lunedì 30 maggio 2016

Perché la RUSSIA salverà il mondo?


Perché la Russia salverà il mondo


«Correvate intorno come scarafaggi quando avete saputo che stavo arrivando. Avete preso in ostaggio gli operai di questa fabbrica, con la vostra ambizione, incompetenza e pura avidità. Ci sono in ballo migliaia di vite, è assolutamente inaccettabile. Se voi proprietari non potete raggiungere un accordo, allora questa fabbrica sarà fatta ripartire, in un modo o nell’altro».

Ecco invece come i pupi della sinarchia lo interpretano a casa nostra :

Giugno 2009, Pikalёvo, cittadina industriale a circa duecentocinquanta chilometri da San Pietroburgo.
Migliaia di operai, che non ricevono lo stipendio da mesi, stanno per essere licenziati e la loro fabbrica sta per essere chiusa da quegli stessi dirigenti che ne avevano tratto profitti milionari.
Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, decide allora di intervenire. E lo fa alla sua maniera. Si reca personalmente nella fabbrica, convoca tutti i proprietari ed indice una conferenza stampa.
Alla fine gli imprenditori, compreso Oleg Deripaska, uno degli oligarchi più ricchi e famosi di tutta la Russia, sono costretti ad accettare l’accordo proposto da Putin. Sul documento manca solo una firma, proprio quella di Deripaska.
«Lei ha firmato?», gli chiede Putin. «Sì, ho firmato». «Non vedo la sua firma, firmi qui». Deripaska allora si alza dalla sedia, si avvicina alla scrivania dove lo aspetta Putin con il documento e la penna e firma l’accordo.
I flash delle fotocamere immortalano quanto sta accadendo e mentre l’oligarca sta per tornare al suo posto con la coda tra le gambe, Putin lo gela dicendogli: «mi ridia la penna».
Certo, è una scena volutamente teatrale, ma dietro l’esibizione in favore di telecamere e giornalisti si cela un alto significato simbolico: a nessuno, neanche all’uomo più ricco di tutta la Russia, è consentito di compiere azioni in contrasto con gli interessi dello Stato e della comunità nazionale.
Nessun oligarca era mai stato umiliato in pubblico in tale maniera.
I tempi di Eltsin sono ormai un ricordo sbiadito.
Le liberalizzazioni e privatizzazioni selvagge accompagnate dallo smantellamento dello Stato sociale, l’adozione immediata di un’economia di mercato senza contrappesi efficaci nella sfera pubblica, la perdita dell’integrità territoriale e lo smantellamento di settori consistenti dell’apparato militare conseguenti al crollo dell’Unione Sovietica, insomma il percorso autodistruttivo iniziato da Gorbacёv e portato a compimento da Eltsin, aveva consegnato la neonata Federazione Russa nelle grinfie di un pugno di oligarchi, i quali, rilevando per un piatto di lenticchie la proprietà dei settori economico-finanziari strategici dell’ormai ex URSS, erano diventati di fatto i veri padroni del Paese.
La classe media si assottigliò fin quasi a sparire, mentre masse sempre più grandi di popolazione scivolavano verso la povertà.
Industria e servizi erano allo sfascio, i capitali fuggivano all’estero, mentre il prezzo di petrolio e gas, materie prime abbondanti in Russia e notevoli fonti di introiti, stava scendendo drasticamente.
I vincitori della guerra fredda, gli Stati Uniti, non potevano chiedere di meglio: una Russia fragile, umiliata, impoverita, da sfruttare unicamente come rivenditore all’ingrosso di materie prime a basso costo è sempre stato il sogno di Washington e del complesso militare-industriale americano.
Mancava solo il colpo di grazia: lo smembramento territoriale di quel Paese così vasto e così ricco di petrolio, gas, derrate alimentari e risorse idriche.
La Russia avrebbe dovuto fare la stessa fine della Jugoslavia: trascinata in una guerra civile alimentata da vecchi contrasti etnici e nazionalistici fomentati dall’esterno, bombardata e poi occupata dalla NATO, infine balcanizzata.
La ribellione cecena del ’94 avrebbe dovuto avviare questo piano di annientamento.
Come se ciò non bastasse nel 1998 si abbatté (casualmente) sul Paese una gravissima crisi finanziaria: il governo non fu in grado di pagare diversi miliardi di dollari di debito pubblico dovuti sul mercato interno; i risparmi dei russi andarono in fumo, l’inflazione si impennò, la maggior parte degli stipendi non vennero più pagati, un terzo della popolazione fu trascinata nella povertà.
Molti governatorati locali iniziarono a ribellarsi al Cremlino, decisero di non pagare più le tasse al governo federale e di agire unicamente in base ai propri interessi. Alla fine del 1998 il governo federale non aveva più il minimo controllo sui governi locali: di questi, due su tre avevano approvato misure, procedure o leggi anticostituzionali (ennesima rivoluzione colorata).
La Russia era un Paese fallito. La sua stessa esistenza come Stato unitario, dopo mille anni di storia, era in pericolo.
È in questo clima di anarchia e disperazione che fa il suo ingresso Vladimir Putin.
Nel luglio del ’98 Eltsin lo nomina capo dei Servizi di Sicurezza Federali, il FSB erede del KGB, poi gli affida l’incarico di riportare l’ordine tra i territori ribelli. Il piano di Putin è semplice: epurare chi aveva violato la legge, usando anche il pugno di ferro, nella fattispecie l’esercito.
In breve tempo i governatori locali firmano i nuovi accordi di centralizzazione con Mosca, chi non lo fa è invitato a dimettersi, mentre i più recalcitranti vengono arrestati.
Un anno dopo Boris Eltsin lo nomina capo del governo.
La prima emergenza da affrontare è la guerra in Cecenia, entrata in una fase più grave e sanguinosa, con tanto di attentati a Mosca.
«Scoveremo i terroristi ovunque, se saranno negli aeroporti li prenderemo negli aeroporti, se saranno al cesso li affogheremo lì, ecco come moriranno, scusate l’espressione». Alle parole seguono presto i fatti: Putin assume personalmente il comando delle operazioni, nel settembre 1999 le Forze Armate entrano in Cecenia, cinque mesi dopo fanno il loro ingresso nella capitale, Groznij.
La ribellione è stata domata, la guerra è vinta. L’enorme popolarità derivante da questo trionfo gli spiana la strada per l’elezione a presidente della Federazione Russa, il mese successivo.
Con Putin al Cremlino i rapporti di forza tra politica ed economia, tra Stato ed oligarchi, mutano radicalmente: «avete accumulato enormi ricchezze in questi anni, a volte anche con metodi poco chiari, ma non importa, potete tenervi quello che avete conquistato ma pagate le tasse e smettete di interferire con la politica».
È questo il senso del messaggio che Putin lancia agli oligarchi, tutti legati a doppio filo a Wall Street ed alla City di Londra (al sionismo usuraio). Chi non accetta di ridimensionarsi e vuole continuare a nominare ministri e ad esercitare attività di lobbying sulla Duma, viene colpito duramente, anche con il carcere. Una soluzione autoritaria ma necessaria per salvare il Paese.
I comparti strategici vengono nazionalizzati, gas e petrolio adesso vengono venduti all’estero a prezzi equi, non più a condizioni umilianti, da Paese del terzo mondo.
Al terzo mandato presidenziale e dopo uno da primo ministro, Putin ha riportato la Russia alla ribalta sullo scenario mondiale: ha ereditato un Paese distrutto e lo ha trasformato in una grande potenza, secondo il posto che gli spetta nello scacchiere internazionale.
Negli ultimi quindici anni il Pil russo si è più che decuplicato, il Pil procapite oggi è quasi venti volte il livello del 1999, le finanze dello Stato, complice anche l’aumento del prezzo delle materie prime degli anni 2000, sono finalmente in ordine.
Va da sé che una Russia di nuovo forte ed autorevole, guidata da un presidente che gode di un ampio consenso da parte del suo popolo, costituisce un problema per l’Occidente. È naturale che i network occidentali abbiano demonizzato, e continuino a farlo con esiti sempre più controproducenti, la figura di Putin, dipingendolo talora come un dittatore, talaltra come un omofobo o ancora come un pazzo guerrafondaio, una sorta di nuovo Hitler.
E questo proprio mentre la NATO si espandeva sempre più ad est, dopo aver promesso, negli anni di Eltsin, che non si sarebbe avvicinata di un centimetro ai confini russi: al ritiro unilaterale delle basi militari russe dai Paesi ex sovietici, la NATO ha risposto con il dispiegamento delle sue basi proprio in quegli Stati fino a pochi anni prima sotto l’influenza sovietica.
Eppure i media occidentali continuano a ripetere ossessivamente che l’aggressore è la Russia. «Gli Stati Uniti non desiderano avere alleati, ma solo vassalli. Con la Russia questo non può funzionare», ebbe a dire una volta Putin.
La verità è che è la Russia ad essere minacciata: è oramai interamente circondata dalle basi militari del Patto Atlantico, ha subito i colpi di Stato filo-occidentali in Georgia ed Ucraina, oltre ai terribili attentati al teatro Dubrovka di Mosca e nella scuola di Beslan, entrambi opera di terroristi ceceni.
Quel terrorismo internazionale, domato sul piano interno, che la Russia continua a combattere strenuamente in Siria contro l’Isis, responsabile dell’esplosione di un suo aereo di linea l’anno scorso sul Sinai.
Eppure il presidente degli Stati Uniti, il negro keniota Barack Obama, ha recentemente affermato che la Russia rappresenta una minaccia alla sicurezza mondiale maggiore dell’Isis, combattuto dall’Occidente più con le parole che con i fatti, allo stesso livello del virus ebola.
Tralasciando i rapporti quantomeno ambigui degli Stati Uniti e dei suoi alleati, monarchie del Golfo Persico e Turchia su tutti, con le organizzazioni terroristiche islamiste, è grottesco che lo Stato che più di ogni altro stia combattendo il terrorismo internazionale nel mondo, e stia pagando per questo un prezzo altissimo, venga al contrario considerato una minaccia per la pace e la sicurezza globale.
La verità è che la Russia, cuore del cristianesimo ortodosso, ha saputo costruire un modello vincente di integrazione, fatto di amore per la Patria, rispetto delle leggi, difesa dei confini, vera laicità e senso di appartenenza ad un destino comune, grazie al quale le numerose minoranze etniche e religiose presenti sul suo vasto territorio si sentono parte integrante di un unico popolo.
Un esempio su tutti: qualche mese fa Putin in persona ha presenziato all’inaugurazione, a Mosca, della più grande moschea d’Europa, poiché in Russia tutti, compresi i venti milioni di musulmani, sono liberi di esercitare la propria fede, a patto di rispettare le leggi dello Stato.
«Senza i valori presenti nel Cristianesimo e nelle altre religioni del mondo, senza gli standard morali che si sono formati nei millenni i popoli perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Se tutto è messo sullo stesso piano anche la fede in Dio viene a equivalere alla fede in Satana».
Gli applausi ricevuti in quel contesto da Putin, probabilmente non sarebbero arrivati qui, in Occidente, dove di tutto conosciamo il prezzo e di nulla il valore, dove ogni forma di tradizione e di etica ha lasciato il posto alla logica del profitto ad ogni costo, dove l’unico orizzonte possibile è quello del produci-consuma-crepa, dove l’essere umano è degradato al rango di mero consumatore atomizzato senza identità, dove tutto è concesso, basta avere i soldi per poterselo permettere.
I valori dell’Occidente sono rimasti quelli bollati, mentre la spiritualità della Russia è ancora viva. Un episodio è emblematico in tal senso.
Novembre 2013, Putin si reca in visita ufficiale in Vaticano da Papa Francesco. Gli porta in dono una copia dell’Icona della Tenerezza, raffigurante la Madonna con il Bambino, protettrice della Russia.
I russi attribuiscono a quest’icona la salvezza dalle orde mongole di Tamerlano tra XIV e XV secolo e dalla Germania nazista nell’ultima guerra mondiale. Per tutto il popolo russo è un simbolo sacro.
Putin la porge al Pontefice, il quale la degna appena di uno sguardo e la appoggia sul tavolo come se fosse una scatola di cioccolatini (pezzo di me...). Ed è divertente osservare quel colonnello sovietico, addestrato a rimanere sempre freddo e a dissimulare le proprie emozioni, vacillare per un attimo, consapevole dell’affronto che si sta consumando sotto i suoi occhi.
«Santità, le piace l’icona?» chiede Putin avvicinandosi ad essa, «Sì, mi piace» risponde Papa Bergoglio. Allora il presidente russo si inchina, si fa il segno della croce e la bacia, costringendo il Papa, a quel punto, a fare altrettanto.
La bellezza salverà il mondo, scriveva Dostoevskij. E mentre l’Occidente, come preconizzato da Spengler, sta tramontando inesorabilmente, da Mosca, la Terza Roma, e da tutta Santa Madre Russia una nuova luce si leva ad indicare al mondo intero la via da seguire.
E, ironia della sorte, è molto più probabile che a salvare il mondo da se stesso non sarà un presidente genocida Premio Nobel per la Pace, ma nientemeno che un ex funzionario del KGB !!!!

(di Daniele De Quarto)

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I dettagli segreti della nuova

dottrina della difesa della Russia


Valentin Vasilescu, Reseau International

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In €uropa e Asia l’esercito statunitense ha schierato un piccolo contingente di soldati che non può scatenare da solo o congiuntamente con eserciti alleati, l’invasione della Russia. Solo a causa dell’isolamento geografico, gli Stati Uniti prevalgono da settantanni grazie alla loro Marina, tre volte superiore a quella della Russia, in grado d’intervenire in qualsiasi parte del mondo.
Il Pentagono dispone anche di una gigantesca forza di centinaia di navi specializzate nelle operazioni di schieramento di divisioni dei marines, blindati e forze speciali, per poter partecipare a una possibile invasione della Russia. Pertanto, i gruppi d’assalto navale statunitensi organizzati intorno a portaerei, navi d’assalto anfibio e convogli di truppe ed equipaggiamenti militari, sono considerati il più serio rischio per la sicurezza della Russia [1].
I gruppi navali e di navi da sbarco e i convogli delle truppe statunitensi sono protetti da diversi tipi di scudi antibalistici, come il sistema navale AEGIS dotato di missili SM-3 Block 1B che neutralizzano i missili balistici che volano a quote comprese tra 100 e 150 km. Questo sistema è montato su cacciatorpediniere e incrociatori AEGIS statunitensi, e si aggiunge agli scudi antimissile in Polonia e Romania.
Esiste inoltre il sistema mobile THAAD delle forze di terra degli USA, a difesa delle navi da sbarco. Questi sistemi sono progettati per colpire missili balistici nella fase d’ingresso nell’atmosfera a quote comprese tra 80 e 120 km.
A ciò si aggiungono le batterie di missili antiaerei a lungo raggio Patriots dalle capacità antimissile balistico contro missili nella fase terminale del volo a una quota di 35.000 mt. [2].
La classificazione degli aeromobili in volo atmosferico si basa sulla velocità.
Ci sono aerei che volano a velocità subsonica (fino a 1.220km/h o Mach 1), gli aerei supersonici con velocità tra Mach 1 e Mach 5 (fino a 6.000 km/h) e velivoli ipersonici che volano a velocità fra Mach 5 e Mach 10 (cioè fino a 12.000 km/h).
I russi hanno scoperto che i missili anti-balistici degli Stati Uniti non possono intercettare i missili ipersonici nella mesosfera (tra i 35.000 e 80.000 mt.).
La nuova dottrina della Difesa della Russia ha stabilito che l’antidoto ai gruppi d’assalto e ai convogli navali statunitensi sono i velivoli ipersonici che volano a quote tra 35.000 a 80.000 mt.
Il Ministero della Difesa russo ha stanziato 2-5 miliardi di dollari per l’Advanced Research Foundation (ARF), l’equivalente russo del DARPA del Pentagono, per la progettazione di una serie di derivati ipersonici del velivolo spaziale Ju-71 (Proekt 4202).
Dal 2011 al 2013 lo Ju-71 è stato testato in galleria del vento, e dal 2013 all’aprile 2016 ha condotto delle prove nell’atmosfera lanciato dai missili strategici leggeri UR-100 e R-29RMU2.
Lo Ju-71 è simile all’HTV-2 abbandonato (per manifesta incapacità progettuale) dagli statunitensi nel 2014.
Il velivolo spaziale Ju-71 ha dimostrato di poter volare alla velocità di 6.000-11.200 chilometri all’ora su una distanza di 5.500 km. e a una quota di crociera di 80.000 mt.
Viene chiamato aliante spaziale perché a differenza dei missili balistici ha una finezza aerodinamica di circa 5:1 (rapporto portanza/resistenza) che permette di volare su impulso continuo del motore a razzo, eseguendo delle cabrate lungo la rotta.
Oltre al motore a razzo che permette ripetute accensioni e sospensioni, l’aliante spaziale Ju-71 è armato con testate indipendenti e sistemi di guida simili a quelli dei missili aria-terra Kh-29L/T e Kh-25T.
La dottrina militare russa prevede che la difesa d’attacco alla flotta d’invasione statunitense sia eseguito in tre ondate e tre linee, impedendo ai gruppi d’assalto navali statunitensi di posizionarsi presso le coste russe del Mar Baltico.
La prima ondata d’attacco di armi ipersoniche basate sull’aliante spaziale Ju-71 e lanciate da sottomarini a propulsione nucleare russi dall’Atlantico colpirebbe portaerei, portaelicotteri, sottomarini d’attacco, navi da carico o di scorta dei gruppi d’assalto navali statunitensi, non appena salpano dall’Atlantico verso l’€uropa.
La seconda ondata di armi ipersoniche sarebbe lanciata sui gruppi navali degli Stati Uniti a 1.000 km. dalle coste orientali dell’Oceano Atlantico. L’attacco verrebbe lanciato dai sottomarini russi dispiegati nel Mare di Barents o dalla base missilistica strategica di Plesetsk, in prossimità del Circolo Polare Artico e sul Mar Bianco.
La terza ondata di armi ipersoniche verrebbe lanciata sui gruppi navali degli Stati Uniti quando raggiungono lo stretto dal Mare del Nord al Mar Baltico dello Skagerrak. L’attacco verrebbe eseguito con i missili ipersonici 3M22 Tzirkon, spinti da motori Scramjet e lanciati da aerei russi. Il Tzirkon ha una velocità di Mach 6,2 (6.500 km/h) ad una quota di crociera di 30.000 metri e un’energia cinetica all’impatto col bersaglio 50 volte superiore a quella dei missili antinave esistenti.
La Russia sviluppa anche una variante dell’arma ipersonica derivata dallo Ju-71 che può essere lanciata dal velivolo da trasporto pesante russo Il-76MD-90A (Il-476).

L’aereo ha un’autonomia di di volo di 6.300 km. e può essere rifornito in volo. Mentre per i gruppi navali statunitensi ci vogliono cinque o sei giorni per raggiungere il Mar Baltico, l’Il-76MD-90A può raggiungere in poche ore i tre allineamenti calcolati per lanciare le armi ipersoniche.
Anche se è un segreto ben mantenuto, sembra che l’arma ipersonica venga sganciata dal portellone dell’Il-76MD-90A a 10.000 m di quota, dotato di un paracadute che la stabilizza in posizione verticale fino all’avvio del motore a razzo.
Dato che il 50% del carburante del missile viene utilizzato per decollare e raggiungere gli strati estremamente densi dell’atmosfera a 10.000 mt., il peso del lanciatore e dell’aliante spaziale è la metà di quello di un missile balistico leggero R-29RMU2, che pesa 40 tonn.
Sospesi nel 1992, i voli dei bombardieri strategici Tu-160 e Tu-95 e dei velivoli Il-76 (trasformati nelle aerocisterne per il rifornimento in volo Il-78), sono ripresi nel 2012 lungo le coste atlantiche e pacifiche.
Uno degli obiettivi è addestrare le squadre per le future missioni d’attacco con armi ipersoniche.
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Traduzione di Alessandro Lattanzio SitoAurora


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Il sistema di allarme antimissile in Crimea sarà riattivato !!

Nikolaj Litovkin, RIR

Il Ministero della Difesa russo ha detto che prevede di riaprire la stazione radar nella penisola di Crimea.
Secondo gli esperti militari, la decisione è stata presa in risposta all’intensificata attività della NATO in prossimità delle frontiere meridionali e occidentali della Russia ......

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Il Ministero della Difesa russo è deciso a riattivare la stazione radar in Crimea che rileverà i missili lanciati dal Mar Nero e dal Mediterraneo, secondo il quotidiano Izvestija.
La stazione radar del sistema di allarme missilistico (MWS) della Russia nella penisola potrà identificare il lancio di missili balistici, da crociera e testate supersoniche.
L’elemento nuovo dell’MWS aumenterà la capacità di difesa della Russia a sud e sud-ovest.
Perché ora?
Negli ultimi anni la NATO ha aumentato l’attività delle sue navi nei mari Mediterraneo e Nero, schierando ulteriori unità nella base navale di Rota, in Spagna“, spiegava Viktor Murakhovskij, redattore capo della rivista Arsenal Otechestva (Arsenale della Patria).
La base non solo ha sistemi antimissile ma anche missili da crociera che possono essere utilizzati contro la Russia. Mosca deve reagirvi“, aveva detto. Nel 2013, Murakhovskij disse che la Russia registrò il lancio di missili a medio e lungo raggio da Israele nell’ambito del test del sistema di difesa aerea del Paese. “Dal punto di vista tecnico-militare, è chiaro che è facile collocare una testata su tali oggetti e per il ‘bersaglio’ il missile diventa un’arma reale“, affermava Murakhovskij, che riteneva che le principali preoccupazioni di Mosca nascano dalla diffusione del sistema antimissile €uropeo degli Stati Uniti in Romania. “La nuova base è dotata del sistema Aegis terreste con sistemi di lancio universali MK-41 che possono essere utilizzati per lanciare missili e Mosca non può determinare di quali missili sono dotati i MK-41: missili antimissile SM-3 o missili da crociera Tomahawk“, affermava Murakhovskij.
I programmi sul nuovo sistema di allarme missilistico
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Secondo un esperto dell’industria della Difesa della Russia, il governo attualmente discute del futuro sistema di allarme missilistico.
Ora c’è il problema di smantellare tutto e partire da zero o trasferire una parte del MWS presso Irkutsk (5.000 km. ad est di Mosca) e ricostruirvi la stazione“, spiegava l’esperto parlando sotto anonimato.
Nel primo caso, la distanza di rilevamento del bersaglio può raggiungere i 6.000 chilometri, nel secondo 2.500 chilometri, opinava.
Il sistema MWS presso Irkutsk è invecchiato, ma è ancora capace di seguire gli obiettivi dovuti, cioè i missili lanciati da Mar Nero e Mediterraneo. Entrambe le possibilità sono accettabili“, affermava l’esperto, che anche notava i negoziati in corso tra produttore e Ministero della Difesa, dopo di che il governo avrebbe annunciato ufficialmente l’avvio del programma.
Il costo della nuova stazione è stimata 1,5-2 miliardi di rubli. “Le nuove stazioni MWS sono facilmente modulabili. È possibile espandere il raggio delle antenne e dirigerle in aree da cui, secondo il governo, provengano minacce alla sicurezza“, aggiungeva.
Altre simili unità MWS in Russia
La Russia modernizza i sistemi di allarme missilistico dal 2.000. Per garantire la sicurezza dei confini, Mosca deve sostituire le vecchi stazioni sovietiche e quelle perdute negli Stati baltici, Ucraina e Bielorussia dalla caduta dell’URSS. Un nuovo MWS fu schierato dal 2.008 nel villaggio di Lekhtusi, vicino San Pietroburgo. È del tipo Voronezh capace di rilevare tutti gli oggetti aerei e spaziali dalle coste del Marocco alla Spitsbergen, nell’arcipelago delle Svalbard nel Mar Glaciale Artico.
La seconda stazione fu avviata nel 2.009 ad Armavir, nel territorio di Krasnodar (1.400 km a sud di Mosca). Questa unità è responsabile del controllo del territorio dal Nord Africa all’India.
MWS equivalenti sono anche schierati nell’insediamento Pjonersk della regione di Kaliningrad (1.500 km ad ovest di Mosca) e vicino Irkutsk. Il primo segue l’attività dei missili nelle aree “occidentali” e il secondo dalla Cina alle coste occidentali dell’America.
Il Ministero della Difesa russo programma la costruzione di altre stazioni a Krasnojarsk (4.700 km ad est di Mosca), Altaj (4.400 km ad est di Mosca), Orsk (2.000 km a est di Mosca) e Vorkuta (2.100 km a nord-est di Mosca).
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Traduzione di Alessandro Lattanzio SitoAurora

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S-500: nuova rivoluzionaria arma difensiva della Russia


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L’esercito russo sta testando i primi prototipi del sistema di difesa aerea e missilistica di nuova generazione S-500 Prometej, anche noto come 55R6M “Trjumfator-M” (с-500 cложный Небо M).
L’arma non è un aggiornamento, ma un sistema di (nuova) 5^ generazione, capace di distruggere missili balistici intercontinentali, veicoli spaziali, missili cruise ipersonici e aeroplani che volano a velocità superiori a Mach 5.
L’S-500 è molto più potente dell’attuale S-400 Trjumf.
Per esempio, il tempo di risposta è solo 3-4 secondi (per confronto, il tempo di risposta dell’S-400 è nove o dieci secondi).
L’S-500 può rilevare e attaccare contemporaneamente (alla velocità di 8 km/s) dieci testate di missili balistici a 600 km. di distanza che volano alla velocità di 8 km. al secondo.
Il Prometej può ingaggiare bersagli a 200 km. di quota, come missili balistici in orbita a distanze pari a 720 km. Gli esperti ritengono che il sistema possa colpire i missili balistici intercontinentali nella fase finale e centrale del volo. Alcune fonti riportano che il sistema S-500 può rilevare un missile balistico a una distanza di 2.000 km e le testate dei missili balistici ad una distanza di 1.300 km.
Il sistema può distruggere i missili balistici prima che le loro testate rientrino nell’atmosfera.

Costruito per le operazioni per “nascondersi, sparare e spostarsi”, l’S-500 è altamente mobile ed in grado di attivarsi rapidamente, utilizzando una rete di radar per il puntamento a grandi distanze.
Il sistema di difesa antimissile utilizzerebbe il radar di gestione in combattimento 91N6A(M), un radar di acquisizione 96L6-TSP modificato, il nuovo radar d’ingaggio multimodale 76T6 e il radar d’ingaggio dei missili balistici 77T6.
E' stato anche progettato per distruggere gli intercettori.
Il sistema avrà nuovi sistemi di comunicazione radio che non hanno eguali per qualità, distanza di trasmissione dei dati e furtività. “Attualmente, la società sviluppa i prossimi sistemi di comunicazione radio di sesta generazione completando le varie tecnologie militari, anche dei sistemi missilistici aria-superficie già presenti nelle forze armate e futuri”, notava una fonte dell’industria della difesa russa.
I canali radio altamente protetti lo renderanno immune alle intercettazioni.
Il Prometej diverrà operativo ad inizio 2017 (entro 8 mesi) con 10 batterie ordinate. “Ci aspettiamo che i primi esemplari del sistema missilistico antiaereo S-500 siano consegnati presto”, aveva detto il Tenente-Generale Viktor Gumjonnij, comandante delle truppe della Difesa Aerea delle Forze Aerospaziali russe alla TV Rossija-24.
Le prime unità saranno schierate intorno a Mosca e nella zona centrale del Paese.
5 batterie di missili S-500 entreranno in servizio entro il 2020. Gli S-500 saranno integrati con S-400, S-300VM4, S-350 e altre armi per creare una rete di difesa aerea integrata. Il Vicecomandante della Difesa Aerea russa Tenente-Generale Sergej Razygraev ha detto che l’S-500 diventerà un elemento della difesa nazionale missilistica strategica. 
I funzionari della difesa degli Stati Uniti ritengono che i migliori aerei da guerra stealth nell’arsenale del Pentagono non saranno efficaci contro l’S-500.
Come un funzionario dell’industria degli Stati Uniti ha osservato, “Mosca è riuscita a continuare a sviluppare il sistema di difesa aerea avanzato senza degradarne molto le capacità. In effetti, alcune nuove armi, come l’S-500, sono così efficaci che molti funzionari della difesa degli Stati Uniti temono che anche gli aerei invisibili F-22, F-35 e B-2 potrebbero avere problemi nell’affrontarli”.
Non capita spesso che un’arma da difesa aerea poco costosa possa rendere obsoleto un programma per caccia da miliardi di dollari, ed è esattamente ciò che il sistema missilistico S-500 farà col nuovo caccia stealth statunitense F-35, noto per aver l’avanzata elettronica che ne migliorare la capacità d’inganno.
Ma non riguarderà il Prometej, Il sistema S-500 è progettato per evitare contromisure e stealth utilizzando grandi e potenti radar assai resistenti al disturbo. Inoltre, ha anche un set di tre missili di raggio variabile fornendo una difesa a strati sovrapposti.
Dati l’estremamente lungo raggio e le capacità effettive da guerra elettronica, l’S-500 è un’arma rivoluzionaria che sfida le capacità militari attuali a livello operativo bellico.
Il sistema è unico e senza precedenti nel mondo !!!!
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La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line Strategic Culture Foundation.
Traduzione di Alessandro LattanzioSitoAurora

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Il missile russo Iskander Искандер-М (ОТРК) (9К720)

incubo dello scudo antimissile degli USA


Valentin Vasilescu, Reseau International

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Sempre più spesso, la NATO posiziona nuove armi offensive ai confini della Russia, costringendo Mosca a rispondere schierando armi difensive.
Il sistema missilistico superficie-superficie russo Iskander (SS-26 Stone in codice NATO) è prodotto nell’impianto missilistico di Votkinsk (1.000 km ad est di Mosca). Fu appositamente progettato per violare lo scudo antimissile balistico degli statunitensi.
Il missile Iskander, con una gittata di 500 km, ha un solo stadio della Sojuz NPO a propellente solido. La 152.ma Brigata missili tattici Chernjakhovsk, nell’enclave di Kaliningrad, è dotata dei missili Iskander posizionati a 200 km. dalla base di Redzikowo, col compito di neutralizzare lo scudo missilistico statunitense in Polonia.

In risposta allo scudo missilistico degli Stati Uniti in Romania, una o due batterie di Iskander saranno installate in Crimea, assieme ad un reggimento di bombardieri a lungo raggio Tu-22M3.
Il tempo di preparazione al lancio di una batteria di missili Iskander è 4 minuti, le tattiche utilizzate decidono il numero di lanci simultanei di coppie di missili con uno scarto probabile di 2-6 mt.
I missili Iskander potrebbero avere testate convenzionali (bombe termobariche, cluster-bomb o anti-bunker) o testate nucleari.

Dalla Crimea alla costa romena sul Mar Nero vi sono 378 km. e la gittata del missile Iskander è di 500 km. La traiettoria di un missile Iskander non è balistica tuttavia, e con un peso di 3,8-4,2 tonn. avrebbe una gittata di 1.500 km. Il volo di crociera del missile Iskander avviene a 7600-9300 km/h sotto la quota di 60.000 mt., e gran parte della rotta avviene sopra gli strati densi dell’atmosfera, cioè a 40.000 mt.
Questo profilo è dovuto al fatto che i missili antiaerei come il MIM-104 Patriot PAC-3, che hanno anche funzioni anti-balistiche, hanno una quota massima di 30-35.000 mt. Tale quota è stata decisa perché la maggior parte dei caccia non supera i 20.000 mt.
Tuttavia, la Romania non ha missili Patriot e i missili anti-balistici SM-3 Block 1B che equipaggiano lo scudo a Deveselu, non possono intercettare nulla che voli al di sotto della quota di 80.000 mt., dove iniziano a operare i sensori di bordo.

Nella fase terminale del volo, quando entra nel raggio d’intercettazione del sistema Patriot, il missile Iskander esegue manovre e lancia 10 falsi bersagli sotto forma di riflettori metallici poliedrici.
La difesa antiaerea ha poco tempo e non può distinguere tra la testata dell’Iskander e i falsi bersagli.
Per abbattere un missile Iskander andrebbero lanciati 11 missili Patriot, quindi per abbattere un Iskander sarebbero necessari 22 Patriot.
Così il profilo di volo e le apparecchiature di disturbo danno all’Iskander una grande capacità di sopravvivenza, per cui è quasi impossibile da intercettare.
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Testato l'RS-24 ‘Yars’ (RT-2UTTKh Topol M)

nuovo missile intercontinentale russo

 


Le forze missilistiche strategiche russe, poche ore fa, hanno effettuato un test lanciando con successo un RS-24 ‘Yars’. Il nuovo missile balistico intercontinentale è stato lanciato da una rampa mobile, dal centro spaziale di Plesetsk.
Il test è stato confermato dal Ministero della Difesa russo.
Le testate hanno colpito con successo il bersaglio designato presso il Kura Test Range, un’area nella penisola di Kamchatka utilizzata fin dagli anni 50 per testare gli Icbm russi.
L’RS-24 ‘Yars’ (nome in codice Nato SS-29) è un missile balistico intercontinentale di quinta generazione. E’ una versione aggiornata del missile balistico ‘Topol-M’ ed è stato testato ed ufficialmente presentato nel 2007, in risposta all’installazione dello scudo missilistico della Nato in Polonia.
L’RS-24 è dotato di una testata Mirv (verosimilmente Marv) in grado di trasportare testate multiple indipendenti progettate per eludere tutti i sistemi di difesa missilistica esistenti e colpire bersagli ad una distanza massima di dodici mila chilometri con un errore di 50 metri.
La divisione Teikovo, nella Russia centrale, è stata la prima a ricevere nel settembre del 2012 i nuovi missili di quinta generazione con due reggimenti e 18 missili pronti al combattimento.
Altri due reggimenti mobili equipaggiano la 39a Guards Rocket Division, a Novosibirsk, in Siberia, mentre la 28th Guards Rocket Division, a Kozelsk, nella Russia centrale è stata equipaggiata con la versione “silo-based”. Sarebbero meno di cinquanta gli SS-29 fino ad oggi schierati.
La Russia prevede di aumentare la spesa annuale sulle armi nucleari di oltre il 50 per cento nei prossimi tre anni per un investimento complessivo di 1,4 miliardi di dollari entro il 2016.
Il Ministero della Difesa ha già annunciato il ritiro di quasi tutti gli ormai obsoleti Icbm come gli SS-18 ‘Satan’, SS-19 ‘Stiletto’ e SS-25 ‘Sickle’ (Topol) e sostituirli con gli SS- 27 ‘Sickle-B’ (Topol-M) e RS-24 ‘Yars’ missili entro il 2020.
Entro il 2016, l’84 per cento delle Forze Missilistiche Strategiche russe sarà composta da ‘Yars’ e ‘Topol-M’.
Mosca dispone attualmente di 326 missili balistici intercontinentali con circa 1.050 testate pronte al lancio (Mirv-Marv).
Franco Iacch
deca

martedì 24 maggio 2016

IL GLIFOSATO DEGLI OLII, SE LO CONOSCI LO EVITI



Olio di palma, avevamo ragione!!!

Le aziende costrette al dietrofront

    Scritto da  Marta Albè


Le aziende italiane hanno deciso davvero di rinunciare all'olio di palma?
Dopo il nuovo studio sull’olio di palma appena pubblicato dall’Efsa, l’Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane) ha annunciato che si impegnerà a “fare, nel più breve tempo possibile, tutte le scelte necessarie per la massima tutela della salute del consumatore”.

Si tratta di una promessa a parole dietro cui, dal nostro punto di vista, non si coglie la rinuncia immediata e del tutto all’olio di palma, ma per forza di cose la sostanza è cambiata.
Insomma, prima che l’olio di palma sparisca completamente dai prodotti alimentari in vendita nei supermercati, dovremo attendere ancora l'adozione di altri ingredienti (speriamo sani) e il termine delle scorte (risicate).
Poi è auspicabile lo stop definitivo!!!
“Abbiamo seguito con la massima attenzione la diffusione del parere dell’Efsa sulla presenza dei contaminanti 3-Mcpd e Ge in molti alimenti inclusi alcuni prodotti da forno e, come sempre abbiamo fatto in passato, ci impegnano fin da ora a fare, nel più breve tempo possibile, tutte le scelte necessarie per la massima tutela della salute del consumatore”, spiega in una nota l’Aidepi “Ogni indicazione dell’Efsa è per noi un riferimento imprescindibile, anche rispetto alle nostre strategie aziendali e associative, e quindi non mancheremo di intraprendere i percorsi necessari per onorare il patto di fiducia che sa sempre abbiamo con i nostri consumatori, anche perché non comprano quasi più i biscotti col succulento olio sostenibile.
Con questo obiettivo ci siamo già messi in contatto con il ministero della Salute per valutare insieme come procedere dando la nostra massima disponibilità e collaborazione. Aidepi rappresenta aziende e imprenditori che si sono sempre distinti per responsabilità sociale, avviando spesso percorsi a tutela della salute pubblica prima ancora che si trasformassero in obblighi di legge. Anche questa volta faremo la nostra parte”.
Riconosciamo, quindi, il fatto che l’Aidepi, a cui aderiscono aziende come Barilla, Bauli, Ferrero, Divella, Nestle’, Unilever, Sammontana, nonostante la sua campagna da migliaia di euro spesa in favore dell'olio di palma, abbia deciso di fare un passo indietro di fronte ai rischi per la salute emersi grazie alla recente pubblicazione dell’Efsa.

Per anni abbiamo sperato che le aziende iniziassero a rivedere gli ingredienti dei propri prodotti, con riferimento anche allo zucchero bianco, alle farine raffinate, a conservanti e additivi indesiderati. Ed ora che esistono seri dubbi sulla salubrità dell’olio di palma, grazie anche alla spinta dei consumatori più consapevoli, le aziende sono dovute intervenire per migliorarsi.
E' bene ribadire che lo studio dell’Efsa, così come l'Aidepi, non fa riferimento soltanto all’olio di palma, ma anche alle margarine e ai cibi che presentano un eccessivo contenuto di grassi saturi, di origine sia animale che vegetale. Questi e altri ingredienti, infatti, quando vengono sottoposti alle alte temperature tipiche delle lavorazioni industriali del settore alimentare secondo gli esperti producono delle sostanze potenzialmente dannose per la nostra salute con particolare riferimento alle categorie più deboli, anziani e bambini. Lo studio dell’Efsa conferma quanto già sostenuto dall’Istituto Superiore di Sanità e supportato dal Ministero della Salute alcune settimane fa.
olio di palma consumatori differenza

Che cosa succederà adesso?
Immaginiamo che, se le aziende italiane che aderiscono all’Aidepi decideranno davvero di iniziare a ridurre la presenza di olio di palma nei propri prodotti, per un certo periodo troveremo comunque ancora in vendita alcune referenze che conterranno l’ingrediente ‘incriminato’, dato che prima di proporre dei nuovi prodotti sarà necessario esaurire le scorte.
Sappiamo bene che l’olio di palma non è l’unico ingrediente potenzialmente problematico utilizzato dall’industria alimentare, con particolare riferimento alle possibili conseguenze per la salute dei consumatori.
Il problema risiede nell’intero sistema della grande produzione alimentare a livello industriale che tende a minimizzare le proprie spese scegliendo ingredienti a basso costo ma nello stesso tempo con una buona resa dal punto di vista delle lavorazioni industriali, proprio come nel caso dell’olio di palma.
Se volessimo modificare davvero in meglio la nostra alimentazione non dovremmo rinunciare soltanto ai prodotti che contengono e conterranno ancora olio di palma, ma anche a tutti quei cibi confezionati troppo ricchi di grassi saturi e di ingredienti raffinati che riempiono gli scaffali dei supermercati. In definitiva, per nutrirci meglio non basta attendere che le aziende cambino idea sull’olio di palma. 
La scelta di ciò che portiamo sulle nostre tavole è sempre e solo nostra.

Le stesse aziende alimentari italiane di recente hanno dato voce ad una campagna mediatica favorevole all’olio di palma sostenibile, ma ora, di fronte al parere dell’Efsa, pare siano intenzionate a fare marcia indietro, almeno dal punto di vista delle problematiche legate alla salute dei consumatori, se non sulle questioni ambientali relative alla produzione di olio di palma (di cui l’Efsa non si è occupata).

Olio di palma, possibile addio dalle aziende: possiamo considerarla davvero una vittoria?

Si tratta dal nostro punto di vista soltanto di una mezza vittoria, non ancora di una vittoria completa, perché troveremo ancora l’olio di palma negli alimenti in vendita nei supermercati fino a quando il cambiamento non sarà totale e non riguarderà tutti i prodotti alimentari italiani e non che raggiungono i negozi dove facciamo la spesa.
E perché le stesse aziende alimentari italiane intenzionate a fare marcia indietro non menzionano le problematiche legate alle questioni ambientali relative alla produzione di olio di palma.

Ed è qui si apre un ulteriore spunto di riflessione da non sottovalutare.

Con quali ingredienti verrà sostituito l'olio di palma ??

I sostituti dell’olio di palma saranno davvero più salutari e amici dell'ambiente?
Alcune aziende italiane, ad esempio, hanno già iniziato a sostituire l’olio di palma in precedenza presente nei biscotti con olio di girasole o con olio d’oliva in una parte o in tutti i loro prodotti. Ma una sostituzione globale dell’olio di palma con alternative più salutari sarebbe davvero possibile?
E' molto più probabile che si rischierà di ricorrere ad ingredienti considerati di scarsa qualità, come l’olio di colza.
Insomma, la battaglia è ancora tutta da giocare.
Eliminare del tutto l’olio di palma in breve tempo non sarà possibile, ma pensiamo che sempre più aziende potranno iniziare a sostituirlo con alternative più salutari e meno ricche di grassi saturi, se lo vorranno.

Detto ciò, dopo anni di informazione contro l’olio di palma, anche grazie all'attenzione di un numero sempre crescente di consumatori, finalmente le aziende si dichiarano pronte a dare ascolto ai consumatori.
Noi scenderemo di nuovo in campo di fronte al prossimo ingrediente scomodo che vorremmo eliminare.

*** Continuiamo a farci sentire, perché quando la buona informazione e i consumatori consapevoli si uniscono si possono ottenere grandi risultati! ***

Marta Albè

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