1) LE PROVE DEL COLPO DI STATO IN UCRAINA
Adesso
che è venuta a galla la fitta corrispondenza tra il Generale della Nato
Anatoliy Petrenko, l’Oligarca Igor Kolomoisky ed il procuratore di
Liv’v Vladimir Gural risulterà arduo negare il coinvolgimento degli
americani nel colpo di Stato in Ucraina (trovate tutto qui https://www.cyberguerrilla.org/blog/?p=18660).
L’Alleanza Atlantica sta muovendo i fili a Kiev sin
dalla prima ora fomentando il caos in tutto il Paese.
La prima
rivoluzione di Majdan, che ha portato alla cacciata di Yanukovic, non ha
dato i frutti sperati, sia per la rissosità dei satrapi e dei nazisti
saliti al potere, sia per l’appoggio russo alle popolazioni del Donbass,
le quali proprio non ne vogliono sapere di entrare a far parte del III
Reich in versione polacco-magiara, con tanto di commemorazioni delle SS
sezione Galizia.
Così, constata la debolezza dei nuovi usurpatori della Capitale,
gli yankees stanno pensando di dare un giro di vite a tutta la
faccenda.
Ai quisling dell’attuale Junta viene rimproverato di
non aver saputo usare il pungo di ferro quando occorreva e di non aver
rispettato fino in fondo gli ordini di Washington che aveva inviato
prima il Capo della Cia Brennan e poi il Vicepresidente Biden ad
incanalare favorevolmente la fase.
Ora che la situazione sembra precipitare si prova a giocare il tutto per tutto.
Ciò viene riscontrato, appunto, nelle mail inviate da Kolomoisky sia a
Petrenko che a Gural.
Al Procuratore di Liv’v, il padrone di PrivatBank
dice che il colpo di Stato militare sembra la soluzione più breve per
raggiungere gli obiettivi sperati, affidandosi all’estrema destra di
Svoboda che sta svolgendo i compiti sul terreno, coinvolgendo ufficiali e
Generali.
Nell’altra missiva a Petrenko, Kolomoisky, dopo aver fatto
riferimento ad alcune telefonate intercorse tra i due, riferisce che per
lui le elezioni sono una perdita di tempo, che Poroshenko, attualmente
in testa ai sondaggi per le elezioni presidenziali da tenersi il 25
maggio, è un politico troppo debole ed incompetente per prendere le
decisioni adeguate.
Quanto agli altri candidati, compresa Yulya
Timoshenko, sono stati già comprati dal magnate del cioccolato che ha
promesso loro posizioni di rilievo nel prossimo gabinetto.
In base a queste considerazioni gli americani dovrebbero
appoggiare le sue iniziative e sostenere in tutto e per tutto il suo
operato, preventivamente concordato col Dipartimento di Stato
Usa.
Di lui, conclude, possono fidarsi perché è in grado di garantire la
sicurezza delle operazioni e la concretizzazione delle aspettative.
Dopo queste rivelazioni sarà difficile per l’Occidente continuare ad accusare la Russia
di portare disordine in Ucraina.
Anche le sanzioni assumeranno i
contorni della beffa verso che Mosca che viene ingiustamente etichettata
e punita per responsabilità che stanno altrove, nei pressi dell’Ue e
degli Usa.
Ma valutando il livello di faccia tosta degli alleati Nato e
della stampa internazionale che nei giorni scorsi sono riusciti a
chiamare incarico umanitario una missione di spionaggio con falsi
emissari Osce c’è da aspettarsi di tutto.
Basta leggere qualche giornale
italiano come Repubblica per convincersi che le menzogne possono
diventare infinite ed impunite nelle nostre autodichiarate democrazie.
2) La truffa mediatica degli “osservatori OCSE” in Ucraina
Autore Luciano Lago
Le continue menzogne della propaganda atlantista occidentale.
False Flag : agenti dei servizi intelligence della NATO spacciati
dalle TV e media occidentali come “osservatori OCSE”, catturati dagli
indipendentisti prorussi in Ucraina.
Webster G.Tarpley
-PressTV: Gli avvenimenti in corso con gli osservatori OSCE mostrano
il livello di sfiducia della popolazione in Ucraina orientale e
meridionale per qualsiasi cosa connessa all’Europa. Come interpreta il
ruolo che stanno giocando?
Tarpley: Prima di tutto dovrei dire che dobbiamo smetterla di
chiamarli osservatori OSCE, perché ci sono tutte le indicazioni che non
lo siano. Questo è ciò che l’OSCE ha ripetuto continuamente fin
dall’inizio, come si può leggere nel loro sito.
Ci sono essenzialmente
due versioni. I media occidentali parlano di osservatori OSCE, ma il
sindaco Ponomaryov, sindaco filorusso di Slavyansk, li riconosce come
spie.
Temo che la realtà stia confermando la versione di Ponomareyov.
Questi sono ufficiali militari NATO in servizio attivo. Ce ne sono 4
dalla Germania e uno da Svezia, Repubblica Ceca, Danimarca e Polonia.
Tutti NATO o Unione Europea.
Gli ufficiali tedeschi vengono da un posto
chiamato Geilenkirchen, che è una base NATO molto importante, da dove
partono gli aerei AWACS. E’ uno dei grandi centri di ricognizione della
NATO, e loro appartengono in particolare a un’unità dell’esercito
tedesco, la Bundeswehr, che viene chiamata il centro per i compiti di
esecuzione o verifica.
In altre parole, è intelligence militare. Sembra
anche che fossero accompagnati da 5 ufficiali ucraini in servizio attivo
nelle forze pro-Kiev, quelle che sono controllate dal regime. Vedi
video sotto:
http://www.youtube.com/
Il fattore che complica le cose è che stavano guidando veicoli OSCE. Erano a bordo di un autobus che pare fosse marcato OSCE.
Il fattore che complica le cose è che stavano guidando veicoli OSCE. Erano a bordo di un autobus che pare fosse marcato OSCE.
Ebbene, quando
sono stati catturati c’è stata ovviamente una fortissima pressione da
parte del ministero della difesa tedesco e dell’intero apparato NATO,
affinché l’OSCE si prestasse a questo gioco, fingesse che gli uomini
erano stati mandati dall’OSCE, ma non ha funzionato.
Venerdì sera, a Vienna, sul primo canale della televisione austriaca,
Claus Neukirck, un ufficiale OSCE di alto livello, ha dichiarato che
quello non era il loro gruppo, non era la loro visita, e non erano loro
ad aver commesso il fatto. Ciò è stato ammesso anche da Deutsche Welle,
che è la tv e radio internazionale del ministero della difesa tedesco.
Queste informazioni ci sono solo in tedesco, perciò oggi il ministro degli esteri ucraino, cercando di tenere in piedi il trucco, ha affermato: “oh, il segretario generale dell’OSCE verrà qui per cominciare le trattative per portarli via.”
Queste informazioni ci sono solo in tedesco, perciò oggi il ministro degli esteri ucraino, cercando di tenere in piedi il trucco, ha affermato: “oh, il segretario generale dell’OSCE verrà qui per cominciare le trattative per portarli via.”
Molto saggiamente, il
segretario generale dell’OSCE, un diplomatico italiano di nome Lamberto
Zannier, ha dichiarato: “No, non ci vado.”
Ha fatto molto bene a non andare. Chi sa cosa gli sarebbe successo se fosse andato?
Il fatto è che, per i primi due giorni, le trattative sono state condotte esclusivamente dal ministero della difesa tedesco, dalle stesse persone che avevano concordato con Kiev l’invio di questi uomini.
Il fatto è che, per i primi due giorni, le trattative sono state condotte esclusivamente dal ministero della difesa tedesco, dalle stesse persone che avevano concordato con Kiev l’invio di questi uomini.
E’
stato imbarazzante che il ministero della difesa contasse sul fatto che
l’OSCE dicesse “perchè non andate a trattare”, cosa che l’OSCE, penso
poco saggiamente, ha fatto.
Direi al signor Zannier, non vada in Ucraina, piuttosto denunci l’abuso e l’anormalità di un veicolo OSCE usato a nome dell’OSCE da quella che in realtà è intelligence militare della NATO, e se uno viene colto in operazioni militari senza uniforme, ciò si chiama spionaggio; se questa sia la situazione attuale non è chiaro, ma solleciterei tutti a smettere di descriverli come osservatori OSCE: sono ufficiali militari NATO.
Direi al signor Zannier, non vada in Ucraina, piuttosto denunci l’abuso e l’anormalità di un veicolo OSCE usato a nome dell’OSCE da quella che in realtà è intelligence militare della NATO, e se uno viene colto in operazioni militari senza uniforme, ciò si chiama spionaggio; se questa sia la situazione attuale non è chiaro, ma solleciterei tutti a smettere di descriverli come osservatori OSCE: sono ufficiali militari NATO.
Fonte: Tarpley.net
Traduzione: Anacronista
3) In Ucraina gli USA vogliono una tensione permanente
La situazione rischia di andare fuori controllo
di Osvaldo Pesce
La situazione ucraina è pericolosa e in continuo sviluppo, è un conflitto che
provoca qualche morto e feriti in varie località ma resta in un equilibrio
precario che potrebbe durare a lungo o saltare improvvisamente.I governanti
USA, che sono stati dietro al colpo di stato contro Janukovic strumentalizzando
le proteste di piazza, vogliono mantenere nel paese una tensione permanente.
L’attacco è diretto ovviamente contro la Russia, contro i suoi interessi
militari (la base di Sebastopoli) ed economici (i gasdotti verso l’Europa); la
crisi ucraina è scoppiata durante le olimpiadi di Sochi, rovinando un po’ la
vetrina della Russia di Putin.
In realtà, meno ovviamente, questo attacco è diretto anche contro l’Europa, ma
non tutta; è in particolare contro la Germania. L’Europa dei 28 esiste sulla
carta geografica ma non ha consistenza reale, ha una politica estera comune
talmente flebile da essere inudibile e nessuna politica militare comune se non
sotto controllo USA entro la NATO; anche l’area euro dei 18 ha molte disparità
economiche e scarsa omogeneità politica. Chi traina in Europa è la Germania.
Forte della sua potenza economica, che ha eroso i mercati degli altri paesi
industriali dell’area (Italia soprattutto), la Germania rinsalda l’integrazione
con i paesi renani e baltici, erige una sorta di confine col sud Europa
considerandolo solo terra di scorrerie finanziarie succhia-risorse (Grecia) e
punta a est. Questa politica indebolisce ancor più l’Europa e accresce le
disparità politiche ed economiche al suo interno, ma implica un certo grado di
autonomia politica dagli USA; ora gli avvenimenti ucraini sconvolgono tutta
questa situazione.
Con il crollo del muro di Berlino e il collasso dell’URSS la Russia ha dovuto
ritirarsi: si è avuta la riunificazione tedesca e l’inclusione graduale dell’
area ex patto di Varsavia ed ex Comecon nella NATO e nell’UE, e gli USA che
tenevano in Europa 200 mila militari li hanno potuti ridurre a 40 mila. Se l’
Ucraina entra anch’essa nella NATO e nella UE, la Russia avrà grosse difficoltà
a gestire la base navale che condivide con l’Ucraina, Sebastopoli, l’unica sul
Mar Nero – quindi verso il Mediterraneo, Suez e Gibilterra – e sempre libera
dai ghiacci, diversamente dalle basi sul Baltico (tranne Baltiisk, nella
regione di Kaliningrad circondata da territori UE) e sul Pacifico. L’unica base
navale nella disponibilità della Russia nel Mediterraneo, Tartus, è a rischio
in Siria causa la guerra civile (dove pure l’ingerenza USA è palese).
L’assetto europeo delineato a Jalta, che in sostanza perdurava fino al 1989-
91, è ormai superato, ma quando un accordo cessa i pericoli di reazione e
guerra aumentano. La guerra era già tornata in Europa con la dissoluzione violenta
della Jugoslavia. I governanti dell’UE accettano ormai tranquillamente il
rafforzamento delle destre, nazionalista in Polonia, fasciste in Ungheria e
Grecia, e ora il colpo di stato ucraino con milizie fasciste in piazza, come
documentano varie fonti d’informazione alternative tra cui la web-tv Pandora.
Mosca ha bisogno di buone relazioni con Kiev non solo per Sebastopoli, ma
anche perché per l’Ucraina passa il gas russo verso il suo più importante
compratore, l’Europa, che dipende da esso per buona parte del proprio consumo
energetico (v. la nostra scheda “l’Europa e il problema del gas”). Oggi
l’Europa non può permettersi di fare a meno del gas russo, se non per periodi
molto limitati: benché i consumi della Ue-28 siano calati nel 2013 per il terzo
anno consecutivo (-1,4% a 492 miliardi di metri cubi), Mosca è rimasta il primo
fornitore straniero e soddisfa tuttora il 27% del fabbisogno, contro il 23%
della Norvegia, l’8% dell’Algeria e il 4% del Qatar, il cui gas naturale
liquefatto (Gnl) prende sempre più spesso la via dei mercati asiatici, più
redditizi: il Giappone paga il 40% in più (art. di Sissi Bellomo – Il Sole 24
Ore – leggi su http://24o.it/pdpL8). Estonia, Finlandia, Slovacchia, Rep. Ceca
importano tutto il gas dalla Russia, Polonia e Austria dipendono dalla Russia
per quasi l’80% delle importazioni, la Grecia per il 60%, Slovenia e Ungheria
per più del 40%, la Germania per quasi il 40%, l’Italia stessa per il 30% circa
che utilizza per il 15% circa della produzione di riscaldamento ed elettricità
(fonte Linkiesta da International Energy Agency).
Per Van Rompuy (presidente del Consiglio europeo) di fronte alla crisi
ucraina si è “inviato un chiaro segnale che l’Europa sta intensificando una
marcia per ridurre la dipendenza energetica, in particolare dalla Russia”;
ulteriori misure dovranno essere prese “per sostenere lo sviluppo del Corridoio
Sud”, compresi “ulteriori percorsi di deviazione attraverso l’Europa dell’Est”,
e si dovranno esaminare “modi per agevolare le esportazioni di gas naturale dal
Nord America”, cosa che potrà essere fatta anche attraverso i “TTIP [negoziati
sul libero scambio, vedi nostro articolo del 3 marzo] con gli Stati Uniti”.
Il Corridoio Sud connette i giacimenti di gas dell’Azerbaigian – e
potenzialmente del Medio Oriente (Iraq) – all’Europa e dal Mar Caspio dovrebbe
sfociare in Italia con la TAP (Trans Adriatic Pipeline); la sua espansione è
all’ordine del giorno al summit UE di giugno, ma il gas azero copre meno del 2%
del fabbisogno UE e arriverà solo nel 2019. Il gasdotto North Stream, costruito
dai russi, dal 2011 consente di inviare gas in Germania aggirando l’Ucraina
(art. cit. di Sissi Bellomo), e ciò spiega la prudenza tedesca sulla crisi
ucraina. Il gas statunitense sarebbe disponibile dal 2015-6, ma in quantità
tale da non farlo rincarare in patria: Washington ha rilasciato finora solo sei
permessi, l’UE vorrebbe importare senza permessi. Altri fornitori sarebbero
Cipro e Israele (e l’Australia).
Gli USA si presentano quindi a contrastare direttamente la Russia in Europa –
via Ucraina – sia sul piano militare che economico.
La Cina è preoccupata per tutta la situazione europea, in particolare per la
crisi ucraina, sia dal punto di vista politico che economico, visto che sta
intensificando i suoi investimenti in quest’area (in Italia per es. nell’ENEL,
in Ucraina in terreni); d’altra parte la battuta d’arresto nelle relazioni
Germania – Russia apre nuove possibilità di mercato tra Russia e Cina su
tecnologie, materie prime, prodotti di consumo di massa.
Quanto all’ONU, ha una posizione ambigua, Ban Ki-mun deplora il referendum in
Crimea, e tace sul colpo di stato e sulle leggi dell’attuale governo ucraino
contro la minoranza russa: proibizione della lingua russa, “operazione
antiterrorismo” contro edifici pubblici occupati per difendere i propri diritti
contro un governo ostile e per garantire le relazioni economiche con la Russia,
in particolare la funzionalità del gasdotto che passa per Odessa (mentre gli
USA sanzionano la società del gas in Crimea, Chernomorneftegaz).
La NATO si mobilita. Il segretario generale Anders Fogh Rasmussen dopo il
Consiglio transatlantico (16 aprile), ha spiegato che saranno rafforzati i
“dispiegamenti via terra, aria e mare” ed è quindi stato deciso di schierare
“immediatamente” aerei nei cieli orientali, navi nel mar Baltico e nell’Est
Mediterraneo, e uomini e mezzi sul terreno; da un mese aerei radar pattugliano
i confini orientali dell’UE. Eurofighter britannici, F-16 danesi e
probabilmente anche Rafale e Mirage 2000 francesi saranno schierati nei tre
paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania, privi di aviazione) e in Polonia,
affiancando gli F-15 ed F-16 già inviati dall’Usaf americana. Hollande è quello
che si è mosso subito, è l’uomo della guerra non solo nel bacino mediterraneo e
in Africa (Libia, Siria, Mali, Rep. Centrafricana) ma in Europa; la Francia ha
sospeso le attività di cooperazione militare con la Russia.
La Merkel è stata costretta ad allinearsi con gli USA. C’è però un suo sforzo
di mediazione, motivato dai commerci e dagli accordi economici con la Russia:
nella telefonata con Putin del 15 aprile pare che lei abbia chiesto il ritiro
delle truppe russe schierate al confine con l’Ucraina e che lui abbia ribadito che l’
uso della forza da parte del governo ucraino contro la minoranza russa è
incostituzionale. L’incontro a quattro -USA, Russia, Ucraina, UE- del 17 aprile
ha deciso la cessazione della violenza e il disarmo di tutte le formazioni
illegittime, la liberazione degli edifici occupati, una riforma costituzionale
e la considerazione degli interessi dell’Est dell’Ucraina, l’amnistia per i
manifestanti, il rispetto dei diritti della popolazione russofona; il processo
sarà controllato da osservatori dell’OSCE.
Si tratta di vedere cosa avverrà davvero sul terreno (l’Ucraina è tra i
maggiori produttori di armi al mondo, i kalashnikov in circolazione sono 4
milioni). Obama ha dichiarato il suo scetticismo, intanto il boicottaggio della
Russia da lui chiesto fin dall’inizio ha avuto seguito limitato (l’UE attua
“sanzioni mirate” contro 33 alti responsabili russi e ucraini: restrizione dei
visti, congelamento dei beni).
Putin propone per Crimea e Ucraina sud orientale un assetto federativo, il
governo post colpo di stato sembra ora disposto a indire un referendum tra
quelle popolazioni per garantire un’ampia autonomia, il partito di Janukovic
chiede la fine dell’ “operazione antiterrorismo” governativa e dell’occupazione
di sedi politiche locali da parte della popolazione russa. Il governo di Kiev
però ha già ripreso le operazioni, e il ministro degli esteri russo Lavrov ha
reagito duramente: se non si rispettano gli accordi e gli interessi russi
saranno attaccati, Mosca risponderà come in Georgia nel 2008 (guerra di 5
giorni per l’Ossezia del sud, territorio contestato vigilato da truppe
georgiane, russe e dell’Ossezia del nord: a un attacco georgiano nella notte
del 7-8 agosto, le truppe russe reagirono immediatamente e con forza). I
soldati ucraini all’interno delle basi, come quelli inviati dal governo,
cercano di evitare scontri o solidarizzano con i dimostranti: il popolo –
ucraini, russi, cosacchi, tatari di Crimea – non vuole scivolare nella tragedia
di una guerra civile.
Il pericolo permane grave, ma una soluzione razionale e pacifica è ancora
possibile, è nell’interesse non solo delle popolazioni coinvolte ma di tutti i
popoli europei: dobbiamo sostenerla con tutte le nostre forze. Il governo di
Washington semina il caos per mantenere il predominio mondiale, in Ucraina come
altrove; l’unico possibile futuro dell’Europa è in una politica che conquisti l’
indipendenza politica, economica e militare dagli USA, rafforzi le proprie
risorse interne e si ponga in rapporti di collaborazione e sviluppo con gli
altri paesi in un mondo che si muove in direzione multipolare.
provoca qualche morto e feriti in varie località ma resta in un equilibrio
precario che potrebbe durare a lungo o saltare improvvisamente.I governanti
USA, che sono stati dietro al colpo di stato contro Janukovic strumentalizzando
le proteste di piazza, vogliono mantenere nel paese una tensione permanente.
L’attacco è diretto ovviamente contro la Russia, contro i suoi interessi
militari (la base di Sebastopoli) ed economici (i gasdotti verso l’Europa); la
crisi ucraina è scoppiata durante le olimpiadi di Sochi, rovinando un po’ la
vetrina della Russia di Putin.
In realtà, meno ovviamente, questo attacco è diretto anche contro l’Europa, ma
non tutta; è in particolare contro la Germania. L’Europa dei 28 esiste sulla
carta geografica ma non ha consistenza reale, ha una politica estera comune
talmente flebile da essere inudibile e nessuna politica militare comune se non
sotto controllo USA entro la NATO; anche l’area euro dei 18 ha molte disparità
economiche e scarsa omogeneità politica. Chi traina in Europa è la Germania.
Forte della sua potenza economica, che ha eroso i mercati degli altri paesi
industriali dell’area (Italia soprattutto), la Germania rinsalda l’integrazione
con i paesi renani e baltici, erige una sorta di confine col sud Europa
considerandolo solo terra di scorrerie finanziarie succhia-risorse (Grecia) e
punta a est. Questa politica indebolisce ancor più l’Europa e accresce le
disparità politiche ed economiche al suo interno, ma implica un certo grado di
autonomia politica dagli USA; ora gli avvenimenti ucraini sconvolgono tutta
questa situazione.
Con il crollo del muro di Berlino e il collasso dell’URSS la Russia ha dovuto
ritirarsi: si è avuta la riunificazione tedesca e l’inclusione graduale dell’
area ex patto di Varsavia ed ex Comecon nella NATO e nell’UE, e gli USA che
tenevano in Europa 200 mila militari li hanno potuti ridurre a 40 mila. Se l’
Ucraina entra anch’essa nella NATO e nella UE, la Russia avrà grosse difficoltà
a gestire la base navale che condivide con l’Ucraina, Sebastopoli, l’unica sul
Mar Nero – quindi verso il Mediterraneo, Suez e Gibilterra – e sempre libera
dai ghiacci, diversamente dalle basi sul Baltico (tranne Baltiisk, nella
regione di Kaliningrad circondata da territori UE) e sul Pacifico. L’unica base
navale nella disponibilità della Russia nel Mediterraneo, Tartus, è a rischio
in Siria causa la guerra civile (dove pure l’ingerenza USA è palese).
L’assetto europeo delineato a Jalta, che in sostanza perdurava fino al 1989-
91, è ormai superato, ma quando un accordo cessa i pericoli di reazione e
guerra aumentano. La guerra era già tornata in Europa con la dissoluzione violenta
della Jugoslavia. I governanti dell’UE accettano ormai tranquillamente il
rafforzamento delle destre, nazionalista in Polonia, fasciste in Ungheria e
Grecia, e ora il colpo di stato ucraino con milizie fasciste in piazza, come
documentano varie fonti d’informazione alternative tra cui la web-tv Pandora.
Mosca ha bisogno di buone relazioni con Kiev non solo per Sebastopoli, ma
anche perché per l’Ucraina passa il gas russo verso il suo più importante
compratore, l’Europa, che dipende da esso per buona parte del proprio consumo
energetico (v. la nostra scheda “l’Europa e il problema del gas”). Oggi
l’Europa non può permettersi di fare a meno del gas russo, se non per periodi
molto limitati: benché i consumi della Ue-28 siano calati nel 2013 per il terzo
anno consecutivo (-1,4% a 492 miliardi di metri cubi), Mosca è rimasta il primo
fornitore straniero e soddisfa tuttora il 27% del fabbisogno, contro il 23%
della Norvegia, l’8% dell’Algeria e il 4% del Qatar, il cui gas naturale
liquefatto (Gnl) prende sempre più spesso la via dei mercati asiatici, più
redditizi: il Giappone paga il 40% in più (art. di Sissi Bellomo – Il Sole 24
Ore – leggi su http://24o.it/pdpL8). Estonia, Finlandia, Slovacchia, Rep. Ceca
importano tutto il gas dalla Russia, Polonia e Austria dipendono dalla Russia
per quasi l’80% delle importazioni, la Grecia per il 60%, Slovenia e Ungheria
per più del 40%, la Germania per quasi il 40%, l’Italia stessa per il 30% circa
che utilizza per il 15% circa della produzione di riscaldamento ed elettricità
(fonte Linkiesta da International Energy Agency).
Per Van Rompuy (presidente del Consiglio europeo) di fronte alla crisi
ucraina si è “inviato un chiaro segnale che l’Europa sta intensificando una
marcia per ridurre la dipendenza energetica, in particolare dalla Russia”;
ulteriori misure dovranno essere prese “per sostenere lo sviluppo del Corridoio
Sud”, compresi “ulteriori percorsi di deviazione attraverso l’Europa dell’Est”,
e si dovranno esaminare “modi per agevolare le esportazioni di gas naturale dal
Nord America”, cosa che potrà essere fatta anche attraverso i “TTIP [negoziati
sul libero scambio, vedi nostro articolo del 3 marzo] con gli Stati Uniti”.
Il Corridoio Sud connette i giacimenti di gas dell’Azerbaigian – e
potenzialmente del Medio Oriente (Iraq) – all’Europa e dal Mar Caspio dovrebbe
sfociare in Italia con la TAP (Trans Adriatic Pipeline); la sua espansione è
all’ordine del giorno al summit UE di giugno, ma il gas azero copre meno del 2%
del fabbisogno UE e arriverà solo nel 2019. Il gasdotto North Stream, costruito
dai russi, dal 2011 consente di inviare gas in Germania aggirando l’Ucraina
(art. cit. di Sissi Bellomo), e ciò spiega la prudenza tedesca sulla crisi
ucraina. Il gas statunitense sarebbe disponibile dal 2015-6, ma in quantità
tale da non farlo rincarare in patria: Washington ha rilasciato finora solo sei
permessi, l’UE vorrebbe importare senza permessi. Altri fornitori sarebbero
Cipro e Israele (e l’Australia).
Gli USA si presentano quindi a contrastare direttamente la Russia in Europa –
via Ucraina – sia sul piano militare che economico.
La Cina è preoccupata per tutta la situazione europea, in particolare per la
crisi ucraina, sia dal punto di vista politico che economico, visto che sta
intensificando i suoi investimenti in quest’area (in Italia per es. nell’ENEL,
in Ucraina in terreni); d’altra parte la battuta d’arresto nelle relazioni
Germania – Russia apre nuove possibilità di mercato tra Russia e Cina su
tecnologie, materie prime, prodotti di consumo di massa.
Quanto all’ONU, ha una posizione ambigua, Ban Ki-mun deplora il referendum in
Crimea, e tace sul colpo di stato e sulle leggi dell’attuale governo ucraino
contro la minoranza russa: proibizione della lingua russa, “operazione
antiterrorismo” contro edifici pubblici occupati per difendere i propri diritti
contro un governo ostile e per garantire le relazioni economiche con la Russia,
in particolare la funzionalità del gasdotto che passa per Odessa (mentre gli
USA sanzionano la società del gas in Crimea, Chernomorneftegaz).
La NATO si mobilita. Il segretario generale Anders Fogh Rasmussen dopo il
Consiglio transatlantico (16 aprile), ha spiegato che saranno rafforzati i
“dispiegamenti via terra, aria e mare” ed è quindi stato deciso di schierare
“immediatamente” aerei nei cieli orientali, navi nel mar Baltico e nell’Est
Mediterraneo, e uomini e mezzi sul terreno; da un mese aerei radar pattugliano
i confini orientali dell’UE. Eurofighter britannici, F-16 danesi e
probabilmente anche Rafale e Mirage 2000 francesi saranno schierati nei tre
paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania, privi di aviazione) e in Polonia,
affiancando gli F-15 ed F-16 già inviati dall’Usaf americana. Hollande è quello
che si è mosso subito, è l’uomo della guerra non solo nel bacino mediterraneo e
in Africa (Libia, Siria, Mali, Rep. Centrafricana) ma in Europa; la Francia ha
sospeso le attività di cooperazione militare con la Russia.
La Merkel è stata costretta ad allinearsi con gli USA. C’è però un suo sforzo
di mediazione, motivato dai commerci e dagli accordi economici con la Russia:
nella telefonata con Putin del 15 aprile pare che lei abbia chiesto il ritiro
delle truppe russe schierate al confine con l’Ucraina e che lui abbia ribadito che l’
uso della forza da parte del governo ucraino contro la minoranza russa è
incostituzionale. L’incontro a quattro -USA, Russia, Ucraina, UE- del 17 aprile
ha deciso la cessazione della violenza e il disarmo di tutte le formazioni
illegittime, la liberazione degli edifici occupati, una riforma costituzionale
e la considerazione degli interessi dell’Est dell’Ucraina, l’amnistia per i
manifestanti, il rispetto dei diritti della popolazione russofona; il processo
sarà controllato da osservatori dell’OSCE.
Si tratta di vedere cosa avverrà davvero sul terreno (l’Ucraina è tra i
maggiori produttori di armi al mondo, i kalashnikov in circolazione sono 4
milioni). Obama ha dichiarato il suo scetticismo, intanto il boicottaggio della
Russia da lui chiesto fin dall’inizio ha avuto seguito limitato (l’UE attua
“sanzioni mirate” contro 33 alti responsabili russi e ucraini: restrizione dei
visti, congelamento dei beni).
Putin propone per Crimea e Ucraina sud orientale un assetto federativo, il
governo post colpo di stato sembra ora disposto a indire un referendum tra
quelle popolazioni per garantire un’ampia autonomia, il partito di Janukovic
chiede la fine dell’ “operazione antiterrorismo” governativa e dell’occupazione
di sedi politiche locali da parte della popolazione russa. Il governo di Kiev
però ha già ripreso le operazioni, e il ministro degli esteri russo Lavrov ha
reagito duramente: se non si rispettano gli accordi e gli interessi russi
saranno attaccati, Mosca risponderà come in Georgia nel 2008 (guerra di 5
giorni per l’Ossezia del sud, territorio contestato vigilato da truppe
georgiane, russe e dell’Ossezia del nord: a un attacco georgiano nella notte
del 7-8 agosto, le truppe russe reagirono immediatamente e con forza). I
soldati ucraini all’interno delle basi, come quelli inviati dal governo,
cercano di evitare scontri o solidarizzano con i dimostranti: il popolo –
ucraini, russi, cosacchi, tatari di Crimea – non vuole scivolare nella tragedia
di una guerra civile.
Il pericolo permane grave, ma una soluzione razionale e pacifica è ancora
possibile, è nell’interesse non solo delle popolazioni coinvolte ma di tutti i
popoli europei: dobbiamo sostenerla con tutte le nostre forze. Il governo di
Washington semina il caos per mantenere il predominio mondiale, in Ucraina come
altrove; l’unico possibile futuro dell’Europa è in una politica che conquisti l’
indipendenza politica, economica e militare dagli USA, rafforzi le proprie
risorse interne e si ponga in rapporti di collaborazione e sviluppo con gli
altri paesi in un mondo che si muove in direzione multipolare.
4) Ucraina: spie atlantiste e repubblica di Lugansk
Alessandro Lattanzio
Il 25 aprile, le unità di autodifesa di Slavjansk fermavano l’autobus con i presunti osservatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), accompagnati da un gruppo di ufficiali dello Stato Maggiore Generale ucraino. Gli otto elementi arrestati nella città di Slavjansk non sono osservatori dell’OSCE, affermava il funzionario dell’OSCE Claus Neukirch.
Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, per conto del ministero della Difesa tedesco, ha chiesto all’omologo russo Sergej Lavrov d’intervenire a favore dei 4 soldati tedeschi, e di quello danese, polacco, ceco e svedese arrestati a bordo dell’autobus marcato con la sigla OSCE, mentre spiavano le difese delle milizie popolari del Dontesk. Gli otto soldati della NATO erano in missione ufficiale, ma erano in abiti civili ed erano accompagnati da ufficiali ucraini anche loro a bordo dell’autobus con la sigla OSCE.
Ma l’OSCE ha sottolineato che gli otto soldati non operavano per suo conto in Ucraina, ma come osservatori militari nell’ambito di un accordo bilaterale; il portavoce dell’OSCE Claus Neukirch ha detto: “Devo anche dire, per essere precisi, che non lavorano per l’OSCE, ma sono osservatori militari che operano in Ucraina nell’ambito di un accordo bilaterale sulla base di un documento dell’OSCE. È una missione parallela a quella dell’OSCE, una missione con 125 osservatori civili nel Paese, compresa quella regione“. Ma esiste un accordo bilaterale tra la Germania e i golpisti a Kiev?
E tale accordo bilaterale autorizzava i soldati arrestati ad utilizzare un veicolo marcato OSCE? È legale, secondo le leggi internazionali e nazionali, che ufficiali in servizio attivo svolgano compiti ufficiali indossando abiti civili? Secondo Strelkov: “Questa missione viaggiava lungo il confine per ispezionare gli apprestamenti delle truppe russe. Francamente non riesco a immaginare cos’altro facessero. Forse cercavano di utilizzare la copertura diplomatica per condurre una ricognizione sulle posizioni della Milizia Popolare, sperando che essendo stranieri non sarebbero stati trattenuti.
Anche se è più probabile che sia una di quelle idee strategiche brillanti, architettata dal comando ucraino che non sa dove si trovino le milizie popolari. Quando l’autobus che trasportava gli osservatori, accompagnato dalla polizia stradale, è arrivato al checkpoint di Kramatorsk, i militari ucraini hanno iniziato nascondere i loro documenti in preda al panico. Ciò suggerisce che assolutamente non si aspettavano d’incontrare una milizia armata”.
Mentre presso Kramatorsk un elicottero ucraino veniva abbattuto con una granata a razzo, causando morti e feriti, il comandante delle forze di autodifesa della regione di Donetsk, Igor Strelkov, presentava i tre membri della cosiddetta squadra Alfa del servizio di sicurezza ucraino (SBU) guidata da un tenente-colonnello, arrestati presso Gorlovka. I tre ammisero di esser stati inviati nella regione con il compito di rapire uno dei leader anti-golpisti, Igor Bezler, il cui gruppo di auto-difesa controlla la polizia di Gorlovka.
Durante l’interrogatorio le spie arrestate hanno rivelato che la loro unità speciale era composta da sette uomini. “Che le milizie russe abbiano individuato, intercettato e catturato tre agenti in borghese di Alpha è già fantastico, ma catturarne un tenente colonnello è a dir poco miracoloso. Testimonia il livello assolutamente unico d’incompetenza del servizio di sicurezza ucraino, tanto da farsi catturare un così alto ufficiale operativo. E’ anche molto ironico”. L’agenzia stampa RIA Novosti illustrava anche le immagini satellitari che indicavano la presenza, in prossimità del confine con la Russia e intorno Slavjansk, di 15000 militari ucraini con 160 carri armati, 230 veicoli da combattimento e corazzati da trasporto truppa, 150 pezzi d’artiglieria e lanciarazzi multipli Grad e Smerch.
Inoltre, nazionalisti georgiani sono stati reclutati, per supportare la repressione antigolpista in Ucraina orientale, dall’organizzazione di Gocha Bakhia, ex-guardia del defunto presidente georgiano Zvjad Gamsakhurdija. “La campagna di reclutamento è finanziata dall’organizzazione non governativa della Georgia Free Zone e dal partito United National Movement (UNM) dell’ex-presidente Mikhail Saakashvili, e si rivolge per lo più a estremisti e criminali”. Infine, elementi non identificati sono sbarcati da un elicottero presso la città di Soledar, nel Donetsk, il 27 aprile, ed hanno attaccato un checkpoint degli attivisti pro-federalizzazione che bloccava la strada per le miniere di sale in cui si trova un arsenale con grandi quantità di armi come fucili Mauser, pistole Colt, mitragliatrici Degtjarev e fucili mitragliatori PCA.
Tutto materiale risalente alla seconda guerra mondiale. Il fatto che le forze ucraine lancino un’operazione simile per catturare materiale bellico vecchio di decenni, indica lo stato di sbandamento in cui si trovano le forze armate e di sicurezza dei golpisti. Infatti, il ministero degli Interni ucraino chiede la carità per poter equipaggiare gli 8000 miliziani della sua Guardia Nazionale, “Il bilancio dello Stato stanzia fondi per le unità speciali del ministero degli Interni, ma non sono sufficienti per il rigido risparmio delle risorse, il blocco della spesa statale e la ‘guerra economica’ scatenata dalla Federazione russa“. L’elenco di ciò che serve alle truppe comprende giubbotti antiproiettile, caschi in kevlar, apparecchiature per comunicazioni, mezzi di trasporto, e persino biancheria intima e sapone.
Il ministero afferma di accettare donazioni in denaro, materiali e beni, promettendo trasparenza sulle spese. Inoltre, la formazione delle nuove unità incontra severi ostacoli in alcune regioni. Ad Odessa si sono presentati solo 18 volontari sui 500 previsti e il ministero della Difesa ucraino ha riferito di aver raccolto più di 7 milioni di dollari in donazioni per riarmare l’esercito. Ma nonostante tutto Kiev non può contare sulla collaborazione di polizia ed esercito, perciò i golpisti ricorrono agli squadristi di Fazione Destra contro la popolazione del sud e dell’est dell’Ucraina, il cui capo Dmitrij Jarosh, annunciando la formazione di un battaglione di 800 uomini per “pacificare” il sud-est, dichiarava “L’esercito di Bandera ha finalmente attraversato il Dnepr per liberare dagli occupanti il Donbass e la Crimea“.
Il golpisti annunciavano con soddisfazione che gli squadristi si erano trasferiti a Dnepropetrovsk, installandosi in un ufficio vicino all’amministrazione regionale per reclutare “patrioti”. Così le ‘autorità’ ucraine mostrano ostentatamente di non voler rispettare l’accordo di Ginevra, che impone lo smantellamento dei gruppi armati illegali. I partiti golpisti ucraini, come Fazione Destra e Svoboda, sono gli eredi dei nazionalisti ucraini che combatterono al fianco dei nazisti in nome dell’anticomunismo e dell’antisemitismo. “Nell’aprile del 1943, il Dr. Otto von Wachter, gauleiter nazista della Galizia, rinominò la I Divisione dell’esercito nazionale ucraino nella 14.ma Waffen SS Grenadier-Division ‘Galizien’. …
Svoboda ha sempre avuto un debole per la divisione Galizia, e uno dei suoi parlamentari, Oleg Pankevich, prese parte a una cerimonia nell’aprile 2013 in onore dell’unità. … Tre mesi dopo venne celebrata la battaglia di Brody tra la divisione Galizia e le truppe sovietiche, dove il XIII Corpo d’Armata tedesco cercò di tenere a bada i sovietici del Maresciallo Ivan Konev. In sei giorni di combattimenti i galiziani persero i due terzi della divisione e il XIII Corpo ripiegò in Polonia. I sopravvissuti della divisione Galizia furono spediti a combattere i partigiani in Jugoslavia e nel 1945 i resti dell’unità si arresero agli statunitensi in Italia, emigrando poi in Gran Bretagna e Canada”.
Intanto, il 28 aprile, Lugansk in Ucraina orientale, proclamava la Repubblica Popolare, “Il congresso dei rappresentanti delle autorità locali, dei partiti politici e delle ONG proclama la creazione della Repubblica popolare della Regione di Lugansk” ed inoltre veniva indetto il referendum per l’11 maggio sulla proclamazione dell’indipendenza della Repubblica Popolare. In caso di “aggressione da parte delle autorità illegittime di Kiev, la Repubblica Popolare ha chiesto alla Russia d’inviare le forze di pace sul suo territorio. Ora siamo una repubblica sovrana e indipendente“, affermava il Consiglio di coordinamento popolare della regione di Lugansk. Quello stesso giorno, il sindaco di Kharkov, Gennadij Kernes, veniva ferito in un attentato.
L’incidente è avvenuto il giorno dopo che 14 persone, tra cui due poliziotti, sono rimaste ferite in uno scontro tra fascisti e sostenitori della federalizzazione della città. In reazione a tale quadro, il capo della giunta golpista Turchinov metteva in stato d’allerta le “forze armate” ucraine, ammettendo di non avere il controllo di Donetsk e Lugansk, lanciando l’allarme sulla “destabilizzazione” a Kharkov, Odessa, Kherson, Nikolaev e Zaporozhie, e chiedendo al ‘ministro’ degli Interni Arsen Avakov di destituire i funzionari “che non sono capaci di svolgere il loro ruolo“.
Il 25 aprile, le unità di autodifesa di Slavjansk fermavano l’autobus con i presunti osservatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), accompagnati da un gruppo di ufficiali dello Stato Maggiore Generale ucraino. Gli otto elementi arrestati nella città di Slavjansk non sono osservatori dell’OSCE, affermava il funzionario dell’OSCE Claus Neukirch.
Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, per conto del ministero della Difesa tedesco, ha chiesto all’omologo russo Sergej Lavrov d’intervenire a favore dei 4 soldati tedeschi, e di quello danese, polacco, ceco e svedese arrestati a bordo dell’autobus marcato con la sigla OSCE, mentre spiavano le difese delle milizie popolari del Dontesk. Gli otto soldati della NATO erano in missione ufficiale, ma erano in abiti civili ed erano accompagnati da ufficiali ucraini anche loro a bordo dell’autobus con la sigla OSCE.
Ma l’OSCE ha sottolineato che gli otto soldati non operavano per suo conto in Ucraina, ma come osservatori militari nell’ambito di un accordo bilaterale; il portavoce dell’OSCE Claus Neukirch ha detto: “Devo anche dire, per essere precisi, che non lavorano per l’OSCE, ma sono osservatori militari che operano in Ucraina nell’ambito di un accordo bilaterale sulla base di un documento dell’OSCE. È una missione parallela a quella dell’OSCE, una missione con 125 osservatori civili nel Paese, compresa quella regione“. Ma esiste un accordo bilaterale tra la Germania e i golpisti a Kiev?
E tale accordo bilaterale autorizzava i soldati arrestati ad utilizzare un veicolo marcato OSCE? È legale, secondo le leggi internazionali e nazionali, che ufficiali in servizio attivo svolgano compiti ufficiali indossando abiti civili? Secondo Strelkov: “Questa missione viaggiava lungo il confine per ispezionare gli apprestamenti delle truppe russe. Francamente non riesco a immaginare cos’altro facessero. Forse cercavano di utilizzare la copertura diplomatica per condurre una ricognizione sulle posizioni della Milizia Popolare, sperando che essendo stranieri non sarebbero stati trattenuti.
Anche se è più probabile che sia una di quelle idee strategiche brillanti, architettata dal comando ucraino che non sa dove si trovino le milizie popolari. Quando l’autobus che trasportava gli osservatori, accompagnato dalla polizia stradale, è arrivato al checkpoint di Kramatorsk, i militari ucraini hanno iniziato nascondere i loro documenti in preda al panico. Ciò suggerisce che assolutamente non si aspettavano d’incontrare una milizia armata”.
Mentre presso Kramatorsk un elicottero ucraino veniva abbattuto con una granata a razzo, causando morti e feriti, il comandante delle forze di autodifesa della regione di Donetsk, Igor Strelkov, presentava i tre membri della cosiddetta squadra Alfa del servizio di sicurezza ucraino (SBU) guidata da un tenente-colonnello, arrestati presso Gorlovka. I tre ammisero di esser stati inviati nella regione con il compito di rapire uno dei leader anti-golpisti, Igor Bezler, il cui gruppo di auto-difesa controlla la polizia di Gorlovka.
Durante l’interrogatorio le spie arrestate hanno rivelato che la loro unità speciale era composta da sette uomini. “Che le milizie russe abbiano individuato, intercettato e catturato tre agenti in borghese di Alpha è già fantastico, ma catturarne un tenente colonnello è a dir poco miracoloso. Testimonia il livello assolutamente unico d’incompetenza del servizio di sicurezza ucraino, tanto da farsi catturare un così alto ufficiale operativo. E’ anche molto ironico”. L’agenzia stampa RIA Novosti illustrava anche le immagini satellitari che indicavano la presenza, in prossimità del confine con la Russia e intorno Slavjansk, di 15000 militari ucraini con 160 carri armati, 230 veicoli da combattimento e corazzati da trasporto truppa, 150 pezzi d’artiglieria e lanciarazzi multipli Grad e Smerch.
Inoltre, nazionalisti georgiani sono stati reclutati, per supportare la repressione antigolpista in Ucraina orientale, dall’organizzazione di Gocha Bakhia, ex-guardia del defunto presidente georgiano Zvjad Gamsakhurdija. “La campagna di reclutamento è finanziata dall’organizzazione non governativa della Georgia Free Zone e dal partito United National Movement (UNM) dell’ex-presidente Mikhail Saakashvili, e si rivolge per lo più a estremisti e criminali”. Infine, elementi non identificati sono sbarcati da un elicottero presso la città di Soledar, nel Donetsk, il 27 aprile, ed hanno attaccato un checkpoint degli attivisti pro-federalizzazione che bloccava la strada per le miniere di sale in cui si trova un arsenale con grandi quantità di armi come fucili Mauser, pistole Colt, mitragliatrici Degtjarev e fucili mitragliatori PCA.
Tutto materiale risalente alla seconda guerra mondiale. Il fatto che le forze ucraine lancino un’operazione simile per catturare materiale bellico vecchio di decenni, indica lo stato di sbandamento in cui si trovano le forze armate e di sicurezza dei golpisti. Infatti, il ministero degli Interni ucraino chiede la carità per poter equipaggiare gli 8000 miliziani della sua Guardia Nazionale, “Il bilancio dello Stato stanzia fondi per le unità speciali del ministero degli Interni, ma non sono sufficienti per il rigido risparmio delle risorse, il blocco della spesa statale e la ‘guerra economica’ scatenata dalla Federazione russa“. L’elenco di ciò che serve alle truppe comprende giubbotti antiproiettile, caschi in kevlar, apparecchiature per comunicazioni, mezzi di trasporto, e persino biancheria intima e sapone.
Il ministero afferma di accettare donazioni in denaro, materiali e beni, promettendo trasparenza sulle spese. Inoltre, la formazione delle nuove unità incontra severi ostacoli in alcune regioni. Ad Odessa si sono presentati solo 18 volontari sui 500 previsti e il ministero della Difesa ucraino ha riferito di aver raccolto più di 7 milioni di dollari in donazioni per riarmare l’esercito. Ma nonostante tutto Kiev non può contare sulla collaborazione di polizia ed esercito, perciò i golpisti ricorrono agli squadristi di Fazione Destra contro la popolazione del sud e dell’est dell’Ucraina, il cui capo Dmitrij Jarosh, annunciando la formazione di un battaglione di 800 uomini per “pacificare” il sud-est, dichiarava “L’esercito di Bandera ha finalmente attraversato il Dnepr per liberare dagli occupanti il Donbass e la Crimea“.
Il golpisti annunciavano con soddisfazione che gli squadristi si erano trasferiti a Dnepropetrovsk, installandosi in un ufficio vicino all’amministrazione regionale per reclutare “patrioti”. Così le ‘autorità’ ucraine mostrano ostentatamente di non voler rispettare l’accordo di Ginevra, che impone lo smantellamento dei gruppi armati illegali. I partiti golpisti ucraini, come Fazione Destra e Svoboda, sono gli eredi dei nazionalisti ucraini che combatterono al fianco dei nazisti in nome dell’anticomunismo e dell’antisemitismo. “Nell’aprile del 1943, il Dr. Otto von Wachter, gauleiter nazista della Galizia, rinominò la I Divisione dell’esercito nazionale ucraino nella 14.ma Waffen SS Grenadier-Division ‘Galizien’. …
Svoboda ha sempre avuto un debole per la divisione Galizia, e uno dei suoi parlamentari, Oleg Pankevich, prese parte a una cerimonia nell’aprile 2013 in onore dell’unità. … Tre mesi dopo venne celebrata la battaglia di Brody tra la divisione Galizia e le truppe sovietiche, dove il XIII Corpo d’Armata tedesco cercò di tenere a bada i sovietici del Maresciallo Ivan Konev. In sei giorni di combattimenti i galiziani persero i due terzi della divisione e il XIII Corpo ripiegò in Polonia. I sopravvissuti della divisione Galizia furono spediti a combattere i partigiani in Jugoslavia e nel 1945 i resti dell’unità si arresero agli statunitensi in Italia, emigrando poi in Gran Bretagna e Canada”.
Intanto, il 28 aprile, Lugansk in Ucraina orientale, proclamava la Repubblica Popolare, “Il congresso dei rappresentanti delle autorità locali, dei partiti politici e delle ONG proclama la creazione della Repubblica popolare della Regione di Lugansk” ed inoltre veniva indetto il referendum per l’11 maggio sulla proclamazione dell’indipendenza della Repubblica Popolare. In caso di “aggressione da parte delle autorità illegittime di Kiev, la Repubblica Popolare ha chiesto alla Russia d’inviare le forze di pace sul suo territorio. Ora siamo una repubblica sovrana e indipendente“, affermava il Consiglio di coordinamento popolare della regione di Lugansk. Quello stesso giorno, il sindaco di Kharkov, Gennadij Kernes, veniva ferito in un attentato.
L’incidente è avvenuto il giorno dopo che 14 persone, tra cui due poliziotti, sono rimaste ferite in uno scontro tra fascisti e sostenitori della federalizzazione della città. In reazione a tale quadro, il capo della giunta golpista Turchinov metteva in stato d’allerta le “forze armate” ucraine, ammettendo di non avere il controllo di Donetsk e Lugansk, lanciando l’allarme sulla “destabilizzazione” a Kharkov, Odessa, Kherson, Nikolaev e Zaporozhie, e chiedendo al ‘ministro’ degli Interni Arsen Avakov di destituire i funzionari “che non sono capaci di svolgere il loro ruolo“.
Il
Presidente Vladimir Putin avvertiva che le azioni delle forze di
sicurezza ucraine a Slavjansk, che avevano ucciso almeno cinque
miliziani, non resteranno senza conseguenze.
Il 24 aprile, l’esercito
ucraino tentava di riprendere la città, ma dopo diversi scontri, cinque
miliziani furono uccisi prima che l’attacco venisse sospeso. Il
Presidente Putin etichettò l’azione dei golpisti a Kiev come criminale, “Se
l’attuale regime a Kiev inizia a utilizzare l’esercito contro la
popolazione, senza dubbio è un gravissimo crimine contro il popolo. Tali
eventi comporteranno conseguenze sulle relazioni bilaterali tra Mosca e
Kiev.
Questa è una giunta. Abbiamo preso parte alla riunione di
Ginevra, in cui alcuni accordi sono stati firmati da entrambe le parti
sulla necessità di disarmare la gente, liberare gli edifici
amministrativi, e così via. Ma ora Fazione Destra e altre organizzazioni
radicali non sono state disarmate, e nessuno a Kiev è stato liberato.
Al contrario, hanno cominciato a legalizzare tali gruppi. E chi li
legalizza? Non dobbiamo andare in questa direzione, ma seguire la strada
del dialogo tra tutti gli abitanti del Paese, ovunque vivano. Invece di
rendersi conto che c’è qualcosa di sbagliato nello Stato ucraino, e di
portare avanti i tentativi di negoziato, hanno cominciato a minacciare
ancora più l’uso della forza, arrivando al punto d’inviare carri armati e
aerei contro la popolazione civile. Questo è un altro gravissimo
crimine commesso dagli attuali governanti a Kiev“.
Inoltre il
Presidente Vladimir Putin avvertiva che l’industria militare ucraina
rischia il collasso se non collabora con le aziende russe, “La
rottura dei rapporti con partner russi sarebbe catastrofica per
l’industria della difesa ucraina (…) Non ha altri mercati, il suo unico
cliente è l’esercito russo. Da parte nostra ci piacerebbe continuare a
collaborare“, ma ha anche detto che all’industria della difesa
nazionale russa saranno necessari due anni per sostituire le
importazioni ucraine, promettendo “salari decenti e abitazioni” ai
tecnici dell’industria bellica ucraina che vogliano lavorare in Russia.
Il vicepremier dell’Ucraina Vitalij Jarema aveva già annunciato la
sospensione delle forniture militari alla Russia. Infine, riguardo alla
seconda serie di sanzioni occidentali contro la Russia, il Presidente
Vladimir Putin, al vertice del Consiglio Economico Supremo eurasiatico
di Minsk, dichiarava “Riteniamo illegale la prima cosiddetta serie
di sanzioni), che sicuramente danneggia le relazioni Russia-USA e
Russia-UE.
Quanto alla seconda, è illogica, non riesco nemmeno a
spiegarne la natura, perché non vi è alcun legame tra gli eventi attuali
in Ucraina e Russia. Penso che le nuove sanzioni siano dovute al fatto
che i nostri partner hanno deciso di scegliere la via della forza per
risolvere la crisi ucraina, ma poi hanno capito dove stavano finendo,
così hanno deciso di cercare un capro espiatorio. Ma vi dirò, la Russia
non ha nulla a che farci. Il governo russo ha già proposto alcune misure
di ritorsione.
Penso che non servano al momento, ma se continua così
naturalmente contempleremo chi e come lavora nei settori chiave
dell’economia russa, tra cui quello energetico“. Gli Stati Uniti in
effetti avevano annunciato l’ampliamento delle sanzioni contro altri
sette funzionari e 17 aziende della Russia.
Il ministro dell’Energia
russo Aleksandr Novak avvertiva, a sua volta, che il debito ucraino sul
gas comportarebbe la chiusura del transito nel Paese dei rifornimenti di
gas per l’Europa sud-orientale. “Il debito attuale dell’Ucraina è
di 2,238 miliardi di dollari, senza comprendere le forniture di gas di
aprile, con cui il debito salirà di 1,3 miliardi“. Tale situazione
comporta il rischio dell’inadempimento da parte dell’Ucraina degli
obblighi di transito del gas verso l’Europa sud-orientale.
Mosca ha
anche espresso la speranza che una parte del prestito del FMI serva a
ripagare il debito il gas russo e che l’UE “prenda provvedimenti per
la rapida erogazione degli aiuti finanziari all’Ucraina da parte delle
istituzioni finanziarie europee, in modo da permettere alla Naftogaz il
rapido pagamento delle forniture di gas della Gazprom all’Ucraina“.
Pechino annunciava il suo sostegno a Mosca sulla crisi in Ucraina. Il
portavoce del ministero degli Esteri cinese Qin Gang dichiarava il 28
aprile, “Crediamo che le sanzioni non risolvano i problemi. Al
contrario, aumenteranno le tensioni.
Chiediamo a tutte le parti
interessate continuino il dialogo e le trattative per risolvere la
crisi in modo politico“. Il presidente cinese Xi Jinping, durante le Olimpiadi invernali di Sochi, aveva definito la Russia un “buon vicino, buon partner e buon amico“.
Secondo l’autore Christof Lehmann “Nessuno progetta un confronto
militare convenzionale. L’intento è sviluppare un lungo conflitto a
bassa intensità in Ucraina, sabotando le relazioni tra UE e Mosca e
accerchiando la Russia con dei conflitti a bassa intensità. …
Temo che
il rischio di una guerra convenzionale sia piuttosto elevato, anche se
nessuno lo vuole davvero. Il problema è che la situazione attuale rinvia
a uno scenario tipo Sarajevo…
Permettetemi di citare il mio amico
pakistano Maggiore Agha H. Amin che ha detto che ‘la maggior parte dei
capi occidentali indossa le uniformi da pilota ma difficilmente ha la
qualifica di steward’. Ciò, naturalmente, è l’aspetto più pericoloso di
tutta la vicenda“.
Fonti:
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