IL GIALLO DELL'ORO SPARITO DALL'UCRAINA
DI MAURO BOTTARELLI
ilsussidiario.net
A parole e cifre parrebbe che Putin sia stato messo in scacco dagli
Usa, visto che l’altro giorno il segretario al Tesoro statunitense, Jack
Lew, ha reso noto che il pacchetto di aiuti per l’Ucraina potrebbe
superare i 15 miliardi di dollari e che il Paese ha bisogno di una
rifondazione della sua economia attraverso il Fmi.
Peccato che in
perfetta contemporanea con le sue parole, il bond ucraino con scadenza
giugno 2014 pagasse un rendimento di oltre il 53%, con un prezzo attorno
ai 90 centesimi, come mostra il primo grafico a fondo pagina!
Insomma,
rischio default altino per i mercati, i quali inoltre prezzano il fatto
che qualsiasi aiuto giunga a Kiev dall’Occidente servirà quasi
unicamente a pagare i conti energetici ancora aperti con Mosca, che
quindi farà cassa con soldi di Usa e Ue e ringrazierà sentitamente,
salvo scatenare un intervento militare di bassa intensità in caso di
mancato pagamento.
Ora però c’è dell’altro, ancora più
interessante.
Leggete cosa scriveva Goldman Sachs in una nota ai clienti
il 23 febbraio scorso proprio riguardo a quel bond in scadenza fra tre
mesi: «Dal nostro punto di vista, il supporto di Usa e Ue dovrebbe
arrivare in fretta e con volume sufficientemente ampio da evitare che un
evento di credito sovrano accada nel breve termine.
Per quanto riguarda
questo, pensiamo che le considerazioni politiche facilmente avranno la
meglio su quelle economiche e finanziarie...
Da una prospettiva di
mercato, pensiamo che i recenti sviluppi siano positivi in maniera non
ambigua per il credito a breve scadenza e ci aspetteremmo che la curva
dei rendimenti vada in inversione».
Bene, all’epoca il rendimento era meno del 20% e il prezzo di 97
centesimi: oggi è sopra il 53% e prezza meno di 90 centesimi sul
dollaro. Goldman Sachs ha preso una colossale cantonata o aveva troppi
bond ucraini a rischio e quasi in scadenza, comprati a prezzo di saldo e
rivenduti sul finire di febbraio al parco buoi con ottimo profitto?
Ma
se c’è chi con l’Ucraina ha fatto i soldi e ora scarica, c’è
qualcun’altro che si sta prendendo un bel rischio e, proprio al netto di
questo, è corso a svalutare l’impossibile per tamponare le perdite e
vendersi come la banca meglio capitalizzata d’Europa alla vigilia degli
stress test. Guardate nel secondo grafico quali sono i paesi con le
banche maggiormente esposte all’Ucraina e quindi a un potenziale
default. Tutto chiaro, capito a chi mi riferivo prima?
Ma non solo,
guardate il terzo grafico: la struttura di scadenza dei bond ucraini,
infatti, rimane pesantemente invertita e da ieri 14 marzo al 25 luglio
si avranno prossime scadenze di pagamento per ben 23 bond corporate
ucraini e russi sul mercato ucraino per un controvalore in dollari di
circa 640 milioni: riusciranno quegli emittenti a pagare quei coupon?
E,
soprattutto, lo faranno gli emittenti russi a fronte di sanzioni
economiche di Usa e Ue, comprendenti anche il congelamento dei beni
russi all’estero?
Anche perché la valuta ucraina vale ormai come una carta di caramelle
e sul mercato domestico è difficile ottenere dollari, valuta nella
quale però gli emittenti di quei bond devono pagare i creditori delle
scadenze da qui a fine luglio: se la valuta locale continuerà a
crollare, non vorrei essere un detentore di quella carta da parati.
Ma
ci penseranno gli Usa, tranquilli, i grandi vincitori finanziari di
queste ore.
Non ci credete? Guardate le Borse europee come calano in
questi giorni, guardate le dinamiche dell’euro sul dollaro, guardate
l’oro ai massimi da otto mesi e la contemporanea crisi cinese che manda
in tilt l’Asia, guardate come le parole del capo del Joint Chief of
Staff dell’esercito Usa, generale Martin Dempsey («Siamo pronti a
intervenire in Ucraina con azioni militari insieme agli alleati
europei»), mercoledì abbiano ringalluzzito il cross dollaro/yen, facendo
la gioia dei professionisti del carry-trade a Wall Street che da giorni
si mettevano le mani nei capelli per le conseguenze forex dei mancati
risultati dell’Abenomics nipponica.
Tutto propende a favore degli Usa, nonostante i disastrosi dati macro
che snocciolano ogni giorno e di cui vi ho dato conto, in questa strana
crisi politico-diplomatica che va a inserirsi in un contesto globale di
finanza sull’orlo dell’abisso.
Ma c’è di più, c’è un beneficio
immediato che la crisi ucraina ha garantito agli Stati Uniti.
Nella
notte tra sabato e domenica scorsi, infatti, è accaduto qualcosa di
strano all’aeroporto Borispol di Kiev, come riportato dal quotidiano
filo-russo Iskra. Attorno alle 2 di notte, quattro camion e due
minibus sono arrivati allo scalo ucraino, scortati da quindici uomini
in uniforme nera senza mostrine, passamontagna e giubbotti
anti-proiettile: alcuni di loro erano in possesso di mitragliatori. Nel
giro di pochi minuti, 40 pesanti scatoloni furono caricati sul velivolo.
Terminata l’operazione, altri uomini raggiunsero l’aeroporto e salirono
a bordo: e mentre i veicoli che avevano trasportato il “bagaglio”
sparivano nella notte, all’amministrazione dello scalo ucraino venivano
notificata una nota nella quale si definiva quella in atto
“un’operazione speciale” e si invitava il personale in servizio «a non
immischiarsi con quanto stava accadendo». Pochi minuti dopo, il velivolo
è decollato.
Cosa trasportava quell’aereo nel cuore della notte?
A confermarlo a Iskra sono
state due fonti del governo ucraino. La prima era l’ex ministro delle
Dogane del governo Yanukovich, il secondo un funzionario del nuovo
esecutivo guidato da Arseny Yatsenyuk: 40 tonnellate d’oro, ovvero tutte
le riserve auree ucraine, trasferite negli Stati Uniti su ordine del
nuovo primo ministro in persona.
Certo, 40 tonnellate d’oro sono quanto
importa la Cina ogni dieci giorni, ma per un Paese come l’Ucraina sono
molto, visto anche il trend con cui il governo Yanukovich aveva fatto
shopping di bene rifugio negli ultimi anni, come dimostra il grafico più
in basso, forse temendo il default che si sta per palesare.
Come mai questo trasferimento? Motivi di sicurezza? Timori di
un’invasione russa e della confisca dell’oro?
Difficile pensarlo, visto
che - al netto delle enormi riserve auree russe - se Putin arrivasse
all’estrema ratio dell’opzione bellica, l’ultima preoccupazione sarebbe
quella di impossessarsi di 40 tonnellate d’oro, visto che si
rischierebbe un conflitto Est-Ovest.
Forse, in cambio dei soldi per
evitare il default e la collaborazione militare e politica in chiave
anti-russa, l’Ucraina ha dovuto sacrificare il proprio oro, lo stesso
che serve alla Fed per risarcire la Bundesbank, stante le sole 4
tonnellate di oro tedesco finora tornate in patria dagli Usa? Chissà.
Capite ora? Capite perché le cose vanno così, ma nessuno ve le dice
apertamente, perché nessuno scava per capire davvero le ragioni, i
timing e gli interessi sotterranei di questo strano conflitto
asimmetrico?
Forse, perché questa crisi è tutto tranne che quello che
sembra dai tg e dai reportage della grande stampa: è solo economia e
finanza, è solo controllo energetico.
È solo denaro, solo potere. Alla
faccia degli ucraini.
Non ve le avevano mai dette queste cose, vero?
Mauro Bottarelli
Fonte: www.ilsussidiario.net
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