Siria: Gli Stati Uniti continuano a perdere posizioni
Viktor Titov New Oriental Outlook 28/4/2014
Gli
Stati Uniti e i loro alleati della NATO continuano le loro ridicole
manovre belliche presso i confini occidentali russi, così come nel Mar
Nero e nel Mar Baltico, cercando di spaventare Mosca con una manciata di
navi da guerra, 600 soldati e sei aerei da guerra che pattugliano i
cieli baltici.
A quanto pare hanno dimenticato che anche l’invasione dell’Iraq, con 120.000 truppe statunitensi sul terreno, non riuscì a spezzare la resistenza di questo Paese arabo, sfociando in una misera ritirata. E ora la storia si ripete in Siria, che fino a poco prima era nel mirino di Washington.
Il successo del governo locale nel reprimere la resistenza islamista finanziata in Siria con il denaro di Arabia Saudita e Qatar da tre anni, è ancor più evidente. Oggi, il trionfo politico del regime di Assad non ha bisogno di alcun sostegno internazionale, neanche dagli Stati Uniti. Nella celebrazione della Pasqua, il Presidente Bashar Assad ha visitato l’antica città cristiana di Malula, a circa 60 km da Damasco, recentemente liberata dall’Esercito siriano.
Il presidente ha visitato il monastero dei Santi Sergio e Bacco, osservando la distruzione inflitta dagli islamisti. Durante la visita al monastero di Santa Tecla, il Presidente Assad ha dichiarato che nessun terrorismo può cancellare la storia della Siria e della civiltà. Si è congratulato con i siriani a Pasqua, augurando pace, sicurezza e compassione.
Sulla via del ritorno, il corteo presidenziale è stato accolto dagli abitanti di Ain al-Tina. Il presidente è sceso dall’auto e si è incontrato con i cittadini, confermando che i tentativi dei cittadini locali di proteggere se stessi e i loro vicini hanno illustrato al mondo la società e la cultura siriane. Molti dicono che questa apparizione pubblica del leader siriano sia l’inizio della sua campagna presidenziale. Le elezioni presidenziali siriani sono indette per il 3 giugno dai parlamentari.
La Corte Costituzionale Suprema accetterà le domande dal 22 aprile al 1° maggio. Nessuno ha annunciato i possibili candidati, ma non c’è dubbio che Bashar Assad sarà favorito. Le Nazioni Unite, che avrebbero dovuto accogliere la soluzione politica pacifica al conflitto siriano, hanno già dichiarato che le prossime elezioni contraddicono gli accordi di Ginevra.
“Lo svolgimento delle elezioni nelle attuali circostanze, durante un conflitto in corso e numerosi profughi, danneggia il processo politico e ostacola le prospettive di soluzione politica di cui il Paese ha così urgentemente bisogno“, ha detto il portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, Stephane Dujarric. Secondo Stephane, questo passaggio non corrisponde all’accordo di Ginevra.
Però, ha dimenticato che i colloqui di Ginevra sono stati interrotti dagli Stati Uniti e dai loro alleati wahhabiti. Dopo tutto, in questa fase, Washington cerca di fornire tutto il sostegno possibile alle forze golpiste in Ucraina, al fine di costringerle ad accendervi le fiamme di una guerra civile.
Quindi gli Stati Uniti hanno poco o nessuna influenza sugli affari del Medio Oriente, dato che tutte le loro risorse sono già impegnate altrove (contro la Russia). Qualcosa deve essere andato terribilmente storto per le autorità della Casa Bianca, se hanno deciso di provare a molestare una potenza nucleare mondiale e principale fornitrice di risorse energetiche per l’UE. Ma c’è l’ultima risorsa che i funzionari degli Stati Uniti possono ancora utilizzare, le dichiarazioni ufficiali.
Un certo numero di Paesi occidentali e del Golfo Persico hanno già annunciato che le prossime elezioni saranno “una presa in giro”. Queste elezioni “mineranno l’accordo di Ginevra e sono una parodia della democrazia“, ha detto la portavoce del dipartimento di Stato degli Stati Uniti Jennifer Psaki. Washington e Londra hanno promesso di non riconoscere i risultati delle elezioni, ma queste affermazioni difficilmente fermeranno Damasco. Oggi non troveremo nessuno che dia retta alle minacce di Stati Uniti e Regno Unito, nessuno gli presta attenzione, poiché sono vuote.
Com’è risaputo, il mandato presidenziale di Bashar Assad scade il 17 luglio. C’è ancora una guerra che infuria in Siria, anche se il vantaggio è ora chiaramente dalla parte delle forze governative.
Il ministro dell’Informazione siriano Umran al-Zubi ha detto che la Siria non tollererà ritardi o cancellazione delle elezioni presidenziali con il pretesto della sicurezza, della politica estera o nazionale. Ed è comprensibile, dato che questa volta ci saranno numerosi candidati di diversi partiti, non solo del partito al governo Baath, e quindi ci sarà il più legittimo presidente che ci sia mai stato in Siria.
Secondo la Costituzione siriana, i candidati dei diversi partiti e movimenti possono partecipare alle elezioni. Il candidato deve risiedere nel Paese da almeno 10 anni, i suoi genitori e la moglie (se presente) devono essere siriani, dovrebbe aver il sostegno di almeno 35 parlamentari e avere una carta d’identità rilasciata dalle autorità.
Una manciata di candidati soddisfa tali criteri, tra loro ci sono i rappresentanti del governo e figure dell’opposizione interna che sono riusciti a trovare un terreno comune con il regime senza lasciare il Paese. I membri dell’opposizione estera siriana e residenti all’estero, non avranno la possibilità di parteciparvi in quanto non c’è modo di avere l’approvazione di 35 parlamentari, anche se tutti i loro parenti stretti sono siriani ed hanno ottenuto denaro dagli Stati Uniti.
Assad non ha ancora espresso le sue intenzioni presidenziali, ma i suoi sostenitori hanno più volte affermato che nulla gli impedisce questo passo. “Assad non ha detto se vi sarà di nuovo, ma i suoi alleati in Russia e nel movimento sciita Hezbollah in Libano hanno predetto che parteciperà e vincerà“, ha scritto The Guardian. Le ragioni di tali previsioni sono abbastanza chiare, gli ultimi grandi progressi dell’esercito siriano.
La scorsa settimana, il leader siriano ha detto che il conflitto ha raggiunto il “punto di svolta”, anche se le zone di confine nord e nord-est sono ancora sotto il controllo degli islamisti, alcune aree di Aleppo sono occupate da militanti e le forze di opposizione effettuano attacchi verso Damasco e Homs dai loro campi in Giordania.
A quanto pare hanno dimenticato che anche l’invasione dell’Iraq, con 120.000 truppe statunitensi sul terreno, non riuscì a spezzare la resistenza di questo Paese arabo, sfociando in una misera ritirata. E ora la storia si ripete in Siria, che fino a poco prima era nel mirino di Washington.
Il successo del governo locale nel reprimere la resistenza islamista finanziata in Siria con il denaro di Arabia Saudita e Qatar da tre anni, è ancor più evidente. Oggi, il trionfo politico del regime di Assad non ha bisogno di alcun sostegno internazionale, neanche dagli Stati Uniti. Nella celebrazione della Pasqua, il Presidente Bashar Assad ha visitato l’antica città cristiana di Malula, a circa 60 km da Damasco, recentemente liberata dall’Esercito siriano.
Il presidente ha visitato il monastero dei Santi Sergio e Bacco, osservando la distruzione inflitta dagli islamisti. Durante la visita al monastero di Santa Tecla, il Presidente Assad ha dichiarato che nessun terrorismo può cancellare la storia della Siria e della civiltà. Si è congratulato con i siriani a Pasqua, augurando pace, sicurezza e compassione.
Sulla via del ritorno, il corteo presidenziale è stato accolto dagli abitanti di Ain al-Tina. Il presidente è sceso dall’auto e si è incontrato con i cittadini, confermando che i tentativi dei cittadini locali di proteggere se stessi e i loro vicini hanno illustrato al mondo la società e la cultura siriane. Molti dicono che questa apparizione pubblica del leader siriano sia l’inizio della sua campagna presidenziale. Le elezioni presidenziali siriani sono indette per il 3 giugno dai parlamentari.
La Corte Costituzionale Suprema accetterà le domande dal 22 aprile al 1° maggio. Nessuno ha annunciato i possibili candidati, ma non c’è dubbio che Bashar Assad sarà favorito. Le Nazioni Unite, che avrebbero dovuto accogliere la soluzione politica pacifica al conflitto siriano, hanno già dichiarato che le prossime elezioni contraddicono gli accordi di Ginevra.
“Lo svolgimento delle elezioni nelle attuali circostanze, durante un conflitto in corso e numerosi profughi, danneggia il processo politico e ostacola le prospettive di soluzione politica di cui il Paese ha così urgentemente bisogno“, ha detto il portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, Stephane Dujarric. Secondo Stephane, questo passaggio non corrisponde all’accordo di Ginevra.
Però, ha dimenticato che i colloqui di Ginevra sono stati interrotti dagli Stati Uniti e dai loro alleati wahhabiti. Dopo tutto, in questa fase, Washington cerca di fornire tutto il sostegno possibile alle forze golpiste in Ucraina, al fine di costringerle ad accendervi le fiamme di una guerra civile.
Quindi gli Stati Uniti hanno poco o nessuna influenza sugli affari del Medio Oriente, dato che tutte le loro risorse sono già impegnate altrove (contro la Russia). Qualcosa deve essere andato terribilmente storto per le autorità della Casa Bianca, se hanno deciso di provare a molestare una potenza nucleare mondiale e principale fornitrice di risorse energetiche per l’UE. Ma c’è l’ultima risorsa che i funzionari degli Stati Uniti possono ancora utilizzare, le dichiarazioni ufficiali.
Un certo numero di Paesi occidentali e del Golfo Persico hanno già annunciato che le prossime elezioni saranno “una presa in giro”. Queste elezioni “mineranno l’accordo di Ginevra e sono una parodia della democrazia“, ha detto la portavoce del dipartimento di Stato degli Stati Uniti Jennifer Psaki. Washington e Londra hanno promesso di non riconoscere i risultati delle elezioni, ma queste affermazioni difficilmente fermeranno Damasco. Oggi non troveremo nessuno che dia retta alle minacce di Stati Uniti e Regno Unito, nessuno gli presta attenzione, poiché sono vuote.
Com’è risaputo, il mandato presidenziale di Bashar Assad scade il 17 luglio. C’è ancora una guerra che infuria in Siria, anche se il vantaggio è ora chiaramente dalla parte delle forze governative.
Il ministro dell’Informazione siriano Umran al-Zubi ha detto che la Siria non tollererà ritardi o cancellazione delle elezioni presidenziali con il pretesto della sicurezza, della politica estera o nazionale. Ed è comprensibile, dato che questa volta ci saranno numerosi candidati di diversi partiti, non solo del partito al governo Baath, e quindi ci sarà il più legittimo presidente che ci sia mai stato in Siria.
Secondo la Costituzione siriana, i candidati dei diversi partiti e movimenti possono partecipare alle elezioni. Il candidato deve risiedere nel Paese da almeno 10 anni, i suoi genitori e la moglie (se presente) devono essere siriani, dovrebbe aver il sostegno di almeno 35 parlamentari e avere una carta d’identità rilasciata dalle autorità.
Una manciata di candidati soddisfa tali criteri, tra loro ci sono i rappresentanti del governo e figure dell’opposizione interna che sono riusciti a trovare un terreno comune con il regime senza lasciare il Paese. I membri dell’opposizione estera siriana e residenti all’estero, non avranno la possibilità di parteciparvi in quanto non c’è modo di avere l’approvazione di 35 parlamentari, anche se tutti i loro parenti stretti sono siriani ed hanno ottenuto denaro dagli Stati Uniti.
Assad non ha ancora espresso le sue intenzioni presidenziali, ma i suoi sostenitori hanno più volte affermato che nulla gli impedisce questo passo. “Assad non ha detto se vi sarà di nuovo, ma i suoi alleati in Russia e nel movimento sciita Hezbollah in Libano hanno predetto che parteciperà e vincerà“, ha scritto The Guardian. Le ragioni di tali previsioni sono abbastanza chiare, gli ultimi grandi progressi dell’esercito siriano.
La scorsa settimana, il leader siriano ha detto che il conflitto ha raggiunto il “punto di svolta”, anche se le zone di confine nord e nord-est sono ancora sotto il controllo degli islamisti, alcune aree di Aleppo sono occupate da militanti e le forze di opposizione effettuano attacchi verso Damasco e Homs dai loro campi in Giordania.
L’opposizione estera è estremamente preoccupata per la
rapidità con cui il governo prepara il Paese alle elezioni
presidenziali. Infatti, gli oppositori di Assad, soprattutto i
monarchici conservatori wahabiti del Golfo Persico usano mercenari e
islamisti radicali locali nella guerra per rimuoverlo dal potere.
E
questo è il principale punto di discordia su cui non era d’accordo a
Ginevra la Coalizione Nazionale delle forze rivoluzionarie e di
opposizione siriane (NKSROS), che vuole scacciare Assad e i
rappresentanti del regime, naturalmente senza riuscirci. Gli avversari
di Assad potrebbero dire che l’accordo di Ginevra implica
l’instaurazione di un governo di transizione e solo allora, le elezioni.
Ma il presidente siriano può anche facilmente rispondere: se non non
effettua le elezioni, dal 17 luglio il Paese non avrebbe nessun leader
legittimo. Non cederà il potere, soprattutto in tempo di guerra,
soprattutto quando la situazione lo favorisce.
Al fine di creare un ambiente mediatico ostile all’interno e all’estero, gli oppositori di Assad hanno cominciato a riprendere il tema dell’utilizzo di armi chimiche. Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha dichiarato che ha i dati su un caso di prodotti chimici tossici industriali usati contro i ribelli, presumibilmente accaduto l’11 e 12 aprile a Qafar Zayt, controllato dagli insorti. I militanti hanno accusato il governo di aver fatto sganciare da un elicottero una bomba al cloro sulle loro teste.
Al fine di creare un ambiente mediatico ostile all’interno e all’estero, gli oppositori di Assad hanno cominciato a riprendere il tema dell’utilizzo di armi chimiche. Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha dichiarato che ha i dati su un caso di prodotti chimici tossici industriali usati contro i ribelli, presumibilmente accaduto l’11 e 12 aprile a Qafar Zayt, controllato dagli insorti. I militanti hanno accusato il governo di aver fatto sganciare da un elicottero una bomba al cloro sulle loro teste.
Gli Stati Uniti indagano su tale caso con
l’aiuto di esperti dell’OPCW. Damasco sostiene che la bomba al cloro
artigianale è stata utilizzata dai ribelli. Allo stesso tempo, Damasco
termina il trasferimento delle sue scorte chimiche militari sotto il
controllo delle Nazioni Unite. Hanno già neutralizzato circa l’80%
dell’arsenale siriano, e il resto è sigillato prima della spedizione per
la distruzione.
Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton,
riecheggiando il dipartimento di Stato degli Stati Uniti, urla di
credere ancora che le elezioni presidenziali in Siria siano in
contraddizione agli accordi di Ginevra sulla soluzione pacifica del
conflitto.
L’annuncio ufficiale fatto dal suo portavoce dice: “Si rammarica profondamente della dichiarazione ufficiale delle autorità siriane secondo cui le elezioni presidenziali si terranno in Siria il 3 giugno“, e poi, “eventuali elezioni in Siria dovrebbero aver luogo soltanto nel quadro del comunicato di Ginevra del 2012“.
L’annuncio ufficiale fatto dal suo portavoce dice: “Si rammarica profondamente della dichiarazione ufficiale delle autorità siriane secondo cui le elezioni presidenziali si terranno in Siria il 3 giugno“, e poi, “eventuali elezioni in Siria dovrebbero aver luogo soltanto nel quadro del comunicato di Ginevra del 2012“.
”Le
elezioni organizzate dal regime al di fuori di questo quadro, condotte
nel pieno di un conflitto e solo nelle zone controllate dal regime e con
milioni di siriani sfollati, ignorerebbe i principi fondamentali della
democrazia, privandosi di credibilità e minando gli sforzi per
raggiungere una soluzione politica“, si legge nella dichiarazione.
Ashton invita tutte le parti a fermare violenze, violazioni dei diritti
umani e “confermare l’intenzione di partecipare al prossimo round di
colloqui a Ginevra”. Le elezioni presidenziali in Siria che si terranno
nel giugno 2014 saranno “una parodia della democrazia.” Questo parere è
stato espresso il 21 aprile in una conferenza stampa da Jay Carney
dell’ufficio stampa della Casa Bianca.
Dal suo punto di vista, il
presidente siriano Bashar al-Assad “si fa beffe della pretesa di essere un leader democraticamente eletto“. Secondo lui, Washington continua a considerare la “soluzione politica l’unica via”
per uscire dalla crisi siriana. Washington continua a cercare un modo
per avviare il processo con cui una possibile transizione politica sia
raggiunta attraverso negoziati.
Si potrebbe pensare che in Ucraina gli
Stati Uniti utilizzino esattamente lo stesso approccio, anche se
l’accordo del 17 aprile firmato a Ginevra, implica che gli interessi di
tutte le regioni devono essere osservate con il disarmo dei gruppi
armati illegali, stabilizzando la situazione nel Paese. Ancora una volta
due pesi e due! Ma quando mai Washington agisce diversamente?
Similmente il Regno Unito ha già respinto i risultati delle prossime elezioni presidenziali. “I piani di Assad per le elezioni sono volti solo a sostenerne la dittatura. Saranno condotti sullo sfondo di attacchi continui del regime ai civili“, ha detto Mark Simmonds, sottosegretario di Stato agli Esteri e del Commonwealth.
Similmente il Regno Unito ha già respinto i risultati delle prossime elezioni presidenziali. “I piani di Assad per le elezioni sono volti solo a sostenerne la dittatura. Saranno condotti sullo sfondo di attacchi continui del regime ai civili“, ha detto Mark Simmonds, sottosegretario di Stato agli Esteri e del Commonwealth.
E il terrore esercitato sui civili dalle
bande islamiste finanziate dai regimi wahhabiti e occidentali? “I cani possono abbaiare, dice un proverbio arabo, ma la carovana passa“.
Analisti politici nel mondo arabo e della Siria hanno pochi dubbi sul fatto che il partito socialista arabo Baath
nominerà Bashar Assad suo candidato. E a giudicare dalle opinioni
espresse da un certo numero di esperti, Assad otterrà il 75% dei voti.
Ciò in sostanza significherebbe che la politica mediorientale degli
Stati Uniti ha miseramente fallito, dato che ha già perso l’Iraq,
l’Egitto e la Libia, non può impegnarsi nel dialogo con l’Iran, lascia
l’Afghanistan e ignora la sua precedente alleanza con l’Arabia Saudita.
L’ultima goccia è la legittimazione del governo siriano attuale.
La
perdita del Medio Oriente è il prezzo da pagare per l’avventura del
presidente Obama contro la Russia in Ucraina. Ma non è tutto. Washington
dovrà ritirarsi ulteriormente dall’Atlantico ai confini degli Stati
Uniti. La fine dell’impero americano non è lontana.
Viktor Titov, PhD in Storia, osservatore politico sul Medio Oriente, in esclusiva per la rivista online “New Oriental Outlook”.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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