martedì 3 giugno 2014

L'IMPERO SENZA STRATEGIA MILITARE




«Sotto i nostri occhi»

Un impero senza strategia militare


Il presidente Obama ha chiarito la sua dottrina strategica a West Point. Nel suo discorso, ha riaffermato l’onnipotenza militare degli Stati Uniti, nonostante essi siano ormai tecnicamente sorpassati dalla Russia e dalla Cina. Incapace di affrontare Mosca, ha fatto silenzio sulla perdita della Crimea e ha preferito designare come unico nemico valido la tattica del terrorismo.
Pur sapendo che alcuni campi di Al-Qaeda sono stabiliti in paesi sotto occupazione NATO, a volte anche membri della NATO, ha annunciato un ampio programma per combatterli. Infine, ha ribadito il suo sostegno a favore dell’"opposizione siriana" e ha promesso che non mancherà di venirle in aiuto... non appena sarà riuscito ad ottenere l’accordo del Congresso.
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Gli Stati Uniti sono rimasti una "nazione indispensabile" solo nel discorso del presidente Obama

Il 28 Maggio, in occasione della consegna dei diplomi ai cadetti dell’Accademia Militare di West Point, il presidente Obama ha pronunciato un discorso importante nel quale ha esposto la sua dottrina strategica [1].
Com’era prevedibile, il presidente ha ricordato di aver mantenuto la sua promessa di rimpatrio delle truppe dispiegate in Afghanistan e in Iraq, e di essere riuscito ad eliminare Osama bin Laden.
Ma ciò che egli ha presentato come un bilancio lodevole non lo è affatto: i G.I. sono tornati sfiniti dall’Afghanistan e sono fuggiti dall’Iraq prima che la resistenza popolare li cacciasse via. Il costo spaventoso di queste spedizioni - oltre i 1000 miliardi di dollari - ha fatto sì che il Pentagono non potesse più mantenere il suo arsenale. 
In quanto alla morte di bin Laden, non è altro che una favola per bambini: Osama bin Laden non c’entrava niente con gli attentati dell’11 Settembre, ed era morto di malattia e sepolto nel Dicembre del 2001, come fu accertato dall’MI6 britannico [2].
Non si può che provare ammirazione di fronte alla capacità statunitense di perseverare nel raccontare una realtà immaginaria, seppur smentita da prove solide, e riuscire ad essere sempre sostenuti dalla stampa atlantista.
Nella sua allocuzione, il presidente ha descritto il suo paese come "una nazione indispensabile", la più potente tanto sul piano militare che economico. Eppure nessuna di queste due asserzioni è più veritiera oramai. Il 14 Maggio, il generale Martin Dempsey, presidente del Comitato dei capi di stato maggiore, riconosceva davanti all’Atlantic Council che le sue Forze Armate sarebbero state definitivamente sorpassate da lì a dieci anni se non si fosse attuato subito un gigantesco sforzo di rinnovamento [3]; uno sforzo improbabile visto le restrizioni budgetarie.
Il Pentagono constata che l’attuale ritardo nella ricerca militare è probabilmente irreversibile. Le tecnologie militari di punta di Russia e Cina sono oramai più sviluppate di quelle degli Stati Uniti. È troppo tardi per risalire la china. La superiorità di facciata di Washington regge solo per il fatto che le sue truppe sono le uniche ad essere dispiegate in tutto il mondo.
Si scelgono solo alcune aree di operazioni, che non siano né contro la Russia né contro la Cina, le quali vincerebbero in caso di Guerra Mondiale. Per quanto riguarda il lato economico, la maggioranza dei beni di consumo che si consumano negli USA sono fabbricati in Cina.
Su queste premesse fantasmagoriche, secondo l’espressione del Washington Post che si limita a citare la relativa debolezza militare degli Stati Uniti [4], il presidente Obama ha annunciato che il suo paese non esiterebbe ad intervenire all’estero qualora i suoi interessi diretti fossero in pericolo, ma che si appellerebbe a coalizioni internazionali per affrontare problemi meno impellenti. Ha affermato che il pericolo immediato non è più la Russia, come lo è stato durante la Guerra Fredda, ma che il principale nemico è il terrorismo.
Non importa dunque che la Crimea abbia aderito alla Federazione Russa. Washington non intende combattere malgrado ci veda un’"annessione" che viola gravemente il Diritto internazionale e non esiti a paragonare il presidente Vladimir Putin a Adolf Hitler.
Soprattutto, dopo 13 anni di "lotta al terrorismo", Washington dice di avere eliminato i pochi fanatici che formavano la direzione internazionale di Al Qaeda, ma che il problema da affrontare oggi è molto più grave perché oramai sono tanti i gruppi affiliati ad Al Qaeda sparsi in quasi tutto il mondo.
Questa "guerra senza fine" ha il vantaggio di autorizzare tutto. Appellandosi alla legittima difesa, dal 2001 Washington si permette di violare la sovranità degli altri Stati per sopprimere o bombardare a suo piacimento ciò che vuole e quando vuole. Per mandare avanti questa guerra, il presidente Obama ha annunciato la creazione di un "Fondo di partenariato contro il terrorismo", alimentato da 5 miliardi di dollari. Con lo scopo di creare dei servizi di sicurezza degli Stati alleati.
Chi potrà mai credere ad un programma del genere? Attualmente i terroristi vengono allenati in vari campi permanenti di Al Qaeda, situati nel deserto libico, paese occupato dalla NATO. Altri tre campi di Al Qaeda sono invece stabiliti a Şanlıurfa, Osmaniye e Karaman, in Turchia, paese membro della NATO [5].
I Siriani ricordano ancora la confessione rilasciata in televisione dall’emiro del Fronte Al Nosra (filiale di Al Qaeda) che aveva trasportato missili chimici da una base militare fino alla Ghouta di Damas. Secondo quest’uomo, non solo le armi gli erano state fornite da un esercito membro della NATO ma l’ordine di farne uso "sotto falsa bandiera" per giustificare un bombardamento statunitense in Siria era stato dato dagli Stati Uniti.
Tredici anni dopo gli eventi dell’11 Settembre 2001, chi può ancora credere che Al Qaeda sia il principale nemico della "nazione indispensabile" quando, in un discorso all’Università nazionale della Difesa del 28 Maggio 2013 [6], lo stesso Barack Obama affermava che gli elementi affiliati ad Al Qaeda erano "meno capaci" della loro casa madre? All’epoca, dichiarava che il pericolo si era attenuato e che gli Stati Uniti non dovevano più farne la loro priorità.
Sempre a West Point, il presidente Obama ha aggiunto a proposito della Siria che bisogna "aiutare il popolo siriano a tener testa a un dittatore che bombarda e affama il proprio popolo" (sic!). Per questo Washington aiuterà "quelli che si battono per il diritto di tutti i Siriani ad essere artefici del proprio futuro" (da intendere: non i Siriani stessi che votano per eleggere il proprio presidente, ma solo coloro i quali sono pronti a collaborare con un governo coloniale formato dalla NATO).
D’altronde, perché intervenire da soli in Siria? Perché "la guerra civile siriana dilaga fuori dai confini del paese, la capacità dei gruppi estremisti agguerriti a prenderci di mira non farà che aumentare". In altri termini, dopo aver incendiato la Siria, gli Stati Uniti potrebbero essere raggiunti dal fuoco che essi stessi hanno acceso.
"Intensificheremo i nostri sforzi per sostenere i vicini della Siria - la Giordania e il Libano, la Turchia e l’Iraq - che gestiscono il problema dei rifugiati. Lavorerò con il Congresso per rafforzare il sostegno a chi nell’opposizione siriana offre la miglior alternativa ai terroristi e a un dittatore brutale.
Inoltre continueremo a collaborare con i nostri amici ed alleati in Europa e nel mondo arabo per una soluzione politica a questa crisi e per far sì che questi paesi, e non solo gli Stati Uniti, si facciano carico di una parte equa dei mezzi di sostegno al popolo siriano", ha aggiunto.
In altri termini, la Casa Bianca discute con il Congresso sul modo di sostenere le ambizioni personali dei membri della Coalizione nazionale. Secondo la stampa, Washington potrebbe fornire degli allenamenti militari negli Stati limitrofi e distribuire armi più competitive. Ora però:
- Se Washington si mette a fornire allenamenti ed armi ai Collaboratori siriani, dovrà quindi ammettere di non averlo fatto su grande scala prima ed aver utilizzato principalmente mercenari stranieri nel contesto di Al Qaeda.
- Se 250 000 mercenari jihadisti non sono stati capaci di rovesciare lo Stato siriano in questi ultimi tre anni, come potrebbero riuscirci poche migliaia di Collaboratori della colonizzazione occidentale?
- Perché gli Stati limitrofi, già impegnati in una guerra segreta, dovrebbero accettare di entrare in una guerra aperta contro la Siria, con i rischi che ciò implica per loro?
- Quali armi più sofisticate si potrebbero fornire a questi Collaboratori del colonialismo che essi stessi potrebbero poi utilizzare un giorno contro altri bersagli, come per esempio la supremazia aerea di Israele?
- E, last but not least, sapendo che tutto ciò è oggetto di discussione da tre anni, quale novità ci permetterebbe di credere che questi interrogativi potrebbero trovare una risposta oggi?

Il discorso di Obama è dettato dall’impotenza: si vanta di aver ritirato le sue truppe dall’Afghanistan e dall’Irak, e di aver assassinato un fantasma che, da un decennio già, non sopravviveva che nelle cassette registrate di Al Jazeera. Annuncia che intende combattere il terrorismo e lo protegge ovunque.
Dichiara che intende fornire un sostegno più efficace all’"opposizione siriana" ma scarica immediatamente ogni responsabilità sul Congresso (che si era opposto al bombardamento del paese durante la crisi delle armi chimiche), certo che quest’ultimo lo limiterà al minimo.

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I neodiplomati dell’Accademia militare di West Point non hanno dedicato nessuna standing ovation al presidente Obama.

Questo discorso non è stato che uno sproloquio di facciata che tenta di mascherare l’irreversibile declino. Il pubblico sbalordito ha capito che è giunta la fine dei sogni di conquista.
Contro ogni attesa, meno di un quarto dei 1064 neodiplomati dell’Accademia Militare di West Point ha applaudito il presidente mentre la maggior parte è rimasta di marmo. L’Impero sta morendo lentamente.
 
Traduzione
Matzu Yagi
Fonte
Megachip (Italia)

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