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Riprendiamoci le Chiavi di Casa
25 - 01 - 2014
Ecco l'intervento che il prof. Antonio Maria Rinaldi ha tenuto oggi
nel corso di un incontro organizzato alla London School of Economics a
Londra organizzato da ABC Economics e dal Movimento per l’Uscita
dall’Euro.
La graduale e costante cessione della nostra Sovranità nazionale
verso vincoli ed imposizioni esterne doveva rappresentare, secondo le
originarie intenzioni, una evoluzione al fine di raggiungere una
aggregazione politica ed economica in una grandissima area geo-politica
importante come l’Europa, che avrebbe consentito vantaggi condivisi a
tutti i paesi membri. Sappiamo altresì molto bene però, che questi
iniziali presupposti sono stati costantemente mutati tanto da
stravolgerne completamente l’iniziale disegno. Inoltre la cronica incapacità rinunciataria
della nostra classe politica dirigente, sempre più convinta che il
nostro Paese non fosse in grado di gestire autonomamente la propria
libertà e bisognosa quindi di affidarsi sempre più alla tutela esterna
per compiere quello che mai sarebbe mai riuscito a compiere, hanno
finito per spogliare l’Italia stessa di ogni potere di autodeterminazione.
Ma la nostra Costituzione, al secondo comma dell’art.1, sancisce inequivocabilmente che LA SOVRANITA’ APPARTIENE AL POPOLO
e finché non sarà sostituita con altro principio, siamo obbligati al
suo rispetto, costi quel che costi, in quanto è un presupposto imprescindibile e non negoziabile!
Non accettare la cessione unilaterale di ogni comparto della nostra Sovranità non deve essere intesa come una cieca e ottusa pretesa intellettuale o ideologica, ma il rispetto di altro articolo, l’undicesimo sempre della nostra Carta Costituzionale, che vincola le cessioni di Sovranità se non a pari condizioni di reciprocità. Questo non solo non è mai avvenuto nella lunga storia che ci lega all’iter per l’adozione della moneta unica, ma è stato strumento di indubbio vantaggio da parte degli altri partners, i quali sapientemente hanno sempre preteso e ottenuto la cessione della nostra a differenza della loro che è avvenuta con metodi e regole a loro perfettamente congeniali.
Nonostante la letteratura economica avesse messo in guardia dai pericoli derivanti dalla creazione di una area valutaria con l’adozione di cambi fissi irrevocabili, con regole ancora più rigide del vecchio sistema del gold-standard, si è voluto aggregare un mercato unico
per mezzo esclusivo di una moneta, senza mutuarne i metodi e
preventivamente adeguarne le strutture ed equilibri delle stesse
economie partecipanti. Una scelta prettamente politica, che ha riposto nell’euro un feticcio
a supporto della fine della guerra fredda. Troppe differenze fra paesi
strutturalmente diversi, costretti ad uniformarsi rapidamente al
rispetto delle regole, il più delle volte non condivise ma imposte,
forgiate ad immagine e somiglianza dell’originario direttorio
franco-tedesco ormai orfano della parte transalpina. Regole basate su dogmi economici di difficile interpretazione e rispetto, avendo posto a presupposto della crescita il rigido rigore della stabilità dei prezzi per mezzo del perseguimento del pareggio di bilancio e della diminuzione pianificata dei surplus dello stock del debito
oltre l’aleatorio dettame di Maastricht. Regole concepite come se le
economie fossero sempre in crescita costante e perfettamente uniformi,
non prevedendo minimamente situazioni di rallentamento, di stagnazione
se non di recessione, generate dalle inevitabili asimmetrie come la
storia economica di ogni tempo ci ha insegnato e che hanno altresì
determinato non solo l’aggravamento della crisi in atto, ma hanno
impedito la possibilità di poter utilizzare strumenti idonei per la
ripresa.
Il problema centrale troppo tempo ignorato e sottovalutato, risiede proprio nella palese incompatibilità fra le rispettive Sovranità nazionali e la governance europea che si è avvalsa dei Trattati e delle direttive. I più elementari principii di democrazia sono stati mortificati perché bypassati nel processo evolutivo della costruzione comune, estraniando progressivamente il contributo della gran parte dei cittadini europei dai processi decisionali. Si è assistito sempre più a deleghe dei Governi, non previste e soprattutto non volute, che hanno consegnato ai burocrati europei meccanismi giuridici ed economici che assoggettano e affidano a essi l’intera gestione dell’Unione. Sempre più si è creato un insieme di istituzioni biogiuridiche, che agiscono e si muovono in modo robotizzato senza nessuna certificazione da parte del suffragio universale, non consentendo più alle varie politiche nazionali di poter intervenire a correzione e a proprio supporto come fu previsto nello spirito di Maastricht, in nome di un vincolo esterno che dovrebbe operare a tutela dei membri.
Lo spirito iniziale non era di estromettere i propri cittadini
dalla condivisione della gestione della casa comune, ma garantire loro
finalmente pace, prosperità e benessere con l’attivo contributo di ogni
risorsa democratica disponibile. Tutto questo ormai è utopia e il
solo organo eletto democraticamente dal popolo è il Parlamento, senza
alcun potere se non formale e che possano comunque competere con quelli
della Commissione, non eletta direttamente dalla volontà popolare
e con gli organi tecnici creati e proliferati ad hoc al quale
partecipano Premier, Ministri e loro sostituti che prendono decisioni senza interpellare preventivamente i rispettivi Parlamenti nazionali. Le Sovranità nazionali
sono state cancellate per un patto scellerato che ha subdolamente
privato i cittadini dei paesi membri di ogni possibilità d’intervento in
nome di una unione monetaria che non ha tutelato gli interessi della
comunità, ma esclusivamente quelli di specifiche minoranze. I “piloti automatici” si sono surrogati
alla mediazione politica, interrompendo il contributo essenziale dei
cittadini nei processi decisionali, come ad esempio nel caso del Patto
di Stabilità e Crescita, il c.d. Fiscal Compact, approvato sebbene in
palese contrasto con i precedenti Trattati, con meccanismi capestro come
il MES e la recente scandalosa Unione bancaria.
L’insostenibilità tecnica della moneta unica è stata affidata al rispetto di regole automatiche dove non è consentito alla politica, espressione democratica della volontà popolare, di poter intervenire a sua correzione. In
questo modo l’Europa si è dotata di una moneta che impone
paradossalmente l’adeguamento dell’economia reale ai suoi principi e non
la possibilità di adattare la moneta stessa alle esigenze
dell’economia! La stessa Banca centrale europea è esclusivamente la guardiana-garante
della stabilità dei prezzi, cioè dell’inflazione, relegando
punitivamente la funzione principe dell’esercizio della Sovranità agli
stessi cittadini e sistema delle imprese considerati a tutti gli
effetti, per mezzo della fiscalità, i soli prestatori di ultima istanza.
Ma ci siamo mai chiesti perché questo sia potuto avvenire? Seguendo le intuizioni del prof. Giuseppe Guarino
a Maastricht è stata concepita una convergenza verso una moneta diversa
da quella che poi è stata realizzata. Questa evoluzione è avvenuta
successivamente in modo subdolo, senza che ci sia stata la consapevolezza, il consenso e l’approvazione
né dei cittadini né dei Parlamenti nazionali. Sono stati attivati quei
famosi meccanismi automatici, voluti da una oligarchia autoreferenziale
che man mano conquistava il potere nei palazzi di Bruxelles, riuscendo a
sottrarre alla gestione delle politiche dei Paesi membri, e pertanto al
consenso democratico della Sovranità dei popoli, qualsiasi spazio di
autonomia nella determinazione delle politiche economiche per il raggiungimento degli obiettivi di crescita.
In questo modo l’1.1.1999 ha visto la luce una moneta disciplinata dal Regolamento 1466/97 approvato il 7.7.1997, ma opposta rispetto a quella contemplata dal TUE, un vero e proprio colpo di mano
compiuto sotto gli occhi di centinaia di milioni di cittadini europei
ignari e in buona fede e nell’indifferenza più o meno inconsapevole dei
rispettivi Governi. La mutazione, tra quanto previsto dal TUE e dal
Regolamento 1466/97 si identifica in quanto il TUE fissa un obiettivo, uno sviluppo conforme al disposto dell’art. 2, il cui conseguimento delle politiche economiche è affidato ad ognuno degli Stati membri, i quali avrebbero tenuto conto della specificità
delle reali condizioni dell’economia del proprio Paese. Le rispettive
politiche economiche avrebbero potuto utilizzare all’occorrenza, quale
strumento per realizzare l’obiettivo, l’indebitamento nei limiti
consentiti dall’art. 104 c), da interpretare ed applicare in conformità
ai criteri fissati nei commi 2 e 3 del punto 2 dell’art. 104 c). Il
Regolamento in oggetto abroga invece tutto questo, cancellando le politiche economiche degli Stati e di conseguenza qualsiasi loro apporto.
Si sono pertanto create situazioni insanabili che produrranno, se non
rimosse, il dissolvimento delle economie di molti Stati ad iniziare dal
nostro, storicamente e strutturalmente ad alta vocazione industriale.
Rivendichiamo il ritorno alla piena Sovranità nazionale che con l’autonoma moneta potrà ritornare ad esercitare la propria politica economica e monetaria
perfettamente tarata alle nostre specifiche esigenze. Lo stesso TFUE
prevede agli artt. 139 e 140 la convivenza all’interno dell’UE di Stati
con lo status di “Paesi senza deroga” e “Paesi con deroga” e pertanto la possibilità di mutare la nostra attuale adozione all’euro.
Siamo a un bivio: accettare supinamente le imposizioni della Troika o ripudiare la moneta unica in quanto irreversibile strumento coercitivo per imporre volontà non condivise da chi non ha investitura diretta da parte del popolo.
Quanto tempo ancora dovremo aspettare per non più vedere in ginocchio
la nostra Patria si bella e perduta, con padri di famiglia disperati
che si uccidono travolti da una crisi economica devastante che ha
decimato la forza industriale con la chiusura o la svendita di aziende
stremate e senza più speranze? Rivendichiamo nelle nostre mani il nostro
destino, nella consapevolezza che le attuali scelte saranno irreversibili
e non consentiranno più la possibilità nell’autodeterminazione. Non
vogliamo consegnarci a un nuovo ordine che ha posto al centro dei propri
interessi un neo-liberismo esasperato e cinico ignorando il bene comune. Rivendichiamo a gran voce la proprietà
della Banca d’Italia con l’attribuzione del capitale, non trasferibile e
non alienabile, a ciascun cittadino italiano per il fatto stesso di
possedere la cittadinanza ed aver compiuto la maggiore età a totale
garanzia che svolga la sua funzione con finalità comuni e non ad
appannaggio di interessi privati.
Non dobbiamo temere di riprenderci le chiavi di casa perché la moneta comune non è stata concepita per l’integrazione e lo sviluppo del Continente europeo, ma come metodo di governo e d’imposizione delle volontà di oligarchie non elette agli ordini di interessi superiori. La Sovranità è e dovrà sempre rimanere saldamente nelle mani dei cittadini!
Non siamo disponibili ad abdicare con una resa senza
condizioni, perché l’Italia ha ancora la capacità di tornare grande con
le proprie forze e la Storia non perdonerà mai alle nostre generazioni
di esserci arresi senza aver combattuto per lasciare nelle mani dei nostri figli il più Bel Paese del mondo nel migliore dei modi possibili.
Solo se saremo uniti e consapevoli ce la faremo!
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