mercoledì 26 febbraio 2014
UCRAINA IL CAPOLAVORO
DEGLI EUROIMBECILLI
Ucraina, dopo la Siria un altro capolavoro di Nato e UE
Con il golpe orchestrato da USA e UE si conclude la storia dell’Ucraina ‘indipendente’ dal 1991, a sua volta nata a seguito dell’altro golpe che portò alla dissoluzione dell’URSS e all’indipendenza più o meno formale delle 15 repubbliche sovietiche che la costituivano. Kiev da allora è stata governata da una dirigenza politica corrotta, propensa solo a ricatti e convenienze temporanee. L' ennesimo capitolo di questa storia infinita si conclude ora con l’instaurazione di un governo neo-liberista a Kiev che accetterà incondizionatamente gli ordini dei propri mandanti atlantisti. Ovviamente, questo governo fantoccio potrà estendere il loro dominio (dei mandanti) fino a un certo punto in Ucraina, le regioni russofone, più industrializzate ed economicamente autosufficienti, hanno già deciso di ignorare il governo di pagliacci quisling insediatosi illegalmente a Kiev. In sostanza le aree strategiche dell’Ucraina, il vero obiettivo di tanto trafficare degli occidentali, restano e resteranno fuori dalla presa della NATO e dell’UE e si assiste adesso alla frattura definitiva dell’Ucraina con il neo-insediato governo "liberale" che ha emanato leggi che vietano addirittura la lingua russa (lingua naturale di metà della popolazione), nonché la soppressione dei partiti e dei media espressione della parte russofona della popolazione ucraina. Ciò indica solo la volontà autodistruttiva e vendicativa tipica dei ‘democratici’ estremisti, obnubilati e drogati dalle illusioni istillate loro dal fantoccio mediatico Obama e dall’euro-burattino Merkel, vera magliara della politica farlocca ed economicida della Bundesbank. Se un vecchio rincoglionito come il senatore statunitense John McCain, o l’isterica ambasciatrice Susan Rice, arrivano ad ammonire Mosca di non ‘intervenire’ in Ucraina, vuol dire che a Washington ormai si sente puzza di sconfitta, sapendo che la Federazione Russa interverrà con tutti i mezzi per consolidare il vantaggio strategico concessole da cotanta demenziale manfrina. A Washington si rendono ormai conto di aver perduto anche questa partita a poker con Mosca. Sono riusciti a imporre i loro fantocci a Kiev, ma non su tutta l’Ucraina, e quella parte dell’Ucraina russofona e patriottica che gli sta sfuggendo andrà a ripararsi sotto l’ombrello nucleare russo, come hanno già fatto le molto più piccole repubbliche autonome caucasiche di Abkhazija e Ossezia del Sud. Per difendere queste piccole repubbliche, Mosca non esitò ad affrontare sul campo di battaglia la Georgia e la NATO, vincendo la partita. I falchi spennacchiati di Washington, Londra, Parigi e Berlino comprendono benissimo che i russi non avranno timori nel ricorrere alle stesse misure per difendere la popolazione russofona ucraina. La diplomazia euro-atlantista, per quanto preda di eccitazioni e pulsioni infantili, sa benissimo che davanti all’incolumità della popolazione dell’Ucraina orientale Mosca non resterà impassibile.
Le
olimpiadi di Sochi ormai sono passate e lo scambio Kiev per Damasco,
tacitamente proposto da Washington a Mosca, è stato da quest'ultima
rispedito al mittente. Infatti, abbattuto il fanatico gagà saudita
Bandar bin Sultan, per aver sostanzialmente perso la partita primaverile
araba, Ryadh e Washington paiono aver rinunciato all’ennesimo assalto
contro Damasco, che sembrava imminente, (fin dall’agosto 2013, ma senza
mai avverarsi). Le truppe mercenarie in Siria subiscono una sconfitta
dopo l’altra e marciano ormai a tappe spedite verso la liquidazione
definitiva ed il premio
ucraino, la "ciccia", andrà alla Federazione Russa, che in un modo o
nell’altro, riunirà alla madrepatria la Piccola Russia, cioè l’Ucraina
sud-orientale, con capitale Kharkov. La Piccola Russia porterà in dono a
Mosca i complessi industriali metalmeccanici di Dnepropetrovsk,
l’industria missilistica di Juzhnoe, i giganteschi cantieri navali di
Nikolaev, dove furono costruite le portaerei russe, cinese e indiana,
permettendo così alla marina russa di realmente avviare un programma
navale comprendente le future portaerei a propulsione nucleare, senza
dover costruire da zero i cantieri navali necessari. E tutto ciò oltre
alle coste dell’Ucraina, alla penisola di Crimea, ai bacini minerari del
Donbass e alla relativa industria estrattiva. Tutti obiettivi bramati
da Berlino e da Washington nella loro sciagurata operazione colorata
ucraina.
Davanti
a tale immenso patrimonio strategico-industriale, Mosca accetterà
l’abbandono all’UE delle instabili regioni ucraino-occidentali con i
loro 35 miliardi di euro da debiti da ripianare subito. Questo è quello
che hanno guadagnato qusti imbecilli e che toccherà a noi ripagare. Fino
all'ultimo centesimo.
Arrivederci alla prossima puntata...
Pagheremo noi i 35 mld. dell'Ucraina
Bloccato dal dovere di rimanere tranquillo nel periodo delle Olimpiadi, Putin si è visto sfilare l’Ucraina dagli uomini al soldo delle ong che hanno guidato la piazza nelle manifestazioni “spontanee”. Anche l’Italia ha fatto la sua parte, basta osservare l’interesse manifestato nella vicenda da Benetton Group. Ma è stata soprattutto la disinformazione italiana a caratterizzarsi per faziosità. D’altronde, quando c’è da mettersi al servizio di qualcuno, l’Italia è sempre in prima fila. A partire dai media.
Pronti a dimenticarsi di come è nato il problema. Il presidente ucraino, quello legittimo (Yanukovich), stava trattando con l’Unione europea. E ha chiesto aiuti per la malandata economia del Paese che, non va dimenticato, ha dato i natali alla Russia. E di fronte alla prospettiva di allargamento sostanziale e clamoroso verso Est, cosa ha fatto l’Europa degli euroimbecilli? Ha preparato la lista dei compiti a casa da far svolgere a Kiev. Come se si trattasse di un’Italietta qualunque affidata a Mario Monti, Letta o Renzi. Non denaro contante, non aiuti, ma compiti a casa, stangate e povertà. Una bella proposta, indubbiamente. Ed il presidente ucraino, quello legittimo perché votato dal popolo, si è ovviamente rivolto a Mosca. Dove ha trovato interlocutori meno ottusi e disposti a dare soldi invece di buoni consigli. La risposta eurostatunitense si è vista: scatenare la rivolta di piazza, con morti e feriti. E moniti al governo legittimo affinché evitasse la repressione. Che è legittima solo quando sono i poliziotti americani a sparare a gente disarmata perché scambiano un telefonino per una pistola. Ma che è un crimine contro l’umanità se lo fanno gli altri. Così, mentre Putin era obbligato a sorridere a Sochi, l’Ucraina eterodiretta cambiava campo.
Giocando anche sull’abituale ed inossidabile incapacità di Mosca di puntare sul soft power. Nessuna volontà o capacità di fornire una informazione alternativa, nessuna capacità o volontà di incidere sulle opinioni pubbliche europee, nessun investimento per favorire la penetrazione della cultura russa ad Ovest. Nulla di nulla. Forse a Mosca si pensa che possano bastare le modelle inviate a Milano per fare shopping in via della Spiga, o i giovanotti ubriachi sulle piste da sci delle località alpine italiane. Non basta. Lo sanno gli Stati Uniti, lo sanno le ong dei gruppi economici e finanziari europei. Così, nel plauso generale, Kiev passa in area occidentale. E presenta un conto da 35 miliardi di dollari in due anni. Ora non bastano più i compiti a casa, ora l’Europa che ha negato i 15 miliardi promessi da Mosca dovrà pagarne molti di più. NOI dovremo pagarne molti di più. Perché saranno i cittadini dell’Unione europea a doversi far carico dei costi. Senza pensare a quali potranno essere le risposte di Mosca sul fronte della distribuzione di petrolio e di gas. Come in Nord Africa, anche in Ucraina i grandi strateghi internazionali non riescono ad andare oltre la tattica. Tanto non saran loro a pagare le conseguenze degli errori.
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