domenica 16 luglio 2017

ISRAELE ED USA hanno perso la guerra contro la SYRIA, ED ORA??

P R O L O G O
La Forza Tigre, avanzando da Sud di Al-Resafa è riuscita a liberare dall'ISIS (operatori di pace "moderati") il massiccio di Abu al-Kalat, ha conquistato il controllo dello strategico checkpoint di Zamlah e il campo petrolifero di Al-Kadir.

Inoltre anche i centri abitati di Khirbat al-Alul, Bir Horan, Zanati e Al-Kalat sarebbero stati liberati dal giogo dell'ISIS.

Adesso gli uomini del Generale Hassan si trovano a circa una decina di Km dal confine con la Provincia di Homs e davanti a loro si aprono le strade per Deir Ezzour e per Sukhanah.

A questo punto l'ISIS deve sottrarre forze o all'assedio di Deir Ezzour oppure dal fronte Sud dove altre unità siriane premono da quella direzione verso Sukhanah, per cercare di arrestare o perlomeno rallentare i progressi dei commandos dell'Aviazione della repubblica federale di Syria.

Il "piano", fin troppo evidente di farsi "parare il culo" sul fronte Nord dai Curdi e dai loro "amici" sionamericani é andato a gambe all'aria grazie alla rapidità e alla decisione dell'unità d'élite guidata dal Generale Souhail Hassan.

Giù la maschera: non siamo in Siria per l’ISIS

Il velo di menzogne ed ipocrisie con cui si ammanta la politica estera più cinica e spietata, presto o tardi, cade, svelando il vero motore gli eventi: arriva il momento in cui la retorica “liberale” (l’esportazione della democrazia, la difesa dei diritti umani, la violenza delle dittature, etc. etc.) esce di scena, incalzata dagli eventi, duri e crudi. Rapporti di forza, sfere di influenza e ambizioni territoriali prendono il sopravvento anche nel dibattito politico e mediatico: cala il silenzio su proteste, dissidenti e minoranze e l’attenzione si sposta su confini, oleodotti e zone cuscinetto. La guerra in Siria non fa eccezione.
Sia chiaro: nessun “addetto ai lavori” ha mai avuto dubbio che in Siria andasse in onda una guerra per procura tra il declinante impero di sion israeloangloamericano e le potenze emergenti.
Le prime a prenderne atto furono proprio Russia e Cina che, bruciate dal colpo di mano con cui la NATO rovesciò Gheddafi, si opposero in sede ONU a qualsiasi manovra occidentale contro Bashar Assad, sin dall’autunno 2011.
Per due anni, si continuò comunque a a parlare di “insurrezione” e “guerra civile” contro il regime. Nel 2013 si cercò l’intervento militare americano, usando come pretesto il falso attacco chimico da parte delle truppe governative. Nel 2014 l’attenzione si spostò sull’improvvisa comparsa dell’ISIS e sulla successiva “lotta contro il Califfato” condotta dalla coalizione a guida statunitense.
Dietro a tutto, si nascondeva la volontà di potenze occidentali e sunnite (Israele, USA, GB, Francia, Germania, Qatar, Turchia, Arabia Saudita, Italia, etc. etc.) di “balcanizzare” la Siria, dividendola su faglie etniche e religiose, e l’opposta determinazione di garantire l’integrità del Paese degli alleati di Bashar Assad (Russia, Iran, sciiti libanesi ed iracheni).
Giunti al settimo anno di guerra e scongiurato (grazie alla campagna militare russa) lo smembramento della Siria, il conflitto si sta facendo finalmente esplicito, mostrando la sua vera natura: uno spietato e sanguinoso braccio di ferro tra potenze, per il controllo dello strategico territorio che unisce il Mar Mediterraneo al cuore della Mesopotamia. Il passaggio da guerra per procura a conflitto semi-diretto è stato sigillato da un’azione militare: il 18 giugno un caccia americano F/A-18 ha abbattuto nei pressi di Raqqa un Su-22 dell’aviazione siriana, impegnato in bombardamenti contro i ribelli supportati dagli USA.
La reazione di Mosca non si è fatta attendere: sospensione immediata del canale diretto con le forze americane operanti in Siria ed un sinistro avvertimento del ministero della Difesa: gli aerei e droni della coalizione internazionale individuati ad ovest del fiume Eufrate saranno d’ora in avanti monitorati e considerati come bersagli1.
Anche l’Iran ha sottolineato il “salto di qualità” nella settennale guerra siriana con un gesto carico di significati: a distanza di poche ore dall’abbattimento del Su-22, nella notte tra il 18 e 19 giugno, le Guardie Rivoluzionarie hanno lanciato una serie di missili a medio raggio Shahab-3, dal territorio siriano verso la città di Deir Ezzour ancora in mano all’ISIS. Se il bombardamento è formalmente una rappresaglia per l’assalto al Parlamento iraniano del 7 giugno, ci sono pochi dubbi che la prova di forza iraniana si inquadri nel più generale crescendo di tensione in corso. 
Che la situazione per il blocco sionatlantico stesse volgendo al peggio, era emerso con chiarezza nell’autunno del 2016, quando le truppe governative avevano riconquistato Aleppo: rinsaldato l’asse tra la capitale ed il cuore economico-industriale della Siria, Bashar Assad poteva considerati raggiunti gli obbiettivi di massima della guerra.
Da allora, la coalizione capeggiata da TelaWashington ha dovuto rivedere i piani alla luce degli sviluppi sul campo. La nuova strategia contemplava una balcanizzazione “minima” del Paese: si prevede, in particolare, la nascita di un Kurdistan indipendente nel nord della Siria e la creazione di un feudo controllato dagli USA nell’estremo est del Paese (la zona di Raqqa ed il corso dell’Eufrate) così da impedire la nascita del temuto corridoio Damasco-Teheran via Baghdad.
Il primo obbiettivo si è scontrato con la ferrea determinazione di Ankara di impedire la creazione di qualsiasi entità curda a ridosso dei suoi confini, col rischio che questa funga da catalizzatore per i milioni di curdi che vivono nel sud-est della Turchia: ne sono derivati i ripetuti bombardamenti aerei turchi contro i curdi alleati di Washington (SDF o YPG) che hanno incrinato i rapporti tra le due potenze2.
Il secondo obbiettivo si è invece concretizzato con il dispiegamento di forze angloamericane nelle stesse zone controllate fino a poco prima dal Califfato.
Sul finire del 2016, gli USA creano (in barba a qualsiasi norma del diritto internazionale) una base nei pressi di Al Tanaf, ad una cinquantina di chilometri dal confine giordano ed iracheno: insinuandosi dentro i confini siriani, gli angloamericani miravano a tagliare le comunicazioni tra Damasco e Teheran che si avvalgono dell’autostrada per Baghdad ed a creare un cuneo per la conquista di Deir Ezzour, Raqqa e la valle dell’Eufrate.
Dalla base di Al Tanaf, l’aviazione americana lanciava saltuari raid contro le forze corazzate siriane in avanzata3, ma l’effetto deterrente è modesto: per impedire che l’enclave angloamericana sia sommersa, il comando militare statunitense decide quindi, ai primi di giugno, di dotare la base di missili balistici tattici con raggio di 300km (HIMARS).
La mossa americana ha il sapore della disperazione: l’iniziativa militare è saldamente in mano a Damasco ed è altamente probabile che sia proprio la coalizione russo-iraniana ad entrare per prima a Raqqa e Deir Ezzour (si veda la recente riconquista di Rusafa4). L’abbattimento del Su-22 siriano di pochi giorni fa è nient’altro che il gesto inconsulto di chi vede svanire ogni possibilità di vittoria.
La realtà è molto amara per la coalizione “occidentale”: la pluriennale guerra per procura combattuta in Siria è persa e con lei svaniscono le residue velleità neo-coloniali di Francia e Regno Unito, i progetti di un Nuovo Medio Oriente di USA ed Israele, le ambizioni regionali dell’Arabia Saudita e del Qatar.
Di fronte a questo clamoroso scenario (il primo cambio di regime fallito dal crollo del Muro di Berlino), non resterebbe agli USA che un’ estrema opzione per ribaltare la situazione sul campo: accantonare la guerra per procura e procedere con un conflitto aperto, ingaggiando prima le forze governative siriane, poi l’Iran e, infine, la Russia.
Come un incendio di devastanti proporzioni, la guerra si propagherebbe nel giro di pochi giorni dalla Siria all’intero Medio Oriente, dal Mar Mediterraneo al Mar Baltico, dall’Asia all’Europa, e poi oltre.
È uno scenario possibile ma, considerata la stanchezza economica, politica e militare degli USA, improbabile: più facile, invece, che l’establishment atlantico getti la spugna in Siria e contrattacchi altrove ricorrendo alle tattiche sinora utilizzate.
Manovre sui mercati finanziari per abbattere il prezzo del greggio e le entrate fiscali russe (il barile è sceso attorno ai 46$), tentativi di rivoluzioni genocide colorate in vista delle presidenziali russe, rilancio nei teatri periferici (Ucraina, Yemen, Centro Asia).
È indubbio che esista una corrente oltranzista ed apocalittica che preme per il confronto militare con l’Iran e la Russia, ma è difficile che Donald Trump, sebbene tenuto sotto scacco dal “Russiagate”, voglia passare alla storia come il presidente che ha rischiato/condotto il primo conflitto nucleare.
La guerra per procura in Siria volge al termine e, nonostante gli ultimi colpi di coda, si profila all’orizzonte una storica disfatta per il blocco sionistatlantico: è l’ennesimo segnale di un sistema che marcia rapido verso il collasso economico, politico e morale.

1http://www.askanews.it/esteri/2017/06/19/siria-russia-jet-coalizione-a-ovest-eufrate-obiettivi-da-ora-pn_20170619_00653/
2http://edition.cnn.com/2017/04/25/politics/turkey-bombs-kurds-iraq-us-concerned/index.html
3http://www.telegraph.co.uk/news/2017/05/18/us-fighter-jets-bomb-assad-tank-convoy-advancing-coalition-base/
4https://southfront.org/syrian-army-captures-strategic-crossroad-town-of-resafa-in-raqqah-province-map
deca


Gli USA si ritirano da al-Tanaf e dall’occupazione

illegale della Syria sudorientale

Gli Stati Uniti rinunciano alla posizione senza speranza al confine tra Siria e Iraq, vicino Al-Tanaf, nella Siria sudorientale. I militari sionisti avevano già bombardato le forze siriane quando si avvicinavano alla posizione, ma si trovarono esclusi, isolati a nord e chiusi in una zona inutile. Al-Tanaf è nell’area blu con le due frecce blu nella parte inferiore della mappa. Sarà, in questi giorni rossa venendo liberata dagli sporchi invasori e posta sotto il controllo del governo siriano.
Ricapitolando: “Il piano statunitense era di avanzare da al-Tanaf a nord, verso l’Eufrate, per catturare e controllare tutto il sud-est della Siria. Ma Siria ed alleati compivano una mossa inattesa impedendo il piano. Gli invasori sono ora isolati dall’Eufrate da una linea ovest-est che termina al confine siriano-iracheno.
Elementi delle Unità Militari Popolari irachene, sotto il comando del governo iracheno, avanzano per incontrare le forze siriane al confine. Gli invasori statunitensi sono ora nel mezzo del deserto, piuttosto inutile, attorno al-Tanaf, dove la sola opzione è morire di noia o rientrare in Giordania da dove sono venuti”.
Le forze armate sioniste statunitensi avevano anche trasferito un lanciarazzi HIMARS per 300 km dalla Giordania ad al-Tanaf. Una mossa ridicola. Non ne migliorava le capacità passando dalla posizione iniziale in Giordania a poche miglia ad ovest.
Ma qualcuno nell’esercito statunitense credeva che mostrare tale arma in una zona condannata avrebbe impressionato le forze siriane e russe e cambiato la realtà (la massa degli statunitensi è notoriamente poco intelligente).
Non l’ha fatto. Era chiaro che gli Stati Uniti avrebbero dovuto andarsene. Ora sembra accadere.
Una fonte informata afferma: “TØM CAT @TomtheBasedCat – 3:38 PM – 29 giugno 2017 LOL Evidentemente l’FSA di al-Tanaf sta davvero volando verso Shaddadi. Il piano C è in corso”.
C’erano diverse voci a questo proposito sin da ieri e le conferme ora confermano. LOL davvero. Circa 150 operatori di pace "moderati" addestrati dagli Stati Uniti passeranno da al-Tanaf alla Siria nordorientale, dove si uniranno alle (odiate) forze curde. Possono poi cercare di raggiungere Dayr al-Zur assediata dallo SIIL a nord, o seguire una missione suicida contro un’altra posizione dello SIIL.
L’Esercito arabo siriano si avvicina per liberare Dayr al-Zur probabilmente da sud e da est. È improbabile che lascerà che i fantocci degli USA vi partecipino.
Il contingente statunitense si sposterà ad ovest da al-Tanaf, tornando in Giordania. Le forze siriane e irachene prenderanno il controllo del confine da al-Walid ad al-Tanaf e riprenderà il regolare traffico commerciale sull’autostrada Damasco-Baghdad.
I propagandisti che hanno sostenuto la grande missione statunitense di occupare l’intero confine iracheno-siriano e la Siria orientale hanno perso. La “mezzaluna sciita” dall’Iran al Libano che avrebbero voluto impedire con tale mossa non è mai stato un collegamento stradale fisico e certamente nulla che gli Stati Uniti potessero combattere con qualsiasi mezzo fisico.
La spinta all’occupazione statunitense della Siria orientale e l’incitamento a un grande conflitto sono ormai falliti!!!!!!


Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

deca




La guerra civile Siriana ad un punto di svolta: Assad vicino alla vittoria



La guerra civile siriana, iniziata ben sei anni fa, si avvicina sempre più alla sua conclusione; e la dea Vittoria, giorno dopo giorno, sembra sorridere al legittimo presidente siriano Bashar al Assad. Che piaccia o meno al cosiddetto “mondo illibero occidentale” infatti, le forze governative dell’esercito siriano, sostenute da milizie iraniane, volontari  libanesi di Hezbollah e da numerosi siriani, avanzano ogni giorno sempre più in profondità fra le ormai disorganizzate difese dell’Isis.
Una volta chiusa la partita con l’autoproclamatosi Califfato Islamico del Levante e dell’Iraq, le forze governative potranno concentrare tutte le proprie energie contro i sedicenti “ribelli operatori di pace moderati”. Ma vediamo ora perché l’esercito arabo siriano è giorno dopo giorno più vicino alla vittoria, se non sul campo, almeno a livello tattico-strategico.
 
Innanzitutto sul fronte sud le forze governative sono riuscite a raggiungere il 9 giugno il confine con l’Iraq, altro paese alle prese da anni con Daesh e il cui esercito è un fermo alleato di Assad. Essendo riuscite a raggiungere la frontiera, le forze siriane hanno evitato così che le forze ribelli dislocate presso al-Tanf, sostenute da truppe USA, ampliassero il loro raggio di controllo. Era infatti obiettivo conclamato della coalizione occupante USA quello di creare una “buffer zone”, una zona di controllo alleato, sul confine Siria-Iraq con il pretesto di assicurarne la sicurezza.
Il vero fine era invece quello di evitare che le forze governative dei due stati si incontrassero, iniziando così a collaborare nella lotta contro i boia dell’ISIS.
In questo modo non solo viene preclusa qualsiasi azione ribelle nel territorio, ma viene vanificata ogni legittima pretesa americana d'intervenire direttamente sul territorio sovrano siriano. L’Iran, grande alleato di Damasco, può ora far arrivare anche un maggior numero di rifornimenti e beni di prima necessità al governo siriano per via terrestre attraverso l’Iraq.


Le forze governative siriane hanno raggiunto il confine con l’Iraq, vanificando i piani USA di creare una “zona cuscinetto” fra i due stati.

Baghdad e Damasco hanno infatti un nemico comune: il Califfato Islamico. Sconfiggere terroristi del Daesh in Siria vuole dire indebolire il nemico in Iraq e viceversa; non è un caso dunque che i contatti fra i due paesi siano notevolmente aumentati da pochi anni a questa parte.
L’esercito iracheno da maggio a giugno ha dato il via ad una serie di operazioni che lo ha portato a raggiungere il confine Siriano a nord, presso Un al-Janis, dove è però entrato in contatto con milizie curde siriane. Durante queste operazioni  l’esercito Iracheno ha eliminato un gran numero di terroristi, causando la fuga della maggior parte delle unità dell’esercito del Califfato verso la città di A Mayadeen, in Siria, – che secondo fonti statunitensi è ora divenuta la nuova capitale del Daesh, vista anche la prossima caduta di Raqqah.
Il portavoce dell’esercito iracheno, Ahmed al-Asadi ha recentemente rilasciato una dichiarazione secondo la quale “l’esercito iracheno non entrerà in Siria fintantoché l’Iraq non sarà totalmente liberato dalla feccia dell’ISIS, e che solo l’autorizzazione del parlamento ed il permesso del governo siriano daranno il via all’intervento iracheno in Siria.”
In questi giorni si sono anche moltiplicati i contatti e gli incontri fra il capo supremo dell’esercito  iracheno ed il ministro della difesa siriano al fine di concordare l’azione comune contro i terroristi dello stato islamico.

L’esercito iracheno, raggiunto il confine a nord con la Siria, molto probabilmente proseguirà la sua avanzata lungo la frontiera;
tagliando così in due il territorio del Daesh e liberando gran parte del territorio iracheno occupato.

L’esercito siriano, ormai in difensiva sui fronti ancora aperti contro i ribelli delle SFA, è in piena avanzata nei territori desertici dell’est, dove ha messo in moto tutto il suo potenziale bellico. È da mesi ormai che siamo di fronte ad una lenta ma costante ed energica avanzata, con la conseguente fuga in massa delle milizie dell’ISIS e il loro riposizionamento strategico.
Dopo essere giunti sul confine Iraq-Siria, le truppe governative, appoggiate dall’aviazione russa e dai volontari, stanno avanzando da Palmira in direzione As-Sukhnah ed al-Taybah. In questo modo non solo aumentano il territorio sotto il loro controllo a difesa della storica città, ma si avvicinano sempre più a Der ez-Zoir, dove da anni ormai truppe governative resistono all’assedio delle forze nemiche. Palmira è ormai ben difesa dalle truppe siriane e dall’aviazione russa, e una debole offensiva dell’Isis in questi territori è stata respinta senza grandi perdite.
Più a  nord, nella regione di Raqqah, le forze governative stanno ottenendo brillanti successi. Qui la Tiger force, forze speciali ben motivate ed esperte nel combattere i terroristi, stanno avanzando verso sud-est, raggiungendo un’importante autostrada necessaria alle truppe del califfato per portare rifornimenti a Raqqah assediata dai curdi. Da qui le forze governative hanno conquistato  l’importantissima cittadina di Resafa, posta a nord di Dir ez-Zoir ed a sud di Raqqah, nodo stradale strategico di grande importanza.

19 giugno: le forze siriane, dopo aver riconquistato la zona petrolifera a sud del lago Assad si sono spinte con successo alla conquista di Resafa.

La spinta verso Raqqah delle forze siriane si è infatti esaurita per via dei numerosi attacchi che le truppe governative hanno subito da parte dei velivoli della coalizione. Conquistare la capitale del Califfato sarebbe stato un successo mediatico troppo grande per Assad, e per evitare ciò i curdi, insieme alla coalizione a guida USA, hanno fatto in modo che non accadesse: accerchiando la città e respingendo ogni tentativo di penetrazione governativa nella zona.
Le forze siriane hanno quindi preferito concentrare le loro energie nella liberazione di Dir ez-Zoir. La città, posta sul fiume Eufrate, è da anni ormai accerchiata da ogni lato dalle forze dell’Isis, che non riescono però a piegarne le difese.

Premendo da nord-ovest e sud-ovest l’esercito siriano mira alla liberazione della città di Dir ez-Zoir.

L’obiettivo dell’esercito della Repubblica araba di Siria è ora quello di liberare la città, assicurandosi così il controllo del medio corso dell’Eufrate e, avanzando da nord-est e sud-est, di chiudere in una tenaglia le forze del califfato ivi presenti.
Per arrivare a liberare la città dall’assedio ci vorrà ancora molto tempo, nonostante ciò le forze pro-Assad hanno dimostrato, e dimostrano tutt’ora, una tenacia fuori dal comune. Attaccate dai ribelli “moderati”, dai terroristi del Daesh e dalle incursioni aeree della coalizione, esse non hanno ceduto di un passo di fronte al numero soverchiante dei nemici.
L’uccisione del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi, annunciata dal ministro della difesa russo, benché grande successo per le forze filogovernative – anche se la sua veridicità è da provare-  non cambia però le carte in tavola. Egli non era infatti il capo militare del Califfato, ma solo il suo ispiratore politico ed ideologico. Le forze siriane continueranno la loro battaglia contro tutti coloro che non credo in una Siria laica, sovrana ed indivisibile, ed il giorno della vittoria, benché sempre più vicino, richiede ancora un grande sacrificio di sudore e sangue.
(di Marco Franzoni)
deca




Le Tiger Forces, l’arma vincente di Assad


Fra le tante unità dell’esercito arabo siriano che stanno combattendo per il legittimo presidente Bashar al Assad, ne esiste una che per la sua ferocia e determinazione è diventata leggendaria: le Tiger Forces, o Qawat Al-Nimr.
Questa unità venne creata dopo le brillanti prestazioni di alcuni soldati e volontari nelle battaglie di Latakia ed Hama, con l’intento di organizzare una forza offensiva inarrestabile, esperta nel combattere i terroristi delle forze ribelli. L’onere di questo compito venne affidato al colonnello Suheil al-Hassan, ormai divenuto Maggior Generale grazie ai numerosi successi sul campo.
Una figura, quella di Suheil, che è ormai divenuta celebre in tutta la Siria con il soprannome di The Tiger. Eroe popolare, il creatore delle Tiger Forces si è diplomato presso l’accademia militare delle forze aeree dell’esercito siriano nel 1991, ed ha servito nell’intelligence siriano addestrando le forze speciali. Le vere potenzialità di Suheil si manifestarono però allo scoppio della guerra civile d'occupazione.
Nel 2011 il colonnello al-Hassa si trovò catapultato sul campo di battaglia dove guidò con energia e successo le sue truppe.

Scelto per creare una forza d’assalto composta da volontari e soldati, da 6 anni ormai combatte per la Siria nei campi di battaglia più sanguinosi e cruenti. Questa unità d’élite venne create nel momento di maggior sconforto dell’esercito siriano, migliaia di cittadini erano infatti fuggiti in Turchia ed in Occidente, mentre mercenari ribelli e bande di terroristi affiliate ad Al Qaeda spadroneggiavano per il paese.
Ci voleva una scossa che risollevasse il morale e riaccendesse la determinazione nei soldati dell’esercito: furono le forze di Suheil a rispondere a questa chiamata con energia e determinazione. Dopo un intenso addestramento le Tiger Forces vennero spedite su tutti i campi di battaglia più duri del paese, riuscendo sempre a vincere, anche a costo di grandi sacrifici.
L’unità speciale Tiger Forces è infatti l’unica dell’esercito siriano a non essere mai stata sconfitta. Composta da poco più di 1.000 soldati e organizzata su varie brigate, ha combattuto nella liberazione di Aleppo, riconquistando l’aeroporto della città e il suo distretto industriale.
Dopo aver sconfitto gruppi ribelli affiliati a Jabhat an-Nusrah i soldati di Suheil hanno affrontato per la prima volta nell’autunno del 2014 i terroristi dell’Isis, sconfiggendoli nella battaglia della area petrolifera d'Shaer.
Una delle azioni più famose delle forze Tigre è stata la liberazione dell’aeroporto di Kuweires, dove 600 soldati siriani erano assediati ormai da 3 anni da forze superiori del Califfato Islamico. Punto di forza delle unità speciali Tiger Forces è senza dubbio la grande abilità tattica e strategica del suo comandante.
Suheil al-Hassan è infatti capace, grazie anche a buone doti diplomatiche, d' accordarsi con le tribù locali riuscendo a portarle dalla parte del presidente Assad ed a partecipare così alla liberazione del paese.
Come tutte le altre forze dell’esercito arabo siriano, le Tiger Forces, decimate dai violenti scontri e attive in più punti del paese, sono afflitte da una perenne penuria di armi, munizioni e vettovagliamenti. Nonostante ciò, anche se come la maggioranza delle SAA (le forze governative) sono armate con armi antiquate, stanno ricevendo numerose armi di fabbricazione russa, tra cui carri armati T-90, fucili d’assalto AK-74M, ed il sistema di combattimento per la fanteria “Ratnik”.
La strategia delle Tiger Forces, anche se dislocata in un settore difensivo, è sempre aggressiva. I suoi soldati lanciano infatti furiosi attacchi chirurgici contro le zone meno difese del fronte avversario, riuscendo a causare numerose perdite al nemico e ritirandosi poi quando questo organizza un serio contrattacco. Penultimo grande successo delle forze di Suheil è stato conquistare il nodo ferroviario di Resafa a sud di Raqqah e liberare tutta la zona petrolifera adiacente.
L’aggressività e le ormai indiscusse capacità antiterroristiche delle Tiger Forces riescono a nascondere la debolezza intrinseca dell’esercito siriano, lacerato da sei anni di guerra, diserzioni e morti.
Combattendo con coraggio e determinazione le azioni eroiche di questi guerrieri riescono a riaccendere ovunque vadano lo spirito patriottico nazionale, dando nuove energie e speranze al popolo siriano.
(di Marco Franzoni)
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Hasta la vista, ISIS!

In Siria scende in campo il "Terminator"

(di Tiziano Ciocchetti)

Continua l’appoggio di Putin alla Siria nella lotta contro lo Stato Islamico. Nelle ultime ore si è registrato l’utilizzo di un veicolo corazzato russo da combattimento per la fanteria ( AFV ) BMPT-72 Terminator, nella Provincia di Hama.
Nato alla fine degli anni '90 dalle esperienze dell’Esercito dell’Unione Sovietica nella guerra afghana (1979-1988) e poi di quello della Federazione Russa nel primo intervento militare in Cecenia (1994).
Le numerose perdite di veicoli da combattimento per la fanteria BMP-1 e BMP-2 - caratterizzati da una scarsa protezione nei confronti dei proiettili a carica cava - hanno spinto Mosca a progettare un mezzo adeguatamente protetto per supportare la fanteria durante il combattimento, in special modo in ambiente urbano.
Lo sviluppo del nuovo mezzo parte dallo chassis del carro medio T-72, solo con prestazioni superiori in fatto di mobilità, anche alla luce del diverso quadro strategico, con particolare attenzione sia alla protezione passiva che a quella attiva nei confronti dei moderni sistemi anticarro.
Sembra che in questo modo i russi abbiano seguito la strada già intrapresa dall’Esercito israeliano, con mezzi per la fanteria derivati dai carri.
Il cielo del Terminator è pesantemente protetto, anche con una spaziatura fra due strati, inoltre l’intero mezzo è ricoperto di piastrelle attive ERA (Explosive Reactive Armor) tipo Relikt , collocate sopra la corazzatura composita e modulare in ceramica, in grado di impastare i penetratori ad energia cinetica.
Tutte queste protezioni conferiscono al Terminator un peso in ordine di combattimento che varia dalle 48 t, della configurazione più leggera, fino a 53 t di quella più pesante, consentendo comunque una velocità che supera i 60 km/h, grazie a un propulsore diesel V-92S2 in grado di sviluppare 730 kW.
L’armamento di cui dispone il mezzo è stato studiato per contrastare un ampio ventaglio di minacce :
  • 4 lanciatori per missili anticarro (ATGM) AT-9 Spiral 2 con sistema di guida SACLOS (gittata massima di 6000 metri)
  • Complesso binato 2A42 da 30 mm
  • 2 lanciagranate AGS-17 da 30 mm
  • 1 mitragliatrice da 7,62x54
    Assolutamente da guardare il sottostante breve documentario illustrativo.....

La missione principale del Terminator è quella di accompagnare i carri armati e supportare la fanteria nei contesti di elevata minaccia, potendo contare su ottime capacità di combattimento nei contesti urbani nonché fornendo una versatile piattaforma in grado di ingaggiare bersagli multipli.
L’invio di un simile mezzo in Siria è indicatore che Mosca prende ancora sul serio le capacità di combattimento dello Stato Islamico, anche alla luce dell’utilizzo da parte dei miliziani islamici di sistemi anticarro di 2a generazione tipo TOW (v.articolo).
(immagini: fotogrammi YouTube)

deca
OPERATORI DI PACE "MODERATI" di tutto il mondo, tremate, il vostro terminatore è arrivato!!!


Situazione operativa sui fronti siriani del 14-7-2017

Siria la situazione generale al giorno 13-7-2017
Inserirò dapprima l’aggiornamento emesso sui sociali media il giorno 11 c.m.:

Aggiornamento flash dai fronti siriani del 11-7-2017 - Area desertica di Suweyda

Fronte est provincia di Damasco un mese fa, primi di giugno 2017
Fronte est della provincia di Damasco il giorno 11-7-2017, inizio dell’operazione Grande Alba
Forti dell’esclusione dalla tregua concordata della zona occupata dalle milizie al soldo USA e NATO, denominate NSA (new syrian army), l’esercito siriano ha sferrato ieri una poderosa offensiva a sorpresa, denominata “Grande Alba”.
Le difese NSA sono rimaste travolte, colte alla sprovvista e impreparate di fronte ai numeri di questa offensiva siriana.
Le zone in questione sono in gran parte desertiche pertanto solo la fascia nelle vicinanze della città di Suweida vede la presenza di alcuni villaggi, il resto è deserto insidioso.
Al momento sembra che le forze NSA stiano battendo in ritirata verso est, in direzione di Al Tanf. Penso cercheranno di riallinearsi lungo il confine tra le provincie di Homs e di Damasco ma è certo che per loro si tratta di una sconfitta davvero pesante.
Non essendo una zona soggetta alla tregua concordata con gli USA, che invece riguarda la fascia di territorio a cavallo di Giordania e il Golan occupato, nessun aiuto americano o di altri scagnozzi è giunto in soccorso ai mercenari dell’NSA, pertanto il loro peso sul campo è limitatissimo.
Si stima in circa 3.000 Kmq il territorio liberato durante questa offensiva nelle ultime 36 ore.
Nelle due mappe potete vedere la situazione di un mese fa e quella odierna.
Proseguiamo l’analisi dei fronti maggiormente attivi in Siria.
Concentreremo la nostra attenzione sulle offensive più importanti e di maggiore impatto strategico sull’evoluzione bellica.

Est della provincia di Damasco e di Suweyda

Fronte est della provincia di Damasco, operazione Grande Alba, gli sviluppi 13-7-2017
Prosegue positivamente l’offensiva siriana denominata Grande Alba, iniziata nei giorni scorsi, oggi l’avanzata ha portato alla riunificazione dei salienti siriani che avanzavano da sud, provincia di Suweyda, e da nord Provincia di Damasco.
In queste ore si è dunque formata una grande e mortale sacca ad ovest del ricongiungimento, mortale per chi vi è rimasto chiuso all’interno, ovvero le truppe denominate NSA, addestrate, pagate e agli ordini di USA e Nato, è cosa nota che lo siano per ammissione stessa dei comandi occidentali e anche dei governi che li sponsorizzano.
Questo vasto territorio che vedete in mappa è destinato a scomparire in brevissimo tempo. Le forze al suo interno non sono rimaste in gran numero, già nei primi momenti dell’offensiva è stato immediatamente rilevata la fuga di molti combattenti in direzione di Al Tanf.
Oggi sono stati liberati molti capisaldi in zone strategiche, alcuni di questi erano evidentemente destinati o frequentati direttamente da truppe americane.
Ieri abbiamo avuto la notizia dell’arrivo su questi fronti di un consistente dispositivo di truppe speciali e di fanteria Hezbollah libanesi, schierati ad est della città di Suweyda, il loro apporto è stato immediatamente percepito.
L’azione siriana tende a riportare sotto totale controllo governativo tutta questa immensa area desertica che si estendeva pericolosamente fino a lambire il perimetro di sicurezza attorno alla città di Damasco.
Inoltre l’azione nei prossimi giorni porterà l’esercito siriano a riprendere il controllo di ulteriori aree del confine con l’Iraq, avvicinandosi sempre più ad Al Tanf. 
Finora non vi è stata più alcuna reazione americana, il che significa che, come avevamo intuito, con il superamento della base americana ad est, il suo significato strategico in funzione di blocco della riunificazione siriano-iracheno-iraniana era ormai venuto meno e, di conseguenza, anche gli sforzi per difenderne le posizioni.
Il silenzio delle truppe USA e NATO è assolutamente eloquente.

Settore ad est di Palmira

Fronte est di Palmira, avanzata del 5° Corpo d’Armata siriano e degli alleati verso Al Sukhna, giorno 13-7-2017
Il 5° Corpo d’Armata siriano, affiancato ed addestrato da numerosi ufficiali e sottufficiali russi, ha ripreso la marcia per Al Sukhna. Gli elicotteri russi stanno agendo da apripista, si muovono agilmente nel deserto, i piloti hanno acquisito grandi capacità offensive e di manovra, sanno ora sfruttare al meglio i loro mezzi, modificati e migliorati grazie all’esperienza dell’utilizzo prolungato in prima linea.

Nessuno è stato più abbattuto da diverso tempo e questo è davvero un segnale positivo.

La resistenza dell’ISIS si fa via via più dura man mano che ci si avvicina alla roccaforte, segno che il Daesh abbia concentrato qui gran parte delle forze presenti in questo settore.
Speriamo che una volta abbattute le difese di Al Sukhna (credo sia da preferire il loro annichilimento ad una loro ritirata) la via verso Deyr Ezzour si faccia meno irta di ostacoli e più spedita verso la città assediata.
Sono certo che i cuori dei leoni siriani che difendono quella città da anni, guidati dal loro comandante, il gen. Zahareddine, un uomo ormai assunto alla leggenda vivente, si colmeranno di gioia nel sentire i primi colpi di cannone siriani in lontananza nel deserto. Manca ancora molto in termini di Km. ma le difficoltà maggiori le stanno affrontando in questi giorni.

Fronte sud di Al-Raqqa

   Fronte sud di Raqqa, le Unità Tigre, riprendono l’offensiva giorno 13-7-2017
Le onnipresenti Unità Tigre---> Tiger Forces hanno iniziato stamattina la nuova offensiva che stavamo attendendo. Sono stati liberati diversi villaggi lungo la strada che porta verso Deyr Ezzour, potrebbero però deviare prima a sud spingendosi verso Al Kawn che si posiziona a metà strada tra le attuali posizioni siriane e Al Suknah dove avanza il fronte siriano guidato dal 5° Corpo d’Armata.
Sarà interessante vedere per quali vie opteranno le ottime Tiger Forces, guidate dal gen. Hassan, eroe di decine di vittorie importanti.
E anche per oggi è tutto, a breve spero gli aggiornamenti importanti

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