SOVRANITA' MONETARIA E POLITICHE ECONOMICHE AZZECCATE: SPIEGATI GLI STRAORDINARI SUCCESSI DELL'UNGHERIA DI ORBAN
giovedì 23 gennaio 2014
I
dati sull'inflazione ungherese, la più bassa degli ultimi 40 anni, è
l'ennesima dimostrazione che per avere stabilità nei prezzi e crescita,
non serve l'euro, anzi.
Mentre i paesi che hanno adottato l'euro stanno affrontando la
peggiore recessione dal 1929 (è notizia che anche la Finlandia è entrata
in crisi) tanto che la commissione europea ha deciso di variare i
metodi di calcolo dei PIL nazionali per poter annunciare una crescita
che in realtà non c'è, l'Ungheria guidata dal leader di destra Viktor
Orban sta vivendo un nuovo rinascimento, il tutto a dispetto degli
euroburocrati, dei membri della BCE e del FMI che avevano preconizzato
il crollo del paese magiaro a seguito della decisione del premier di
riappropriarsi della sovranità monetaria e di espellere dal paese i
rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale.
I media europei sono soliti dipingere Orban come un pericoloso
dittatore isolazionista che vuole privare il popolo magiaro dei “grandi
vantaggi” dell'appartenere alla moneta unica ed all'unione europea. Vi
ricorda qualcosa? Esatto, le stesse accuse mosse alla classe dirigente
ucraina, colpevole di guardare alla Russia di Putin anziché
all'oligarchia finanziaria di Strasburgo.
Come dicevamo, l'Ungheria sta vivendo un rinascimento economico
grazie alla sovranità monetaria recuperata, che ha consentito al premier
Orban di decidere un aumento delle pensioni (mentre in Italia si
continua a tagliare quelle erogate e soprattutto quelle future), e di
tagliare tutta una serie di tariffe, comprese quelle energetiche e dei
trasporti, consentendo agli ungheresi consistenti risparmi sulle
bollette ed un aumento del potere d'acquisto.
Le cassandre del FMI e degli oligarchi di Strasburgo continuano a
terrorizzare i popoli europei esausti dalla recessione che senza la
moneta unica si starebbe infinitamente peggio, che esploderebbe
l'inflazione ed i popoli sarebbero alla fame (come se già non lo
fossero). Al riguardo citano gli esempi di Venezuela e Argentina: il
primo alle prese con un'iperinflazione ormai fuori controllo, la seconda
con l'ennesimo rischio di default. Ovviamente non citano l'esempio
virtuoso dell'Ungheria. Per questo motivo abbiamo deciso di spiegare
perché la sovranità monetaria non è sinonimo di iperinflazione, ma quali
ne siano invece le cause.
Per sovranità monetaria si intende la possibilità per lo stato di
emettere direttamente massa monetaria o, in alternativa, l'obbligo da
parte della banca centrale di acquistare tutto il debito pubblico che lo
stato ritenga dover emettere in cambio di carta moneta. Sia nell'un
caso che nell'altro, i teorici monetaristi eredi di Friedman ritengono
che questo porti ad una crescita eccessiva dei prezzi legata all'eccesso
di moneta, sulla scia di quanto accaduto nella Germania della
repubblica di Weimar, quando il prezzo della birra variava dal momento
dell'ordine al momento della messa sul bancone!
In realtà la sovranità monetaria è neutra rispetto alle dinamiche dei
prezzi e, soprattutto, al valore della moneta. Ciò che impatta sui
prezzi e sul valore della moneta anche in rapporto alle altre divise è
la gestione della cosa pubblica.
Il Venezuela, pur essendo enormemente ricco di petrolio, ha avuto una
gestione pubblica disastrosa: la sovranità monetaria non è servita per
un serio piano di sviluppo del paese, ma per una serie di interventi a
pioggia di tipo assistenzialistico messi in campo dal regime chavista.
L'ultima trovata del premier Maduro, succeduto allo scomparso Chavez, è
stata quella di anticipare il natale e la creazione del viceministero
per la suprema felicità sociale! Al contrario, la manutenzione nelle
imprese nazionalizzate non è stata fatta, tanto che il Venezuela è
costantemente vittima di black out per il pessimo stato delle centrali
elettriche. Con questo scenario, ovviamente, gli investitori temono che
il Venezuela, se dovesse perdere il flusso di ricchezza proveniente dal
petrolio, collassi su sé stesso e quindi stanno ben alla larga da
investimenti in valuta locale o dall'accettarla negli scambi
internazionali. Questo comporta che se il Venezuela desidera fare
acquisti, deve convertire la sua valuta in moneta pregiata, normalmente
dollari, ma chi vende dollari per prendere bolivar, vuole un adeguato
premio al rischio, ovvero tasso d'interesse elevato. Tutto questo genera
svalutazione della moneta e quindi iperinflazione.
Il discorso dell'Argentina è parzialmente diverso: il governo
peronista di Christina Kirchner, oltre a non aver brillato per le
riforme strutturali, è stato azzoppato dalla sentenza di un tribunale
americano che non ha riconosciuto valido il riparto del precedente
default argentino, chiedendo il ristoro integrale per i detentori del
debito pubblico argentino che avevano fatto ricorso. L'azione congiunta
di questi due fattori ha fatto sollevare parecchi dubbi sulla tenuta dei
conti argentini e di conseguenza è partita la corsa alla vendita di
valuta locale per rifugiarsi su monete più solide.
Come vediamo, l'iperinflazione non è conseguenza della sovranità monetaria, ma di politiche economiche errate.
Viktor Orban, al contrario, la sta usando per finanziare la crescita
del paese, attraverso finanziamenti all'innovazione industriale ed al
comparto agricolo e stimolando i consumi interni, anziché deprimerli
come ha fatto il governo Monti nella vana speranza di far ripartire le
esportazioni comprimendo i salari.
Il premier magiaro è consapevole che per quanto si possano comprimere
i salari, non si potrà mai essere competitivi con le merci prodotte da
paesi dove le libertà civili non esistono ed il salario spesso non
raggiunge l'euro al giorno, per cui ha deciso di puntare sul potere
d'acquisto dei cittadini per incentivare l'acquisto di merci prodotte in
loco.
Tutto questo fa sì che le dinamiche dei prezzi si mantengano entro
limiti assolutamente accettabili e che nel 2013 il rapporto di cambio
fiorino/euro sia stato mediamente di 298,37, con un andamento pressochè
piatto. L'andamento del rapporto di cambio fiorino/euro contraddice
apertamente tutte le dichiarazioni degli euroburocrati e dei loro sodali
nazionali, Letta, Monti, Renzi in testa.
Uscire dall'euro senza una fiammata inflattiva è possibile, dipende
solo dalla capacità della classe politica di proporre una seria politica
economica di sviluppo per il paese. E l'Italia, di settori da
sviluppare per svecchiare il sistema e renderlo più competitivo ne ha
parecchi, come abbiamo già avuto modo di analizzare in un nostro
precedente articolo.
Se vogliamo garantire un futuro ai nostri figli dobbiamo uscire
quanto prima dall'euro e tornare alla sovranità monetaria. Per farlo
abbiamo una sola strada: votare in modo compatto alle prossime ed
imminenti elezioni europee solo ed esclusivamente quei partiti e
movimenti che dichiarino apertamente di voler perseguire questo
progetto. E' necessario spezzare il giogo dell'euro e della commissione
di Strasburgo per il bene di tutti i popoli europei ed in primis per
quello italiano.
Luca Campolongo
www.sosimprese.info
consulenza@sosimprese.info
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