martedì 8 aprile 2014

ITALIA PORTAEREI DI GUERRA DEGLI USA (parola di Gianni Lannes !)

 



ITALIA: PORTAEREI DI GUERRA UNITED STATES OF AMERICA 

 


 



di Gianni Lannes

Il segno dell’imperialismo: le basi Usa nel mondo sono globalmente un migliaio, di cui 200 sconosciute ai più, ovvero segrete. Nel Belpaese hanno impresso un marchio indelebile motivato da ragioni di strategia. 
KISSINGER & AGNELLI

Kissinger & Napolitano
 Rockefeller D. & Kissinger H.




Sia chiaro: per i padroni di Washington l’Italia è soltanto una colonia, da cui far decollare guerre a ripetizione. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, il baricentro offensivo europeo targato Pentagono, si è spostato nello Stivale.

Gaeta: PORTO NUCLEARE USA

 
Vicenza: Dal Molin - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)



 Vicenza: Dal Molin - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

  Vicenza: Dal Molin - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)


 http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=DAL+MOLIN

Specialmente dall’inizio della Guerra Globale al cosiddetto “terrorismo”, nel 2001 l’ US Army ha spostato il suo centro di gravità a sud della Germania, dove la maggior parte delle forze Usa stazionavano dalla II Guerra Mondiale.
Trasformando la penisola italiana in una rampa di lancio per le guerre di oggi e domani, in Africa, nel Medio Oriente e oltre, dove capita.



Infatti, secondo i dati del Dipartimento della Difesa a stelle e strisce, mentre in Europa ed in particolare in Germania - la prima linea di difesa durante la Guerra Fredda - gli Usa hanno ridotto dell'80 per cento le proprie truppe (da 250 mila del 1989 alle 50 mila  odierne), c'è un a nazione (si fa per dire!) dove gli investimenti del Pentagono sono aumentati e le forze di occupazione non sono affatto diminuite. Eppure la seconda guerra mondiale è terminata nel 1945.
Allora gli yankee in armi perfino nucleari dal 1957  che ci fanno sulla nostra terra?



Esatto: è l'Italia che progressivamente gli USA hanno trasformato nella loro base di lancio per operazioni militari nel Mediterraneo, in Medio Oriente e addirittura in Africa. Nel belpaese ufficialmente stazionano 13 mila soldati nordamericani.
Lo stesso ammontare del 1991 ma percentualmente cifra triplicata: nel 1989 i militari dello zio Sam, in Italia rappresentavano solo il 5 per cento delle truppe in Europa, mentre ora sono il 15 per cento.



E' quanto  attesta il documento ufficiale “Base Structure Report 2013_06242013” (dati aggiornati però al settembre 2012).



In Italia il Pentagono ha speso dalla fine della Guerra Fredda oltre 2 miliardi di dollari per ammodernare - per citarne solo alcune - le basi di Napoli, Aviano (in Friuli), Sigonella in Sicilia, a Pisa e Livorno (l'enorme arsenale nucleare e convenzionale di Camp Darby) e a Vicenza (Caserma Ederle ed aeroporto Dal Molin) tra le altre. 
Somma che si limita a quelle stanziate ufficialmente nel bilancio della Difesa USA, e che non include quelle impiegate in investimenti segreti. Senza dire delle somme che segretamente i governi italiani pagano ai cosiddetti “alleati - denaro pubblico sgraffignato all’ignaro contribuente sotto voci statali di bilancio camuffate - per garantire l’occupazione militare.  



 In Italia sono in funzione 59 installazioni militari nordamericane. Risultano meno solo delle 179 in Germania (ma in rapida diminuzione), le 103 in Giappone (in linea con la nuova dottrina della progressione militare nel Pacifico), le 100 in Afghanistan (che si ridurranno quasi a zero entro la fine del 2014) e le 89 della Corea del Sud, dove le truppe USA sono schierate lungo il 38mo Parallelo per tenere testa alla mai sottomessa - nonostante una guerra batteriologica negli anni ’50 - alla Corea del Nord.
Disaggregando parte degli investimenti a partire dal 1992 sono stati spesi 610 milioni di dollari (metà sul conto della Nato) nella base dell'aeronautica di Aviano dove hanno sede diverse squadriglie di caccia-bombardieri F-16, cui se ne sono aggiunti altri 115 milioni solo nel 2004.
A partire dal 1996 la Us Navy ha speso 300 milioni per una base all'aeroporto di Capodichino a Napoli, sede del comando, tra l'altro, della VI Flotta che opera nel Mediterraneo. Nelle vicinanza ha affittato per 30 anni una base logistica per 400 milioni di dollari.

photo US NAVY

In Sicilia figura soprattutto Sigonella, definita dai padrini alleati «il cuore della lotta al terrore» e delle operazioni militari Usa in Africa. Dal 2001 per la “Sigonella Naval Air Station” sono stati spesi quasi 300 milioni di dollari. Anche in questo caso è sconosciuta la somma erogata a fondo perduto, una sorta di pizzo per la protezione - dallo Stato italiano..
Dal 2002 è stata usata per lanciare i droni a lungo raggio Global Hawk e dal 2008 «è stato firmato un accordo segreto» tra Roma (alla voce La Russa Ignazio) e Washington per trasformarla nella base dei droni Usa. Ovviamente, il Parlamento tricolore, come sempre non è stato messo al corrente, e dunque, l’ennesimo tratto bilaterale è decisamente incostituzionale secondo i parametri democratici di uno Stato di diritto, almeno sulla carta velina. 


Dal 2003, sempre a Sigonella, sono schierati aerei da spionaggio elettronico P-3 per «monitorare i gruppi di insorti in Africa settentrionale ed occidentale». Dal 2011 l'Africom (comando Usa per l'Africa) «ha schierato una task force di circa 180 marine e due aerei da trasporto per addestrare alle operazioni anti-terrorismo personale in Botswana, Libia, Gibuti, Bururndi, Uganda, Tanzania, Kenya, Tunisia e Senegal».
Sempre a Sigonella sono state spostate altre truppe e diversi aerei da trasporto CV-22 Osprey (convertiplani, che decollano come elicotteri ma le cui due eliche effettuano una transizione da verticale ad orizzontale per spingere il velivolo come un aereo normale) per eventuali interventi nel Nord Africa.

Vicenza: deposito nucleare USA - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)

Pubblicamente i diplomatici nordamericani, ambasciatore di turno in testa, asseriscono pubblicamente che non ci sono basi militari Usa in Italia. Insistono che le guarnigioni americane con tutte le loro infrastrutture, equipaggiamenti e armamenti sono semplicemente ospiti di quelle che rimangono basi “italiane” designate per uso NATO. In realtà, si tratta di un escamotage illegale nel diritto nazionale e internazionale.
Qualche esempio. Intanto la presenza di ordigni nucleari: Aviano, Ghedi, Camp Darby in Tiscana, Sigonella in Sicilia. Aviano: da quando nel 1992 vi sono stati trasferiti gli F-16 dalla Spagna, l’Air Force l’ha trasformata nella base più importante per ogni operazione militare, a cominciare dalla Guerra del Golfo. Spesi oltre 600 milioni di dollari (Washington ha convinto la NATO a sobbarcarsi metà della spesa, e l’Italia ha ceduto gratis 84 ettari.  
Napoli: la Marina nordamericana ha iniziato a svilupparla nel 1996 costruendo una nuova base operativa all’aeroporto civile di Capodichino. Accanto vi è sito di supporto ottenuto con un leasing di 30 anni (la base si trova nel cuore di un’area della mafia napoletana ed è stata costruita da una società legata alla camorra). Nel 2005 la US Navy ha trasferito il suo quartier generale europeo da Londra a Napoli, dal momento che ha spostato la sua attenzione dal Nord Atlantico all’Africa, al Medio Oriente e a Mar Nero.
 

Vicenza: Ederle - foto Gianni Lannes (tutti i diritti riservati)


Con la creazione di AFRICOM (il comando centrale Usa per l’Africa), il cui quartier generale resta in Germania, Napoli è la nuova casa dell’insieme di forze navali Usa e Europa-Usa per l’Africa. Sicilia: è diventata sempre più importante  quando il Pentagono ha cominciato a trasformarla - all’insaputa del popolo siciliano - nel maggior nodo delle operazioni militari americane per l’Africa, distante meno di 150 chilometri nel Mediterraneo.
Dal 2001 il Pentagono ha speso per la costruzione della Naval Air Station di Sigonella più che per ogni altra base ad eccezione di Vicenza.  Sigonella, che oggi è la seconda stazione aereo-navale più movimentata d’Europa, è stata usata per prima per i droni di sorveglianza Global Hawk nel 2002. 



Dopo di che nel 2008 funzionari americani e italiani hanno firmato un accordo segreto che permette formalmente di basare lì i droni.  E i droni consentono la formazione dell’ Alliance Ground Surveillance System ( valore economico di 1.7 miliardi in dollaroni, che dà alla NATO capacità di sorveglianza in un raggio di 15.000 km da Sigonella. Ad est tutta l’Asia, fino all’Australia).
Dal 2003 la Joint Task Force Aztec Silence (‘forza congiunta Usa/Eu contro il terrorismo internazionale nelle aree sotto governate del Nord Africa e per costruire alleanze più strette con quei governi’ nelle parole del gen. James al Senato Usa,) ha usato aerei di sorveglianza P-3 C Orion basati a Sigonella per monitorare ‘gruppi insorgenti’ in Africa del Nord e Africa Occidentale.   

E dal 2011 AFRICOM ha dispiegato nella base una task force di marines e due aerei per fare addestramento anti-terrorismo a personale militare africano in Botswana, Liberia, Gibuti, Burundi, Uganda, Tanzania, Kenia, Tunisia e Senegal. Il pretesto è sempre la lotta al terrorismo. Sigonella ospita anche una delle stazioni di comunicazioni satellitari del Global Broadcast Service, e presto vedrà lo sviluppo della base NATO Joint Intelligence, Surveillance &Reconnaissance e del centro di analisi dati e addestramento.
Lo scorso giugno un sottocomitato del Senato americano ha raccomandato di spostare le forze speciali operative e i CV-22 Ospreys (aerei a decollo verticale della Boeing) dalla Gran Bretagna alla Sicilia, dal momento che «Sigonella è diventata la piattaforma di lancio chiave per missioni relative alla Libia e data l’instabilità in quel paese e l’emergenza di attività di addestramento terroristi in Nord Africa».
Non a caso a Niscemi, la Marina Usa ha installato abusivamente, distruggendo un’antica sughereta protetta dalle leggi italiane, un pericoloso e potente dispositivo bellico di comunicazioni satellitari ad altissima frequenza, utile alla guerra ambientale, a dispetto dell’opposizione di siciliani e altri italiani, preoccupati degli effetti delle radiazioni elettromagnetiche per gli uomini e l’ambiente.  

Il Pentagono ha chiuso alcune basi in Italia ma senza la base sotterranea che custodisce una gran quantità di armi ed equipaggiamenti che si trova lungo tra Pisa e Livorno, e rimane un centro logistico chiave per lo spiegamento globale di truppe, armi e rifornimenti dall’Italia via mare.   
 
A che serve un dispiegamento simile di basi belliche in Italia che viola l’articolo 11 della Costituzione repubblicana? Non è la Guerra Fredda. Non c’è da difendere Vicenza da un attacco russo. Le basi ci sono perché è stato concordato con i maggiordomi politici italiani,  che ci siano per fare appunto la guerra, si tratti di Medio Oriente, Balcani o Africa. 

 «Le truppe basate in Italia invece hanno un accesso diretto alle acque internazionali e allo spazio aereo del Mediterraneo. Ciò permette di dispiegarle rapidamente via mare o via aria.  Spostare la 173ma Brigata Aerotrasportata (di stanza in Germania) al Dal Molin ‘posiziona strategicamente l’unità a sud delle Alpi con un pronto accesso allo spazio aereo internazionale in vista di un veloce dispiegamento e di operazioni forzate di rapido rientro , ha spiegato al Congresso Usa l’Assistente Segretario all’Esercito Keith Estin nel 2006». 

 Il Pentagono del resto si è già avvantaggiato della location tricolore durante la guerra del Golfo del 1990, quando le missioni partivano dalla base di Aviano, la stessa base che ha giocato successivamente un ruolo importante nelle operazioni NATO di distruzione della Jugoslavia con l’aiuto dei bombardieri dell’Aeronautica militare nostrana. Bush aveva cominciato a spostare i presidi dalla Germania verso sud est. Negli anni di Obama il crescente coinvolgimento in Africa ha reso l’Italia un’opzione ancora più attraente. 

I governatori di Washington prediligono l’Italia perché “è un paese che offre una flessibilità operativa sufficiente”. In altre parole offre la libertà di fare quel si vuole con minime, anzi inesistenti restrizioni. Specialmente se confrontata alla Germania, l’Italia offre questa flessibilità per ragioni che riflettono più ampi divari fra nazioni più ricche e potenti. Oltre a offrire costi operativi più bassi, questi ospiti (meno ricchi e potenti) sono generalmente più suscettibili alle pressioni politiche ed economiche di Washington. 
 Tendono a firmare “accordi sullo status delle forze” meno restrittivi per i militari nordamericani. Tali accordi spesso offrono regole più permissive per quanto riguarda l’ambiente e il lavoro e danno al Pentagono più libertà di perseguire azioni militari con minime consultazioni col paese ospite. Sebbene non sia certo una delle nazioni più deboli nel mondo, l’Italia ha un potere economico e politico che impallidisce a paragone con quello della Germania. Non stupisce quindi che l’accordo sullo status delle forze stretto con la Germania sia articolato e dettagliato mentre quello con l’Italia resta quello (ancora classificato) firmato nel 1954 come Bilateral Infrastructure Agreement.  I teutonici. Poi, tendono ad essere più rigidi quando si tratta di applicare delle regole, mentre gli italiani sono banalmente interpretativi. 

L’Italia ha sempre consentito alle forze belliche USA di essere impiegate, anche se il loro uso per una guerra fuori del contesto NATO vilava apertamente i termini dell’accordo di base del 1954. Un cable classificato, spedito nel maggio 2003 dall’ambasciatore americano in Italia Melvin Sembler, e reso noto da Wikileaks attesta che il primo ministro Silvio Berlusconi concesse al Pentagono “virtualmente tutto” quel che voleva.
«Abbiamo ottenuto quel che abbiamo chiesto - scriveva Sembler - riguardo all’ accesso alle basi, transito, sorvoli, assicurazioni che le forze …possono tranquillamente circolare attraverso l’Italia per raggiungere la battaglia». Da parte sua l’Italia sembra aver beneficiato direttamente da questa cooperazione di guerra. Secondo un report di Jane’s Sentinel Security Assessment, «il ruolo  nella guerra in Iraq dell’Italia, che ha contribuito con 3 mila soldati allo sforzo militare USA, ha aperto i contratti per la ricostruzione dell’Iraq a società italiane, oltre a cementare le relazioni fra i due alleati». Sicuramente il suo ruolo nella guerra in Afghanistan le ha offerto simili benefici. Secondo Jane’s nel 2013 l’esportazione italiana di armi è cresciuta del 70 per cento.  

Nell’ottobre 2008 (governo Berlusconi, ma c’era in piedi un’intesa precedente con Romano Prodi) i due paesi hanno rinnovato un accordo   (Reciprocal Defense Procurement Memorandum of Understanding, siglato da Robert Gates e Ignazio La Russa) - un’intesa che riconosceva l’Italia come “nazione più favorita” nella vendite militari. E’ stato ipotizzato che il governo italiano possa aver concesso - gratuitamente - di trasformare la Dal Molin in una base americana in parte per assicurarsi un ruolo nella produzione del cacciabombardiere nucleare F-35, oltre ad altri affari.  

La basi militari USA in Italia rendono più semplice perseguire nuove guerre e interventi militari in conflitti di cui sappiamo poco, dall’Africa al Medio Oriente. Queste installazioni contribuiranno a condurci , in nome della presunta sicurezza americana, su un sentiero di violenza perpetua, di guerra perpetua e di perpetua insicurezza.  
Adesso giudicate voi, se l’Italia ha ancora un briciolo di sovranità, dignità e legalità. Adesso dite voi se l'Italia è un paese libero dove vige la democrazia e la libertà.

RIFERIMENTI:





 

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