Quanti stecchiti dalla chemio ... e dai giornalisti ignoranti
Il Lancet, una delle più stimate riviste mediche, “Giorni
fa ha pubblicato un lavoro firmato dal Public Health England e Cancer
Research Uk, condotto su 23,000 donne con cancro al seno e circa 10.000
uomini con carcinoma polmonare non a piccole cellule: 9.634 sono stati
sottoposti a chemioterapia nel 2014 e 1.383 sono morti entro 30 giorni.
«L’indagine ha rilevato che in Inghilterra circa l’8,4% dei pazienti
con cancro del polmone e il 2,4% di quelli affetti da tumore del seno
sono deceduti entro un mese dall’avvio del trattamento. Ma in
alcuni ospedali la percentuale è di molto superiore alla media
riscontrata. «Ad esempio, in quello di Milton Keynes il tasso di
mortalità per chemioterapia contro il carcinoma polmonare è risultata
addirittura del 50,9%. …. Al Lancashire Teaching Hospitals il tasso di
mortalità a 30 giorni è risultato del 28%» *
«Per la prima volta i ricercatori hanno esaminato il numero di malati
deceduti entro 30 giorni dall’inizio della chemioterapia, cosa che
indica che i medicinali hanno provocato la loro morte, piuttosto che il
cancro».
Ho copiato e incollato da “Senza Nubi”, sito del professor Sandro
Carlo Mela. Che è stato docente di medicina interna all’Università di
Genova, ha avuto diversi incarichi scientifici al CNR, è co-autore di
583 pubblicazioni scientifiche, delle quali 212 su riviste
internazionali, con 1823 citazioni da riviste internazionali.
Suo anche il commento che segue: “È notevole che siano stati proprio
il Public Health England ed il Cancer Research Uk a sentire il bisogno
di rivedere criticamente il proprio operato, raccogliendo una casistica
imponente e traendone infine le conseguenze. Ci si
pensi bene. Questa è l’essenza della metodologia scientifica. Fare
ipotesi. Verificarle. Accettarle se i fatti le corroborino e rigettarle
se i fatti le contraddicano. Quanto è duro accettare che i fatti
smentiscano le teorie!”.
Poiché il professor Mela è scienziato e scrittore elegante, penso
questo sia stato il suo modo di intervenire nella canea giornalistica
innescata da un caso di cronaca. Regolarmente riportato dai media in
questi termini: “I genitori rifiutano la chemio, lei muore a 18 anni di
leucemia”. Naturalmente accusando i genitori di aver ammazzato la
figlia perché credono a ciarlatani (“il dottor Hamer”), ché se invece
avessero portato la figlia dal celebre professor Veronesi, che l’avrebbe
sottoposta alla chemio, la fanciulla sarebbe ancora viva.
A Veronesi nessun giornalista ha mai chiesto conto di quanti, nella
sua lunga carriera, ne ha ammazzati con la chemio. I lavori dei due
importanti istituti sanitari pubblici inglesi, riportati da Mela,
dimostrano che c’è una percentuale da alta a ragguardevole di pazienti
che viene addirittura stecchita dalla chemio. Nei primi trenta giorni dal trattamento.
I giornalisti soprattutto, hanno colto il caso o i due casi di
cronaca per lanciarsi in una battaglia morale: non solo contro di due
genitori che hanno accusato di aver ucciso la figlia, ma in genere
contro la diffidenza della “gente” contro tutto ciò che è scientifico, o
anche solo ufficiale: c’è chi ha messo la diffidenza generale del
pubblico per la chemio sullo stesso piano del “il rigetto dei
partiti”; il rifiuto delle vaccinazioni alla stessa stregua di un
rigetto anarchico e cieco verso ogni autorità; il discredito verso “il
celebre oncologo Veronesi” alla stessa stregua del “populismo” che
“abbiamo visto emergere anche nelle elezioni in Germania”. Insomma
vedono, i giornalisti, un rigurgito di passatismo, oscurantismo e
pensiero magico, un ritorno al Medioevo, che si sentono in dovere di
combattere con l’ironia dei loro Lumi. Invocando anche i giudici, se
occorre, perché sottraggano la patria potestà dei genitori anti-chemio e
affidino i figli malati per forza pubblica a Veronesi e alla sua
terapia citotossica con metalli pesanti ed iprite; la libertà dei
pazienti non è accettabile, se essa sfocia in superstizione e cure con
vitamina C o veleno di scorpione.
Manca la cultura generale
Il problema è la quantità di Lumi in possesso di detto giornalisti.
Nell’ascoltare Radio 24, mi è capitato di ascoltare – per esempio –
che per alcuni di qui valorosi redattori, la funzione di insetti
impollinatori era una scoperta recentissima, dovuta alla lettura di
qualche articolo sulla sparizione delle api che mette in pericolosa
produzione di frutta.
Alcuni erano persino increduli del processo,
“finalmente anche i più testoni di noi l’hanno capito”, ha detto
giulivo un giornalista. Sentito con le mie orecchie. Ora, la
meravigliosa simbiosi fra le api e gli alberi da frutta è una nozione
che dovrebbe essere nota già dalle elementari. Anche giornalisti
radiofonici (che si ammette siano di qualche tacca sotto i colleghi
“della carta stampata”) dovrebbero saperlo.
A cosa serve, sapere la
funzione impollinatrice, se si è giornalisti economici o dello
spettacolo? Serve: è un elemento di quella che si chiama “cultura
generale”, senza la quale, sfuggono le complessità del discorso
scientifico.
Infatti costoro, nella missione che si erano dati di
condannare la famiglia che aveva sottratto la figlia alla chemio, e per
estensione- – la loro battaglia contro “il populismo”, hanno rimbeccato i
lettori con argomenti di mera fede: bisogna credere a Veronesi (meglio conosciuto come Cancronesi), perché
egli è famoso, e rappresenta la Scienza.
Nel caso, essi non sono in grado di informarsi. Ignorano che su
questi temi, è utile consultare come fonte il sito del National Cancer
Institute (fondato da Nixon nel ’71 per ‘sconfiggere il cancro’,e che il
cancro ha sconfitto – reca onestamente tutti i dati , lo stato
dell’arte della ricerca, e avverte che nessuno dei trattamenti che
indica uno per uno può essere definito “cura del cancro”).
Invece i media italiani hanno dato spazio al Veronesi che ha detto e
ripetuto: “Il cancro non è più una malattia incurabile, e le moderne
terapie possono salvare la vita”. Affermazione, così come espressa,
menzognera. Gli oncologi parlano di “sopravvivenza a cinque anni” del
malato trattato con la chemio, che è cosa molto meno ambiziosa che
guarigione. A proposito del caso dei genitori che hanno evitato alla
ragazza la chemio, qualche giornalista ha tirato fuori che la cosa era
particolarmente colpevole, perché con la chemio c’è, nel caso, una
sopravvivenza del 63 per cento. E’ già un miglioramento rispetto al 50%
(di sopravvivenza a 5 anni) vantato fino ad alcuni anni fa. Ma come e
dove si ottengono queste percentuali? L’ha spiegato il dottor Francesco
Bottaccioni membro dell’Accademia delle scienze di New York, docente di
psico-oncologia alla Sapienza (cito da Cancro SpA di Marcello Pamio):
“Il 50% di cui parlano gli oncologi non è effettivamente la metà del
numero dei malati, come si è indotti a credere, ma la media delle varie
percentuali di guarigione dei diversi tipi di cancro. Per capirci: si
somma, ad esempio, l’87% di guarigione del cancro del testicolo con il
10-12 di quella del polmone e si fa la media delle percentuali di
guarigione, senza calcolare che i malati di carcinoma al testicolo sono 2
mila l’anno, mentre le persone che si ammalano di tumore al polmone
sono attorno alle 40 mila”.
Ora, chiunque vede che questo è un metodo di conteggio disonesto,
indegno di un settore che si dichiara “scientifico” e di una pretesa
“scienza” chiamata oncologia; un metodo truffaldino che giustifica ad
abbondanza la diffidenza crescente dei pazienti, e autorizza i
peggiori sospetti sui veri motivi per cui si continua ad imporre la
“cura” chemioterapica.
La triste verità è che la sopravvivenza a cinque anni nel caso,
poniamo, di carcinoma del pancreas è il 2 percento. I l che significa
che il 98 per cento dei pazienti sono morti. A cinque anni, sono
trapassati il 90% dei malati di glioma cerebrale, l’80 per cento dei
colpiti da melanoma maligno, il 92,5 per cento dei cancri polmonari; è
scomparso il 98 per cento dei colpiti dal carcinoma del fegato, e il
100 per cento degli affetti da carcinoma della pleura. Si può dire che
“il cancro oggi non è più una malattia incurabile”? E che i malati
devono affidarsi ad occhi chiusi a Veronesi invece che ai “ciarlatani”?
Non esistono statistiche sui pazienti di ciarlatani: c’è il fondato
sospetto che i loro dati di sopravvivenza cinque anni sarebbero se non
migliori, pari a quelle vantate dalle false statistiche degli oncologi.
Infatti. E la prova è nella monumentale indagine clinica condotta da
Dal Dipartimento di Oncologia Radiologica del Northern Sidney Cancer
Center e pubblicato sul Journal of Clinical Oncology il dicembre 2004.
E’ intitolato: “The Contribution of Cytotoxic Chemotherapy to 5-year Survival in Adult Malignancies”, ossia: Il contributo della terapia citotossica alla sopravvivenza nei cinque anni nei tumori maligni di adulti”.
Uno studio colossale. Sono stati seguiti per 14 anni 155 mila
pazienti americani ed australiani colpiti da tumore. Alla fin fine, i
ricercatori concludono che 3.306 di questi sopravvissuti a cinque anni
possono ragionevolmente essere attribuiti alla chemio. 3,303 su
154.971 pazienti, significa un tasso di ‘guarigioni’ del 2,3 per cento
in Australia e del 2,1 in Usa. A che scopo prescrivere – e
obbligatoriamente – un medicinale che mette l’inferno nel corpo del
paziente (come disse il professor Staudacher), per un tasso di
guarigioni del 2 per cento? Qualunque cura di ciarlatano può vantare un
2%, se tenesse le statistiche dei suoi pazienti.
La conclusione degli studiosi di Sidney infatti è questa: “…E’
chiaro che la chemioterapia citotossica dà solo un contributo minore
alla sopravvivenza da cancro. Per continuare la prescrizione [gratuita
nel servizio sanitario nazionale] di farmaci chemioterapici, si
richiede con urgenza una rigorosa valutazione del rapporto fra costo ed
efficacia e dell’impatto sulla qualità della vita”. Di fatto,
sconsigliano il servizio sanitario nazionale di continuare a pagare per
questi costosissimi “farmaci” che rendono miserabile la vita del
paziente, e non fanno guarire.
Chi sa l’inglese può leggere lo studio integrale qui:
Chi ha pazienza di guardare le tabelle contenute nelle prime pagine
dello studio, vedrà che anche la percentuale del 2.3 per cento di
guarigioni a 5 anni con la chemio deve essere fortemente ridimensionata:
dipende dal tipo di tumore. Vi sono tumori, al pancreas, alla milza, il
melanoma – in cui la sopravvivenza è segnata da una lineetta
orizzontale: significa zero. Nessun sopravvissuto, chemio o non chemio.
La miglior efficacia della chemio viene attribuita per il cancro al
testicolo, che come abbiamo visto è uno dei pochi di cui gli oncologi
vantano una sopravivenza dell’87% per cento. Il che significa che
guarisce quasi sempre da sé. Lo studio australiano dà qui un tasso di
sopravvivenza del 47%: si può dunque addirittura temere che la chemio
peggiori il decorso di un tumore tutto sommato modestamente pericoloso.
Ma naturalmente, bisogna consultare le fonti, saper cercare nella
letteratura scientifica: cosa che evidentemente i genitori della ragazza
morta hanno fatto – hanno rifiutato a ragion veduta la terapia letale –
e che non hanno fatto i giornalisti illuministi senza cultura
generale,che hanno accusato quella famiglia di omicidio, di
irresponsabilità superstiziosa, e lanciato intimidazioni a tutti coloro
(medici e pazienti) che tentato le terapie alternative, incitando i
giudici ad incriminarli. Cosa che alcuni procuratori hanno pure fatto.
I giornalisti non sanno e non vogliono consultare le fonti – primo
dovere del giornalista. Si sono accontentati, nella loro battaglia
contro l’Oscurantismo sanitario, a riportare come vangelo un articolo
commissionato al professor Veronesi. Senza nemmeno rendersi conto che
costui fa’ una confessione incriminante:
“Bisogna liberare la chemioterapia dallo stigma di cura devastante,
che fa paura più del cancro stesso. (…) Va detto che in passato è stata utilizzata in modo improprio e per molti anni è stata effettivamente prescritta a dosi altissime, senza alcuna considerazione per gli effetti che avrebbero avuto sul malato.
“Allora vigeva in oncologia il principio del massimo trattamento
tollerabile: si applicava in chirurgia, in radioterapia e in
chemioterapia la dose (o l’amputazione) maggiore che il paziente potesse
tollerare. […] Ma negli ultimi decenni è avvenuta una rivoluzione
di pensiero per cui nella cura dei tumori si applica il principio del
minimo trattamento efficace: si ricerca la dose più bassa o l’intervento
più limitato in grado di assicurare l’efficacia oncologica. Così è
sparita la chirurgia mutilante, la radioterapia ustionante e anche la
chemio che devasta inutilmente l’organismo”.
Veronesi dunque ammette: per decenni abbiamo dato dosi letali di
sostanze velenose, alchilanti, metalli pesanti, radiazioni –
ammazzando migliaia di pazienti, e devastandoli inutilmente. Adesso
abbiamo imparato: quindi, cancerosi, venite a noi con fiducia. La
ricerca citata dal professor Mela vi dice che ne ammazziamo solo l’8 per
cento nei primi trenta giorni. In alcuni ospedali anche il 50%….
Quanti ne ammazza il giornalismo presuntuosamente incompetente? Che
scambia per razionalità la propria ignoranza, per progressismo il
proprio superstizioso scientismo, basato sul “principio di autorità” più
sbagliato? Urgono studi clinici e statistici.
deca
Spreading panic ....... quello che non vogliono che abbiate visto in tv!!! io li ho visti i Presidenti USA, loro fanno i sacrifici umani sull'altare di Satana e poi, hanno paura, per le conseguenze! https://plus.google.com/u/0/photos/106715165113279337831/albums/6340253194760163249/6340253197697612210
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