MEMORIE D'UN'INFAMIA
Storia d'una giornalista più forte dei Demoni
«Le mafie mi vogliono morta non per quello che so,
ma per quello che voi e le vostre figlie saprete leggendo i miei libri».
[Lydia Cacho, Memorie di un'infamia]
ma per quello che voi e le vostre figlie saprete leggendo i miei libri».
[Lydia Cacho, Memorie di un'infamia]
foto: anobii.com |
Che Lydia Cacho sia una donna forte te ne accorgi dagli occhi. Come nell'immagine scelta per la copertina dell'edizione italiana di Memorias de una infamia (Memorie di un'infamia,
in italiano), uscito in versione originale per Random House Mondadori
nel 2008 e tre anni dopo, per la Fandango, nella sua versione italiana.
Per parlare di questo libro, però, è necessario fare un passo indietro. Memorie
è infatti una sorta di “making of”, il racconto biografico di quanto
accaduto tra il 2003 ed il 2007 alla giornalista messicana che, svestiti
i panni della “cacciatrice di notizie” veste quelli di attivista e
presidente del Ciam, il Centro Integral de Atención a la Mujer
di Cancún, nello Stato di Quintana Roo, organizzazione della società
civile messicana che si occupa di «eradicare tutte le forme di violenza
di genere».
Los Demonios del Edén1, [http://www.fandango.it/scheda.php/it/i-demoni-dell-eden/789] il libro da cui bisogna partire per raccontare questa storia, nasce proprio per questo scopo.
È grazie ad Emma e alle tante bambine e bambini invischiati nel più
infame dei traffici internazionali – quello dello sfruttamento di minori
a scopi sessuali – che Lydia Cacho affronterà i demoni di una rete
internazionale tra le più impenetrabili e che in Messico ha visto (vede
ancora?) la copertura e la connivenza di un sistema fatto di
imprenditori – nel caso specifico José Kamel Nacif Borge, potentissimo
“Re dei jeans” che gestisce maquiladoras sparse tra Messico, America
Latina e sud-est asiatico – con in agenda il numero di politici come
Mario Plutarco Marín Torres, all'epoca dei fatti governatore priista di
Puebla, al quale Nacif chiese il favore di utilizzare tutti gli
strumenti in suo possesso – legali o meno che fossero – per arrestare
Lydia Cacho, rea di essere stata la prima in Messico a denunciare la
rete pederasta facendo nomi e cognomi.
Marín, prontamente, esegue.
È da queste premesse che Memorie
diventa un libro che non può non essere scritto, necessario non solo
per dare ulteriore testimonianza – peraltro diretta – di una delle tante
reti internazionali che in troppi vogliono far rimanere occulte ma
anche perché, come la stessa Lydia Cacho scrive nell'introduzione
all'edizione italiana, per raccontare una storia «esemplare per
comprendere il modo in cui i governi mettono in cima alle loro priorità
il patto di ferro stretto con la corruzione, in particolare quando si
tratta di insabbiare casi di violenza ai danni delle donne, adulte,
giovani o bambine».
Il 16 dicembre 2005 Lydia Cacho viene arrestata, o
per meglio dire sequestrata, da un gruppo di uomini appartenenti alla
Polizia giudiziaria – non certo la categoria più affidabile per i
cittadini messicani, come le cronache spesso raccontano – e trasferita
via terra dalla sede del Ciam al carcere di Puebla, in un viaggio durato
circa 30 ore nelle quali la giornalista è stata minacciata e torturata,
con uno stupro già definito nei minimi dettagli che sarebbe dovuto
avvenire una volta arrivati presso il carcere. Persino quei poliziotti
sono stati costretti ad ammettere di essersi trovati di fronte ad una
donna molto più coraggiosa di quanto credessero possibile.
Jean Thouma Hanna Succar Kuri pedofilo massone incarcerato con 112 anni di pena da scontare
«Il lavoro dei media è stato molto importante per mantenermi in vita», ha sempre detto Lydia Cacho in interviste o altre occasioni successive al suo viaggio di andata e ritorno tra i Demoni dell'Eden che stanno trasformando Cancún nella “Thailandia d'America”[2], con l'arrivo di pedo-pornografi da Stati Uniti e Canada che comprano bambine e bambini a 2.000 dollari a corpo (o almeno questo è il prezzo chiesto da Succar Kuri a Kamel Nacif per due bambine «con cui fornicare», come è possibile ascoltare in un'intercettazione telefonica diffusa da Carmen Aristegui nel 2007 e confermata dallo stesso Nacif al quotidiano Reforma).
Sarebbe semplice definire Lydia Cacho “un'eroina”,
rendendola una figura mitica e – di conseguenza – irraggiungibile.
Esattamente l'opposto di quanto si tenta di fare con quel giornalismo di
denuncia che porta avanti con i suoi libri, i suoi articoli o le
interviste. Lydia Cacho è, semplicemente, una giornalista che ha deciso
di non girarsi dall'altra parte quando ogni singolo dettaglio avrebbe
giustificato questa scelta, per quel dovere etico-morale – prima ancora
che civico o politico – che il giornalismo porta con sé e grazie al
quale è possibile aprire squarci in realtà di cui altrimenti nulla
sapremmo.
[1] Los Demonios del Eden canale youtube: Juan Callejas, 20 giugno 2012;
[2] Cancún, la nueva Tailandia, canale youtube: LucesdelSigloTv, 21 febbraio 2011;
[2] Cancún, la nueva Tailandia, canale youtube: LucesdelSigloTv, 21 febbraio 2011;
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