giovedì 6 marzo 2014

Le api raccolgono il 57% in meno di polline causa pesticidi



Nuovo studio: le api raccolgono il 57%
in meno di polline causa pesticidi
 
Reuters / Leonhard Foeger


Ricercatori britannici rivelano che le api esposte a “quantitativi realistici” di insetticidi raccolgono meno della metà del quantitativo normale di polline, mettendo così a rischio di fame le api giovani.
Mentre alcuni scienziati sottolineano con forza l’importanza dei risultati, i produttori di insetticidi rimangono del tutto indifferenti.

Grazie ad una recente indagine, un team di ricercatori britannici ha dimostrato come i prodotti chimici tossici utilizzati in agricoltura e contenuti nei neonicotinoidi, influenzino il compito fondamentale delle api: la raccolta del polline, ovvero del nettare dei fiori. 

Il professor Dave Goulson, della University of Sussex, direttore della ricerca, ha spiegato che “il polline è per le api l’unica fonte di proteine, vitale per far crescere i piccoli.
Senza una quantità sufficiente di polline, l’alveare avrà seri problemi”. 

La più recente ricerca di Goulson, intitolata "Dosi realistiche del pesticida imidaclopride riducono la capacità delle api di raccogliere il polline" è stata pubblicata nel numero della fine di gennaio della rivista Ecotoxicology

 Gli scienziati hanno esposto alcune api a basse dosi di imidaclopride e ne hanno seguito i movimenti con l’aiuto di segnalatori elettronici.
Sono state tracciate anche le api non esposte al trattamento.
Per valutare la quantità di polline raccolta, ogni esemplare che usciva è stato pesato al rientro dell’alveare.

È risultato che le api esposte ai neonicotinoidi tornavano con del polline solo dal 40% dei loro voli, rispetto al 63% di voli utili realizzati dalle api “in salute”. 

Le api “intossicateraccoglievano un terzo in meno di polline; nel complesso lo studio comparativo dimostra che gli alveari esposti al pesticida ricevevano il 57% in meno di polline

Hannah Feltham, della University of Stirling – altro componente della squadra di ricercatori – dichiara: “Anche dosi quasi infinitesimali di tali neurotossine sembrano essere in grado di sconvolgere la capacità delle api di raccogliere il cibo”. 

Il calo di raccolta si manifesta con una netta riduzione della quantità di cibo ricevuta dall’alveare e per la Feltham questa ricerca è utile per aggiungere un altro pezzo al puzzle del perché le api siano ultimamente in grande calo

Dopo che la European Food Safety Authority ha condotto uno studio su numerose ricerche che dimostrano come i diffusi pesticidi costituiscano un pericolo per la popolazione delle api, l’Unione Europea ha temporaneamente proibito 3 controversi tipi di neonicotinoidi. 

Goulson ha dichiarato a riguardo: “Non è ben chiaro cosa accadrà quando scadrà la proibizione da parte della UE, dato che le aziende agroalimentari che producono tali sostanze hanno in essere un contenzioso legale proprio contro tale decisione.
Il nostro recente lavoro contribuisce a far rendere definitiva questa proibizione”. 

Ma la disputa sul ruolo dei pesticidi nel cosiddetto Colony Collapse Disorder (CCD) [Disturbo del Crollo della Colonia, ndt], od estinzione di massa delle api, è lungi dall’essere finita, come dimostrato dalla reazione ai risultati della ricerca. 

Lynn Dicks, ecologista della University of Cambridge, ha dichiarato: “Si tratta di una ricerca molto importante perché fornisce ulteriori dettagli di come il rifornimento da parte delle api diventi meno efficiente nei casi di esposizione a quei livelli di imidaclopride”; la Dicks trova tuttavia discutibili il livello di prodotti chimici impiegati dagli scienziati britannici quale “dose realistica sul campo”. 

I livelli in questa ricerca, soprattutto il livello del polline, sono di poco superiori a quanto si verifica sul campo e sembrano essere superiori rispetto ai livelli ai quali sono di fatto esposte le api che non si cibano esclusivamente di olio di semi di colza”. 

I produttori di pesticidi sembrano liquidare i risultati di questo studio ancor più di quanto non facciano con i risultati provenienti da studi condotti con alimentazione forzata in laboratorio. 

Julian Little, portavoce di uno dei principali produttori tedeschi di imidaclopride – la Bayer AG – ha dichiarato: “Sembrerebbe che le api siano come forzate ad alimentarsi con alti livelli di pesticidi posti in soluzioni zuccherine piuttosto che essere libere di nutrirsi su piante trattate.
I veri studi sul campo – come quello che ha avuto inizio in Inghilterra quest’autunno – daranno dai dati più realistici inerenti al tema in questione”. 

Se queste ricerche in campo aperto forniranno dati più equilibrati è un altro tema sul quale rimane aperta la disputa fra scienziati. 
Alcuni sostengono che le prove in campo aperto siano molto difficili da condurre in modo controllato dato che i neonicotinoidi sono stati già ampiamente utilizzati e per via del fatto che durante la raccolta di polline le api spaziano su grandi aree.

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