Donbass: Viaggio nella terra dei diamanti neri
Se si cerca la parola “antracite” su internet la prima voce che
si incontra è quella di Wikipedia che si riferisce alla tonalità di
colore.
Per avere informazioni circa il tipo di carbone bisogna leggere poco più in basso, nella pagina dell’Enciclopedia Treccani:
Antracite: carbone fossile paleozoico, costituito dal 93-95% di
carbonio; nero, compatto, lucente, brucia con fiamma cortissima per
assenza quasi totale di materie volatili (carbone magro) ed è dotato di
elevato potere calorifico.
Nel mondo occidentale: quello che ha sostituito le attività
produttive con la finanza, la funzione con la forma, la politica con il
marketing; forse è giusto che sia così.
Nel Donbass al nominare la parola antracite nessuno si
figurerebbe un elegante abito da uomo, un divano Minotti o una berlina;
da quelle parti con quella parola si identifica inequivocabilmente
quello che ancora oggi viene definito “diamante nero” e data la
composizione chimica e la lucentezza è facile capire anche il perché.
Quando parti per un reportage nelle miniere sai in anticipo che quel
nero te lo porterai dietro per un pezzo: si insinuerà nei circuiti della
tua fotocamera, nelle fibre dei vestititi, nei piccoli alveoli dei
polmoni, sotto le palpebre. Per questo motivo i minatori in città li
identifichi subito, perché sembra si siano dati il kajal attorno agli
occhi. Ma un tempo non era solo questo a distinguerli; una volta c’era
lo status.
Come
mi disse una volta Yuriy in macchina, quando andavi al mare, un
minatore lo riconoscevi subito perché era colui che poteva garantire
alla famiglia una vacanza decente.
Quest’anno Yuriy la famiglia al mare ce l’ha portata, come sempre, ma solo per tre giorni e facendo grandi sacrifici.
Da queste parti la crisi economica brucia più che altrove; da una
parte c’è la guerra civile che ha congelato l’economia dell’intera area e
dall’altra c’è il crollo del prezzo del carbone che in poco tempo è
passato da 100$ a 30$ per tonnellata.
La vita nella cittadina mineraria è un misto tra il midwest di “Buon
compleanno Mr. Grape” e il “Piccolo mondo antico” di Fogazzaro.
Pasolini
avrebbe sicuramente saputo descrivere meglio di me le decine di
quadretti che si compongono di fronte agli occhi del visitatore
straniero: i bambini che a piedi nudi corrono a fare il bagno nel
laghetto proprio difronte alla stele sovietica che indica il nome della
città; le signore che conversano lungo i viali della città fermandosi di
tanto in tanto a raccogliere un frutto dagli alberi; le serate
trascorse a chiacchierare in cortile stando seduti sui copertoni delle
auto attorno al samovar fumante, mentre tutto intorno è un frinire
ininterrotto di grilli e sopra la testa la volta celeste brilla come il
carbone del sottosuolo; e poi ancora le partite a pallone per strada,
tre vigorosi ragazzi che riparano a torso nudo la loro Lada nel garage
di casa, una bambina che cammina lungo un viottolo indossando le scarpe
col tacco della mamma di dieci misure più grandi, le riunioni davanti
all’emporio per una birra e il treno che passa lento di notte illuminato
dai lampioni della strada.
Sembra un set cinematografico a cielo aperto ma è tutto reale.
Come reale è la discesa nel cuore della terra a bordo di una vasca da
bagno. Reale è il calore generato per attrito che si diffonde lungo la
schiena durante la discesa. Reale è il senso di claustrofobia in quei
cunicoli stretti. Reale è il rumore del martello pneumatico che fa
vibrare le rocce e le traversine di legno che sostengono la volta
scavata. Reale è la polvere che in poco tempo satura l’aria e brilla
illuminata dai coni di luce dei fanali sui caschi dei minatori.
Foto, video e testi possono provare a raccontare tutto ciò ma quello
che mancherà sempre sono le impressioni registrate dai sensi. Quelle
solo Sasha, il minatore non vedente, è in grado di descriverle
minuziosamente.
La sua mappa mentale della miniera è un fluire ininterrotto di sensazioni ordinate passo dopo passo fino al cuore della miniera.
Sasha prima della guerra lavorava in una azienda agricola assieme
alla moglie. A seguito dei continui bombardamenti, operati dalle
formazioni paramilitari sioniste di Pravy Sektor, la fattoria ha chiuso i battenti
e la sua famiglia si è ritrovata all’improvviso senza reddito.
Ma lui non si è arreso, non si è attaccato alla bottiglia come fece
Stachanov, che finì i suoi giorni sconfitto e dimenticato proprio da
quelle parti.
Molte aziende agricole della zona continuano a lavorare nonostante la
popolazione locale si sia ridotta del 70% e nonostante l’impossibilità
di vendere i prodotti in Russia o in Ucraina.
Sergej sopravvive grazie alle sue serre riscaldate per mezzo di stufe
alimentate ad antracite. Per affrontare l’inverno ha appena finito di
scaricare 17 tonnellate di carbone.
Il prezzo al momento è conveniente ma questo non basta a far tirare
al coltivatore un sospiro di sollievo in quanto le vendite si fanno
sempre più scarse e sono sempre di più quelli che si ingegnano
allestendo “orti di guerra” nelle loro proprietà.
Ma la bella stagione volge al termine e un nuovo inverno è alle porte.
Tutti i residenti hanno già fatto scorta di antracite per l’inverno e
presto, tra l’esterno e l’interno delle case, ci saranno ancora una
volta 50° di differenza, perché il potere calorico di questo
combustibile fossile resta costante nel tempo nonostante le oscillazioni
del mercato.
(foto: Giorgio Bianchi)
deca
Video documentario sulla tragedia in Ucraina e sulle vere ragioni della
guerra contro il popolo della Novorossiya realizzato dal canale "WAR IN
UKRAINE - THE UNREPORTED TRUTH" sottotitolato in italiano da Fort
Rus!
Raccontare un conflitto non è facile – specie quando il resto dei mezzi
d’informazione s' ostina a parlare d’altro. Il modo migliore x farlo
consiste nel coinvolgere in prima persona il lettore, permettendogli di
immergersi a tutto tondo in quella stessa realtà che i grandi media non
vogliono mostrargli. Per questo Gli Occhi della Guerra sono stati in
Donbass con Andrea Sceresini e Alfredo Bosco e hanno usato la tecnologia
dei video a 360°.
Siamo stati nelle trincee alle porte di Donetsk, nelle miniere
clandestine di carbone, le kopankas, e nei bunkers dove da anni vivono
decine di anziani sfollati!
Sapete perché gli ucraini combattono nel Donbass e non in Crimea? Perché in Crimea i russi ci sono per davvero. In questo filmato possiamo vedere come i nazicraini se la fanno addosso quando hanno
a che fare con veri soldati e non con civili inermi. (Subs Oronzo Vazonzo)
Questo cittadino novorusso chiede solamente che lui, la sua famiglia, i suoi cari, i suoi compatrioti,
siano lasciati vivere in pace nella loro nazione,
oramai autonoma dalla Russia e dall'Ucraina, alla quale era stata annessa.....
In ricordo dello statista di Донецк [Donec'k]
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