mercoledì 28 dicembre 2016

ASCESA E CADUTA DI CHI FU' LA LIBIA




Gheddafi: Ascesa e caduta

dell’Uomo che volle essere la Libia



Il 20 10 erano 5 anni dalla morte di Gheddafi, assassinato e decapitato dai ribelli islamisti.
Qui ne ripercorriamo la storia indissolubilmente legata alla Libia moderna.


Un uomo di grande carisma, di enormi aspirazioni e ambizioni, ma purtroppo di limitata capacità organizzativa e di deficitaria visione prospettica, tutto questo è stato il Colonnello Gheddafi, al secolo Muammar Muḥammad Abū Minyar Abdel-Salam Qhadhadfa, che per quarantadue anni non solo ha guidato come leader indiscusso la nazione libica, ma ha preteso di incarnarla personalmente, quasi a volervisi consustanziare, con uno slancio che travalicava il politico e l’ideologico e sfociava spesso nel mistico.
A un giorno dal quinto anniversario del suo assassinio, avvenuto a Sirte per mano di una banda di briganti resi audaci dalla vergognosa campagna aerea scatenata contro la Libia da NATO (Francia e Gran Bretagna in primis), Usa, Egitto (all’epoca in mano all’Ikhwan musulmana), Qatar e Giordania, vogliamo, con una sintetica biografia, ripercorrere l’odissea umana e politica di un uomo sicuramente grande, non esente da difetti (alcuni dei quali hanno contribuito non poco a segnarne il destino) il cui nome verrà comunque ricordato a lungo, forse per secoli dopo che quelli dei suoi traditori (e assassini) saranno sepolti sotto le sabbie dell’Oblio.

I primi anni di vita

Mummar Gheddafi nacque nel giugno 1942 in una tenda piantata vicino al villaggio di Qasr abu Hadi, nei pressi di Sirte, in Tripolitania, proprio mentre le forze armate italo-tedesche di Rommel e Bastico contendevano alle armate del Commonwealth britannico il controllo della Cirenaica e di Tobruk, nelle battaglie che avrebbero in ultimo decretato lo sgretolamento del dominio coloniale italiano sulla cosiddetta “Quarta Sponda”, che durava ormai da un trentennio.
Per tutta la vita Gheddafi si considerò un beduino e un “Figlio del Deserto” risiedendo spesso in tende, dove amava anche ricevere ospiti prestigiosi e Capi di Stato, trovando in questo “vezzo” un forte senso di identità (ricordiamo che fece installare un attendamento anche nei giardini di Villa Pamphili nel corso della sua visita ufficiale a Roma nel giugno 2009).
Immediatamente dopo la guerra sopravvisse per pura fortuna a un incidente con un residuato bellico che lo lasciò leggermente menomato a un braccio (e che costò la vita a due suoi cugini).
In seguito frequentò la scuola coranica di Sirte, l’educazione di impronta religiosa non gli impedì tuttavia di interessarsi ai fermenti nazionalisti che attraversano il Mondo Arabo negli anni della decolonizzazione, letteralmente entusiasmandosi per la figura di Gamal Abdel Nasser. 
Proprio per imitare il suo “modello” il giovane Gheddafi si iscrive a diciannove anni all’Accademia Militare di Bengasi, da cui esce ufficiale e diventa anche Capitano dopo un periodo di specializzazione in Inghilterra.
L’influenza italiana infatti nel Secondo Dopoguerra ha ceduto il passo a quella sionista angloamericana, con Re Idris che concede ricchi contratti petroliferi a compagnie Usa e Inglesi e affitta all’USAF una base su suolo libico (Wheelus) dove sono schierati bombardieri strategici B-36, B-47 e B-50, “cisterne volanti” per il loro rifornimento e jet da caccia F-86 ed F-100, nonché batterie di missili balistici “Matador”.

Il Golpe panarabista

Re Idris dei Senussi è vecchio e molto malato e, durante una sua trasferta in Turchia per motivi medici Gheddafi si unisce a un gruppo di ufficiali dell’Esercito che ritengono maturi i tempi per un’insurrezione nazionalista che instradi il paese sulla via già seguita da Egitto, Siria, Algeria e altri paesi di lingua e cultura araba; il “golpe”, senza alcuno spargimento di sangue, riesce completamente e dall’estero il monarca detronizzato ne accetta l’esito.
Muammar Gheddafi
Tra i congiurati Gheddafi emerge subito come la figura più vivace, carsimatica, decisa, in grado di suscitare passione e approvazione da parte di una popolazione non numerosa e fino a quel momento piuttosto aliena da grande trasporto per la politica: viene iniziato un ambizioso programma di riforma, la nazione viene ribattezzata “Jamariyah Libica Araba e Socialista” e Gheddafi, nazionalizzando le risorse naturali, espellendo le forze militari americane, (e in seguito espropriando ed espellendo anche la non piccola comunità di Italiani di Libia) cerca di propugnare una sua personale sintesi di Socialismo Nazionale, Panarabismo e Islam misticheggiante, i cui principi enuncia nel “Libro Verde” (chiaramente ispirato alla più celebre antologia maoista).

Muammar Gheddadi e Gamal Abdel Nasser
L'”allievo” Gheddafi a fianco del suo “maestro” Gamal Abdel Nasser, in una foto scattata poco prima della morte di quest'ultimo.

La politica estera della nuova Repubblica “Araba e Socialista”

La Libia rapidamente si allinea con Egitto, Siria e altre potenze nazionaliste e socialiste del Mondo Arabo, ma, una volta mancato Nasser (che Gheddafi fa in tempo a incontrare più volte tributandogli immensa stima e devozione), il rais libico comincia a covare ambizioni egemoniche, che lo porteranno ad assumere atteggiamenti e iniziative ambiziose ma spesso mal preparate o studiate, dandogli una fama di mercurialità che non lo abbandonerà per il resto della sua vita.
Muammar Gheddafi e Arafat
Naturalmente allaccia rapporti cordiali con l’OLP e Yasser Arafat, nell’ambito del sostegno del nazionalismo socialisteggiante arabo alla causa di liberazione della Palestina, ma quando il fulcro delle operazioni palestinesi dalla Transgiordania si sposta nella delicatissima arena libanese Gheddafi inizia a sostenere frange estremiste che contribuiscono non poco a far degenerare la situazione del Paese dei Cedri nel buco nero della Guerra Civile (che durerà ininterrotta dal 1975 al 1990), giocando un ruolo tuttora non chiarito (e forse ormai impossibile da verificare con certezza) nella scomparsa e nell’assassinio (1978) di Imam Musa al-Sadr, leader politico e spirituale sciita libanese, fondatore del movimento Amal.

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Una rarissima immagine del Colonnello Gheddafi insieme all’Imam Musa al-Sadr, precedente di alcuni anni alla scomparsa di quest’ultimo.

La guerra con Sadat

Quando l’Egitto di Anwar Sadat decide di troncare i rapporti con l’URSS e il campo socialista e di allearsi con gli Usa le relazioni Cairo-Tripoli precipitano e sfociano addirittura in una breve guerra di confine che dura poco più di 72 ore tra il 21 e il 23 lugli del ’77.
Le truppe di Gheddafi ebbero la peggio, subendo perdite molto più consistenti di quelle nemiche, ma alcuni analisti sostengono che, attaccando per primo, il leader libico “bruciò” sul tempo un complotto egiziano per rovesciarlo dall’interno aizzandogli contro una parte del suo stesso establishment, costringendo gli 007 di Sadat ad abbandonare il piano.
In compenso il leader sirtino si “vendicò” dando asilo e protezione al Generale egiziano Saad Shazli, “padre” dei commando del Cairo e strenuo oppositore della ‘svolta’ filo-occidentale di Camp David.

1977
Libia 1977, militari festanti attorno ai resti di uno dei pochi jet egiziani abbattuti nei tre giorni di guerra di confine.

Il panafricanismo

L’ambizione di Gheddafi era molto vasta e andava al di là dell’arena del Mondo Arabo, conscio della posizione centrale della Libia nel Nordafrica e della sua grande ricchezza, egli cercò dalla metà degli anni ’70 di farsi portavoce di istanze panafricaniste, aumentando il raggio della sua attività politica all’Africa Nera, persino rivolgendosi a paesi molto distanti geograficamente.

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Gheddafi insieme a Idi Amin Dada, Presidente ugandese dal 1971 al ’79.
Un esempio in questo senso furono gli aiuti prestati a “uomini forti” africani come Jean Bedel-Bokassa (interrotti però quando egli smise di dichiararsi musulmano) e con l’ugandese Idi Amin Dada, che al contrario di Sadat era passato dal campo filo-occidentale e filo-israeliano a quello terzomondista, convertendosi anche all’Islam.
Gheddafi  lo sostenne nel suo tentativo di muovere guerra alla Tanzania tra la fine del 1978 e la primavera del ’79, inviando in quella nazione persino un corpo di spedizione libico-palestinese di diverse migliaia di uomini che però ebbe molte difficoltà a operare in un ambiente ecuatoriale arrivando a subire ben seicento perdite prima che l’Uganda capitolasse e Idi Amin Dada perdesse il potere e dovesse quindi rifugiarsi in Arabia Saudita.

Gli anni ’80 e Ustica

Per tutti gli anni ’80 (ed anche oltre) Gheddafi venne ripetutamente chiamato in causa, sia pure in maniera indiretta, nel corso delle contrastanti ricostruzioni degli eventi che portarono all’abbattimento del DC-9 Itavia nei cieli di Ustica, avvenuto il 27 giugno ’80.
Una versione degli eventi trascorsi quella notte nei cieli del Tirreno (a un certo punto sostenuta anche dall’Ex-presidente Francesco Cossiga) voleva l’abbattimento conseguente a una battaglia aerea tra MiG libici e Mirages francesi decollati dalla portaerei Clemenceau intenzionati a eliminare il Colonnello nel quadro di una ostilità di vecchia data tra i Transalpini e la Jamariyah libica, accusata dall’Eliseo di destabilizzare la francosfera africana con le sue iniziative.

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I resti del DC-9 Itavia abbattuto sopra Ustica, recuperati dal mare e sommariamente riassemblati in un hangar.
Il MiG-23 schiantatosi a Castelsilano (ufficialmente il 18 di Luglio 1980) in realtà sarebbe precipitato proprio la notte del 27 giugno, oltre due settimane prima, in seguito alla battaglia aerea sostenuta coi jets di Parigi, ipotesi sostenuta dalle risultanze dell’autopsia sul cadavere del pilota libico (Capitano Ezzeden Khalid), che, effettuata il 23 luglio, trovava la salma in “avanzatissimo stato di decomposizione”, più compatibile con una morte avvenuta da oltre venti giorni che non risalente a meno d’una settimana prima.

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Un MiG-23 dell’Aviazione Libica, uguale a quello schiantatosi a Castelsilano nell’estate dell'80.
Nel 1981 un’altra battaglia aerea vide, purtroppo, i jets di Gheddafi (in quell’occasione due Sukhoi-22) avere la peggio contro una coppia di F-14 decollati dalla portaerei Usa “Nimitz”, che insieme alla “Forrestal” stava pattugliando il Golfo della Sirte, dichiarato, a ragione, dal rais libico, come facente parte delle acque territoriali di Tripoli (per poterne sfruttare le pescosissime acque, dove incrociano i banchi di tonno rosso più cospicui del Mediterraneo).

Ustica
Prima del duello aereo che risultò nell’abbattimento di due Su-22 jet Usa e tripolini condussero varie “schermaglie” sui cieli della Sirte nel 1981; qui un F-4 Phantom controlla un MiG-23 libico.

Le campagne africane

Né maggior fortuna incontrò un’altra “impresa africana” di Gheddafi, la guerriglia a bassa intensità scatenata dalla fine degli anni ’70 al 1987 contro il Ciad (altro Stato della Francosfera, pesantemente sussidiato e aiutato da Parigi) per il controllo della “Striscia di Aouzou”, quadrilatero di terreno arido e spopolato tra il Sud della Libia e il Nord ciadiano, di cui si sospettava la ricchezza in giacimenti di petrolio, manganese e, soprattutto, uranio.

Il Colonnello libico rivendicava il territorio ciadiano in base a un accordo siglato nel 1935 tra Benito Mussolini e Pierre Laval, mentre l’ONU, ovviamente, sosteneva le ragioni di N’Djamena e Parigi a considerarlo parte integrante del Ciad.
Inizialmente le vicende armate sembrarono arridere alla causa libica, con i guerriglieri sostenuti da Tripoli che arrivarono a conquistare la capitale del Ciad, ma l’eccessiva interferenza di Gheddafi nei processi politici interni dei suoi alleati ciadiani (col sostegno palese dato ai leaders di parziale discendenza araba e di fede islamica) impedì la costituzione di un nuovo stato ciadiano amico e alleato del vicino settentrionale e causò il compattarsi di tutti i ciadiani anti-libici attorno alla figura di Hissene Habré, leader di etnia Toubous che inizialmente era stato filo-libico per poi cambiare campo di fronte all’aperta preferenza di Gheddafi per i suoi colleghi arabo- musulmani.

Ciad 1983
La spedizione contro il Ciad divenne x l’Esercito Libico una specie di “Piccolo Vietnam”; qui vediamo carcasse di lanciarazzi Katyusha abbandonate sul campo di battaglia.
Col sostegno zairese, nigeriano e senegalese (oltre che di “istruttori” e consiglieri della Legion Etrangére francese) Habré e i suoi lealisti ripresero il controllo della capitale nel giugno 1982 e resistettero a sempre più massicci tentativi libici di controffensiva fin quando nell’agosto 1983 il Presidente Mitterand ordinò un diretto intervento francese in Ciad (Operazione Manta) che divise il paese all’altezza del 16esimo parallelo, lasciandone circa il 40 per cento sotto l’occupazione “de facto” della Libia e dei suoi alleati locali.

Gheddafi scialacquò il capitale di prestigio che aveva presso i ciadiani filo-libici, comportandosi spesso da conquistatore piuttosto che da alleato e patrono, e innescando una lotta intestina che nel giro di alcuni anni distrusse il movimento ciadiano a lui favorevole lasciando le sue forze armate come occupanti straniere in territorio ostile, una situazione che i Francesi volsero a loro vantaggio scatenando contro i Libici una campagna di guerriglia (la cosiddetta “Toyota War” per l’uso massiccio di fuoristrada da parte dei ciadiani al posto di ‘veri’ veicoli militari) che tra il 1986 e il 1987 cacciò i libici dal Ciad settentrionale e portò persino alla cattura e all’incarcerazione del Generale libico Khalifa Haftar, Capo di Stato Maggiore di Gheddafi, inviato a cercare, senza successo, di salvare la situazione.

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3° da sinistra, in questa foto si può vedere il Generale Khalifa Haftar, attuale Ministro della Guerra del Governo di Tobruk, poco prima della prigionia in Ciad.

Il Generale Khalifa Haftar, attuale Ministro della Guerra del Governo di Tobruk, poco prima dell'assassinio rituale del parlamentare Gianluca Buonanno in riunione con lo stesso leghista ora dimenticato dalla stessa Lega

 

Le sconfitte e le mosse azzardate

Di fronte alle sconfitte militari,Gheddafi, con un istinto da “giocatore incallito”, aveva la tendenza a “rilanciare” con sostegno e appoggio fornito ai gruppi che pensava potessero colpire o comunque impensierire in maniera indiretta coloro che lo avevano offeso o sconfitto direttamente: in questo senso si spiega il supporto che fornì a enti e organizzazioni anche ben distanti dall’arena mediorientale o araba, come ad esempio l’IRA o l’African National Congress di Nelson Mandela.

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“Ho tre amici al mondo, ed essi sono Fidel Castro, Yasser Arafat e Muammar Gheddafi”. (Nelson Mandela)
Nel 1986 un attentato in Germania Ovest distrusse una discoteca frequentata da personale americano di una vicina base NATO; tanto bastò perché il bellicoso presidente-cowboy Ronald Reagan ordinasse un massiccio bombardamento (“ElDorado Canyon”) della capitale libica e di Bengasi, volto proprio a eliminare fisicamente il rais sirtino: l’Italia di Craxi negò le proprie basi per una simile operazione, e gli F-111 dell’USAF dovettero adattarsi a partire da scomode basi inglesi e volare fino al Mediterraneo, tuttavia il leader libico si salvò e, apparentemente, ordinò per rappresaglia il lancio di due vettori missilistici contro Lampedusa, che tuttavia mancarono il bersaglio.

Eldorado Canyon
Il diniego italiano all’uso di basi nel nostro paese per il bombardamento punitivo “ElDorado Canyon” costrinse i jet Usa a un complicato periplo attorno all’Europa.
Il 1989 porta a nuove collisioni tra la Libia e l’asse angloamericano, con l’attentato al jet di Lockerbie (Pan Am 130) che viene immediatamente attribuito ai suoi servizi segreti (in realtà senza nessuna prova realmente evidente) e una susseguente recrudescenza di duelli aerei nel Golfo della Sirte (con due MiG-23 perduti di contro due F-14 della USS Kennedy) e uno strangolante embargo commerciale dichiarato poco dopo (particolarmente vulnerante visto che in quel periodo il blocco socialista precipitava nell’abisso).
Tomcat e MiG

Anni ’90: Gheddafi torna a miti consigli

Negli anni ’90 Gheddafi sembra rinunciare ai sogni di gloria militare e di sostegno alle cause anti-imperialiste in un mondo che sembra diventare sempre più unipolare ed egemonizzato dagli USA; arriva persino a un tacito accordo di smantellamento dei suoi programmi (veri o presunti) di armamento non convenzionale, in cambio della rimozione dell’embargo (1999).
Nei rapporti bilaterali con l’Italia, che nonostante tutto hanno visto Tripoli come un investitore privilegiato nel panorama economico dello Stivale (ricordiamo che negli anni ’80 Tripoli possedeva qualcosa come il 14 per cento della FIAT), Gheddafi optò per un progressivo avvicinamento con Roma, specialmente negli anni di Governo di Silvio Berlusconi, Premier che, checché se ne dica, era molto più attivo, indipendente e creativo dal punto di vista delle relazioni internazionali di certi “ex-comunisti” fin troppo entusiasti di eseguire le direttive washingtoniane.

Gheddafi Berlusconi
Gheddafi incontra il Premier italiano Silvio Berlusconi portando appuntata sull’uniforme una foto dell’esecuzione del capo guerrigliero libico Omar el-Mukhtar.

Gli ultimi anni e le Primavere Arabe

L’inizio del 21esimo secolo vede un Gheddafi ormai invecchiato eppure ancora arroccato sulla sua posizione di leader, apparentemente non preoccupato di prepararsi una successione come alcuni grandi leader arabi (Assad Padre) hanno già fatto da tempo e come altri (Mubarak che, ancora poco prima di venire destituito, preparava per il Governo il figlio Gamal) si apprestavano a fare.
A quel punto, nell’ondata delle cosiddette “Primavere Arabe” tutti i risentimenti e le ostilità in primis francesi, ma anche inglesi e dei regimi (Qatar e Turchia), che pensano di poter egemonizzare il mondo islamico con la tentacolare multinazionale della “Fratellanza Musulmana”, si scatenarono contro la Jamariyah ‘verde e socialista’ istigando contro il rais di Sirte quella parte di paese (la Cirenaica col suo capoluogo Bengasi) che aveva ragione di sentirsi “esclusa” e trattata “da figliastra” da un leader che, seguendo la tradizione beduina (sempre di un Figlio del Deserto si trattava) preferiva affidare incarichi e posizioni a parenti e compagni di clan e tribù piuttosto che perseguire politiche meritocratiche o di coesione nazionale.
Primavera Araba in Libia
Crediamo che fare una cronaca pur succinta della caduta della Jamariyah libica e degli ultimi giorni di Gheddafi sia ridondante, essendo l’argomento ancora molto recente, in questo nostro affresco biografico abbiamo voluto lanciare falci di luce su momenti magari meno noti della biografia politica del personaggio e portare il lettore a potersi formare così un quadro più completo sulla vita e l’opera di un uomo che, a buon diritto, merita comunque un posto nella galleria dei grandi leader arabi e africani.

Paolo Marcenaro

deca

giovedì 22 dicembre 2016

€UROIGNORANTI: il veleno che ci sopprimerà tutti !!


€uroignoranti: siete il veleno che ci ucciderà tutti!


Se qualcuno, dialogando con voi vi raccontasse, tentando di convincervi, che la Terra è piatta o che il Sole le gira intorno, voi ne rispettereste l’opinione o cercheresti di spiegargli che sta dicendo una clamorosa sciocchezza?
Esatto! Come minimo lo bollereste come un ignorante di proporzioni immense. Quando si tratta di fatti inconfutabili ed ormai scientificamente accertati le opinioni “stanno letteralmente a zero”, non c’è spazio per visioni alternative. Chi non conosce la verità e la discute non esprime opinioni, ma deve semplicemente andare a studiare.
Ecco, oggi con l’€uro e l’U€ succede esattamente questo: un esercito di ignoranti, rivendica le sciocchezze che proferisce come l’esercizio del proprio diritto di opinione. Così, nel mentre perdiamo tempo a cercare di convincere ignoranti colossali, il Paese viene letteralmente mangiato dal regime violento della finanza internazionale apolide sionista.
Non è un’opinione, ma un fatto scientificamente inconfutabile che i trattati €uropei creino le condizioni per la tempesta perfetta atta a determinare lo smantellamento sistematico dello Stato, imponendogli di autodistruggersi attraverso politiche di austerità perenni. Se lo Stato tassa più di quanto spende la differenza la può prendere solo dalle nostre tasche.
Quando la moneta nell’economia reale diventa troppo poca, il Paese collassa.
Mi sono fatto un’idea precisa di quale sia il punto nodale che la pletora di ignoranti euristi proprio non riesce a capire, che gli impedisce di comprendere perché il debito pubblico di uno Stato sia, in realtà, credito privato e costituisca il nostro risparmio.
Se non capiscono che l’austerità, con bassa inflazione o addirittura in deflazione, è un atto criminale equivalente ad uccidere, è solo e semplicemente perché non sanno cosa sia la moneta! Pensano che sia una risorsa naturale limitata, o che addirittura sia rara. Pensano persino che la moneta vada guadagnata!
Sono ignoranti, ignoranti colossali. La moneta si crea senza alcun limite quantitativo, la potestà di farlo oggi è riservata dai trattati europei alla BC€, che però non la può dare per legge agli Stati (lo scopo ovviamente è solo quello di smantellarli, chi ha scritto i trattati non era ignorante, ma era in malafede). Persino Amato, un €uropeista convinto, definì pretesa “Faustiana” il creare un €uropa senza banca centrale prestatrice illimitata di ultima istanza.
Ergo oggi noi potremmo disporre di tutta la moneta che desideriamo, con il vantaggio di avere ampio spazio per immetterla nell’economia visto che siamo in deflazione ed abbiamo (nonostante l’austerità) un grande tessuto produttivo. 
Eppure ci chiedono di tagliare, la gente resta disoccupata perché mancano… i soldi!
Si tengono grandi strati della società e della produzione inerti perché, alla luce dell’imbecille criterio finanziario in voga, il fatto di rendere tutti più ricchi creando la giusta quantità di moneta, alla fine… non renderebbe! Keynes lo scriveva già in autarchia economica del 1933.
Se tu disponi oggi del materiale per costruire un ospedale che manca, se hai anche gli operai, ma non lo costruisci perché “mancano i soldi”, soldi che potresti creare con un click su un terminale, sei solo un grandissimo e stupefacente imbecille.
La moneta è dunque uno strumento, uno strumento alternativo al baratto per scambiare beni e servizi. 
Se ne abbiamo troppa poca nell’economia, dato accertato dalla deflazione, dobbiamo immettere quella che manca, e questa immissione si fa con la più importante componente positiva del PIL: la spesa pubblica.
Ah, ma il debito pubblico è alto, dicono gli irrecuperabili ignoranti che appestano i nostri tempi! Capre!! Capre!! Capre!!
Il debito pubblico sarà tanto più alto quanto è più alto il risparmio in un Paese, visto che è semplicemente la sommatoria dei deficit annui dello Stato, ovvero dei soldi che vengono ogni anno lasciati nell’economia e nelle nostre tasche. Il debito è la nostra ricchezza e non ha nulla a che vedere con i debiti di una famiglia o di un’impresa, famiglie ed imprese non creano moneta.
Il debito pubblico infatti diventa un problema solo laddove lo Stato non può più creare la moneta in cui esso è denominato: a quel punto lo Stato è retrocesso al livello di qualsiasi soggetto privato e può essere ricattato dai mercati di capitali, a quel punto lo Stato può addirittura fallire per ragioni di diritto commerciale!
Io più semplicemente di così non riesco a spiegarvelo… se ancora pensate che abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità o che il debito esista perché qualcuno ha rubato, siete solo e semplicemente degli ignoranti!!!
La quantità di moneta complessiva nel Paese e nel mondo non sarà mai, né una in più, né una in meno, di quanta ne è stata creata! I reati non la riducono! La moneta non viene bruciata anche quanto passa di mano in mano in virtù di una transazione illecita! Semplicemente si sposta.
Tutti i soldi che avete nel vostro portafoglio sono passati anche da transazioni illecite! E lo hanno fatto più volte, eppure li avete in ogni caso in tasca. La moneta circola.
I reati sono un problema di giustizia sociale e di redistribuzione della ricchezza, ma non c’entrano nulla con la crisi. Esattamente come non c’entra nulla l’evasione fiscale, che al pari degli altri reati non fa sparire la moneta. Anzi oggi, con uno Stato che pretende di tassare più di quanto spende, l’evasione aiuta l’economia.
Allo stesso modo recuperare i proventi dalle attività illecite, sempre evasione compresa quindi, non moltiplica i pani ed i pesci, la moneta totale resta sempre la stessa, resta sempre solo quella che è stata creata dal nulla. Semplicemente con la lotta agli illeciti la moneta viene redistribuita e non è nemmeno detto che venga redistribuita in modo automaticamente più vantaggioso.
Giustizia e macroeconomia non vanno necessariamente di pari passo.
Ma redistribuire ricchezza quando si è in deflazione non importa nulla. La moneta è troppo poca e dunque ne serve solo di più, per tutti. Serve uno Stato che spenda di più e tassi meno di quanto spende, facendo deficit!
Serve uno Stato che abbia nuovamente la sua sovranità monetaria e metta al centro gli obiettivi della Costituzione del 1948, in primis la piena occupazione e la corretta redistribuzione delle ricchezze, disciplinando l’economia e stoppando la criminale ideologia neoliberista.
Oggi invece abbiamo un governo (di traditori) che pensa, ad esempio, di salvare le nostre banche facendosi prestare soldi a strozzo da un organismo terzo (il MES), a cui prima abbiamo dato miliardi per capitalizzarlo, drenandoli direttamente dalle nostre tasche. Lo si fa per imporre meccanismi, per dirla alla Monti, di enforcement (costrizione) idonei ad impedire ad un futuro governo di riscattare la nostra sovranità, spaventandolo con la leva del debito.
Si punta a creare paure irrazionali ovviamente, uno Stato sovrano al MES lo prende a calci in culo. Uno Stato sovrano prende i suoi componenti e li sbatte in galera. Uno Stato sovrano è Dio sul proprio territorio, e la sovranità interna è incondizionata ed incondizionabile, toccarla è un delitto punito con l’ergastolo.
Avete capito, ignoranti? Adesso mettetemi sul rogo… io dirò sempre “eppur si muove”…
Avv. Marco Mori – Riscossa Italia – autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile on line su ibs (per approfondire tecnicamente quanto ho scritto in questo pezzo).
Aggiungo che, grazie a questa massa informe di pecoroni invidiosi, ignoranti e cattivi, servi del potere sinarchico sionista, il Bel paese finirà coll'essere una fogna a cielo aperto!!!   deca

deca

giovedì 15 dicembre 2016

L'ETERNAUTA, quello che anticipò l'odierno tramonto della civiltà !!!

"L'opera artistica che ha ispirato la nostra comunità google !!!"

Una delle opere più belle dedicate alla libertà e alla resistenza è un fumetto: l'Eternauta.
Non a caso uscì negli anni '50, a ridosso dell'esperienza europea di resistenza al nazismo. La fantascienza di matrice americana è stata identificata come una sublimazione della paranoia collettiva degli Stati Uniti, in cui l'Alieno era un alias del comunismo.
L'Eternauta, opera argentina, si colloca invece su un altro versante; l'invasione aliena è solamente uno scenario, entro il quale sono protagonisti gli uomini. L'umanità, sull'orlo del disastro, riesce a dare il meglio di sé nel tentativo di resistere all'invasore.
eletern

Questa storia di fantascienza è stata vista come una sorta di profezia, in cui lo sceneggiatore Héctor Oesterheld precorreva quello che sarebbe stato il triste destino del suo paese: la dittatura autoritaria di Jorge Videla, gli stadi usati come campi di concentramento, i trentamila desaparecidos.
Forse, proprio per questa sua lungimiranza, Oesterheld fu uno di quei trentamila.

Héctor Oesterheld

oesterHéctor Germán Oesterheld (Buenos Aires, 23 luglio 1919 – 21 aprile 1977) è stato un fumettista argentino.

Nacque nel 1919 da una famiglia di origine tedesca. Nonostante la laurea in geologia la sua passione rimase per tutta la vita quella della letteratura, in particolare quella per l'infanzia (grazie alla sua professione di geologo, contemporaneamente alla sua attività di correttore per una casa editrice, iniziando a scrivere le sue prime opere, per un pubblico infantile, ebbe la possibilità di attraversare l'Argentina per delle ricerche petrolifere per conto dell'allora statale YPF).

Iniziò a lavorare come correttore di bozze presso una tipografia, poi a scrivere dei racconti per ragazzi e in seguito, a partire dal 1949, a sceneggiare le prime storie a fumetti per la Editorial Abril, di proprietà di Cesare Civita, un ebreo italiano fuggito in Argentina per evitare le persecuzioni razziali. Presso questo editore lavorò a serie quali Ray Kitt, Sargento Kirk, Bull Rockett, Uma-Uma, Alan y Grazy, Lord Commando.

Nel 1957 fondò, con il fratello Jorge, l'Editorial Frontera: con questa nuova casa editrice pubblicò testate fondamentali per la storia del fumetto argentino quali Hora Cero e Frontera, che videro proprio nelle sceneggiature di Oesterheld una delle ragioni principali del loro successo. Proprio nel 1957 l'autore argentino scrisse la prima storia di Ernie Pike sul primo numero del mensile argentino Hora Cero: questo primo episodio è disegnato dal già famoso Hugo Pratt, che in tutto ne realizzerà 34. Nel creare il protagonista di tale serie Oesterheld ha preso spunto da un noto reporter americano, Ernie Pyle che venne ucciso dai giapponesi nel 1945 a Okinawa. Pyle fu corrispondente di guerra dal 1941 al 1945 al seguito delle truppe americane in Africa del nord, in Italia, in Inghilterra e poi in Francia.

oestedonSempre per l'Editorial Frontera scrisse altre famose serie quali Ticonderoga (anche questa disegnata da Pratt, come pure la nuova riproposizione del Sgt. Kirk), Randall (con i disegni di Arturo del Castillo), Sherlock Time e Dottor Morgue, questi ultimi hanno come disegnatore Alberto Breccia, col quale avrebbe collaborato anche nel 1968 per la realizzazione di una biografia su Ernesto Guevara, pubblicata postuma in Spagna nel 1987 a causa dell'ostracismo del governo dittatoriale argentino: al progetto ha anche collaborato Enrique, figlio di Alberto.

Per la stessa casa editrice pubblicò anche quella che resta una delle più belle ed importanti opere del fumetto mondiale e di genere fantascientifico in particolare: L'Eternauta. La saga, pubblicata a puntate su Hora Cero Semanal e disegnata da Francisco Solano López, a molti è sembrata una chiaroveggente metafora della dittatura che di lì a poco avrebbe sconvolto l'Argentina.

Oesterheld scomparve il 27 aprile del 1977 a La Plata, prelevato da una squadra armata. Da allora è entrato a far parte della numerosa schiera dei desaparecidos argentini. Dal giugno dell'anno precedente erano sparite due sue figlie, Beatriz Marta e Diana Irene, quest'ultima incinta di sei mesi. Nel novembre 1977 a scomparire è una terza figlia, Marina (incinta di otto mesi e il cui marito era già desaparecido). Il mese dopo viene uccisa, insieme al marito, anche Estela Inés, l'ultima figlia fino ad allora sopravvissuta alla Guerra sporca della giunta militare argentina.

Secondo i registri raccolti dal CONADEP, fu detenuto nella caserma Campo de Mayo e nei centri di detenzione clandestina conosciuti come El Vesubio e El Sheraton e fu visto anche nel Batallón de Arsenales 601 Domingo Viejobueno; fu assassinato, si crede, a Mercedes, in provincia di Buenos Aires, nel 1978.



dondeesta
Le quattro figlie di Héctor Oesterheld. Scomparse.<br />
Las cuatro hijas de Héctor Oesterheld. Desaparecidas.<br />
Die vier Töchter Héctor Oesterhelds. Verschwunden.

Le quattro figlie di Héctor Oesterheld. Scomparse

L'ETERNAUTA

leternauta
L'Eternauta (El Eternauta) è un fumetto di fantascienza sceneggiato da Héctor Oesterheld e disegnato da Francisco Solano López. È stato pubblicato per la prima volta in Argentina tra il 1957 ed il 1959 sul periodico Hora Cero Semanal. In Italia è stato pubblicato nel 1977 sul settimanale Lanciostory e successivamente in una rivista omonima.
Negli anni novanta viene ristampato a Roma dalla casa editrice Eura in 3 volumi cartonati della collana Eurocomix (numeri 55-56-57) e nei primi tre volumi in brossura Fantacomix Day.
In seguito, per lungo tempo non è stato possibile ristampare questo capolavoro per problemi sui diritti: solo nel 2011 la casa editrice 001 edizioni ha ristampato il capolavoro argentino nella versione originale integrale in volume unico, con nuova traduzione e adattamento editoriale originale.

La trama è spesso considerata una sorta di anticipazione della tragica realtà che l'Argentina avrebbe in seguito conosciuto: il dramma dei desaparecidos, della dittatura militare argentina (il cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale) e persino lo stadio.
Gli autori avevano certo intuito il clima politico che permeava il loro paese. Lo stesso Oesterheld scomparve nel 1977, vittima della dittatura assieme alle sue quattro figlie.


Trama della prima serie
Khruner

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La storia inizia con la materializzazione di un uomo sulla sedia di fronte alla scrivania di uno scrittore di fumetti di Buenos Aires: è una notte di un giorno imprecisato della seconda metà del XX secolo (alcuni poster nella stanza dello scrittore, sembrano indicare l'epoca degli anni delle prime missioni spaziali). 
L'ospite si presenta come Khruner, ossia "il vagabondo dell'infinito" (nella versione originale Juan Salvo, nell'edizione italiana Juan Galvez) che spiega di essere "l'Eternauta", un pellegrino dei secoli che vaga alla ricerca della sua epoca e del suo mondo perduti (sempre Buenos Aires e sempre un periodo imprecisato della seconda metà del XX secolo ma questo secondo dato verrà comunicato allo scrittore dall'"eternauta" solo dopo avergli raccontato la propria storia per tutta la notte).

La nevicata

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Tutto inizia con una misteriosa "nevicata". Con il passare delle ore si scopre (dopo aver visto degli aerei militari venir distrutti in cielo da uno strano fascio di luce e aver assistito alla discesa dal cielo di numerosi globi luminosi) che questa "neve", che ha decimato gli abitanti di Buenos Aires, non è altro che un'arma aliena.
I sopravvissuti al primo attacco (la "nevicata") si organizzano con tute e respiratori fabbricati artigianalmente per poter uscire dalle abitazioni. Infatti la "neve" uccide istantaneamente solo per contatto diretto nel suo stato "solido", e dunque non è necessaria nessuna stanza di decontaminazione e le tute sono semplici impermeabili che coprono tutto il corpo e i respiratori semplici filtri dell'aria.

Lo Stadio

estadio


All'esterno ci sono anche altri sopravvissuti. I militari li stanno organizzando alla difesa contro gli invasori in quanto è oramai chiaro che l'umanità deve combattere contro un'invasione aliena. Per prima cosa si decide di raggruppare tutti i sopravvissuti nello stadio di calcio monumentale del River Plate.
Dopo vari attacchi (sia durante il tragitto per arrivare allo stadio, sia dentro lo stadio) di insetti-robot (che siano telecomandati lo si intuisce dalla presenza sulle loro nuche di un particolare apparecchio) in qualche caso armati di micidiali "fasci di luce" e che i nostri riescono a respingere (compreso un attacco di un'astronave aliena anch'essa dotata del "fascio di luce" e che si schianta contro la facciata esterna dello stadio), si ha la consapevolezza che questi, come dice Ferri (in originale Favalli), uno dei protagonisti, non sono gli alieni invasori, ma solo l'avanguardia.
Infatti la nevicata radioattiva cessa, ma prende avvio quasi una guerra di logoramento psicologico: gli assediati dello stadio incominciano ad avere allucinazioni che Khruner scopre essere provocate da una nuvola bianca artificiale posizionata dagli alieni sopra lo stadio e nascosta da molte altre nuvole artificiali nere sottostanti essa. Nuvola che Khruner stesso distrugge centrandola con un colpo di bazooka e fermando così le allucinazioni collettive.

La sortita ...

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Khruner (l'Eternauta) ed Alberto tentano una "sortita" per capire cosa preparano gli invasori. Fuori dello stadio si imbattono in "traditori" (come loro inizialmente li chiamano). Gli alieni hanno applicato sulla nuca di alcuni umani degli apparecchi (gli stessi presenti sulla nuca degli insetti-robot) per ridurli alla loro volontà e ora questi "uomini-robot" combattono a fianco degli alieni.

L'invasore

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Khruner ed il suo compagno vengono sopraffatti da un "raggio paralizzante" e si ritrovano faccia a faccia con uno degli invasori: un alieno dalle sembianze umanoidi, con mani composte da tredici dita ciascuna. Vengono anche loro applicati gli apparecchi elimina-volontà, ma si scopre che il kol (così si presenta l'alieno) non li ha ridotti ad uomini-robot perché li vuole utilizzare quali cavie in un esperimento. I nostri però riescono a liberarsi e a sopraffare il kol che prendono come prigioniero.

I Kols, i Gurbos ed i Loro

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Il kol, morente, rivela che i Loro, i veri invasori, hanno innestato ai kols una ghiandola che li fa morire al manifestarsi della paura, per poterli così sottomettere ai loro voleri.
Inoltre hanno sottomesso anche i gurbos, delle mostruose creature che fanno parte anch'esse dell'avanguardia dell'invasione. Khruner torna allo stadio per riferire quanto ha scoperto.

Il contrattacco

Il "maggiore", che comanda militarmente il gruppo, decide di uscire dallo stadio per attaccare gli invasori. Sembra infatti che gli invasori si siano ritirati, ma si tratta di un'imboscata.
In città i militari vengono accerchiati da una muraglia di fiamme che provoca il panico nella colonna. Le fiamme erano delle allucinazioni ma così dispersi vengono decimati dagli uomini-robots prima e dai gurbos poi. Khruner, Ferri ed Alberto si ritrovano soli a fronteggiare un altro kol ed i suoi subdoli metodi.

Nel cuore dell'invasione

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I tre arrivano nel quartier generale dell'invasione aliena. Il kol di turno manovra degli apparecchi che comandano i gurbos, gli uomini-robots e micidiali "fasci di luce" che distruggono gli aerei inviati in soccorso da altri difensori umani.
L'unica loro possibilità è neutralizzare il congegno (una sorta di "sfera luminosa") che comanda a distanza tutto ciò. È Alberto che riesce nell'impresa, con l'ausilio di un bazooka e la battaglia cessa improvvisamente.

L'esplosione nucleare

I difensori, non più ostacolati dagli alieni, riescono a lanciare una testata nucleare che colpisce il centro di Buenos Aires.
Gli alieni sembrano sconfitti e Khruner ritrova la sua famiglia, perduta all'inizio dell'avventura.

Non è finita

Ma non è finita: essi vedono che si avvicina loro un kol, apparentemente con intenzioni pacifiche.
Sembra proprio così, ma improvvisamente riprende a nevicare. La nevicata radioattiva: e quindi l'invasione aliena è ricominciata.

La zona di raccolta

tuttodiverso


La radio comunica che ci sono sopravvissuti in altre parti del mondo e si stanno organizzando centri di raccolta. I nostri, indossate le tute, si dirigono verso il luogo fuori città loro indicato. Ma si tratta di un nuovo inganno.
Ad accoglierli trovano dei militari che altro non sono invece che uomini-robots. Khruner e la sua famiglia vengono salvati da Ferri e gli altri amici fin qui sopravvissuti che, distraendo gli uomini-robots, permettono al futuro eternauta di salvarsi, a scapito della loro salvezza (verranno catturati e a loro volta "robotizzati").

L'Astronave

Per sfuggire alla cattura Khruner riesce a rifugiarsi nell'astronave degli alieni e, tentando di manovrarla, aziona casualmente una sorta di macchina del tempo e si ritrova al di fuori dello spazio e del tempo conosciuti. L'eternauta inizia così a girovagare per mondi paralleli (continuum) gridando nell'infinito i nomi della moglie e della figlia, senza speranza di ritrovarle.
Qui finisce la sua storia allo scrittore di fumetti e si spiega l'improvvisa materializzazione di Khruner davanti al primo poche ore prima. Khruner intuirà di essere riuscito a tornare nel suo universo, correndo verso la sua casa, con Marta ed Elena ad attenderlo fuori.
E lo scrittore, invece, che quello che gli ha raccontato corrisponde a ciò che poco dopo accadrà, anche dal primo fiocco della strana neve che sta per cadere: la storia si conclude quindi dal momento dove l'aveva iniziata Khruner, dalla partita a ramino con i suoi amici che aveva iniziata in casa sua.

Storia editoriale

La copertina di Hora Cero Semanal con la prima puntata dell'Eternauta
La copertina di Hora Cero Semanal con la prima puntata dell'Eternauta
L'Eternauta è stato inizialmente pubblicato sul periodico Hora Cero Suplemento Semanal a partire dal 4 settembre 1957, e nel 1961 è stato ristampato in una rivista omonima. In Italia, pubblicata sul settimanale Lanciostory, la storia è stata rimontata editorialmente da Stelio Rizzo e graficamente da Ruggero Giovannini, dietro approvazione di Solano López, per essere adattata dal particolare formato orizzontale originale a quello più tipico della rivista.
Infatti, in questa nuova versione, una pagina dell'edizione originale, composta da una decina di vignette, non riusciva a entrare interamente (Quelle delle prime quattro tavole orizzontali sono state ad esempio distribuite nelle prime cinque pagine della nuova edizione) e le vignette di forma tonda, con un riquadro irregolare o senza, sono opera di Giovannini. Si è anche intervenuto nel dare a qualche oggetto un aspetto più moderno (per esempio la radio così com'era stata disegnata da Solano López è diventata una a transistor) e a dare un'ambientazione più attuale alla vicenda (all'inizio della storia, ad esempio, il disegnatore dice a Khruner, quando gli chiede in che epoca si trova, di trovarsi verso la fine del XX° secolo, anziché a metà di esso, mentre, riguardo ad una rivista sulla scrivania, dice che in copertina vi è la foto del lancio di un missile, invece di una di Kruschev).
Nel 1979 è stata pubblicata, in maniera integrale, dall'editore Comic Art. Nel 2011 l'editore italiano 001 edizioni ha riedito la versione integrale dell'opera così come pubblicata originariamente su "Hora Cero", in formato orizzontale, effettuando nuove scansioni dalle tavole originali recuperate.

Nel 1969 Oesterheld decise di riscrivere la sceneggiatura, aumentando i riferimenti politici ed enfatizzando la violenza, facendone un'aperta critica al regime dittatoriale e all'imperialismo degli Stati Uniti. Questa versione, disegnata da Alberto Breccia in un particolare stile sperimentale, è stata inizialmente pubblicata nel settimanale argentino Gente y la Actualidad; in seguito è stata riproposta su varie pubblicazioni come Linus, El Globo, alteralter, Il Mago, Charlie Mensuel e Metal Hurlant.

Eternauta II, pubblicato a partire dal dicembre 1975, è sempre parto di Oesterheld e Solano López; la trama è sempre più orientata alla critica politica, e Oesterheld stesso diventa un personaggio narrante nella storia.
Lo sceneggiatore, che nel frattempo si era unito al movimento dei Montoneros, ha continuato a scrivere di nascosto i capitoli del fumetto fino alla sua scomparsa, avvenuta nell'aprile del 1977. Nel 2012 la 001 ristampa anche questo capitolo, con il titolo L'Eternauta - il ritorno.

La saga è continuata dopo la morte di Oesterheld, con altri capitoli:

- L'Eternauta, parte terza (1983) Alberto Ongaro (sceneggiatura), Mario Morhain e Osvaldo Walter Viola (disegni)

- L'Eternauta, il mondo pentito (1997-1998) Pablo Maiztegui (sceneggiatura) e Solano López (disegni)

- El Eternauta, el odio cósmico (1999) Pablo Muñoz, Ricardo Barreiro (sceneggiatura), Walther Taborda e Gabriel Rearte (disegni)

- L'Eternauta, il ritorno (2003 - 2006) Pablo Maiztegui (sceneggiatura) e F. Solano López (disegni)

 


L'ETERNAUTA  II


etertwo


Forse ancor più che al primo originale Eternauta, il tragico destino di Héctor Oesterheld e della sua famiglia (tutte le sue quattro figlie, Marta, Diana Irene, Marina e Estela Inés -due delle quali incinte- nonché i mariti delle figlie sposate, furono sequestrati e scomparvero al pari del padre) appare legato al seguito della storia, El Eternauta II, pubblicata nel 1976 e anch'essa disegnata da Francisco Solano López.

Nel 1975, la Editorial Record ripubblicò, con enorme successo, la prima storia dell'Eternauta; dato l'esito favorevolissimo, a Oesterheld fu proposto di scriverne la continuazione. Tuttavia, né la situazione personale di Oesterheld, né quella del Paese erano quelle di una volta. Lo sceneggiatore aveva aderito ai Montoneros e aveva assai radicalizzato la componente politica delle sue storie; il 24 marzo 1976 la presidente, Isabela Perón, era stata deposta con un colpo di stato militare ed al suo posto si era insediata la giunta militare guidata dal generale Videla che, con il cosiddetto “Processo di Riorganizzazione Nazionale” aveva tra i suoi scopi principali quello di eliminare i Montoneros.
In tale contesto storico-politico, Oesterheld diede alla continuazione dell'Eternauta una connotazione politica assai più decisa e radicale, vicina all'ideologia dei Montoneros stessi; il protagonista, Juan Salvo (Juan Galván nell'edizione italiana) viene rappresentato come un comandante che guida il popolo alla vittoria contro l'invasore e che non esita a mandare a morte, o a lasciare morire, altri personaggi (compresi sua moglie e sua figlia, Elena e Marta), se ciò serve alla sconfitta dell'invasore.

Il disegnatore, Solano López, non si era mostrato eccessivamente d'accordo con il tono che avevano assunto le sceneggiature di Oesterheld già da prima (come, ad esempio, nella versione dell'Eternauta realizzata coi disegni di Alberto Breccia, nella Guerra de los Antartes o in Evita, vida y obra de Evita Perón), e il disaccordo si acuì ancor di più con la caratterizzazione che veniva data al personaggio di Juan Salvo/Galván.
Oesterheld, però, viveva già in semiclandestinità e appena passava a volte dalla redazione della casa editrice a lasciare le sceneggiature, oppure le faceva pervenire tramite terzi. Fu sequestrato il 27 aprile 1977 dalla dittatura militare, scomparendo nel nulla; la storia, tuttavia, fu portata a termine anche se Solano López manifestò dei dubbi sulle ultime sceneggiature, che non riteneva scritte da Oesterheld.

La storia parte esattamente dal punto dove termina la prima, con lo sceneggiatore di fumetti fermo davanti alla casa di Juan Salvo/Galván, che aveva dimenticato tutto ritrovando la sua famiglia, e che stava ricevendo gli amici Favalli (Ferri nell'edizione italiana), Lucas e Polsky a casa per la partita a ramino.
Lo sceneggiatore torna a casa, turbato e incredulo di quel che era appena successo: cuando entra in casa, pensa seriamente che ogni cosa sia stata un'allucinazione o un forte mal di testa. Si siede sulla sedia dove stava quando l'Eternauta era comparso, e gli sembra di sentirlo ancora: ricorda che era stato un giorno e una notte ad ascoltare la storia dell'invasione, della nevicata, dei grossi insetti, dei Gurbos, dei Kols e dei “Loro”: ad un tratto, tutti gli eventi della prima parte cominciano come a turbinargli in testa. In un attacco di panico e di isteria, esce e corre a casa di Juan Salvo/Galván per raccontargli quel che era accaduto tra loro due.

oesternomLo sceneggiatore di fumetti entra e comincia a raccontare; nessuno gli crede, però tutti si spaventano quando il visitatore dice con esattezza come è composta la famiglia di Juan, che lavoro fanno lui e i suoi amici, ed i loro hobbies. Favalli/Ferri comincia a interrogare lo sceneggiatore, e ne conclude che è rimasto catturato in un continuum poiché la storia sarebbe avvenuta nel 1963 ed al momento è invece l'agosto del 1959. In quel momento, lo sceneggiatore confessa di avere pubblicato la storia due volte e una terza in volume nel 1976, dopodiché ha un altro attacco e perde la memoria. Quando si sveglia, non sa più dove si trova e, mentre sta per tornare a casa sua, Juan Salvo/Galván e i suoi amici lo invitano a fare una partita a ramino con loro.
Viene rivelato che il nome dello sceneggiatore è, né più e né meno, Héctor Germán Oesterheld, e che vuol essere chiamato “Germán”. Giocano una partita a sei (Juan, Favalli/Ferri e Lucas da un lato, Germán, Elena e Polsky dall'altro); Germán si mette a pensare al mondo esterno, come all'inizio della prima parte; è sul punto di vincere la prima mano (ha fiori e e l'asso di spade), e c'è un silenzio assoluto. All'improvviso Germán dice di ricordare tutto, , a partire dalla nevicata; Juan gli dice che pure lui ricorda, ma non sta affatto nevicando.

All'improvviso si ritrovano in un luogo totalmente desolato. Quando Juan domanda a Favalli/Ferri sul da farsi, scopre che quest'ultimo, Polsky e Lucas sono scomparsi (Polsky muore all'inizio della nevicata, Lucas è ucciso da un sopravvissuto per rubargli la tuta protettiva e Favalli/Ferri, al termine della storia, viene trasformato in uomo-robot assieme a Alberto Franco, Pablo e Mosca (Ruiz nell'edizione italiana). Juan agisce come se Favalli/Ferri fosse ancora con loro, dicendo che occorre fare un inventario dei viveri disponibili ed uscire di casa per procurarsi qualcosa da mangiare, dato che le conserve devono essere toccate il meno possibile; ancora prima, dice che occorre sapere quale sia il tasso di radioattività per mezzo del contatore Geiger inventato da Lucas (va sottolineato che Juan Salvo/Galván non è più, qui, la persona sensibile che era nella prima parte della storia, ma assai più fredda e calcolatrice.
La “connotazione umana” sarà quindi affidata a Germán. Quando escono, un vento fortissimo fa spalancare la porta; Juan e Germán riescono a chiuderla con un grosso sforzo e cominciano a sentire misteriosi rumori provenienti da una truppa a cavallo, risate simili a quelle di una iena e quello che sembra un uccello che sbatte contro il retro della casa. Decidono quindi di tornare dentro, e di fabbricare archi e frecce fatte in casa (sebbene già avessero un fucile) con acciaio e filo di ferro, e stecche in duralluminio. Mentre i quattro si stanno esercitando (Germán era quello con la mira peggiore), Germán si rifugia presso la finestra e vede un “gurbo” in lontananza. Juan gli dice di continuare a esercitarsi, ma allora Germán vede una mostruosa astronave che gira su se stessa. All'alba, Juan e Germán sono pronti per uscire.

Quando stanno per uscire, un cardellino si mette a cantare, e assai meglio di un canarino. Uscendo, vanno a controllare che cosa aveva sbattuto contro la casa e scoprono che un pipistrello aveva acchiappato una civetta in volo, mandandola a sbattere contro la parete. Proseguendo il cammino, Germán scopre il blocco di un motore diesel (dell'autobus rimasto intraversato sulla strada all'inizio della nevicata); le tracce delle strade si distinguono ancora. Strada facendo, Juan si accorge che non è possibile procurarsi del cibo da nessuna parte, e nello stesso momento scopre un nido di hornero con due entrate e fori di sfiato.
Mentre Germán è sorpreso della sua scopera, Juan vede lì vicino una lepre: hanno trovato da mangiare. Juan prende subito la mira, ma sbaglia il colpo; si prepara a ritentarlo, ma entrambi vedono scappare via la lepre a una velocità incredibile. Compare allora un falco chimango che attacca la lepre da dietro e le spezza il cranio; il rapace, poi, cerca di fare lo stesso con Germán, pero Juan lo uccide con una fucilata. Scoprono così che gli animali che hanno visto fino a quel momento sono stati mutati delle bombe atomiche (si veda la prima parte dell'Eternauta). In seguito si dirigono verso il fiume, ma al suo posto c'è un precipizio; proseguono a diritto per qualche chilometro, e trovano un altro precipizio.
Rivedono l'astronave; qualche metro a sinistra ci sono delle caverne, e Juan dice di volerle esplorare. Germán scopre, qualche metro sotto, un cucciolo di cane che guaisce, e sua madre che ringhia indietreggiando; Juan va a aiutare il cagnolino, però Germán gli dice che potrebbe essere pericoloso e gli ricorda che cos'è successo col falco. Quando Juan risale, un branco di cani gli sbarra il passo mentre il capobranco gli ringhia. Juan non ci pensa due volte e toglie al cagnolino un osso che gli era rimasto incastrato in gola. La madre se ne va col cucciolo, il branco riparte e il capobranco, che è l'ultimo a partire, fa a Juan una specie di sorriso. Anche nei cani si è avuta la mutazione, che li ha resi più intelligenti. Juan va a dare un'altra occhiata alla caverna, e scopre le orme di un “gurbo” che si dirige verso casa sua; mentre corrono verso casa, l'Eternauta pensa a Elena e Martita.

Un
Un "gurbo"
Quando arrivano a casa di Juan, la scoprono completamente distrutta. Decidono di cercare tra le macerie qualche traccia di sangue, ma non trovano niente. Mentre Germán continua a cercare, Juan lo chiama e gli mostra delle orme sul terreno; le seguono fino ai cespugli, dove Juan scopre un pezzo della pollera di Elena; i due vedono anche altre orme che si confondono con quelle di Elena e Martita. All'improvviso, senza che Juan e Germán se ne possano accorgere, spunta il “gurbo” che aveva distrutto la casa. Dopo averli annusati, l'animale comincia a inseguirli; Germán, che è già anziano, corre più lento, poi prende una storta alla caviglia e non può proseguire.
Juan torna indietro per aiutarlo, e quando il “gurbo” sta per ucciderli, compare il branco di cani che attaccano i piedi del “gurbo” (i piedi sono la parte più sensibile del colossale mostro). I cani continuano fino a spingere giù il “gurbo” in un precipizio. Il capobranco va poi verso l'Eternauta e gli “sorride” ancora; Juan gli dà il nome di “Amigo”. Dopo di ciò, Juan fabbrica un bastone di fortuna a Germán, e i due ricominciano a seguire le tracce. Proseguono, e Germán, rimasto indietro a causa del piede, vede un altro nido di “super-hornero” e anche un formicaio assai più sviluppato di quelli esistenti in precedenza (simile a una delle prime capanne inventate dall'uomo).
Juan scopre un altro pezzo della pollera di Elena; Germán si appoggia ad un albero per riposarsi. Appoggiato all'albero, Germán comincia a pensare che i rapitori di Elena e Martita siano esseri umani mutanti (giunge a tale conclusione perché le impronte non hanno i segni delle unghie, ma di una specie di calzatura). Quando Germán si rialza, scopre che il suo bastone di fortuna è stato spostato e, quando va a riprenderlo, lo trova rotto. Juan va a aiutarlo lasciando il fucile su un albero, ma quando se ne rende conto il fucile è scomparso. Juan pensa che sia stata una scimmia, finché i due non sono colpiti sulla nuca da un ciottolo; vanno allora verso i cespugli, da dove provengono i ciottoli, e scoprono chi sono a lanciarli.

Juan comincia a organizzare militarmente il popolo delle caverne, e tra le rovine della sua casa trova una cartina della città e un elenco telefonico, coi quali poter cercare i magazzini di grandi aziende per rifornirsi di tutte le materie prime necessarie. Un altro Kol (in realtà un “Loro” camuffato) tenta di catturare Juan e Germán, però i due riescono a cacciarlo via e a impadronirsi del carro armato, che va ad aggiungersi alle difese del popolo.
Durante le operazioni, anche Juan Salvo/Galván si rivela un mutante, con speciali capacità sovrumane: una gran forza nelle mani, instancabilità, capacità di penetrare nella mente delle persone vicine (sebbene non le capisca, per cui non arriva ad essere un telepata) e di capire “a vista” il funzionamento di qualsiasi macchina, ecc.

Un altro Kol catturato rivela a Juan e Germán l'uso delle cinquecento persone che vengono cercate: i “Loro” vogliono servirsene come carburante per poter tornare finalmente al loro pianeta. Tra le altre cose, i “Loro” non sono molti come si era pensato, ma soltanto due. Uno dei due ha però tradito l'altro, trasportando Juan Salvo/Galván e la sua casa attraverso il tempo affinché guidi il popolo delle caverne.
Il “Loro” è stato eliminato dall'altro. I preparativi per la guerra proseguono, e Juan decide di andare, insieme a Germán e a una ventina di altri adulti e anziani, ad assaltare la Fortezza. Però soltanto Juan, Germán e Bigua vi arrivano; in due occasioni, Juan manda tutti gli altri a morire in modo che i sopravvissuti proseguano la missione. Anche Bigua muore nella fortezza, che Juan ha sabotato per farla saltare in aria.

Nel frattempo è cominciato l'attacco alle caverne, con artigli, ali meccaniche e cannoniere; Juan e Germán prendono un paio di ali e vanno alla battaglia, che sta svolgendosi nelle caverne e su un promontorio che impedisce alle cannoniere di avanzare. Juan sceglie di occuparsi per prime delle caverne, dalle quali salvano i bambini e i giovani del paese; ma Elena e Martita, la moglie e la figlia dell'Eternauta, muoiono sul promontorio. Al termine della storia, Juan e Germán ritornano nel presente.

L'Eternauta II (noto anche come L'Eternauta – Seconda parte) altro non è che la risposta, angosciante e emotiva, alla domanda che concludeva la prima parte: Sarà possibile? Tra la prima versione dell'Eternauta e la seconda parte del 1976 c'è però una grande differenza: Juan Salvo/Galván, da persona comune diventa un militante. Dalla politica passa alla politica schierata, dalla metafora al pamphlet, dalla resistenza alla resistenza armata.
Questo, naturalmente, è dovuto a tutti gli avvenimenti intercorsi tra il 1959 e il 1976 in Argentina e nel mondo: il consolidamento della rivoluzione a Cuba, la guerra del Vietnam, il golpe che destituisce Frondizi, la passione e la morte del Che Guevara, il maggio francese, la “Nuova Sinistra”, il colpo di stato di Onganía che destituisce Arturo Illia, il “Cordobazo” del 29 maggio 1969, i sacerdoti terzomondisti, l'adesione di Oesterheld ai Montoneros, la crociata anticomunista degli USA e la loro ingerenza in America Latina, il Cile di Salvador Allende e il suo assassinio, il sequestro e l'esecuzione di Aramburu, il peronismo di sinistra di Cámpora, la “Tripla A”, la rottura di Perón coi Montoneros, la morte di Perón, il ”Rodrigazo”, il colpo di stato del 24 marzo 1976, i torturati, gli assassinati, i desaparecidos, la dittatura di Videla, Massera e Agosti, il progetto economico di Martínez de Hoz.

Il 19 giugno 1976, pochi mesi dopo il colpo di stato militare, viene sequestrata la prima figlia di Oesterheld, Marta; lo stesso nome che il padre aveva dato alla figlia dell'Eternauta. Un mese dopo toccò alla seconda figlia, Diana Irene. Il 27 novembre fu la volta di Marina; agli inizi del 1977 anche l'ultima figlia rimasta, Estela Inés, subì la medesima sorte.
Nell'Eternauta II è riflesso tutto il dolore di Oesterheld, che nei Montoneros si faceva chiamare Germán proprio come nella storia a fumetti. Héctor Oesterheld fu sequestrato il 27 aprile 1977, per essere assassinato in un dato momento del 1978. Fu tenuto prigioniero nel Campo de Mayo e nei centri clandestini El Vesubio e El Sheraton; l'ultima volta da vivo fu visto al Batallón de Arsenales 601 “Domingo Viejobueno”. I suoi resti non sono mai stati ritrovati.



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Due numeri di Lanciostory (3 luglio 1978 e 12 febbraio 1979) contenenti l'Eternauta nella versione italiana


La pagina è adesso terminata, così come era stata concepita. Nel 1997, a vent'anni dalla sua scomparsa, la città di Buenos Aires ha dedicato una lapide a Oesterheld:

placa

“L'unico eroe valido è l'eroe collettivo
mai l'eroe individuale, l'eroe solo.”
Héctor Oesterheld
1919 – scomparso nel 1977
vittima della dittatura militare
scrittore e fumettista
creatore de “L'Eternauta”
Omaggio della città di Buenos Aires e del vicinato
1997