La truffa dell’Unità d’Italia:
dal ladro Garibaldi ai Rothschild
di Enrico Novissimo
Il processo di Unità di Italia ha visto come protagonisti una sfilza
di uomini più o meno celebri, i cosiddetti padri del Risorgimento.
Dal
nord al sud Italia ogni piazza o via principale si fregia di nomi
illustri: Garibaldi, Mazzini, Cavour, Vittorio Emanuele etc. .....
Il popolo viene indottrinato fin dalla più tenera età a considerare
costoro dei veri eroi, gli artisti li raffigurano esaltando il loro
valore in maniera da rafforzare il mito che li circonda.
Innumerevoli
sono infatti le opere d’arte che ritraggono l’eroe dei due Mondi ora a
cavallo…ora in piedi che impugna alta la sua spada, alcune volte indossa
la celebre camicia rossa…altre volte si regge su un paio di stampelle
come un martire.
Tuttavia un ritratto che di certo non vedremo mai
vorrebbe il Gran Maestro massone, Giuseppe Garibaldi, privo dei lobi
delle orecchie.
E dire che nessuna raffigurazione potrebbe essere più
realistica poiché al nostro falso eroe furono davvero mozzate le
orecchie, la mutilazione avvenne esattamente in Sud America, dove
l’intrepido Garibaldi fu punito per furto di bestiame, si vocifera che
fosse un ladro di cavalli.
Naturalmente nessuna fonte ufficiale racconta
questa vicenda.
È dunque lecito chiedersi quante altre accuse infanghino le gesta
degli eroi risorgimentali?
Quante altre macchie vennero lavate a colpi
d’inchiostro da una storiografia corrotta e pilotata?
Ma soprattutto
quale fu il ruolo dei banchieri Rothschild nel processo di Unità
d’Italia?
La Banca Nazionale degli Stati Sardi era sotto il controllo di
Camillo Benso conte di Cavour, grazie alle cui pressioni divenne una
autentica Tesoreria di Stato.
Difatti era l’unica banca ad emettere una
moneta fatta di semplice carta straccia.
Inizialmente la riserva aurea
ammontava ad appena 20 milioni ma questa somma ben presto sfumò perché
reinvestita nella politica guerrafondaia dei Savoia.
Il Banco delle Due
Sicilie, sotto il controllo dei Borbone, possedeva invece un capitale
enormemente più alto e costituito di solo oro e argento, una riserva
tale da poter emettere moneta per 1.200 milioni ed assumere così il
controllo dei mercati.
Cavour e gli stessi Savoia avevano ormai messo in ginocchio
l’economia piemontese, si erano indebitati verso i Rothschild per
svariati milioni e divennero in breve due burattini nelle loro mani.
Fu
così che i Savoia presero di mira il bottino dei Borbone.
La rinascita
economica piemontese avvenne mediante un operazione militare
espansionistica a cui fu dato il nome in codice di Unità d’Italia, un
classico esempio di colonialismo sotto mentite spoglie.
L’intero
progetto fu diretto dalla massoneria britannica, vero collante del
Risorgimento.
Non a caso i suddetti eroi furono tutti rigorosamente
massoni.
La storia ufficiale racconta che i Mille guidati da Giuseppe
Garibaldi, benché disorganizzati e privi di alcuna esperienza in campo
militare, avrebbero prevalso su un esercito di settanta mila soldati ben
addestrati e ben equipaggiati quale era l’esercito borbonico.
In realtà
l’impresa di Garibaldi riuscì solo grazie ai finanziamenti dei
Rothschild, con i loro soldi i Savoia corruppero gli alti ufficiali
dell’esercito borbonico che alla vista dei Mille batterono in ritirata,
consentendo così la disfatta sul campo.
Dunque non ci fu mai una vera
battaglia, neppure la storiografia ufficiale ha potuto insabbiare le
prove del fatto che molti ufficiali dell’esercito borbonico furono
condannati per alto tradimento alla corona.
Il sud fu presto invaso e
depredato di ogni ricchezza, l’oro dei Borbone scomparve per sempre.
Stupri, esecuzioni di massa, crimini di guerra e violenze di ogni genere
erano all’ordine del giorno. L’unica alternativa alla morte fu
l’emigrazione.
Il popolo cominciò a lasciare le campagne per trovare
altrove una via di fuga.
Ben presto il malcontento generale fomentò la
ribellione dei sopravvissuti, si trattava di poveri contadini e gente di
fatica che la propaganda savoiarda bollò con il dispregiativo di
“briganti”, così da giustificarne la brutale soppressione.
A 150 anni di distanza si parla ancora di questione meridionale.
Anche i più distratti scoveranno diverse analogie con quella che oggi
viene invece definita questione palestinese.
Stesse tecniche di
disinformazione, stesse mire espansionistiche e soprattutto stesse
famiglie di banchieri.
Solo che un tempo gli oppressi erano chiamati briganti…oggi invece sono i cattivi terroristi.
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