precedenti, e ha lanciato un appello ai deputati del Parlamento €uropeo affinché sostengano la “riservatezza” delle trattative 10.

Mentre i negoziati TTIP sono interamente avvolti nel segreto, la Commissione €uropea tiene sotto severo controllo i documenti più significativi, e cioè le richieste di deregolamentazione avanzate dai negoziatori statunitensi ai Paesi €uropei. Secondo i protocolli della Commissione, verrà negato l’accesso a tali documenti anche a funzionari governativi degli Stati membri dell’U€, fatta eccezione per la consultazione in apposite sale di lettura dalle quali non possono essere rimossi o copiati.
Ancora più critico è il fatto che ai deputati degli Stati membri dell’UE non verràconcesso il permesso di visionare le richieste presentate dagli USA ai loro stessi Paesi, malgrado l’impatto che potrebbero avere sulle vite degli elettori. Con una mossa che ricorda lo spionaggio ai tempi della guerra fredda la Commissione europea ha provveduto persino ad etichettaredocumenti ufficiali del TTIP con contrassegni segreti, in modo da poter risalire, in caso di informazioni trapelate, al punto d’origine della fuga 11.

8. Transatlantic Trade and Investment Partnership: The Regulatory Part, Bruxelles: Commissione uropea, settembre 2013.
9. ‘Arrangements on TTIP negotiating documents’, lettera di Ignacio Garcia Bercero,Capo negoziatore U per il TTIP a L. Daniel Mullaney, Capo negoziatore per TTIP; Bruxelles: Commissione uropea, 5 luglio 2013.
10. Trascrizione del dibattito sull’ ‘U trade and investment agreement negotiations with the US’ tenutosi presso il Parlamento uropeo a Strasburgo, 22 maggio 2013.
11. Staffan Dahllöf, ‘Elected politicians excluded from U-US negotiations’, Notat, 19 dicembre 2013.
12. ‘Communicating on TTIP – Areas for cooperation between the Commission services and Member States’, Bruxelles: Commissione uropea, 7 novembre 2013; il dominio Twitter per il team negoziale U è @U_TTIP_team.

A riprova di quanto sia restrittivo il modo di gestire l’accesso alle informazioni, la Commissione uropea ha riunito nel novembre 2013 i rappresentanti degli Stati membri dell’U con lo scopo di impartire istruzioni sul controllo e la coordinazione di tutte le comunicazioni future sul TTIP.
Un documento interno della Commissione uropea, preparato appositamente per l’incontro (in seguito trapelato e pubblicato dalla rivista danese Notat), richiamava gli Stati membri a collaborare e, al contempo, a contrastare il timore sempre più diffuso tra l’opinione pubblica, che il TTIPpossa indebolire la regolamentazione e gli attuali standard di protezione in settori come la salute, la sicurezza e l’ambiente”.
La Commissione uropea ha inoltre lasciato intendere che si potrebbe far passare il lancio del suo account Twitter dedicato alle trattative TTIP per un segnale di trasparenza, a dispetto della sua chiara – e sin dall’inizio coerente - funzione di canale di propaganda per il team U impegnato nei negoziati 12.
Allo stesso modo negli Stati Uniti sarà negata ai membri del Congresso la visione delle richieste presentate dai Paesi dell’Unione uropea ai loro Stati. Bozze di posizioni negoziali, tuttavia, verranno rese note a consulenti del governo americano, i quali a loro volta saranno liberi di comunicarle alle società partner uropee.

Una crescente presa di coscienza tra l’opinione pubblica statunitense della minaccia costituita dal TTIP per i propri mezzi di sussistenza, ha fatto aumentare il timore che il Congresso possa costituire un serio ostacolo per i negoziati – in particolare con riferimento all’intenzione dichiarata dall’U di eliminare i fondi Buy America, ben visti dalla popolazione e impiegati per sostenere il mercato del lavoro locale e l’economia in molti Stati della federazione americana (vedi sotto).
 
Nel tentativo di contrastare questa minaccia il vice primo ministro britannico Nick Clegg è stato inviato negli Stati Uniti nel settembre 2013 con un libretto preparato per l’occasione e concepito per convincere ciascuno dei 50 Stati americani dei potenziali introiti che si potrebbero realizzare con il TTIP 13.

Mentre le trattative vengono condotte con la massima riservatezza, il TTIP mira ad imporre il proprio concetto di “trasparenza” che consentirà alle imprese transnazionali di opporsi in futuro al varo di norme che possano limitare i propri profitti. Il governo americano ha rivolto un appello pubblico affinché venga riconosciuto alle imprese un ruolo di maggiore importanza nella definizione di standard normativi validi da una parte
e dall’altra dell’Atlantico, e la Commissione uropea ha risposto proponendo l’istituzione di un Regulatory Cooperation Council (Consiglio di cooperazione normativa) che sorveglierebbe l’attuazione degli impegni di deregolamentazione già esistenti. Ma non solo: essa conferirebbe alle compagnie anche il potere, una volta concluse le trattative TTIP, di individuare ulteriori regolamentazioni da abolire; di ricevere notifica tempestiva su qualsiasi nuova proposta di regolamentazione e quindi di eliminare restrizioni indesiderate sulle attività aziendali prima ancora che vengano introdotte 14.
Il nuovo potere attribuito alle compagnie di controllare gli standard normativi ha fatto un passo in avanti nel novembre 2013, allorquando i negoziatori dell’Unione uropea e degli Stati Uniti si sono accordati sull’istituzione del Regulatory Cooperation Council come parte del trattato 15.

13. TTIP and the Fifty States: Jobs and Growth from Coast to Coast, Washington DC: Atlantic Council, Bertelsmann Foundation and British Embassy in Washington, settembre 2013.
14. ‘The United States, the European Union, and the Transatlantic Trade and Investment Partnership’, discorso del rappresentante US al commercio Michael Froman al German Marshall Fund, Bruxelles, 30 settembre 2013; ‘Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) – Solving the Regulatory Puzzle’, discorso del Commissario UE al commercio Karel De Gucht all’Aspen Institute, Praga, 10 ottobre 2013.
15. ‘US, EU Agree in Principle to Seek Long-Term Regulatory Mechanism’, Inside US Trade, 22 novembre 2013.

3 "Dilazionata nel tempo ed effettiva": la minaccia ai posti di lavoro dei cittadini

Ci sono state numerose prognosi sui risultati economici del TTIP.
La stima citata più spesso proviene da una relazione di valutazione d’impatto, commissionata dalla Commissione europea al Centre for Economic Policy Research. Qui l’ipotesi più ottimista afferma che il PIL dell’UE potrebbe aumentare dello 0.5% entro il 2027 come conseguenza di un accordo tra UE e USA 16.
Tuttavia tale affermazione è stata giudicata “fuorviante” da osservatori indipendenti che hanno messo in evidenza le false premesse dello studio. Allo stesso tempo l’esperto responsabile delle prognosi sullo sviluppo del libero scambio nell’UE ha liquidato come “irrilevante” il guadagno effettivo e reale che ci si può aspettare dal TTIP nell’arco di dieci anni 17.

Per quanto riguarda la perdita di posti di lavoro, derivante di solito da accordi di libero scambio, la Commissione europea ha confermato la possibilità che il TTIP comporti per i lavoratori europei un ricollocamento “dilazionato nel tempo ed effettivo”, poiché le aziende verranno incoraggiate a procurarsi merci e servizi dagli Stati Uniti dove gli standard di lavoro sono più bassi e i diritti sindacali inesistenti (vedi sotto) 18.

16. ‘Reducing Transatlantic Barriers to Trade and Investment: An Economic Assessment’, Londra: Centre for Economic Policy Research, marzo 2013. Altri studi delineano una serie di scenari diversi. Si veda ‘Study on “EU-US High Level Working Group”: Final report’, Rotterdam: Ecorys, ottobre 2012; ‘Transatlantic Trade: Whither Partnership, Which Economic Consequences?’, Parigi: CEPII, settembre 2013; Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP): Who benefits from a free trade deal? Part 1:  Macroeconomic Effects, Gütersloh: Bertelsmann Stiftung, 2013.
17. ‘EU-US trade deal claims “vastly overblown”’, University of Manchester press release, 19 novembre 2013; Clive George, ‘What’s really driving the EU-US trade deal?’, Open  Democracy, 8 luglio 2013.
18. ‘Impact Assessment Report on the future of EU-US trade relations’, Strasburgo:  Commissione europea, 12 marzo 2013, sezione 5.9.2.

In un’epoca in cui i tassi di disoccupazione in Europa hanno raggiunto livelli record, con una disoccupazione giovanile in alcuni Stati membri dell’UE che supera il 50%, la Commissione europea ammette “timori fondati” che quei lavoratori rimasti senza posto a seguito del trattato TTIP non saranno più in grado di trovare un’altra occupazione.
Al fine di offrire assistenza all’elevato numero di nuovi disoccupati la Commissione ha suggerito agli Stati membri dell’UE di ricorrere a fondi di sostegno strutturali, come il Fondo di adeguamento alla globalizzazione e il Fondo sociale europeo, cui sono stati assegnati 70 miliardi di Euro da distribuire nell’arco di sette anni, dal 2014 al 2020 19.

I lavoratori statunitensi hanno già una certa familiarità con simili perdite di posti di lavoro a causa della loro esperienza con l’American Free Trade Agreement (NAFTA, Accordo di libero scambio nordamericano) stipulato tra gli Stati Uniti, il Canada e il Messico, ed entrato in vigore nel 1994. Così come avviene col TTIP oggi, anche allora erano state fatte ai sindacati americani “false promesse” - tra cui centinaia di migliaia di posti di lavoro - al solo scopo di convincerli ad appoggiare il NAFTA.
Nella realtà dei fatti, secondo uno studio dell’Economic Policy Institute sui primi 12 anni di concordato, il NAFTA ha provocato una perdita netta di oltre un milione di posti di lavoro e un notevole calo del potere d’acquisto dei salari per milioni di lavoratori 20.
Uno studio di valutazione d’impatto sugli effetti del TTIP, commissionato dal governo americano, è stato tenuto segreto, ma la valutazione della Commissione europea fa intendere che il TTIP comporterà profondi cambiamenti anche per i lavoratori americani, molti dei quali andranno a inspessire le fila dei 12 milioni di disoccupati già registrati ufficialmente negli Stati Uniti.

19. ‘Refocusing EU Cohesion Policy for Maximum Impact on Growth and Jobs: The Reform in 10 Points’, Bruxelles: Commissione europea, 19 novembre 2013.
20. Robert E. Scott, Carlos Salas e Bruce Campbell, ‘Revisiting NAFTA: Still not working for North America’s workers’, Washington DC: Economic Policy Institute, settembre 2006; Ben Beachy, ‘NAFTA at 20’, Washington DC: Public Citizen, gennaio 2014.

Si nutrono inoltre timori che il TTIP possa portare a un peggioramento delle condizioni lavorative, come ad esempio i contratti collettivi, considerati come “barriere” al libero scambio. Queste condizioni potrebbero essere prese di mira in quanto rappresentano restrizioni al modello commerciale della libera concorrenza – solo per citare un esempio tratto da una relazione della Commissione europea sulle misure che costituirebbero un “impedimento” al commercio tra Unione Europea e Stati Uniti 21.
Com’è noto gli USA hanno rifiutato di ratificare le convenzioni ILO sulle norme fondamentali del lavoro, come la contrattazione collettiva, la libertà di associazione e il diritto sindacale. Inoltre, circa metà di tutti gli Stati USA hanno adottato una legislazione antisindacale nell’ambito del quadro chiamato [paradossalmente, n.d.t.] “diritto al lavoro”, che prende di mira i finanziamenti dei sindacati e consente alle imprese di fare tagli alle retribuzioni, nell’assicurazione sanitaria e nelle pensioni 22.
Gli imprenditori vedono nel TTIP l’opportunità di trasferire la produzione nei paesi in cui i salari sono più bassi e i diritti dei lavoratori meno tutelati, e di dare il via ad una “gara al ribasso” per ridurre i costi del lavoro e aumentare i profitti aziendali. La Commissione europea è già nota per offrire sostegno ai gruppi imprenditoriali europei e alle richieste di una soppressione dei diritti salariali e sindacali in tutta l’Unione europea 23.

Inoltre, con le misure proposte dal TTIP a protezione degli investitori qualsiasi miglioramento futuro delle condizioni contrattuali potrà dar luogo a richieste di risarcimento da parte delle imprese europee e statunitensi.
La società francese Veolia ha fatto valere una simile rivendicazione contro l’Egitto con riferimento al suo contratto di 15 anni per lo smaltimento dei rifiuti ad Alessandria – un contratto dal quale la Compagnia aveva receduto già nell’ottobre 2011. Ma ora Veolia chiede un risarcimento allo Stato egiziano sulla base del fatto che, tra le altre cose, i suoi margini di profitto erano stati compromessi dagli sforzi del National Wage Council (Consiglio Nazionale dei Salari) di adeguare i salari del settore pubblico e privato al tasso d’inflazione 24.
Il timore di dover affrontare casi simili con il TTIP potrebbe avere un “effetto raffreddante” e dissuadere i paesi dall’introduzione, in futuro, di misure per il miglioramento delle condizioni contrattuali.

21. ‘Non-Tariff Measures in EU-US Trade and Investment – An Economic Analysis’, Rotterdam: Ecorys, dicembre 2009, p. 111.
22. Elise Gould e Heidi Shierholz, ‘The Compensation Penalty of “Right-to-Work” Laws’, Washington DC: Economic Policy Institute, febbraio 2011.
23. ‘Business Europe and the European Commission: in league against labor rights?’, Bruxelles: Corporate Europe Observatory, 11 marzo 2013.
24. Veolia Propreté v Arab Republic of Egypt (ICSID Case No ARB/12/15); Fanny Rey, ‘Veolia assigne l’Égypte en justice’, Jeune Afrique, 11 luglio 2012.

4 La de regolamentazione della sicurezza alimentare 

L’eliminazione delle normative europee sulla sicurezza alimentare – comprese le restrizioni sugli organismi geneticamente modificati (OGM), sui pesticidi e sulla carne bovina trattata con ormoni e promotori della crescita – è uno degli obiettivi principali che i gruppi aziendali si sono prefissati nelle trattative TTIP.
I produttori di generi alimentari statunitensi non devono attenersi agli stessi standard di salvaguardia ambientale o di salute del bestiame della controparte europea, e aspirano da lungo tempo all’eliminazione dei controlli dell’UE volti a limitare la vendita dei loro prodotti nei mercati europei. Fin dall’inizio, il governo statunitense ha dichiarato esplicitamente l’intenzione di avvalersi delle trattative TTIP per attaccare le normative dell’UE che bloccano le esportazioni di prodotti alimentari americani, in modo particolare le normative sulla sicurezza alimentare per la cui difesa i cittadini europei si sono battuti per decenni 25.

Al centro della disputa c’è il ricorso da parte dell’Unione europea al “principio di precauzione” che stabilisce gli standard di sicurezza alimentare. Secondo questo principio, è possibile ritirare un prodotto dal mercato se sussiste il rischio che possa costituire un pericolo per la salute delle persone, anche nel caso in cui non ci siano dati scientifici sufficienti sui quali basare una valutazione esauriente dello stesso rischio 26.
Altrettanto critico è il fatto che “il principio di precauzione” trasferisce l’onere della prova a ogni azienda che cerchi di immettere sul mercato un prodotto potenzialmente pericoloso: è l’azienda a dover dimostrare la sicurezza del prodotto, e non l’autorità pubblica a dover richiedere una prova di dannosità. Il governo americano non utilizza il principio di precauzione, e gli interessi degli imprenditori hanno prevalso nella definizione degli standard di sicurezza alimentare che sono quindi molto più bassi di quelli europei.
Tuttavia, poiché il programma TTIP per una “convergenza regolamentare” sta cercando di avvicinare gli standard UE a quelli USA, citiamo qui alcuni esempi che mostrano qual è la posta in gioco: 

25. Si veda, per esempio, la notifica ufficiale del Presidente degli Stati Uniti al Congresso
relativa all’avvio dei negoziati TTIP, l’impegno a garantire alle esportazioni americane maggiori possibilità di accesso al mercato attraverso l’eliminazione delle restrizioni europee per il settore sanitario e fitosanitario: lettera del Vicerappresentante del Commercio americano Demetrios Marantis a John Boehner, portavoce della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, 20 marzo 2013.
26. Per un’analisi esauriente si veda: Late lessons from early warnings: science,  precaution, innovation, Copenhagen: European Environment Agency, gennaio 2013.

❚❚ Circa il 70% di tutti gli alimenti trasformati venduti nei supermercati statunitensi contengono attualmente ingredienti geneticamente modificati. Per contro, a causa di una notevole resistenza popolare, praticamente nessun prodotto alimentare GM viene venduto nei supermercati europei, e qualora un prodotto contenga ingredienti GM deve dichiararlo sull’etichetta. Le aziende biotecnologiche statunitensi stanno usando il TTIP per dar via ad un assalto alle regolamentazioni UE, mentre il governo americano sta cercando di sfidare la norma di etichettatura obbligatoria dell’Unione Europea.
L’industria biotecnologica europea sta lavorando a stretto contatto con la controparte americana per usare il TTIP come mezzo per aumentare la diffusione dei prodotti OGM in Europa 27.
❚❚ I produttori di generi alimentari statunitensi hanno individuato nel sistema di controllo europeo per l’uso di pesticidi una delle categorie normative più importanti da ridimensionare attraverso il TTIP 28.
Le normative del 2009 sanciscono il principio di precauzione che diventa il fulcro del sistema di controllo europeo dei pesticidi, a salvaguardia della salute umana e dell’ambiente. Ciò nonostante questi stessi regolamenti sono già stati inclusi, per volontà dei negoziatori leader, nel programma del TTIP, con l’intenzione di renderli il meno restrittivi possibile per le imprese e di farli andare anche oltre le norme [già di per sé permissive, n.d.t.] dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organisation, WTO) 29.

27. Si veda, per esempio, la proposta congiunta presentata da BIO e EuropaBio di fronte alla sollecitazione sulle questioni normative EU-US 2012.
28. La direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi, e il regolamento (CE) n 1107/2009, relativo alla messa in commercio dei prodotti fitosanitari sul mercato, ambedue del 21 ottobre 2009.
29. ‘Second round of Transatlantic Trade and Investment Partnership: Report of stakeholder briefing’, Bruxelles: Commissione europea 15 novembre 2013; ‘Chief Negotiators, Dan Mullaney and Ignacio Garcia Bercero Hold a Press Conference Following
the Third Round of Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) Talks’, Washington DC: Office of the US Trade Representative, 20 dicembre 2013.

❚❚ I controlli dell’UE sugli interferenti endocrini (sostanze chimiche note per la loro capacità di alterare il sistema ormonale umano) hanno fissato livelli massimi di contaminazione a un livello che bloccherebbe il 40% di tutte le esportazioni di generi alimentari statunitensi verso l’Europa.
I gruppi industriali americani stanno cercando di usare il TTIP per eliminare questi controlli 30.
❚❚ Oltre il 90% della carne bovina statunitense viene prodotta con l’uso di ormoni della crescita, cui è stata attribuita una correlazione con patologie cancerogene negli esseri umani.
Le restrizioni UE all’importazione di queste carni bovine sono in vigore dal 1988. Esse sono già state oggetto di contestazioni da parte del governo statunitense presso la WTO e gruppi aziendali ne stanno richiedendo l’abolizione negli accordi TTIP, in quanto ostacoli “inutili” per il commercio.
❚❚ Negli Stati Uniti gli avicoltori trattano abitualmente le carcasse dei volatili con cloro prima di venderle ai consumatori – una pratica che nell’UE è vietata dal 1997. Ancora una volta, il governo statunitense ha contestato il divieto tramite la WTO, mentre le compagnie americane stanno richiedendo che i negoziati TTIP ne sanciscano la fine.
Già in passato la Commissione europea aveva provato a far abolire il divieto, ma fu impedita dalla resistenza degli esperti in veterinaria e dei deputati.

La Commissione €uropea ha tenuto numerose riunioni segrete con rappresentanti dell’industria alimentare ansiosi di “annacquare” le normative comunitarie sulla sicurezza alimentare, e per questo motivo non si può credere che la stessa Commissione possa difendere gli interessi della salute dei consumatori. In una presa di posizione interna, comunicata al governo americano ancor prima del ciclo iniziale dei negoziati TTIP, la Commissione europea aveva accettato di rivedere le misure di sicurezza alimentari europee “con l’obiettivo di eliminare ostacoli inutili 31.
Così, per addolcire il clima e mostrare la sua disponibilità a soddisfare le richieste degli USA la Commissione ha già abolito il divieto vigente in tutt’Europa sull’importazione dagli Stati Uniti di suini vivi e di carne bovina spruzzata con acido lattico, a dispetto delle obiezioni di diversi Stati membri UE 32. 

30. ‘US Agricultural Exports Threatened by EU Pesticide Regulation’, CropLife America, 21 novembre 2013.
31. ‘Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP): Note for the attention of the Trade Policy Committee’, Bruxelles: Commissione europea, 20 giugno 2013.
32. ‘In move towards trade talks, EU to lift ban on some US meats’, EurActiv, 5 febbraio 2013; ‘Member States resist lactic acid cleaning for carcasses’, EU Food Law, 12 ottobre 2012.

5 La de regolamentazione ambientale 

La Commissione €uropea ha riconosciuto apertamente che il TTIP aggraverà l’impatto sull’ambiente, poiché “qualsiasi scenario” si profili con gli scambi futuri tra €U e USA sotto il TTIP, esso porterà un aumento della produzione, dei consumi e del traffico internazionale di merci.
La valutazione d’impatto della Commissione stessa fa notare inoltre che questo aumento di produzione farà sorgere a sua volta “pericoli sia per le risorse naturali che per la conservazione della biodiversità” 33. Riguardo alle emissioni di gas serra, la Commissione afferma che secondo le prognosi migliori del TTIP la quantità di CO2 presente nell’atmosfera aumenterà di 11 milioni di tonnellate, sfidando così gli impegni presi dall’€U per la riduzione delle emissioni con il Protocollo di Kyoto 34.

Nonostante ciò nessuna di queste osservazioni ha indotto la Commissione a rimettere in discussione il suo appoggio al TTIP.

Per prima cosa il TTIP minaccia di indebolire le normative fondamentali sull’ambiente all’interno dell’EU, note per garantire livelli di sicurezza molto più elevati rispetto a quelli statunitensi. La normativa più rilevante in materia è il regolamento di gestione delle sostanze chimiche REACH, introdotto nel 2007 al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente dalle sostanze tossiche utilizzate nella produzione industriale o in altri processi 35. Il REACH si basa sui principi precauzionali già descritti nel capitolo precedente e richiede all’industria di provare che una sostanza chimica sia sicura, prima che venga certificata per uso commerciale.
Per contro, la legge USA, la Toxic Substances Control Act del 1976 (TSCA, Legge sul controllo delle sostanze tossiche), richiede all’autorità pubblica di provare la dannosità di una sostanza chimica prima di ostacolarne l’uso. Essa rifiuta inoltre qualsiasi limitazione al principio secondo il quale le disposizioni devono essere il “meno restrittive” possibile 36.
Grazie alla TSCA, la US Environmental Protection Agency (Agenzia statunitense di protezione ambientale) è riuscita ad introdurre controlli solo per sei delle 84.000 sostanze chimiche messe in commercio negli Stati Uniti dal 1976 ad oggi. Un sistema così lassista ha conseguenze immediate che espongono la popolazione a rischi per la propria salute: per esempio, mentre l’UE vieta l’uso di 1200 sostanze per la produzione di cosmetici, gli USA ne vietano solamente una dozzina 37.

33. ‘Impact Assessment Report on the future of EU-US trade relations’, Strasburgo: Commissione europea, 12 marzo 2013, sezione 5.8.2.
34.  Ivi, sezione 5.8.1.
35. Regolamento UE Nr. 1907/2006, Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals (REACH), 18 dicembre 2006.
36. ‘Submission of Centre for International Environmental Law (CIEL) before US Senate Committee on Finance hearing on the Transatlantic Trade and Investment Partnership’, Washington DC: CIEL, 30 ottobre 2013; vedi anche ‘Chemical Regulation: Comparison of US and Recently Enacted European Union Approaches to Protect against the Risks of Toxic Chemicals’, Washington DC: Government Accountability Office, agosto 2007.
37. Kim Egan, ‘Is Europe the New America?’, Saltbox Consulting, 24 settembre 2013.
38. La nuova legge, Chemical Safety Improvement Act, attualmente discussa al Congresso non riesce a contestare l’approccio TSCA ‘basato sul rischio’; vedi per esempio Karuna Jaggar, ‘The Chemical Safety Improvement Act Falls Short: Open Letter to Congress’, Huffington Post, 12 novembre 2013.
39. ‘Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP): Note for the attention of the Trade Policy Committee’, Bruxelles: Commissione europea, 20 giugno 2013; Allegato II: ‘Chemicals in TTIP’.

Gruppi di interesse pubblico e ambientale negli USA hanno lottato a lungo per sostituire la TSCA con una nuova normativa sull’esempio del REACH 38. Per contro gruppi lobbystici industriali si sono opposti rigorosamente ai requisiti europei di sicurezza e stanno cercando di usare il quadro di deregolamentazione TTIP per “armonizzare” il REACH con le normative più permissive degli USA. La Commissione europea riconosce un’incompatibilità di base tra gli approcci europei e quelli americani, ma sta ancora cercando di raggiungere una possibile “convergenza normativa e l’adeguamento nel settore dei prodotti chimici” da parte dei suoi partner industriali 39.
Le imprese europee sono ben liete di riunire le forze e di servirsi del TTIP per eliminare le normative ambientali comunitarie, accusate di porle in condizioni di svantaggio sleale rispetto ai concorrenti del mercato globale.

 

Altre importanti normative ambientali sono minacciate dal programma di deregolamentazione TTIP. I requisiti di sostenibilità della Renewable Energy Directive (Direttiva europea sulle energie rinnovabili) sono stati presi di mira dai produttori di agrocarburanti statunitensi, propensi semmai ad “armonizzare” le normative comunitarie con i bassi standard degli USA.
Il governo americano si sta avvalendo del TTIP per minare la Fuel Quality Directive (Direttiva europea sulla qualità dei carburanti) in modo da facilitare alle raffinerie americane l’esportazione verso l’Europa di petrolio estratto dalle sabbie bituminose del Canada, con conseguenze devastanti per l’ambiente 40.
Inoltre il TTIP aprirebbe le porte a esportazioni in massa del gas di scisto americano verso l’Europa. Ciò porterebbe a un aumento delle estrazioni per fratturazione idraulica (fracking) negli Stati Uniti e, allo stesso tempo, consentirebbe alle compagnie statunitensi di sfidare i divieti di fracking in Europa – proprio come la società energetica americana Lone Pine Resources si sta servendo del regolamento NAFTA per fare causa al governo canadese, responsabile del blocco del fracking nel Québec 41. 

6 L'attacco ai servizi pubblici 

Il TTIP non mira soltanto ad allentare i divieti normativi in materia di ambiente e sicurezza alimentare, ma anche a garantire la liberalizzazione del mercato dei servizi, estendendo anche alle aziende private la possibilità di erogare servizi pubblici come sanità, istruzione e fornitura idrica.
In particolare le compagnie americane sono seriamente intenzionate a ottenere l’accesso ai sistemi sanitari pubblici europei, che si presentano come vasti mercati in attesa di essere sfruttati. Il governo statunitense ha confermato che si servirà del TTIP per aprire i mercati dei servizi europei a vantaggio del capitale americano, e precisamente, che “esaminerà il funzionamento di determinati monopoli” nel settore dei servizi pubblici 42.
I deputati britannici hanno lanciato l’allarme che il TTIP potrebbe “distruggere” il Servizio Sanitario Nazionale britannico non appena le compagnie americane avranno ottenuto il diritto di partecipare agli appalti per i contratti clinici 43.

40. Kate Sheppard, ‘Michael Froman, Top US Trade Official, Sides With Tar Sands Advocates In EU Negotiations’, Huffington Post, 24 settembre 2013.
41. ‘Lone Pine Resources files outrageous NAFTA lawsuit against fracking ban’, comunicato stampa congiunto di Sierra Club e Council of Canadians, 2 ottobre 2013.
42. Lettera del Vice-rappresentante per il commercio US Demetrios Marantis a John Boehner, portavoce della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, 20 marzo 2013.
43. ‘Privatisation agenda drives Tory policy on NHS, says Burnham’, Independent, 10 gennaio 2014.
44. ‘Directives for the negotiation on the Transatlantic Trade and Investment Partnership between the European Union and the United States of America’, Bruxelles: Consiglio dell’Unione europea, 17 giugno 2013, sezione 20. 

La Commissione europea ha affermato che i servizi pubblici saranno tenuti fuori dal TTIP in virtù del principio d’esclusione di quei servizi “forniti nell’ambito dell’esercizio dell’autorità governativa”, come stabilito nel General Agreement on Trade in Services (GATS, Accordo generale sul commercio nei servizi) dell’OMC 44. Tuttavia, la Commissione ha ammesso da tempo che questa clausola non offre alcuna protezione per i
servizi pubblici, a causa della definizione limitata che essa dà dei presupposti necessari per l’esclusione. Per questo motivo l’UE è stata costretta ad aggiungere un’ulteriore clausola di limitazione nel suo programma originario di impegni per i servizi del 1995, in modo da sottrarre i propri servizi pubblici alle norme del GATS. Da quel momento, tuttavia, la Commissione sta tentando di prendere le distanze dall’esenzione per le“aziende di pubblico servizio” per il fatto che essa vuole vedere i servizi pubblici inclusi negli accordi commerciali con l’UE, escludendo soltanto i servizi relativi alla sicurezza, come ad esempio la magistratura, la polizia di frontiera o il controllo del traffico aereo 45.

Oltre alla prospettiva di consegnare i servizi pubblici a società con scopo di lucro, uno degli effetti più insidiosi degli accordi di libero scambio, come ad esempio il TTIP, è che per i paesi diventa di fatto impossibile ripristinare i servizi pubblici una volta privatizzati. Questo effetto “lock-in” si verificherà anche più spesso se il TTIP adotterà l’approccio dell’ ”elenco negativo”, già visto nel nuovo accordo UE per il libero scambio con il Canada, in base al quale tutti i settori di servizi sono disponibili per la liberalizzazione, a meno che essi non siano specificatamente classificati come eccezioni (in base al modello “elencalo o perdilo”). Si tratta di un drammatico allontanamento dall’approccio dell’ ”elenco positivo” tradizionalmente impiegato dall’UE, in cui solo quei settori appositamente indicati per l’inclusione sono aperti alla concorrenza di aziende straniere.
I gruppi imprenditoriali europei si sono riuniti con le controparti americane per richiedere l’uso dell’approccio dell’elenco negativo nel TTIP, al fine di portare al massimo il numero dei settori di servizio da includere nel processo di liberalizzazione 46. 

Allo stesso modo gli investitori stranieri saranno in grado di citare in giudizio i paesi ospitanti per la perdita di profitti causata dalla riconversione di privatizzazioni precedenti, se le misure di protezione degli investitori verranno incluse nel TTIP (vedi sotto). Nel 2006 la popolazione della Slovacchia aveva votato un governo di sinistra in risposta al provvedimento impopolare di privatizzazione del sistema sanitario. Fra le prime disposizioni del nuovo governo vi fu, quindi, proprio quella di limitare la facoltà delle società di assicurazione private di trarre profitti dal sistema sanitario pubblico. Per ritorsione, diverse compagnie di assicurazione sanitaria citarono in giudizio il governo slovacco: la compagnia olandeseAchmea riuscì infine ad ottenere come “risarcimento danni” 29,5 milioni di euro in beni pubblici. In una causa che non conosce precedenti, avviata nel 2013, Achmea sta tentando di usare lo stesso potere per impedire al governo slovacco di istituire un sistema di assicurazione pubblica che garantirebbe la copertura sanitaria a tutti i cittadini del paese 47. 

45. ‘Commission Proposal for the Modernisation of the Treatment of Public Services in EU Trade Agreements’, Bruxelles: Commissione europea, 26 ottobre 2011.
46. ‘Regulatory Cooperation Component in the services sectors to an EU-US Economic Agreement’, comunicato congiunto dello European Services Forum e della Coalition of Service Industries, 12 novembre 2012; ‘EUROCHAMBRES views and priorities for the negotiations with the United States for a Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP)’, posizione ufficiale EUROCHAMBRES, 6 dicembre 2013.
47. Laurence Franc-Menget, ‘ACHMEA II – Seizing Arbitral Tribunals to Prevent Likely Future Expropriations: Is it an Option?’, Kluwer Arbitration Blog, 28 marzo 2013.
48. ‘TTIP: Health sector braced for “damage control”’, EurActiv, 7 ottobre 2013.
49. James Politi e Alex Barker, ‘White House set for Wall Street clash over trade talks’, Financial Times, 7 luglio 2013.
50. Myriam Vander Stichele, ‘TTIP Negotiations and Financial Services: Issues and Problems for Financial Services Regulation’, Amsterdam: SOMO, 16 ottobre 2013. 

Ma anche all’interno della stessa Commissione europea sono sorte preoccupazioni di fronte alla minaccia che il TTIP rappresenta per i servizi sanitari. Il capo dell’Unità per i Sistemi Sanitari della Commissione, Bernie Merkel, ha avvertito che l’UE dovrà combattere per difendere le sue disposizioni sulla salute pubblica contro le pretese degli USA di includere nel TTIP la possibilità d’accesso a questo nuovo mercato. Parlando allo European Health Forum (Forum della salute europea) nell’ottobre 2013, Merkel ha lanciato il monito di non cedere all’illusione che il TTIP possa offrire l’opportunità di un miglioramento degli standard nell’assistenza sanitaria o nell’accesso ai farmaci: “Dovete ricordare che l’America funziona bene per quelli che hanno soldi, ma non altrettanto bene per quelli senza.” 48 
Allo stesso tempo, però, è la stessa Commissione europea che sta cercando di servirsi del TTIP per minare importanti normative finanziarie introdotte a seguito della crisi del 2008. Nonostante il riconoscimento unanime che la normativa “light touch” (tocco leggero) sia stata una delle cause principali del crash del 2008, la Commissione sta cercando ora di raggiungere una deregolamentazione ancora più ampia attraverso la richiesta che la questione venga inclusa nei colloqui TTIP.
L’obiettivo è promosso attivamente dal governo britannico per conto della sua potente lobby dei servizi finanziari della city londinese, ma anche dal governo tedesco per conto del settore bancario – oltre che dalle più grandi banche statunitensi, anch’esse interessate a usare il TTIP per indebolire le nuove regolamentazioni introdotte dalla legge Dodd-Frank dell’amministrazione Obama 49.
Il governo statunitense ha già dato il suo accordo per negoziare un allentamento delle norme che regolano l’accesso ai mercati dei servizi finanziari, compresa l’eliminazione dei controlli sui capitali 50.

Oltre a liberalizzare i servizi pubblici, la Commissione europea e il governo americano intendono entrambi servirsi del TTIP per aprire gli appalti pubblici al settore privato. Ciò significa che non saranno più consentite le svariate politiche d’appalto di governi locali a sostegno di importanti obiettivi sociali e ambientali. L’UE ha comunicato la sua intenzione di eliminare le Buy America Provisions, ben viste dalla popolazione e usate per sostenere il mercato del lavoro locale e le imprese in molti Stati della Federazione 51.
Il governo statunitense ha reso nota la sua intenzione di prendere di mira il sistema di appalti europeo, come ad esempio i programmi alimentari locali promossi nelle scuole e in altri enti pubblici 52. Ancora una volta gli unici vincitori saranno le compagnie transnazionali che taglieranno fuori i fornitori locali per accaparrarsi i loro contratti.

Nessuna di queste inclusioni nell’accordo TTIP è inevitabile.
Facendo valere il principio dell’ “eccezione culturale”, il governo francese che per tradizione ha sempre protetto l’industria cinematografica nazionale dalla concorrenza estera, ha annunciato nel giugno 2013 di essere riuscito ad escludere i servizi audiovisivi dal mandato TTIP della Commissione europea, nonostante la resistenza della Gran Bretagna, della Germania e della Commissione stessa. In un acceso dibattito al Consiglio europeo degli Affari esteri, la Francia ha minacciato di porre il veto all’avvio dei negoziati TTIP qualora l’eccezione culturale non venisse rispettata. Il governo americano ha confermato, tuttavia, che “si batterà accanitamente” in nome della sua industria televisiva e cinematografica per includere i servizi audiovisivi nei negoziati 53.
Colpita dalla propria incapacità di ottenere un pieno mandato per tutti i settori, la Commissione europea insiste affinché non ci sia nel TTIP alcun “carve-out” (eccezione) per i servizi audiovisivi, e quindi è probabile che essa riprovi, in un secondo tempo, a introdurli nei negoziati 54.

51. James Politi, ‘Buy America laws raise hurdles in European talks’, Financial Times, 26 giugno 2013; le disposizioni Buy America sono esplicitamente indicate come obiettivo nella sezione 24 del mandato di negoziato della Commissione europea approvato nel giugno 2013.
52. ‘EU-US trade deal: A bumper crop for “big food”?’, Friends of the Earth Europe e Institute for Agriculture and Trade Policy, ottobre 2013.
53. Risposte scritte del Rappresentante per il commercio US Michael Froman al Congressional Ways and Means Committee, relative al programma di politica commerciale del Presidente, 18 luglio 2013.
54. ‘Member States endorse EU-US trade and investment negotiations’, Bruxelles: Commissione europea, 14 giugno 2013; ‘M. Barroso, vous n’êtes ni loyal ni respectueux!’, Le Monde, 18 giugno 2013.

7 La sfera privata a rischio 

Da un lato il TTIP mira principalmente alla deregolamentazione a favore delle imprese, dall’altro cerca di accelerare l’incremento dei profitti commerciali limitando l’accesso dei cittadini all’informazione. Il capitolo del TTIP relativo ai diritti di proprietà intellettuale è concepito per contenere disposizioni in materia di diritti d’autore, brevetti e marchi, e si pone l’obiettivo di rafforzare il controllo sul sapere esercitato dalle imprese a spese dei cittadini europei e americani.
Eccezioni importanti al diritto d’autore, previste per le scuole, le biblioteche, le persone disabili e per la formazione a distanza potrebbero andare perdute. Allo stesso tempo l’industria farmaceutica sta cercando di usare il TTIP per limitare l’accesso dei cittadini ai dati relativi a studi clinici, una mossa che in futuro metterà in pericolo la trasparenza e farà aumentare i costi dei sistemi sanitari nazionali 55.

Un documento trapelato dalla Commissione europea ha altresì sollevato il timore che il TTIP potrebbe reintrodurre elementi centrali dell’Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA, Accordo commerciale anticontraffazione), già respinto dal Parlamento europeo nel 2012 56.
Questa normativa era stata condannata in tutta l’Europa come un attacco alle libertà civili, poiché avrebbe chiesto ai fornitori di servizi internet di controllare le attività in rete e di dare informazioni su qualsiasi persona sospettata di violare le disposizioni del diritto d’autore. I deputati europei hanno bocciato l’ACTA ad ampia maggioranza, con 478 voti contro 39.
Era la prima volta che il Parlamento europeo faceva uso dei suoi nuovi poteri, sanciti dal Trattato di Lisbona, di rifiutare un accordo commerciale internazionale. David Martin, il deputato scozzese che ricopriva l’incarico di relatore per l’ACTA, aveva avvisato i suoi colleghi che sarebbe stato impensabile accettare un accordo già negoziato in segreto e presentato al Parlamento europeo come fatto compiuto.

Il TTIP metterà in pericolo anche le leggi sulla privacy dei dati, facilitando alle compagnie l’accesso ai dettagli personali per scopi commerciali. La Commissione europea ha già allentato le norme UE in materia di privacy per poter spianare la strada alla coerenza normativa del TTIP, eliminando l’elemento chiave di salvaguardia contro lo spionaggio delle agenzie di intelligence statunitensi a spese dei cittadini europei 57.
L’ironia della sorte, rivelata dai documenti forniti dal whistleblower Edward Snowden, ha voluto che proprio gli uffici UE di New York, Washington e Bruxelles fossero intercettati dal governo degli Stati Uniti, infiltratosi nella loro rete informatica per procurarsi l’accesso a e-mail e documenti interni. Rispondendo alle richieste dei deputati di interrompere i negoziati a fronte di questo scandalo, il Commissario UE alla giustizia Viviane Reding ha convenuto: “Non possiamo portare avanti i negoziati su un grande mercato transatlantico se c’è anche il minimo sospetto che i nostri partner stiano conducendo attività di spionaggio negli uffici dei nostri negoziatori 58.”

55. Jim Murray, ‘New fronts in the struggle for transparency’, BMJ Blogs, 13 dicembre 2013.
56. ‘Transatlantic Trade and Investment Partnership negotiations (TTIP): The Information and Communication Technology (ICT) sector’, Bruxelles: Commissione europea, 2013.
57. James Fontanella-Khan, ‘Washington pushed EU to dilute data protection’, Financial Times, 12 giugno 2013.
58. Claus Hecking e Stefan Schultz, ‘Spying “Out of Control”: EU Official Questions Trade Negotiations’, Der Spiegel, 30 giugno 2013; Laura Poitras, Marcel Rosenbach, Fidelius Schmid e Holger Stark, ‘Attacks from America: NSA Spied on European Union Offices’, Der Spiegel, 29 giugno 2013.
59. Gus Van Harten, Investment Treaty Arbitration and Public Law, Oxford: Oxford University Press, 2007.

8 La ISDS: una minaccia per la democrazia 

La più grande minaccia costituita dal TTIP sta probabilmente nel fatto che esso cerchi di garantire alle società transnazionali il potere di citare in giudizio direttamente i singoli paesi per perdite subite nelle loro giurisdizioni, in conseguenza a decisioni di politica pubblica. Questa disposizione per la “risoluzione delle controversie tra stato e investitori” (ISDS, Investor-State Dispute Settlement) non ha equivalenti se si considerano le implicazioni che essa comporta.
La risoluzione, infatti, eleva il capitale transnazionale ad uno stato giuridico equivalente a quello di uno statonazione.
Con il TTIP, quindi, verrebbe concesso alle imprese americane ed europee il potere di impugnare le decisioni democratiche prese da governi sovrani, e di chiedere risarcimenti nei casi in cui quelle decisioni abbiano effetti negativi sui propri profitti.

Gli Stati Uniti hanno insistito nel voler includere la ISDS in quasi tutti i trattati bilaterali di investimento stipulati fino ad oggi, e solo l’Australia sta riuscendo a mantenere una posizione di eccezione alla regola. Con la ISDS le compagnie sono in grado di fare richieste di risarcimento danni contro il paese ospitante anche se non hanno stipulato alcun contratto con il governo. Inoltre, agli investitori è consentito scavalcare i tribunali nazionali e presentare le loro istanze direttamente a tribunali arbitrali internazionali, violando l’obbligo tradizionale di esaurire tutte le soluzioni giudiziarie locali prima di ricorrere alle corti internazionali.
In alcuni casi le compagnie nazionali si sono reinventate come investitori “esteri” soltanto per potersi avvalere dei privilegi della ISDS e citare in giudizio il loro stesso governo 59.

I tribunali arbitrali dal canto loro sono poco più che tribunali canguro.
Gli arbitri non sono giudici di ruolo con pubblica autorità, come quelli dei sistemi giudiziari nazionali. Essi costituiscono piuttosto una cricca ristretta di avvocati aziendali incaricati per l’occasione, con un interesse personale a deliberare in favore delle società 60.
I tribunali si riuniscono in segreto e gli arbitri sono stati accusati di così tante irregolarità nell’applicazione della legge, che anche i sostenitori dell’idea dell’arbitrato internazionale ammettono un notevole calo di credibilità verso queste strutture.
Una dichiarazione pubblica firmata da oltre 50 professori di diritto e altri accademici ha lanciato un appello per abolire questo sistema e restituire ai tribunali nazionali il diritto di decidere 61. 

60. Pia Eberhardt e Cecilia Olivet, Profiting from Injustice: How Law Firms, Arbitrators and Financiers are Fuelling an Investment Arbitration Boom, Amsterdam: Corporate Europe Observatory and Transnational Institute, 2012.
61. ‘Public Statement on the Investment Regime’, 31 agosto 2010, disponibile in varie lingue in ww.osgoode.yorku.ca/public_statement.
62. Per ulteriori esempi vedi John Hilary, The Poverty of Capitalism: Economic Meltdown and the Struggle for What Comes Next, Londra: Pluto Press, 2013, cap. 3. 
63. ‘Recent Developments in Investor-State Dispute Settlement (ISDS)’, Ginevra: Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, maggio 2013. 

Nei paesi in cui la ISDS è già stata inclusa in trattati d’investimento bilaterali o altri accordi di libero scambio, essa ha già causato notevoli danni alla politica pubblica e alla democrazia 62. Tra gli esempi più rilevanti citiamo:

❚❚ La società energetica svedese Vattenfall sta facendo causa al governo tedesco per 3.700 milioni di Euro per via della decisione presa dal Paese di eliminare gradualmente l’energia nucleare a seguito del disastro nucleare di Fukushima. Vattenfall aveva già vinto un ricorso precedente contro le normative ambientali della città di Amburgo: queste furono rese meno restrittive a seguito degli attacchi della compagnia.
❚❚ Nel primo dei numerosi casi ISDS sollevati contro il Canada in virtù del regolamento NAFTA, il Paese è stato costretto a revocare il divieto sull’additivo per carburanti MMT a seguito di un ricorso presentato dalla compagnia statunitense Ethyl. In un secondo caso, relativo ai diritti sull’acqua e il legname, il Canada ha dovuto pagare 122 milioni di dollari alla società cartiera canadese AbitibiBowater che si è servita del regolamento NAFTA per citare in giudizio il suo stesso governo, tirando però le fila dal suo ufficio negli Stati Uniti.
❚❚ Il gigante americano del tabacco Philip Morris sta facendo causa per migliaia di miliardi di dollari al governo australiano per via della sua politica di sanità pubblica che impone la vendita di sigarette solo in pacchetti senza scritte. La Philip Morris ha citato in giudizio anche l’Uruguay a causa delle misure da questo adottate nella lotta contro il fumo.
Queste impongono che le avvertenze per la salute coprano l’80% di tutti gli imballaggi per sigarette.
❚❚ Nessun paese è stato maggiormente colpito dell’Argentina dai casi ISDS, molti dei quali legati alla decisione del governo di sganciare nel 2002 la moneta nazionale dal dollaro americano.
Dopo tanti anni di battaglie legali il governo argentino è stato costretto a pagare nell’ottobre 2013 oltre 500 milioni di dollari per liquidare i risarcimenti chiesti da cinque compagnie.
❚❚ Nel più grande risarcimento avutosi finora, l’Ecuador è stato costretto a rimborsare all’Occidental Petroleum 1.77 miliardi di dollari per aver revocato il contratto con il gigante petrolifero. La revoca era giunta a seguito delle trasgressioni della legge ecuadoriana da parte della compagnia.
Per contro, un tribunale indipendente ha rifiutato la richiesta di risarcimento danni per 19 miliardi di dollari, presentata dall’Ecuador contro la Chevron per aver contaminato la foresta vergine amazzonica per ben vent’anni.

L’uso della ISDS da parte delle società transnazionali sta raggiungendo proporzioni epidemiche. Oltre 500 casi noti sono stati registrati contro almeno 95 paesi, di cui oltre 400 solo negli ultimi dieci anni 63.
Ma, a causa della segretezza in cui sono avvolti i procedimenti, è probabile che ne siano stati avviati molti di più senza che il pubblico ne venisse a conoscenza.

I rappresentanti dei governi di tutta Europa si stanno domandando se sia opportuno includere l’ISDS nel TTIP. La London School of Economics è stata incaricata dal governo britannico di effettuare una valutazione d’impatto sui costi e i benefici che deriverebbero dall’inclusione della protezione degli investimenti in un accordo UE-USA.
La valutazione è giunta alla conclusione che una simile decisione esporrebbe il Regno Unito ad un numero anche più alto di controversie e a danni maggiori rispetto a quelli subiti dal Canada con il NAFTA. Allo stesso modo è piuttosto improbabile che l’inclusione dell’ISDS nel TTIP determini un aumento degli investimenti (nessun accordo bilaterale con qualsiasi paese industrializzato ha mai generato un aumento degli investimenti americani).
Gli autori dello studio valutativo consigliano al governo di riflettere se abbia veramente senso includere la tutela degli investitori nel TTIP 64.

La Commissione europea ha già identificato il tipo di sistema ISDS che vorrebbe includere nel TTIP 65.
La sua posizione, tuttavia, è stata sottoposta a crescenti critiche da parte di gruppi della società civile - si veda la lettera congiunta presentata nel dicembre 2013 da 200 organizzazioni europee, americane e internazionali - e degli stessi governi di diversi Stati membri dell’UE 66. In risposta a queste critiche la Commissione europea ha annunciato nel gennaio 2014 che sospenderà i negoziati ISDS nell’ambito del TTIP per un periodo di tre mesi, al fine di avviare “consultazioni” con i cittadini europei 67.
Commenti successivi rilasciati dal Commissario UE al commercio Karel De Gucht hanno rivelato che questa pratica è stata escogitata per convincere il pubblico scettico dei meriti dell’ISDS, piuttosto che per avviare una revisione degli intenti della Commissione 68.

64. Lauge N. Skovgaard Poulsen, Jonathan Bonnitcha e Jason Webb Yackee, ‘Costs and Benefits of an EU-USA Investment Protection Treaty’, Londra: London School of Economics, aprile 2013.
65. ‘TTIP negotiations: Modified EU draft proposals on trade in services, investment and electronic commerce’, Bruxelles: Commissione europea, 2 luglio 2013.
66. Lettera della società civile sul TTIP al Rappresentante per il commercio US Michael Froman e al Commissario al commercio EU Karel De Gucht, 16 dicembre 2013.
67. ‘Commission to consult European public on provisions in EU-US trade deal on investment and investor-state dispute settlement’, Bruxelles: Commissione europea, 21 gennaio 2014.
68. ‘The Transatlantic Trade and Investment Partnership: Where do we stand on the hottest topics in the current debate?’, discorso del Commissario al commercio UE Karel De Gucht all’Atlantikbrücke, Düsseldorf, 22 gennaio 2014.

9 Una crescente resistenza

Da entrambi i lati dell’Atlantico si registra un crescente movimento d’opposizione al TTIP poiché la gente sta prendendo coscienza della minaccia che i negoziati costituiscono per molti aspetti della propria vita.
Gli attivisti di campagne per la salute pubblica, l’ambiente e la giustizia sociale stanno unendo le forze con i sindacati e i gruppi di consumatori, sia europei che americani, per contrastare il programma di deregolamentazione del TTIP. I parlamentari di tutt’€uropa hanno dato voce alle loro preoccupazioni per la minaccia rappresentata dal TTIP: in un acceso dibattito nel gennaio 2014, i senatori di tutti i partiti politici hanno attaccato il governo francese per il sostegno accordato al trattato, mentre i parlamentari dell’intero spettro politico hanno presentato mozioni di critica contro il TTIP in Germania, nel Regno Unito e in Olanda 69.
In una serie di lettere che riflettono il crescente malcontento verso la politica di scambi intrapresa dagli Stati Uniti, 178 membri del Congresso – detentori del potere definitivo di approvare o porre il veto sul TTIP – hanno comunicato al Presidente Obama che respingono ogni possibilità di accordargli l’autorità “prioritaria” di negoziare accordi commerciali futuri per conto loro 70.

Altri paesi ad economia di mercato in tutto il mondo nutrono preoccupazioni per l’impatto potenziale del TTIP sugli interessi nazionali. La spinta ad approfondire le relazioni U€-US attraverso il TTIP è considerata da molti come un tentativo di emarginare i mercati emergenti come la Cina, il Brasile e l’India, che attualmente stanno sfidando l’egemonia delle tradizionali potenze capitalistiche. 

69. ‘French senators strongly attack EU-US trade deal’, EurActiv, 13 gennaio 2014; ‘Oppositionsfraktionen fordern verschiedene Änderungen für TTIP-Verhandlungen’, Bundestag tedesco, 14 giugno 2013; ‘Transatlantic Trade and Investment Partnership’, Early Day Motion 793, Camera dei Comuni sessione 2013-14, Regno Unito;
‘Motion of Bram Van Ojik on the inclusion of ISDS in the EU-US trade agreement’, presentata il 28 novembre 2013 e successivamente approvata dalla Seconda Camera del Parlamento olandese.
70. ‘Camp-Baucus Bill Would Revive Controversial 2002 Fast Track Mechanism’,  Washington DC: Public Citizen, gennaio 2014
71. ‘The Transatlantic Trade and Investment Partnership: Global Impacts’, discorso del Commissiario al commercio UE Karel De Gucht allo Institute for International and European Affairs, Dublino, 19 aprile 2013.
72. ‘The Transatlantic Trade and Investment Partnership: A New Engine for Global Development?’, Washington DC: Sandler Trade LLC, giugno 2013; ‘Potential Effects of the Proposed Transatlantic Trade and Investment Partnership on Selected Developing Countries’, Brighton: CARIS, settembre 2013.
73 Per maggiori dettagli sull’alternativa positiva al TTIP e altri simili trattati vedi l’Alternative Trade Mandate ‘Trade: Time for a New Vision’ (novembre 2013) in alternativetrademandate.org

La Commissione €uropea ha dichiarato che il TTIP definirà non solo gli standard regolamentari per l’U€ e gli USA, ma creerà anche le basi normative per esigere che altri partner commerciali adottino gli stessi standard, se non vogliono trovarsi emarginati dall’economia globale 71.
Allo stesso tempo, un abbassamento delle barriere tariffarie e non tariffarie tra l’€U e gli USA porterà probabilmente a un dislocamento del commercio e ridurrà le esportazioni delle economie emergenti e a basso reddito 72.

In definitiva, il TTIP è un accordo concepito per portare benefici alle società transnazionali della Comunità €uropea e degli Stati Uniti attraverso il tentativo di ampliare le vie d’accesso ai mercati e di programmare l’eliminazione di norme che limitano la realizzazione di profitti. Le osservazioni di alcuni commentatori, secondo le quali l’accordo potrebbe essere trasformato in una forza positiva, capace di elevare gli standard da una parte e dall’altra dell’Atlantico, dimostrano di non essere in grado di capirne l’essenza: ossia la sua origine, il suo contenuto e gli obiettivi di deregolamentazione.
Per questa ragione l’appello della società civile, quale reazione ai negoziati, è di bloccare il TTIP sostituendolo con un mandato commerciale alternativo che ponga i cittadini e il pianeta in primo piano rispetto al profitto aziendale 73.
Tutte le forze d’€uropa, degli Stati Uniti d’America e di qualsiasi altra parte sono chiamate ad unirsi a questo appello.

10 Ulteriori informazioni

I seguenti siti web contengono sezioni dedicate alle campagne, alle notizie ed agli studi critici sul TTIP:
❚❚ bilaterals.org: include tutte le ultime notizie sul TTIP
❚❚ s2bnetwork.org: the Seattle to Brussels Network (€U)
❚❚ citizen.org: Public Citizen  (US)
❚❚ sierraclub.org: Sierra Club (US)

Oltre alle numerose fonti già menzionate nelle note della presente relazione
segnaliamo alcuni degli studi più validi sul TTIP:

❚❚ ‘A Brave New Transatlantic Partnership: The proposed €U-US Transatlantic Trade and Investment Partnership and its socio-economic & environmental consequences’ (Seattle to Brussels Network, October 2013);
❚❚ ‘The Transatlantic Free Trade Agreement: What’s at Stake for Communities and the Environment’ (Sierra Club, giugno 2013);
❚❚ ‘A Transatlantic Corporate Bill of Rights: Investor privileges in €U-US trade deal threaten public interest and democracy’ (Corporate Europe Observatory, Seattle to Brussels Network and Transnational Institute, ottobre 2013);
❚❚ ‘€U-US trade deal: A bumper crop for “big food”?’ (Friends of the Earth €urope and Institute for Agriculture and Trade Policy, ottobre 2013);
❚❚ ‘The Transatlantic Colossus: Global Contributions to Broaden the Debate on the EU-US Free Trade Agreement’ (Berlin Forum on Global Politics, gennaio 2014).

Documentazione ufficiale sul TTIP è disponibile nei siti web di:
❚❚ Commissione €uropea: ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ttip
❚❚ US Trade Representative: www.ustr.gov/ttip

ROSA LUXEMBURG STIFTUNG, UFFICIO DI BRUXELLES

La Rosa Luxemburg Stiftung è un’organizzazione non-profit di sinistra (?), affiliata al partito tedesco “Die Linke” (partito di sinistra) e operante a livello internazionale a favore dell’ educazione civica. Già attiva dal 1990, la Fondazione si è impegnata nell’analisi di processi sociali, politici e di sviluppo su scala mondiale. Il contesto in cui lavoriamo è quello delle molteplici e crescenti crisi dell’attuale sistema politico ed economico.
In cooperazione con altre organizzazioni progressiste di tutto il mondo, lavoriamo per la partecipazione democratica e sociale, la legittimazione dei gruppi svantaggiati e le soluzioni alternative nello sviluppo economico e sociale. Le nostre attività internazionali hanno l’obiettivo di diffondere l’educazione civica per mezzo di analisi scientifiche, programmi pubblici e progetti condotti insieme alle istituzioni partner.
Per riuscire a portare avanti e coordinare tutte queste iniziative la Fondazione ha istituito 17 uffici regionali in tutto il mondo. L’Ufficio di Bruxelles è stato inaugurato nel 2008. Il suo compito principale è di mettere in contatto tra loro i movimenti di sinistra e progressisti, attivisti e studiosi di tutt’Europa e altre regioni del mondo. Lavoriamo a favore di un sistema mondiale più equo, basato sulla solidarietà internazionale.
www.rosalux-europa.info - www.rosalux.de
War on Want è un’organizzazione attivista il cui obiettivo, inteso come parte di un movimento mondiale per la giustizia globale, è di combattere contro le cause più profonde della povertà e la violazione dei diritti umani.
www.waronwant.org




deca 


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