L’Ungheria afferma l’indipendenza energetica con South Stream
giovedì 23 gennaio 2014.
Negli ultimi colloqui a Budapest, il primo ministro ungherese Viktor Orbán e l’amministratore delegato di Gazprom Aleksej Miller hanno annunciato che la costruzione di South Stream in Ungheria avrà inizio ad aprile 2015. “Vorremmo vedere il South Stream sul territorio dell’Ungheria”, ha detto Orban. “E’ assai meglio che passi dal Paese piuttosto che lo scavalchi.” Il completamento di un fitto calendario indica la speranza che entrambe le parti prendano seriamente l’impegno nel progetto.
Negli ultimi colloqui a Budapest, il primo ministro ungherese Viktor Orbán e l’amministratore delegato di Gazprom Aleksej Miller hanno annunciato che la costruzione di South Stream in Ungheria avrà inizio ad aprile 2015. “Vorremmo vedere il South Stream sul territorio dell’Ungheria”, ha detto Orban. “E’ assai meglio che passi dal Paese piuttosto che lo scavalchi.” Il completamento di un fitto calendario indica la speranza che entrambe le parti prendano seriamente l’impegno nel progetto.
La decisione di Budapest può essere il “colpo finale” al ritardato gasdotto Nabucco, scrive Bloomberg.
Il segretario di Stato ungherese per gli affari energetici, Pál Kovács,
è stato laconico quando ha parlato del Nabucco quale potenziale
alternativa: “Prima di tutto, la società internazionale Nabucco non
ha fatto tutto ciò che poteva per garantirne il successo. Devo
sottolineare che apparentemente dieci anni non sono abbastanza per
adottare un concetto realistico e competitivo; durante tale periodo
hanno solo stancato tutti e raccolto tasse e stipendi impressionanti, ma
dopo dieci anni abbiamo un quadro più chiaro“. A questo punto, South Stream è l’unica via praticabile per l’Ungheria nel consolidare la propria posizione regionale come centro di transito. Il South Stream Transport di Ungheria, una joint venture al 50% tra Gazprom e
l’azienda elettrica statale (MVM) ungherese, ha deciso di terminare la
costruzione a tempo di record. Le parti hanno convenuto l’accelerazione
di progettazione e lavoro di indagine, nonché pianificazione e
valutazione dell’impatto ambientale sul tratto ungherese di 229
chilometri del South Stream. Le prime forniture di gas russo sono attese già per il 2017. Il Ministero dello Sviluppo Nazionale ungherese ha affermato, “il
governo farà tutto quanto in suo potere per eliminare ogni ostacolo
alla realizzazione del gasdotto South Stream e all’adozione di una
soluzione accettabile per tutte le parti.” In altre parole,
l’ambiente in Ungheria è maturo per l’investimento. La cooperazione
energetica sarà sicuramente all’ordine del giorno durante la visita di
Viktor Orbán a Mosca. Le due nazioni trattano l’aggiornamento della
centrale nucleare ungherese, per cui la Russia fornirebbe un prestito di
10 miliardi di euro. Tuttavia, al centro vi sarà il South Stream. Il
ministro dello Sviluppo Zsuzsa Németh ha spianato la strada ai colloqui.
A novembre, in una conferenza dal titolo “South Stream: l’evoluzione di una pipeline”,
ha dichiarato che tutte le soluzioni energetiche ungheresi seguono la
politica energetica dell’Unione europea, al fine di garantire forti
partnership a lungo termine.
La Russia gode dello status unico d’importante partner strategico dell’Ungheria nelle questioni energetiche. Al fine di accelerarne coordinamento e attuazione, il governo ungherese ha dichiarato che South Stream è un progetto di particolare importanza per l’economia nazionale. Nel 2008, l’allora primo ministro Ferenc Gyurcsány e Vladimir Putin firmarono un accordo per la partecipazione dell’Ungheria al progetto del gasdotto russo. E nell’estate del 2010, Orbán e il suo partito Fidesz improvvisamente sostennero politicamente l’accordo con la Russia. Il primo ministro dell’Ungheria utilizza una retorica dura in politica interna, ma sembra capire l’importanza di adottare un approccio su più fronti e per diversificare le forniture di gas. Tale politica non è rara in Europa orientale.
South Stream può mancare del pieno sostegno dell’UE, ma i più importanti attori regionali come l’Austria, lo vedono quale pietra angolare della sicurezza energetica europea. Ad esempio, Deutsche Welle ha notato che Gerhard Mangott, professore di scienze politiche presso l’Università di Innsbruck e noto consigliere politico, ritiene discutibile la posizione critica dell’UE verso South Stream. Secondo il prof. Mangott, il progetto South Stream difatti aumenta la sicurezza energetica dell’UE. “Non è questione di gas supplementare e di maggiore dipendenza dalla Russia, si tratta di un oleodotto alternativo più moderno e solido.” Fino a poco tempo prima la Commissione europea non aveva obiezioni sui piani per l’indipendenza energetica dell’Ungheria. Nel suo discorso del 2011 sul South Stream, il commissario UE per l’energia promise che “La commissione europea non imporrà alcun irragionevole o ingiustificato requisito amministrativo o regolamento sul South Stream e agirà lealmente.” Ma oggi i rapporti tra Budapest e Bruxelles sono tesi. Il governo sovrano dell’Ungheria viene ritratto dai media dell’UE come la peste della comunità. Si può solo sperare che la Commissione europea rispetti la politica energetica sovrana dell’Ungheria, perché ha un approccio competitivo e un ambiente imprenditoriale assai trasparente secondo i parametri del libero mercato dell’UE. In non piccola misura la stessa Unione europea ha bisogno del gas della Russia per diversificare le forniture e avere combustibile pulito per riattivare la propria industria. In tali condizioni, è controproducente gravare un progetto d’interesse per tutti con una burocrazia inutile. Ancora peggio, la burocratizzazione (o meglio eurocratizzazione?) del South Stream sembra correlata con la controversa strategia di Bruxelles verso Kiev. Di conseguenza, la Commissione europea cambia posizione sul contratto per il più grande progetto infrastrutturale del continente a seconda gli impulsi della politica estera. E’ lecito supporre che la “mano invisibile” del mercato europeo sia stata offesa dal fallimento di Kiev?
La Russia gode dello status unico d’importante partner strategico dell’Ungheria nelle questioni energetiche. Al fine di accelerarne coordinamento e attuazione, il governo ungherese ha dichiarato che South Stream è un progetto di particolare importanza per l’economia nazionale. Nel 2008, l’allora primo ministro Ferenc Gyurcsány e Vladimir Putin firmarono un accordo per la partecipazione dell’Ungheria al progetto del gasdotto russo. E nell’estate del 2010, Orbán e il suo partito Fidesz improvvisamente sostennero politicamente l’accordo con la Russia. Il primo ministro dell’Ungheria utilizza una retorica dura in politica interna, ma sembra capire l’importanza di adottare un approccio su più fronti e per diversificare le forniture di gas. Tale politica non è rara in Europa orientale.
South Stream può mancare del pieno sostegno dell’UE, ma i più importanti attori regionali come l’Austria, lo vedono quale pietra angolare della sicurezza energetica europea. Ad esempio, Deutsche Welle ha notato che Gerhard Mangott, professore di scienze politiche presso l’Università di Innsbruck e noto consigliere politico, ritiene discutibile la posizione critica dell’UE verso South Stream. Secondo il prof. Mangott, il progetto South Stream difatti aumenta la sicurezza energetica dell’UE. “Non è questione di gas supplementare e di maggiore dipendenza dalla Russia, si tratta di un oleodotto alternativo più moderno e solido.” Fino a poco tempo prima la Commissione europea non aveva obiezioni sui piani per l’indipendenza energetica dell’Ungheria. Nel suo discorso del 2011 sul South Stream, il commissario UE per l’energia promise che “La commissione europea non imporrà alcun irragionevole o ingiustificato requisito amministrativo o regolamento sul South Stream e agirà lealmente.” Ma oggi i rapporti tra Budapest e Bruxelles sono tesi. Il governo sovrano dell’Ungheria viene ritratto dai media dell’UE come la peste della comunità. Si può solo sperare che la Commissione europea rispetti la politica energetica sovrana dell’Ungheria, perché ha un approccio competitivo e un ambiente imprenditoriale assai trasparente secondo i parametri del libero mercato dell’UE. In non piccola misura la stessa Unione europea ha bisogno del gas della Russia per diversificare le forniture e avere combustibile pulito per riattivare la propria industria. In tali condizioni, è controproducente gravare un progetto d’interesse per tutti con una burocrazia inutile. Ancora peggio, la burocratizzazione (o meglio eurocratizzazione?) del South Stream sembra correlata con la controversa strategia di Bruxelles verso Kiev. Di conseguenza, la Commissione europea cambia posizione sul contratto per il più grande progetto infrastrutturale del continente a seconda gli impulsi della politica estera. E’ lecito supporre che la “mano invisibile” del mercato europeo sia stata offesa dal fallimento di Kiev?
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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